Sta nascendo una Scienza della Coscienza?

Il Giornale Online
Segnalato da brig.zero

di Mario Bruschi

Che cosa può mai avere a che fare la Scienza con la mente e la coscienza?

Se questa domanda fosse stata posta un tempo non molto remoto (diciamo 60-70 anni fa) la risposta sarebbe stata: niente (o quasi).

Ma le cose stanno cambiando e in effetti è già in embrione quella che è stata definita “scienza della coscienza” , cioè lo studio scientifico della mente e della coscienza. Nasce una ricerca, attuata con canoni e metodi scientifici, tendente ad acquisire una conoscenza “scientifica” di, e quindi controllo su, mente, intelligenza , consapevolezza, coscienza (tutti termini che non voglio – e comunque non potrei, non ancora!- definire in maniera precisa, 'scientifica' e che vanno quindi intesi nell'accezione comune). La cosa dovrebbe risultare assai sorprendente… In effetti la scienza moderna nasce 4 secoli fa (convenzionalmente con Galileo) come, citando proprio Galileo,

“l'arte di porre domande alla natura e di ascoltarne le risposte”,

tenendo conto che

“la natura parla in linguaggio matematico”.

Esplicitando leggermente anche i presupposti 'filosofici' impliciti, la situazione è:

1.Esiste una realtà esterna (un mondo oggettivo, materiale, indipendente da noi e dalla nostra eventuale indagine); che questo mondo/realtà/Universo sia frutto del caso, di un disegno cosmico o di un principio ordinatore immanente o sia creazione di un agente 'esterno' (Dio o demiurgo), per la scienza è irrilevante

2.Questa realtà esterna è retta da leggi naturali e immutabili

3.Queste leggi possono essere scoperte e almeno parzialmente comprese dall'uomo (parlo di uomini perché non siamo a conoscenza di altri esseri senzienti, ma è sottinteso che se tali esseri esistessero, arriverebbero alla nostra stessa scienza – le leggi fisiche sono 'oggettive'!).

Questi tre punti, benché facciano ancora largamente parte del background della nostra cultura, sono in sé opinabili e di fatto non non sono condivisi in molte culture anche attuali:

1.In molte “visioni del mondo” la realtà esterna è illusione, 'maya', proiezione della coscienza. Inoltre la posizione solipsistica estrema (io solo esisto) è ovviamente inattaccabile da un punto di vista razionale/logico.

2.La concezione di una “legge” oggettiva e immutabile, cioè un principio di causalità forte, è chiaramente frutto della nostra cultura occidentale, un modo di vedere che stiamo esportando attualmente in tutto il mondo; comunque anche da noi nel passato (e forse nel futuro, vedi i movimenti “new age”), tale principio non era unanimemente condiviso (alcuni pensavano in termini teleologici anziché causali, altri vedevano in opera nella natura una vis vitalis , una forza immanente organica, una anima mundi).

3.Che la nostra mente possa comprendere la natura, è ancora un fatto fortemente misterioso. Gli evoluzionisti diranno che attraverso il processo di selezione naturale il nostro cervello si è configurato in maniera tale che sia così, i creazionisti diranno che è un dono di Dio, i solipsisti diranno che, essendo il mondo una nostra figurazione mentale, non è sorprendente che lo si possa comprendere… in realtà , come diceva Galileo, sembra veramente che la natura sia scritta in linguaggio matematico: tanto è vero che la Meccanica Quantistica, la teoria fisica che descrive con ottimo successo la realtà microscopica e che fornisce descrizioni di questa realtà ultima, fondamentale, ben lontane da (quando non in aperta opposizione con) il senso comune , pure è “facilmente” comprensibile a livello matematico.

