Smart drugs

Il Giornale OnlineNel corso degli ultimi anni si è assistito in Italia al progressivo incremento dei cosiddetti “smart-shops”, negozi presenti in diverse nazioni europee da una quindicina d’anni e specializzati nella vendita di particolari prodotti erboristici diversi per origine o formulazione, chiamati genericamente “smart drugs”.

Con il termine smart-drugs, il cui nome significa letteralmente “droghe furbe”, si intendono tutta una serie di composti sia di origine naturale (vegetale) che sintetica che contengono vitamine, principi attivi di estratti vegetali, tra cui i più diffusi sono l’efedrina, la caffeina, la taurina ma anche sostanze con caratteristiche allucinogene. Le smart-drugs promettono di aumentare le potenzialità cerebrali, la capacità di apprendimento e memoria nonché di migliorare le “performance” fisiche di chi le assume ed anche di fornire effetti psichedelici di “visioni sensoriali ed allucinogene” particolari, percezioni, sensazioni, emozioni e processi mentali in genere. Attualmente esiste una grande confusione legata alla terminologia delle smart-drugs: si parla infatti contestualmente di droghe vegetali, droghe etniche, droghe etnobotaniche, droghe naturali, biodroghe, etc.

Per taluni il termine smart-drugs indica tutta una serie di bevande energetiche o pastiglie stimolanti (che tentano di simulare l’effetto dell’ecstasy) che assicurano effetti eccitanti pur rimanendo nella legalità (caffeina, ginseng, etc.): vengono proposte e consumate soprattutto in ambienti giovanili (discoteche, rave party ecc.). Per altri le smart-drugs si confondono molto più con le droghe naturali o droghe etniche, confinando il loro consumo ad ambienti più alternativi rispetto alla discoteca. In realtà, sembrerebbe che l’espressione prenda origine dal fatto che le smart drugs sono le “droghe furbe” perché non perseguite o perseguibili dalla legge, in quanto non presenti come tali o come principi attivi in esse contenuti nelle Tabelle legislative delle corrispondenti leggi che proibiscono l’uso di sostanze stupefacenti e psicotrope.

Gli smart-shops, che in Italia sono già circa un centinaio, vendono non solo prodotti di origine naturale e sintetica (capsule contenenti aminoacidi, neurotrasmissori tipo GABA, ecc.) con marchio CE, ma vendono anche prodotti destinati alla coltivazione di piante (soprattutto funghi e canapa) e prodotti accessori destinati ad ottimizzare l’effetto derivato dall’assunzione di sostanze fumabili (cartine, filtri, pipe, bong, vaporizzatori). I frequentatori degli smart-shops appartengono a varie categorie sociali: studenti, che ricercano in questi negozi stimolanti cerebrali dal basso profilo tossicologico per la preparazione degli esami, adulti 40-60enni, soprattutto maschi, che ricercano alcune smart-drugs dalle proprietà simil-viagra, e poi i giovani che usano le smart drugs per i loro presunti effetti psichedelici, o semplicemente per curiosità. Gli smart shops propongono lo “sballo” con prodotti “naturali”, erboristici, dunque “innocui” rispetto alle droghe più comunemente utilizzate per “tirarsi su”.

Ma ciò che è naturale, non sempre è innocuo. Dire che una droga è buona perché è “bio” è un’ingannevole forma di marketing. La gente compra senza pensare che anche sostanze quali morfina e cocaina hanno origini vegetali. La natura ci mette di fronte ad una serie pressoché inesauribile di nuove molecole, di cui spesso gli studiosi della materia sanno poco o nulla, lasciando a chi le commercia un buon margine di tempo prima che vengano effettuate ricerche mediche che possano farle dichiarare illegali. Si tratta di un rincorrersi tra medici e legislatori da una parte e chi propone le nuove droghe dall’altra, muovendosi di continuo sulla frontiera tra legale ed illegale in un campo difficilissimo da controllare.

Spesso le varie “erbe” vengono vendute come “profumatori ambientali” o come “semi da collezione” ma gli “psiconauti” (come amano definirsi i consumatori di questi prodotti) sanno bene che queste erbe si fumano o si masticano. È storia recente quella della Salvia Divinorum, una pianta regolarmente e legalmente venduta negli smart shops (come profumatore ambientale) il cui incremento nell’uso tra i frequentatori di tali negozi ha destato la preoccupazione delle autorità competenti, le quali, dopo ricerche approfondite sugli effetti psicoattivi ed allucinogeni della pianta, hanno deciso di metterla al bando ed inserire il suo principio attivo, la Salvinorina A, nella tabella I dell’elenco delle sostanze stupefacenti e psicotrope di cui al DPR 309/90.

E poi ci sono i cocktail, i mix di diverse sostanze create dagli stessi gestori degli smart-shop: mentre infatti in Italia è in corso una riforma legislativa – in senso fortemente restrittivo – del settore erboristico, i titolari degli smart shops iniziano ad ideare, in piena legalità, sulla base di conoscenze del tutto empiriche e con l’aiuto di laboratori specializzati, mix di loro concezione. E gli ingredienti di questi ultimi hanno o possono indurre, ancor più per via di un effetto sinergico, influssi pronunciati sullo stato psicofisico.

Il messaggio che si vuole trasmettere mediante l’informazione contenuta in questa pubblicazione deve essere chiaro. Non si vuole agire come censori e vietare l’uso di qualunque prodotto erboristico dotato di una qualsivoglia attività farmacologica. Si arriverebbe al paradosso di vietare anche l’uso di erbe comunemente reperibili nei nostri giardini, tenuto conto del fatto che ogni pianta possiede in linea di principio un composto che può essere ritenuto in qualche modo farmacologicamente attivo.

L’obiettivo deve essere un altro, e cioè rendere consapevoli gli individui che non esiste il concetto di prodotto sicuro perché naturale. E ancora, deve essere chiaro che se da una parte le medicine tradizionali affondano le loro origini nell’insieme delle conoscenze e delle pratiche basate su osservazioni ed esperienze trasmesse di generazione in generazione per la prevenzione e cura di disturbi fisici, dall’altra ci troviamo di fronte a consumatori moderni che utilizzano gli stessi principi attivi delle medicine tradizionali per scopi “voluttuari”. Utilizzare una “pasticca” a base di ma huang, efedra (principio attivo: efedrina), ad esempio, per migliorare le proprie prestazioni atletiche, o per passare una notte in allegria in discoteca, nulla ha a che vedere con l’uso dell’Efedra raccomandato dalla medicina tradizionale cinese. Fumare foglie essiccate di Salvia divinorum alla ricerca dello “sballo”, nulla ha a che vedere con l’utilizzo delle erbe allucinogene nella tradizione sciamanica sudamericana.

Fonte : http://www.iss.it