Quando Venere scisse in Lucifero e Vespero

Il Giornale Online
di Pietro Capuozzo

Lo discerniamo facilmente nel Firmamento da almeno 3700 anni. Ma Venere, il pianeta consacrato alla dea dell'amore, ha rappresentato un aspetto ambiguo e avverso per i nostri antenati, che scompaginavano la visione della volta celeste, poiché lo assimilavano a due stelle distinte. Talora, c'era chi riusciva a ravvisarne tre. La più antica deposizione che ci è pervenuta è quella della Tavoletta di Ammisaduqa, scritto cuneiforme che rievoca i tempi dell'omonimo re babilonese del XVI secolo a.C., nipote dell'insigne sovrano Hammurabi. Questa stele dalle dimensioni esigue fu reperita nella Biblioteca di Ninive e registra accurate e minuziose osservazioni compiuti nel 1701, 1646 e nel 1582 a.C. Essa cita che l'apparizione del pianeta arrecava e cagionava violente e veementi piogge e tempeste.

Il suo fatidico ritorno nella cupola disseminata di punti sfolgoranti – dopo due mesi di impercettibilità – era funesto portatore di deleterie sciagure, quali rivolte di massa nel Paese. Il propizio e lussureggiante regno babilonese riconosceva nei tratti somatici di Venere la dea Ishtar, nume della fertilità, della guerra e dell'amore. Gli Egizi consideravano Venere come due stelle appartate, Tioumoutiri e Ouaiti. Della scissione di Venere in Lucifero e Vespero si hanno documentazioni già dal IX secolo a.C. Durante la poderosa dinastia Chu fu redatto il Libro della Odi, che cita esplicitamente la comparsa di un astro all'alba e di uno disgiunto che accompagna il tramonto. Anche Omero, illustre poeta greco del IX-VIII secolo a.C. avvolto da un imperscrutabile arcano, denomina Venere come Phosphoros, letteralmente “colui che porta la luce”, e Esperos, testualmente “astro della sera”. I Latini, poi, parafrasarono i due nomi a Lucifer e a Vesper. Solo nel 612 a.C. l'eminente matematico Pitagora individuò il disguido e lo rifinì fino a intitolarlo ad Afrodite.

Ma Venere è menzionato nelle cronache di oggi grazie alla rinomata, fantasmagorica e chimerica profezia Maya, che associava a Venere un'importanza superiore al Sole e alla Luna. L'utopistico e apocalittico vaticinio che prevede la fine del mondo il 21 Dicembre 2012 in realtà contrassegna la fine di un ciclo delle fasi del pianeta. Esso rimane visibile per due cicli di approssimativamente 9 mesi, per poi scomparire per due successivi cicli di 8 e 51 giorni circa.

Fonte: http://astronomicablog.blogspot.com/2010/05/lo-discerniamo-facilmente-nel.html