Shadow banking, il paradosso del libero mercato

Il Giornale Online
Si tratta di un fenomeno diffuso ormai globalmente, che svolge importanti funzioni nel panorama finanziario, creando di fatto un alternativa concreta al normale sistema creditizio. Si è rivelato devastante all’inizio della crisi, ma incarna a perfezione l’ideale del libero mercato.

di Andrea Salati (Dailystorm.it)

SHADOW BANKING, DI CHE SI TRATTA? – Facciamo un passo indietro fino al 2008. Financial Stability Board (Fsb) e G20 avviarono un processo di regolamentazione degli istituti bancari al fine di imporre garanzie sugli scambi posti in essere dagli istituti di credito. Questo, per frenare un fenomeno che andava crescendo e che stava trascinando gli Stati Uniti nell’occhio del ciclone. Ma che cos’è di preciso lo shadow banking? Si tratta sostanzialmente di un sistema di intermediazione creditizia che, però, coinvolge entità al di fuori del sistema bancario tradizionale. In poche parole, parliamo di enti che non sono banche ma sono impegnati ugualmente in attività di finanziamento e deposito: trasferimento del rischio e utilizzo diretto e indiretto della leva finanziaria, oltre ad attività di cartolarizzazione, prestito titoli e pronti contro termine. In seguito agli allarmi lanciati dal G20 di Seoul del 2010, da quello di Cannes del 2011 e dalla relazione “Green Paper” stilata dalla Commissione Europea, il Financial Stability Board si è sforzato di indagare sulla natura del fenomeno delineandone i principi di funzionamento, la mappatura dei rischi e soprattutto le eventuali misure di regolamentazione. Perché? Semplice: abbiamo a che fare con un sitema del tutto oscuro e fuori controllo.

LA PORTATA DEL FENOMENO E IL RUOLO NELLA CRISI – Nello shadow banking rientrano quindi tutte le società interessate dalle forme finanziarie sopra citate, come quelle che svolgono attività di cartolarizzazione, le Spv (Special purpouse vehicle), i Money Market Funds (MMF) e le entità che svolgono attività di prestito titoli e pronti contro termine. Secondo le indagini del Fsb, nel 2002 il “sistema ombra” valeva soltanto – è un eufemismo – 26.000 miliardi di dollari e che all’inizio della crisi il suo volume di attività avrebbe superato i 62.000 miliardi. Chiaro che adesso, mentre la crisi finanziaria ancora imperversa, lo voglia regolamentare. Come tutto ciò che abbia a che fare con la finanza, il vero paradiso dello shadow banking è il mercato statunitense, nonostante la crisi abbia permesso al fenomeno di emigrare oltreoceano in cerca di nuova ricchezza. Ma che ruolo ha svolto nello sviluppo della crisi finanziaria? Come abbiamo detto, nello shadow banking rientrano un po’ tutte le attività del normale sistema finanziario, dagli MMF alla cartolarizzazione, che ha permesso al mercato dei derivati di espandersi negli anni secondo dinamiche del tutto anomale. Il fenomeno può semplificarsi in questo modo. Alcuni debitori contraggono un mutuo a basso rischio, altri uno a medio rischio, e altrettanti stipulano un prestito subprime. I crediti degli istituti vengono scorporati e impacchettati come titoli per diventare la garanzia di prodotti derivati scambiati tramite i veicoli dello shadow banking. Mediante la leva finanziaria, che si nutre di altri prestiti, la bolla si ingigantisce fino a collassare determinando l’inizio della crisi. Queste attività sono alla base dello sviluppo della crisi immobiliare del 2009.

Ma come si collega tutto questo al fenomeno dello shadow banking? In poche parole, la totale assenza di regolamentazione fa sì che questi enti “ombra”, possano estendere la rischiosità dei loro investimenti oltre i limiti concessi dalle leggi che tutelano il sistema creditizio. E come se non bastasse, mentre i normali istituti bancari sono obbligati a detenere delle riserve in denaro come tutela per i depositi, lo shadow banking può farne a meno, grazie alla totale mancanza di norme. Il risultato è semplice. Nessun limite nelle proprie attività, nessun vincolo legale e grandi possibilità di investimenti anche destinati ai settori più rischiosi. Semplice intuire come da qui all’esplosione di bolle finanziarie il passo sia breve.

TRARRE BENEFICIO DALLE PROPRIE MALEFATTE – La limitatezza giuridica, inoltre, impone una “corsa al ribasso” di tutto il sistema finanziario, il quale per competere sugli stessi livelli di questo “libero mercato” adombrato, è costretto a spingersi in azioni ben al di la di quelle concesse dalle normative vigenti. Prova ne sono state le operazioni di elusione di norme patrimoniali e contabili alla base della crisi del 2009. Chiedere a Lehman Brothers per credere. A rendere il tutto ancor più interessante e paradossale è il fatto che, dopo lo scoppio della crisi, il volume di attività dello shadow banking abbia continuato inesorabilmente a crescere. La stretta creditizia e l’impossibilità (o la mancanza di volontà) degli istituti di credito tradizionali di elargire credito e finanziamenti, ha fatto sì che molte piccole e medie imprese per rilanciarsi abbiano attinto da questo pozzo di rischi trascurando con estrema facilità il normale iter burocratico del sistema finanziario tradizionale.

La Cina ne sa qualcosa. Le note bolle immobiliari scoppiate a Shangai e Hong Kong derivano dalla necessità avvertita da palazzinari e imprenditori di ricorrere a canali di credito informali di fronte al razionamento del credito bancario. Benefici? Uno. Il libero mercato significa concorrenza, e lo shadow banking in quest’ottica fornisce un’alternativa per gli investitori e una diversificazione del rischio del sistema bancario. Della serie, avete voluto il libero mercato? Ecco a voi la concorrenza…

Fonte: http://dailystorm.it/2012/11/30/shadow-banking-il-paradosso-del-libero-mercato/