Intendo dire che in Meccanica Quantistica troviamo leggi e affermazioni che sembrerebbero a prima vista o contraddittorie o comunque inesprimibili nel linguaggio comune (ad esempio si può affermare che una cosa non si muove ma neanche è ferma, che è qui ma nel contempo non è qui- vedi anche dopo.): eppure questa ineffabilità cede ad un opportuno formalismo matematico… Epperò anche nel campo semantico/matematico è in corso un acceso dibattito su come ciò sia possibile. Semplificando, anche qui emergono due posizioni opposte: per gli uni, la matematica è una nostra creazione, e dato che la abbiamo creata per descrivere il mondo, non dobbiamo stupirci se essa descrive abbastanza bene il mondo (!); per gli altri, le 'verità' matematiche (2+2=4, il teorema di Pitagora, l'ultimo teorema di Fermat, gli spazi di Hilbert multidimensionali) sono indipendenti da noi, sono là in una specie di mondo delle idee , in attesa di essere scoperte (da Pitagora, da Hilbert, da Fermat). Non si capisce quindi ancora come la mente, la coscienza, attingendo a questo astratto mondo Platonico, possa poi descrivere la 'realtà' (a meno di ammettere che la realtà sia costruita (da chi?) su questo progetto ideale) [1].

Ritornando a Galileo e ai presupposti della scienza attuale, vogliamo sottolinearne ancora il carattere 'sperimentale' (porre domande alla natura =esperimento) e matematico (il libro naturale è in linguaggio matematico =i risultati degli esperimenti sono traducibili in numeri e altre entità matematiche).Vogliamo qui rimarcare che questo 'metodo' scientifico, benché abbia evidentemente portato a innumeri risultati e conquiste, pone de facto gran parte della realtà al di fuori del campo di indagine scientifico. In effetti la scienza può occuparsi solo dello studio delle “grandezze fisiche” , cioè di quelle cose per le quali può essere dato un set di operazioni di misura, in ultima analisi di tutto ciò che può essere ridotto a numero! Questo non è molto chiaro alla gente comune: comunemente veniamo persuasi che la scienza può occuparsi di tutto, che gli scienziati possano dare una opinione 'autorevole' in qualsiasi campo! Ciò è profondamente falso, per esempio la scienza non può occuparsi della bellezza, semplicemente perché nessuno è riuscito a trovare un adeguato set di operazioni per misurarla… (ancora più sorprendente dovrebbe perciò apparire il fatto che la scienza sta iniziando ad occuparsi della coscienza: ma procediamo con ordine).
Ci sono ancora due presupposti del metodo scientifico anch'essi raramente esplicitati nei libri di testo ma che sono profondamente radicati nella forma mentis degli scienziati e ne condizionano ampiamente il modus operandi (e qualcuno ha giustamente osservato che in fondo “la scienza è quello che gli scienziati fanno”). Questi 'principi nascosti' sono:

4.Riduzionismo
5.Separabilità

I due principi sono connessi tra loro e dato il loro significato 'tecnico', dovremo spendere alcune parole per spiegarli nel linguaggio comune. Riduzionismo significa che ogni cosa può essere scomposta in parti più semplici: conoscere queste parti più semplici e come sono assemblate permette di conoscere tutto della cosa in questione. Riconoscerete ora che il riduzionismo ha retto la ricerca scientifica degli ultimi secoli e anche gran parte del modo di pensare comune: per conoscere come e perché funziona un orologio, bisogna smontarlo, esaminare il disegno e la funzione dei singoli ingranaggi e come sono collegati tra loro; per conoscere come e perché funziona il corpo umano, bisogna smontarlo (…), esaminare i singoli organi e le loro funzioni (fegato, cuore…) e se non basta bisogna smontare gli stessi organi (in sotto-organi, in cellule, in proteine, in DNA); per conoscere la materia, basta smontarla (in molecole, in atomi, in nucleoni ed elettroni, in quarks, forse in stringhe…).

