Pseudocultura di massa – Omologazione culturale e castrazione della fantasia

Pseudocultura

PseudoculturaLa pseudocultura di massa ha invaso, e sta continuando ad invadere, ogni aspetto culturale dell’esistenza umana. L’obiettivo di questa omologazione culturale verso il basso pare che sia quello di distruggere la cultura, la vera cultura, che per secoli ha accompagnato l’essere umano nel suo percorso evolutivo. Ma ad un tratto qualcosa sembra essere andato storto, e la cultura ha subito un’inversione di tendenza. Non più un mezzo per crescere, per evolvere, per conoscere, ma una tecnica per omologare, per rendere gli esseri umani sempre più uguali e simili tra loro. Nasce così “la massa” e, insieme ad essa, la pseudocultura di massa. Quel momento storico in cui qualcosa è andato “storto” coincide, probabilmente, con la rivoluzione industriale, per poi ampliarsi ulteriormente con l’arrivo dei mass-media e, infine, espandersi definitivamente con l’avvento di internet.

Un tempo c’erano molte più lingue parlate e conosciute, l’arte toccava vette altissime e lo stesso valeva per la musica e l’architettura, esistevano le tradizioni, il folklore, la fantasia dava vita a poesie, fiabe, filastrocche e si poteva disporre di una vasta conoscenza esoterica e spirituale. La cultura era l’insieme del sapere delle varie classi sociali, non veniva imposta dall’alto, ma trasmessa e insegnata da uomo a uomo. Mentre oggi ci troviamo di fronte ad un processo di colonizzazione spirituale, un processo di colonizzazione dell’immaginario che nell’insieme delle sue differenze era una delle forze dell’umanità, e che ora viene uniformato, omologato, omogeneizzato. Una “generica cultura planetaria che vorrebbe mangiare cinese, parlare inglese, vestire italiano e pensare americano”, come la definirebbe Pasolini.

E questo fenomeno tutto moderno delle “mode” è l’esempio lampante della pseudocultura di massa e dell’omologazione culturale mista ad una castrazione della fantasia. Mode che si susseguono rapidamente, sempre più velocemente, lasciando così sul campo uomini e donne confusi e sbalestrati.

Siamo testimoni della perdita di autonomia intellettuale che colpisce la massa, vittime di questa pseudocultura dedita al marketing.

La musica che viene ascoltata non è più quella che piace, che ti sublima, ma quella imposta dall’élite, e lo stesso vale per l’arte, l’abbigliamento, il cibo, le religioni, le lingue, la storia. Tutta l’umanità attinge il proprio sapere da un’unica fonte di distribuzione per la massa, viene imbevuta di una pseudocultura che soffoca inevitabilmente la fantasia, l’immaginazione e la creatività di chi ne fruisce.

La gente non immagina più, non ha fantasia, in pochi ormai scrivono versi, o mettono nero su bianco i loro pensieri. Altri pochi reduci, che sono ancora capaci di immaginare qualcosa, si dilettano nell’arte del disegno, della pittura o del racconto, qualcun altro ha ancora il coraggio di destreggiarsi tra le melodie musicali, ma tutto il resto sono fruitori, non ci sono più attori, ma soltanto spettatori passivi di tutto ciò che gli viene somministrato. Abbiamo smesso di ascoltare noi stessi, di pensare con la nostra testa, di controbattere e di avere opinioni da discutere. C’è un’unica visione omologata della realtà, e non si può opinare. Stiamo andando verso l’intelligenza artificiale, che non vuol dire solo che le macchine ci ruberanno il lavoro, ma che dirigeranno la nostra vita, riprogrammano i nostri pensieri e la nostra percezione, annulleranno il nostro potenziale rendendoci incapaci di esprimere noi stessi, dipendenti dalla tecnologia e da tutto ciò che ne comporta.

Con questo non voglio dire che oggigiorno non esiste più una cultura di qualità, esiste, ma è di nicchia. È sovrastata dalla pseudocultura di massa. La buona cultura si perde nella gran bolgia dei mass-media, nell’eccesso di informazioni, e quindi le probabilità che arrivi al cittadino medio sono veramente basse. E questo vortice di pseudocultura è talmente veloce e potente che ogni decennio sono sempre più le persone che perdono di vista la vera cultura per diventare subdoli della pseudocultura. Perché sempre più merda viene prodotta e distribuita, in ogni ambito. Pensate ad un ragazzo che, negli anni settanta, entrava in una libreria: ebbene, questo ragazzo aveva due probabilità su tre di poter scegliere un libro valido. Oggigiorno, a patto che esistano ancora ragazzi che entrino in una libreria, lo stesso ragazzo, per essere generosi, avrebbe una sola possibilità su dieci di acquistare qualcosa di valido. Questo perché la merda che è stata prodotta e pubblicizzata in questi anni è tanta, e tutta questa merda è e fa parte della pseudocultura di massa.

