Shambala

Il Giornale Onlinedi Fernando Mora

Il 31 luglio scorso gli organi di stampa internazionali diffondevano la notizia, pubblicata inizialmente dal Beijing Review, della scoperta, avvenuta nel nord del Tibet, di un insieme di tombe molto antiche.Questo gruppo di otto sarcofaghi in pietra, disposti ordinatamente, ha richiamato la curiosità degli archeologi perché la pietra con la quale sono realizzati non è presente in Tibet, sebbene le sepolture siano poste a ben 4.650 metri d'altezza.

La gente del Tibet, dedita al Buddismo, non ha mai avuto una tradizione di sepolture in sarcofaghi, pertanto gli archeologi, guidati dal dott Cewang della Tibet University, hanno concluso che tali sepolture devono risalire ad un periodo compreso tra i 3.000 ed i 4.000 anni fa, almeno 1.300 anni prima che il buddismo fosse introdotto in Tibet

Questo ci riporta ad un periodo storico in cui il Tibet era abitato da un popolo la cui religione era chiamata “Bön”, un credo su base sciamanica che proponeva la completa unificazione dell'uomo con le forze della natura, che rappresentavano il divino.

Questa tradizione si trasmise successivamente anche al buddismo e fu codificata nella dottrina del Kalachakra (la”Ruota del Tempo”), uno dei manoscritti sacri inerenti le pratiche meditative più antiche trasmesse dalla tradizione buddista, che propone ancora una visione animista del mondo, il cui perno è un centro situato su un piano dimensionale diverso dal nostro, noto con il nome tibetano di Shambhala.

Comprendere questa dottrina significa penetrare nella storia più antica del Tibet.

Secondo quanto sostengono alcune cronache tradizionali tibetane, l'esistenza di questo regno risalirebbe, infatti, ad un periodo di gran lunga anteriore all'apparizione storica del buddismo.

Alcuni Lama confermano che la sua origine dovrebbe essere fatta risalire all'inizio del mondo. Da parte loro, i seguaci del Bön l'identificano con Olmolungring, il paese ancestrale situato a nord-est del Tibet, dove sostengono che, più di 17.000 anni fa, ebbe origine tale tradizione religiosa.

La Fonte della Felicità

Shambhala, in Sanscrito, significa “Fonte della Felicità”.

I Lama tibetani sono fermamente convinti della sua esistenza e lo situano in un punto imprecisato dell'Asia Centrale.

Questo recondito regno sarebbe situato in una qualche località a nord di quello che le scritture buddiste chiamano il fiume Sita e che vari studiosi contemporanei hanno identificato con il fiume Tarim, nella regione autonoma cinese di Sinkiang Uigur.

Questo corso fluviale nasce fra le montagne di Kunlun e scorre – in prossimità del 42° parallelo – attraverso il deserto di Takla Makan e la catena montuosa di Tien Shan (le cosiddette “Montagne Celesti” dei taoisti), lungo un'estesa zona scarsamente popolata, dai confini incerti e politicamente instabile, che è tuttora uno dei luoghi meno esplorati del pianeta.

In questa zona sono state trovate delle misteriose mummie bianche di razza caucasica e dalla pelle tatuata (molto simili agli ormai scomparsi Maori di razza bianca della Polinesia) che potrebbero appartenere ad alcuni degli antichi rappresentanti della religione sciamanica Bön, autori delle costruzioni in pietra di cui oggi il Tibet è pieno.

Sebbene gli antropologi e gli archeologi siano ancora sconcertati da questo ritrovamento, è probabile che si tratti dei primissimi abitanti del Tibet, dai quali, probabilmente, derivò la dottrina del Kalachakra. Secondo quanto riferiscono le antiche scritture, Shambhala è circondata da un anello di risplendenti montagne innevate che proteggono il regno da coloro che non sono sufficientemente preparati per avvicinarsi ai suoi domini. Questo regno si celerebbe in un'altra realtà dimensionale parallela alla nostra (cfr. “Scienza di Ieri” pag.46).

Secondo l'antica dottrina tibetana, l'invisibile presenza di Shambhala non ha mai smesso né mai smetterà di influire sugli avvenimenti del nostro mondo profano.

Shambhala, secondo quanto narrano i monaci tibetani, appare intimamente connessa alla pratica delle tecniche di meditazione del Kalachakra, poiché, secondo la loro tradizione, furono proprio queste ultime a permettere ai suoi abitanti di raggiungere una peculiare condizione d'invisibilità dal mondo esterno, di cui godrebbero ancora oggi.