Questa visione 'meccanicistica' è stata indubbiamente fruttuosa (ci ha dato molte conoscenze, medicine, macchine) ma proprio ultimamente sta mostrando i suoi limiti con la contemporanea emergenza e in campo scientifico e nel pensare comune del suo opposto/complementare cioè l'Olismo. Una visone olistica ammette che l'insieme possa essere maggiore della mera somma delle parti, cioè che possano esistere proprietà emergenti, cioè proprietà che non sono spiegabili in termini dei , o direttamente riconducibili ai, costituenti di un sistema (specialmente se il sistema è sufficientemente complesso). Per capirci: non si può spiegare/ comprendere un gatto studiandone le orecchie, i reni, le cellule…questo può tutt'al più portare a una conoscenza del cadavere del gatto – e secondo alcuni, neanche di quello ). Per separabilità si intende che è sempre possibile separare (spazialmente e/o temporalmente) un sistema in due sottosistemi distinti, con la implicita ammissione che se i due sottosistemi sono 'sufficientemente' separati essi non interagiscono più tra di loro (cioè non si influenzano più vicendevolmente).

È evidente che la separabilità è una premessa essenziale del riduzionismo, ma qui vogliamo metterne in luce un aspetto specifico: conseguenza / corollario della assunta separabilità è la possibilità di effettuare la distinzione fondamentale nel campo della scienza 'classica' cioè la separazione tra soggetto osservante (scienziato, sperimentatore, osservatore) e oggetto osservato (materia, energia, particelle…). Cioè si ammette che l'osservatore possa non alterare la realtà osservata (o quantomeno che tale alterazione si possa minimizzare a piacere e che gli effetti della stessa alterazione siano in linea di principio prevedibili e che quindi, volendo, possano essere inclusi nei 'calcoli'). Certamente questo sembra un presupposto irrinunciabile per una scienza 'oggettiva': se non fosse vero, avremmo esperimenti che dipendono tanto dalla 'realtà esterna' quanto dallo sperimentatore (per inciso, è esattamente quello che sembra avvenire nel contestato campo della 'Parapsicologia scientifica'). Quindi cura e dovere primari dello scienziato erano ridurre il più possibile l'indebita interferenza dell'osservatore sulle cose osservate; questo in ultima analisi voleva dire escludere la mente (la coscienza, se preferite) dai laboratori e attribuirle un ruolo specifico, diverso, dal resto dell'Universo osservabile.

Che cosa è dunque accaduto che ha aperto le porte ad un possibile capovolgimento di tale atteggiamento, per effetto di quale rivoluzione copernicana si tenta ora di portare la mente e la coscienza sotto la lente dell'indagine scientifica? È evidentemente impossibile dare una risposta esauriente e completamente convincente, anche perché non siamo affatto sicuri che la cosa abbia successo, non siamo sicuri che potrà nascere effettivamente una 'scienza della coscienza' (potremmo figurativamente dire che per il momento è stata concepita, ma anche se si arrivasse al parto, la gestazione potrebbe essere ancora lunga e travagliata) . Io credo però che se tale scienza si svilupperà effettivamente, i futuri storici rintracceranno le sue basi/origini essenzialmente nella Meccanica Quantistica (MQ) e nella ricerca dell'intelligenza artificiale (IA).La Meccanica Quantistica è una teoria ormai 'matura' (in effetti ha più di 60 anni ) e avrebbe dovuto rivoluzionare il nostro modo di concepire la realtà ben più profondamente della assai più famosa teoria della 'relatività' di Einstein.

In pratica la MQ ci ha permesso di controllare e conoscere cosa avviene a livello microscopico (e quindi 'riduzionisticamente' profondo), ci ha consentito di costruire la bomba atomica, le centrali nucleari, il laser, il computer… ma le sue paradossali implicazioni 'filosofiche' , benché dibattute da sempre nel campo ristretto degli esperti (a cominciare dai 'padri fondatori': Einstein, Bohr, De Broglie, Schroedinger, Heisenberg, Pauli, Born…), hanno avuto poco effetto riguardo la comune percezione del mondo, o meglio riguardo ciò che la gente, anche con una buona cultura, ritiene sia la visione scientifica del mondo (tale visione rimane essenzialmente 'classica' e retta dai principi classici sovraesposti).Il punto è che la MQ è difficilmente divulgabile e le sue asserzioni, estratte dal formalismo matematico, cozzano con il senso comune. Sarò quindi necessariamente costretto a descrivere a parole quello che non può essere compiutamente espresso a parole (una situazione che ricorda molto quella dei mistici di ogni epoca e quella di molti sistemi di conoscenza religiosi e/o esoterici: non a caso analogie tra MQ e Yoga, Taoismo, Zen sono state notate e da Maestri di tali discipline e da scienziati – vedi a.e. [2]).