Lo stesso vale oggi per la musica, o se guardi un programma televisivo, se ti rechi ad uno spettacolo teatrale o ad un evento sportivo, una mostra, la stessa percezione la provi ad entrare in un ristorante o in un negozio di abbigliamento. Le possibilità di incappare nella merda prodotta dalla pseudocultura sono tante, innumerevoli. Questo è il risultato della castrazione della fantasia, della standardizzazione e dell’omologazione culturale. E così si spiega la crisi di creatività che conoscono le arti contemporanee, la letteratura, la pittura, il cinema e la musica.

Questa impotenza creativa è talmente evidente che non necessita nemmeno di dimostrazioni, è sotto gli occhi di tutti. Basta saper vedere e capire. E ne sono una prova le continue “operazioni nostalgia” che, in diversi ambiti, si susseguono, per rincorrere affannosamente un passato che è ormai andato, ma che qualitativamente era meglio del presente. Negli anni novanta c’era chi rimpiangeva gli ottanta, e ora, nel nuovo millennio, si rimpiangono gli anni novanta e così via. Rimpiangiamo di decennio in decennio, mentre prima, si rimpiangeva di secolo in secolo, a dimostrazione di come ora tutto è così veloce: cambiamenti repentini e un’enorme mole di dati e informazioni che rendono sempre più difficile capire dove siamo e, soprattutto, capire dove stiamo andando.

Ma non finisce qui, con la pseudocultura di massa sta tornando anche il fenomeno dell’analfabetismo. Gente che non studia più per conoscere o per imparare un mestiere, per approfondire, ma studia semplicemente quello che l’élite impone di studiare. E lo fa con estrema sufficienza tra l’altro. Un analfabetismo moderno che, sia chiaro, non è da intendere con il non saper leggere o scrivere. Ma è da intendere con la superficialità. In altre parole, la gente parla di cose che non sa. E questo avviene perché la pseudocultura è fatta di slogan e da un’informazione telegrafica, la gente legge il titolo roboante di un articolo e pensa di sapere, di conoscere. Si è persa la capacità della lettura meditata e ragionata, dell’approfondimento e dell’elaborazione del pensiero. La gente è abituata ad avere tutto e subito, convinta com’è di potersi informare in dieci minuti, attraverso scritti di poche pagine, di poco impegno e di facilissima lettura.

Viviamo nell’era della comunicazione di massa, si dice, ma la verità è che sappiamo sempre di meno. Ciò a cui stiamo assistendo è una vera e propria regressione di massa invece che a uno sviluppo della conoscenza. Questo è il risultato della pseudocultura di massa. Un’epoca in cui le stesse notizie girano e rigirano su tutti i network, all’impazzata, senza senso, a volte propinate all’infinito, fino alla nausea, ma senza mai scendere nella profondità dei problemi, senza analizzare, senza mai chiedere se il sistema in cui siamo inseriti sia un sistema valido per l’essere umano. Il sociologo Bauman pensò bene di definire la nostra società come “liquida”, e aveva pienamente ragione: tutto scorre, tutto è precario, superficiale, una società nella quale i confini e i riferimenti sociali sono persi e un vuoto profondo segna l’esistenza degli individui.

La mancanza di cultura ha di conseguenza dato vita ad un’epoca senza certezze, senza visione del futuro, senza ricordo del passato. Un tempo le persone sapevano del loro passato perché gli veniva raccontato e tramandato oralmente da chi, con quel passato, ci ha avuto a che fare. Ma adesso la gente non conosce più la storia, la realtà dei fatti, il periodo pre-internet sembra essere diventato il neolitico, nonostante siano passati appena due decenni. Ragazzi che non parlano più con i genitori o con i propri nonni, ma interagiscono soltanto con i loro dispositivi tecnologici. Siamo nell’epoca della fusione e confusione tra reale e virtuale e dei social network, massima espressione del narcisismo moderno alla perenne ricerca di tanti “like”. Anche questo è il risultato della pseudocultura, e la situazione del mondo non fa altro che peggiorare di anno in anno.

C’è poco da obiettare purtroppo, ci siamo dentro, questa è l’era della globalizzazione, dell’omologazione culturale, in cui siamo tutti chiamati ad essere “uguali”, ovvero ugualmente consumatori acritici e schiavi delle multinazionali. È questo il tempo in cui il potere fa di tutto per omologare il mondo a se stesso, in modo da avere un unico tipo di scienza, un’unica lingua, un unico modo di pensare, un unico modo di intendere lo Stato, di fare le guerre, un unico modo di vivere, di immaginare la libertà, di vestire, di mangiare. La biodiversità su cui si fonda ogni ecosistema, compreso quello umano, sta per essere annientata. È davvero questo quello che vogliamo?

L’omologazione è in agguato, la planetarizzazione vive di queste distruzioni, le crea, le alimenta e mette tutta la potenza del capitalismo liberale al servizio di questa mondializzazione che gli consente il governo universale delle cose, dei beni, delle ricchezze, dei popoli, delle idee e degli uomini. Presto il Diverso soccomberà, non resterà più niente, se non il modo di vita americano esteso all’intero pianeta – come dire meno che niente.” Michel Onfray

Tragicomico