Le scritture del Kalachakra riferiscono che il sovrano di questo regno leggendario, nella tradizione buddista chiamato “Sanat Kumara” (ma che altrove ha preso vari epiteti quali “Re del Mondo” o “Prete Gianni” e che può essere identificato con il Melchitzedeq della tradizione occidentale, N.d.R.) possiede uno specchio magico con il quale può contemplare avvenimenti che accadono a migliaia di chilometri dal suo palazzo.
17.000 anni orsono..

La prima menzione di Shambhala è collegata alla figura di Siddharta Gautama (il Buddha Shakyamuni, fondatore di questa corrente religiosa). Secondo le scritture del Kalachakra, i cui commentari sono vecchi di secoli, quando il Buddha raggiunse il suo ultimo anno di vita, tramandò questi insegnamenti nella città di Dhanyakataka, in India meridionale.

Però, quel che più ci interessa sottolineare è che anche un re di nome Sucandra, che fu il primo sovrano di Shambhala ricordato dalle cronache, ricevette tali insegnamenti. Sucandra tornò nel suo regno, si dedicò intensamente alla pratica delle tecniche di meditazione apprese e, così facendo, divenne il primo monarca e maestro spirituale di un lignaggio di sovrani che ha insegnato queste dottrine nell'arco di più di 2.000 anni.

In questo modo, sebbene originariamente il Buddha insegnò questo tantra in India, non fu in questa nazione che l'insegnamento del Kalachakra raggiunse il suo apogeo, bensì nel misterioso regno di Shambhala.

Là si preservo per più di un millennio, finché, intorno al 960 d.C., questi tantra furono nuovamente diffusi in India grazie ad uno yogi di nome Chilupa, ed ebbero un'ampia ripercussione nelle regioni del Bengala e del Kashmir.

In quella stessa epoca vissero altri maestri di grande reputazione, fra i quali spiccano Pindo Acharya e Naropa – un personaggio che visse in quella che è l'odierna isola di Giava – i cui insegnamenti sono gli unici che, attraverso il Tibet, siano stati tramandati ininterrottamente fino ai nostri giorni.

I Secondo quanto sostengono alcuni maestri tibetani, esistono ancora degli insegnamenti del ciclo del Kalachakra, nascosti a Borobudur (Giava) in un tempio costruito ad immagine dello stupa di Dhanyakataka, dove il Buddha tramando l'insegnamento originale.

Nel periodo in cui, dopo la loro permanenza nel regno nascosto, gli insegnamenti del Kalachakra tornarono in India (nel X secolo), i musulmani erano sul punto di eliminare il buddismo dal subcontinente indiano.

Ed è questo il motivo principale per cui questo insegnamento tantrico, in India, conoscerà solo un breve momento di splendore.

Ciò nonostante, visse un rinnovato sviluppo in Tibet, dove non solo prosperò, essendo stato insegnato e praticato fino all'epoca attuale, ma giunse persino a diffondersi in Occidente.

Qui, negli ultimi vent'anni, l'iniziazione del Kalachakra è stata tramandata per mano di grandi maestri del buddismo tibetano quali il Dalai Lama, Kalu Rinpoche, Lopön Chetchu Rinpoche e Sakya Trizin Rinpoche.

Shambhala e l'Occidente

Shambhala inizia ad essere nota nell'ambiente culturale dell'Occidente per mezzo dei primi missionari cattolici, che viaggiarono in Asia centrale per tentare di convertire al Cristianesimo gli abitanti di quelle remote regioni. Infatti, dai documenti risulta che, già nel XVII secolo, i portoghesi Joao Cabral ed Estevao Cacella, mentre cercavano di trovare una pista che collegasse l'India e la Cina passando per il Tibet, sentirono parlare di un regno occulto che essi chiamarono “Xembala”.

Due secoli più tardi, anche un altro missionario cattolico, l'Abate Huc, annotò un'ulteriore versione del mito di Shambhala.

Verso la fine del XIX secolo l'Occidente inizio a sfruttare politicamente la leggenda di questo regno.

Tanto la Russia quanto l'Inghilterra parteciparono a quello che fu definito il “Grande Gioco”, un eufemismo per riferirsi alla battaglia in corso fra queste due potenze mondiali per il controllo degli altopiani del Tibet e di un'estesa zona dell'Asia Centrale.

Quest'episodio vide coinvolto un Lama di nome Dorjieff (Agvan Dorzhiev 1854-1938) che si è voluto identificare con G.I. Gurdjieff, il celebre maestro armeno creatore del Quarto Cammino.

Tuttavia, dobbiamo sottolineare il fatto che Dorjieff non aveva nulla a che vedere con il Gurdjieff noto a tutti (anche se così risulta da numerose pubblicazioni di carattere esoterico) ed era invece un Lama buddista d'origine buriata che fungeva da rappresentante diplomatico dello Zar Nicola II (alcuni sostengono che fosse anche una spia al suo servizio) alla corte del XIII Dalai Lama. Lama Dorjieff ricevette anche il permesso di erigere, fra il 1909 ed il 1915, un tempio dedicato al Kalachakra nella città di San Pietroburgo.