Mi limiterò al punto cruciale che esporrò con molta libertà al fine di renderlo il più possibile comprensibile; sono tuttavia consapevole che parte del mondo scientifico non sarebbe d’accordo su tale “interpretazione” della MQ anche se tale interpretazione , detta 'idealistica' per motivi che saranno evidenti in seguito, è ed è stata condivisa da illustri fisici (da J. Von Neumann a J. Wheeler ai premi Nobel E. Wigner e B. Josephson; in fondo anche gli oppositori – da A. Einstein a De Broglie a Bhom- ammettono implicitamente la sua inevitabilità logica tanto che non si oppongono alla interpretazione stessa ma, considerandola inammissibile nel nome di una visione “realistica” dell'Universo (punto 1 sopra!) hanno cercato , senza successo, di invalidare la MQ stessa o almeno la sua completezza). Che cosa dice dunque di così straordinario la MQ? Essenzialmente che la “realtà pura, inosservata, in sé stessa” (se pure esiste! Bohr direbbe che questo è irrilevante…) è ben diversa da quella che percepiamo, che conosciamo, con cui interagiamo: un fotone, un elettrone, un protone (e dunque noi stessi che di tali particelle siamo fatti) è onda e particella, è qui eppure è anche su una lontana stella (a rigore in tutto l'Universo), è fermo eppure si muove, un gatto è vivoe(allo stesso tempo) morto….

Affermazioni paradossali alla luce del senso comune e che pure sono il fulcro, matematicamente esprimibile in modo non contraddittorio, della MQ stessa (e, ripeto, la MQ è una delle teorie più eleganti, fruttuose e più messe alla prova dell'esperimento e tale prova finora ha sempre brillantemente superato). Cosa fa sì, dunque, che questo libro sia qui e non sulla galassia di Andromeda, che io lo percepisca come oggetto solido e non come onda, che lo veda fermo se è fermo o in moto, se è in moto, cosa fa sì che un gatto possa essere solo vivo oppure morto e mai sia stato visto in una inconcepibile mistura dei due stati? Tecnicamente in MQ ciò che crea questa determinazione della realtà, questa restrizione da molte (spesso infinite) potenzialità ad una sola, si chiama “collasso (o riduzione) della funzione d'onda” ed avviene in ogni processo di misura. Ripeto ancora: la realtà (materia, energia, tutto ciò che è misurabile) prima della misura è in uno stato fisico che è una sovrapposizione di tutti gli stati possibili (anche se alcune possibilità sembrano tra loro contraddittorie alla nostra logica/ragione): se potessimo accedere a questo stato 'indisturbato' un albero, una casa, il cielo sarebbero del tutto irriconoscibili… ma non possiamo: accedere vuol dire misurare e misurando necessariamente distruggiamo lo stato indifferenziato di partenza e creiamo uno stato ridotto (più povero!). In ultima analisi, misurando, creiamo la realtà così come essa ci appare. Ma che cosa è una misura? Quando avviene il collasso?

