RELIQUIE ABBANDONATE

Il Giornale Online
Per qualche giorno soltanto è stata tirata fuori da un polveroso armadio della sacrestia della cattedrale di Ancona, dove era stata nascosta alla belle e meglio per decenni, una reliquia preziosissima sia per aspetti devozionali che per valenza cultuale intrinseca. Una reliquia nota ai soli addetti ai lavori, mentre la grandissima parte della popolazione locale non ne conosce nemmeno dell’esistenza.

Si tratta del vetusto teschio del ritenuto cugino carnale di Gesù Cristo, ovvero dell’apostolo Giacomo il Giusto (detto anche “minore”), altresì fratello di quel Giacomo trattato con mille onori in Spagna, in Galizia, a Compostella. Giacomo fu il primo vescovo cristiano di Gerusalemme. Nella città santa fu assassinato nell’anno 62 per ordine del sommo sacerdote ebreo Anamia, grande persecutore dei cristiani in Palestina. Il corpo martirizzato, insieme a quello dell’apostolo Filippo, fu trasportato da Costantinopoli a Roma presumibilmente nel 1204. Proprio da Roma si dipanano fino ad Ancona le vicende storiche del “teschio santo”.

La tradizione sostiene che le spoglie di Giacomo il Giusto fossero giunte nella capitale prive del capo, del quale era presente un solo dente molare. I resti di entrambi gli apostoli vennero riposti in un ignoto tempio romano, ma furono ritrovati nel 1837 nella chiesa dedicata ai due santi, nei cui sotterranei la sepoltura era stata nascosta. In occasione del ritrovamento papa Pio IX, un marchigiano di Senigallia, ordinò al cardinale Costantino Patrizi di eseguire ricerche approfondite sulle ossa.

Peraltro, la tradizione religiosa sosteneva che il teschio di Giacomo fosse conservato nella cattedrale di San Ciriaco di Ancona, quivi giunto separatamente dal corpo per chissà quali strade. In proposito c’è da dire che nel capoluogo marchigiano esisteva già nel secolo diciottesimo la ricorrenza della “translatio capiti Sancti Jacobi”, festività che cadeva il quattro marzo di ogni anno, la cui celebrazione fu autorizzata dallo stesso Pio IX al vescovo di Ancona Benedetto Antonucci. Le ricerche sui resti di entrambi gli apostoli furono condotte da una commissione di studio appositamente costituita. Parteciparono esperti religiosi e laici.

Accertata l’autenticità delle spoglie conservate a Roma, nell’aprile del 1873 giunsero nel capoluogo marchigiano alcuni anatomopatologi i quali, dopo avere esaminato ancora una volta il teschio, accertarono che la morte dell’uomo al quale era appartenuto fosse stata provocata da lesioni gravissime al capo, compatibili con quanto riferito sulla morte di Giacomo il Giusto dagli antichi racconti. Inoltre dalla comparazione dei resti romani con il teschio di Ancona, la composizione delle ossa risultò essere identica nonostante le differenti condizioni climatiche dei luoghi di conservazione, così come furono giudicate compatibili le tracce delle ferite presenti sia sulle ossa che sulla cranio dell’apostolo, inferte verosimilmente con pietre e con bastoni.

In particolare, il dente conservato a Roma avrebbe combaciato con un alveolo dentale molare del teschio di Ancona. Il diciannove aprile del 1873 un collegio di notai ratificò i resoconti delle varie fasi delle indagini e i risultati degli esami medici. Il teschio di Ancona fu definitivamente identificato con i resti di Giacomo il Giusto, ma chissà per quali motivi la reliquia venne messa in soffitta.

di Gabriele Petromilli

fonte:www.templari.it