Anche altri importanti personaggi della tormentata Russia degli inizi del XX secolo furono connessi al mito di Shambhala, come l'artista ed esploratore Nicolas Roerich.

Sedotto dal mito di questo regno, Roerich organizzò varie spedizioni di ricerca e, in un periodo posteriore della sua vita, promosse ed ottenne che fosse istituito il Patto Roerich ed il suo simbolo, la “Bandiera della Pace”: un trattato internazionale nel quale le nazioni firmatarie s'impegnavano a rispettare e salvaguardare tutti i tesori culturali e scientifici, sottoscritto anche dall'Unione degli Stati Americani nel 1934. In seguito, nel 1954, il Patto Roerich venne modificato nella Convenzione dell'Aia.

Uno dei politici che convinsero Roosevelt a firmare il Patto Roerich fu Henry Wallace, Segretario all'Agricoltura, che in seguito venne eletto vicepresidente di Roosevelt, nel 1940.

Discepolo spirituale di Roerich, Wallace finanziò con fondi pubblici una delle spedizioni di ricerca del regno di Shambhala, con l'intento ufficiale di scoprire delle varietà di piante resistenti a condizioni d'estrema siccità, sebbene in privato si ammettesse che l'obiettivo reale era cercare i segni di quella che Roerich chiamava la “Seconda Venuta”: qualcosa che, come vedremo, è connesso alla profezia di Shambhala.

Il mitico regno venne anche identificato dalla Teosofia come dimora dei Mahatma (le grandi anime), i maestri della grande gerarchia bianca che guida i destini spirituali del nostro pianeta e che spesso si manifesterebbero da Shambhala in questo piano dimensionale sotto l'aspetto di energie luminose, erroneamente scambiate per UFO, e di cui lo stesso Roerich fu testimone.

Helena Petrovna Blavatsky – un altro personaggio russo legato al mito di Shambhala – affermava di aver canalizzato gran parte degli insegnamenti teosofici provenienti da un gruppo di maestri che vivevano in un luogo nascosto, oltre la catena montuosa dell'Himalaya.

Tuttavia, l'effettiva localizzazione di questo luogo straordinario ed ignoto restò sempre molto imprecisa.

L'Età dell'Oro

Nelle scritture del Kalachakra sono presenti anche elementi profetici, come avviene in tutte le tradizioni religiose mondiali (si pensi all'Apocalisse di S.Giovanni della nostra Bibbia).

La profezia contenuta nelle scritture del Kalachakra si concentra principalmente sul tema dello scontro che avverrà tra le forze del Dharma, cioé della verità e della giustizia, e le forze della barbarie e del materialismo, e sull'Età dell'Oro che ne seguirà.

Secondo i testi tradizionali, entro pochi decenni il re di Shambhala irromperà nel mondo esterno per liberare gli esseri umani dal materialismo imperante. Seguendo la genealogia dei sovrani di Shambhala, questi sarà il 25° del suo lignaggio e sarà noto con il nome di Rudrachakrin (“Colui della Ruota Violenta”).

Per spiegare questa profezia e per situarla cronologicamente, i testi del Kalachakra stabiliscono un parallelismo fra alcuni importanti avvenimenti storici del mondo esterno e la genealogia dei suoi re.

Ad esempio, essi collocano durante il regno del loro 10° re il sorgere dell'Islam nel “paese della Mecca”. La maggioranza delle fonti concordano nell'affermare che il 21° re di Shambhala, Anirudha (“l'Inarrestabile”), inizio il suo regno intorno all'anno 1927 e governerà approssimativamente fino al 2027, poiché si suppone che i regni di questi monarchi durino cent'anni, in accordo con la vita media degli abitanti del regno.

La profezia prosegue dicendo che, durante la reggenza di Anirudha, il buddismo e gli insegnamenti del Kalachakra si estingueranno quasi completamente in Asia e che tale stato di cose proseguirà fino all'avvento del già citato Rudrachakrin, il cui regno giungerà intorno al 2327.

Altri autori credono, tuttavia, che l'avvento del regno del 25° re potrebbe giungere in una data molto più vicina, forse in un prossimo futuro, poiché – secondo quanto argomentano – non tutti i sovrani di Shambhala hanno regnato per un periodo completo di cento anni. Chögyam Trungpa, celebre Lama tibetano che sviluppò la sua attività didattica in Occidente, affermava che il regno d'alcuni sovrani di Shambhala risulto abbreviato dalla morte prematura di alcuni Dalai Lama.

Anche se la determinazione cronologica del momento in cui avrà luogo tale scontro non risulta troppo precisa, possiamo tuttavia basarci sulla situazione generale che, secondo le scritture, prevarrà immediatamente prima della completa manifestazione di questo regno sacro nella nostra dimensione spazio-temporale: conflitti bellici, carestie, epidemie, droghe, malattie ignote ed altri disastri affliggeranno un mondo nel quale l'umanità avrà perso qualunque percezione di cio che significa la vera spiritualità e gli unici “dei” che adorerà saranno la ricchezza, l'ostentazione ed il potere.

La profezia narra anche che due fazioni di materialisti si disputeranno il dominio del pianeta finché una delle due si ergerà a vincitore assoluto. In questo modo la potenza vittoriosa, totalmente ignara dell'esistenza di Shambhala, giungerà a credere che non esista nulla di più potente sulla faccia della Terra.

Cio nonostante, arriverà il momento in cui questo governo saprà della sua esistenza e allora pretenderà di sottomettere anche il regno al suo controllo, un atto d'aggressione che obbligherà Rudrachakrin ed i suoi eserciti ad uscire dai limiti di Shambhala per sostenere una guerra aperta contro gli attaccanti.

Va sottolineato che il 'segno' che stabilirà l'inizio del regno di Rudrachakrin sarà una “grande ruota di ferro che discenderà dal cielo”. Secondo la profezia avverranno diverse battaglie: si parla, ad esempio, del combattimento che si svolgerà nei pressi della città della Mecca. Ma la battaglia decisiva avverrà a sud del fiume Tarim, in una località situata in Iran o, forse, in Turchia. I testi spiegano anche che, dato che i barbari materialisti del mondo esterno disporranno di ogni tipo di tecnologia bellica, Rudrachakrin si vedrà obbligato a combatterli non solo con le sue temibili 'ruote volanti' ma anche con mezzi molto più sottili e sofisticati che, in definitiva, saranno quelli che gli daranno la vittoria.

Così, secondo la profezia, questo re entrerà in uno stato di trance meditativo profondo, grazie al quale creerà un magico esercito con cui sconfiggerà i suoi sconcertati avversari . Secondo le profezie, fra i combattenti che accompagneranno il re si troveranno anche le reincarnazioni di molti importanti e celebri Lama che per molti secoli hanno pregato costantemente di poter rinascere al tempo in cui avrà luogo tale battaglia.

Si dice anche che tutte le persone che abbiano ricevuto l'iniziazione del Kalachakra formeranno parte dell'esercito di Shambhala.

Dopo la sconfitta dei barbari, Rudrachakrin estenderà il suo dominio su tutto il pianeta, allora sorgerà l'alba dell'Età dell'Oro, in una sorta di ritorno universale al Paradiso e tutto il pianeta si trasformerà in un'estensione di Shambhala.
Il significato della profezia

Dobbiamo essere molto prudenti, tuttavia, e non tentare di trasformare gli affascinanti insegnamenti del Kalachakra e tutto ciò che concerne la ricerca del regno occulto in una scusa per eludere i doveri della vita quotidiana. L'autentico ricercatore di Shambhala non parte in cerca di questo santuario segreto per sfuggire alla realtà, bensì per addentrarsi maggiormente in essa.

In questo senso il regno simboleggia la regione più profonda del nostro essere, quell'ambito interiore che è la vera fonte di tutta la saggezza, il mistero e la purezza di cui possiamo godere nella nostra vita. In realtà, come propongono gli insegnamenti del buddismo tantrico, dovremmo cercare di trasformare il nostro stesso ambiente quotidiano nel meraviglioso regno di Shambhala, ovvero, dovremmo sforzarci di trovare l'atemporale nel momento presente, l'indistruttibile nell'effimero e la spiritualità fra le imperfezioni del mondo materiale.

In questo senso la profezia possiede anche un altro piano di lettura il quale ci suggerisce che, qualunque cosa accada nella nostra vita, noi raggiungeremo la piena felicità perché il nostro vero Io, la nostra identità profonda – l'equivalente del re di Shambhala – finirà per imporsi alle forze dualiste dell'egoismo e della sofferenza.

Insomma, la guerra potrebbe rivelarsi più interiore che esteriore e la vittoria sarà quella sui nostri stessi 'demoni'.

Seguendo questa linea d'interpretazione, esiste un'antica storia tibetana molto significativa che narra di un giovane il quale, in cerca di questo misterioso regno, durante le sue peregrinazioni giunse alla caverna in cui viveva un vecchio eremita . Questi gli chiese:

” Dove stai andando ?” ” Vado a Shambhala ” rispose il giovane
” Ah, molto bene – disse l'eremita – ma allora non dovrai andare molto lontano.

Perché devi sapere che il regno di Shambhala si trova nel tuo cuore”

Fonte: http://www.shambala.it/EnergiaUmana/shambala_la_fonte.htm