J. Von Neumann ha lucidamente dimostrato che la misura, e quindi il collasso, e quindi la creazione della realtà determinata, non può avvenire a nessun livello fisico (né strumentale, né cerebrale!): ergo, in ultima analisi, la misura è compiutamente effettuata, e la riduzione avvenuta, solo nel momento in cui ne prendiamo coscienza! Di nuovo, per chiarezza, ripeto: in ultima analisi, il rosso è rosso e non nero, il libro è qui e non su Andromeda, il gatto è vivo , l'auto si muove, perché noi ne prendiamo coscienza! Capirete quindi come i presupposti 'filosofici' della scienza classica (punti 1-4 sopra) siano sconvolti, capirete perché alcuni padri fondatori della MQ come Einstein e Schroedinger e De Broglie non la abbiano mai compiutamente accettata. La realtà è così e non altrimenti perché noi così la costruiamo. E finora abbiamo parlato della realtà vicina, ordinaria: cosa possiamo dire sulla realtà globale, sull'Universo stesso? Applicando la MQ all'Universo abbiamo un problema: possiamo sì scrivere (con approssimazione!) la 'funzione d'onda' dell'Universo stesso (è stato fatto, tra gli altri, da S. Hawking) ma ora chi 'misurerà' l'Universo? Chi collasserà la funzione d'onda?

Chi creerà la realtà? Gli scienziati sono restii ad ipotizzare una “coscienza” al di fuori dell'Universo che determini l'Universo e quindi a tale domanda hanno risposto in due modi : o ipotizzando che tutti gli Universi possibili sono in atto o, come J. Wheeler (allievo di Bohr e maestro di Feynman), ipotizzando che la coscienza attuale (nostra o di eventuali alieni) determini ORA l'Universo così come è. Cioè quello che ci appare, il Big Bang, l'espansione, la formazione delle galassie, il nascere e il morire delle stelle, la comparsa della vita in alcuni pianeti, il suo evolversi verso forme intelligenti ed autocoscienti, tutto ciò sarebbe solo una “storia virtuale” : in realtà l'Universo è stato (ma l'uso di una forma temporale è improprio) in una forma indifferenziata e sostanzialmente inconoscibile (ricordate il Kaos della mitologia greca?) finché l'apparire della coscienza lo ha determinato così come è. La coscienza dunque ha imposto un Cosmos su un informe Kaos (e quindi anche il tempo, lo spazio, l'evoluzione e la stesso apparire della coscienza). Detto a mo'' di KOAN dello zen:l'Universo ha prodotto la coscienza che ha prodotto l'Universo! In un congresso di cosmologia apparve anni fa un disegnino che esprime bene questo paradosso:

Benché l'idea sembri di nuovo assurda e la mente razionale tenda a dire che l'Universo è esistito per almeno miliardi di anni prima dell'apparire della coscienza e quindi non può essere un prodotto della stessa (principio di causalità: se non post hoc neppure propter hoc!), tuttavia questa interpretazione è più di una fantasiosa speculazione: in effetti è stato dimostrato sperimentalmente (con un esperimento proposto dallo stesso Wheeler) che è possibile una 'riduzione ritardata della funzione d'onda', cioè che è possibile cambiare o meglio determinare il passato dopo che questo è apparentemente accaduto!

È quindi chiaro come con la MQ la coscienza sia entrata prepotentemente entro i confini della scienza, sebbene non ancora entro il campo di indagine della scienza stessa: questo ulteriore passo è stato agevolato dalla ricerca, iniziata 30 anni fa, della IA, cioè della ricerca volta a creare (o riprodurre) i primi sistemi/soggetti intelligenti diversi da noi… Tracciamo per sommi capi la storia di questa eccitante sfida (per approfondimenti vedi [3],[4],[5]). Buona parte degli scienziati, fino a non molto tempo fa, a meno di opinioni religiose personali, avrebbero concordato sulla tesi che l'intelligenza (e la coscienza) sono prodotti della attività cerebrale (il pensiero come secrezione del cervello) e che quindi, in linea di principio, una volta conosciuti sufficientemente i meccanismi e il modus operandi di neuroni, sinapsi e quant'altro (riduzionismo!), avremmo anche compreso come nascono e come operano mente, intelletto e coscienza. Restava solo da attendere che neurologi, biologi, biochimici accumulassero un database sufficientemente ampio.

Una svolta sottile avvenne però con i lavori di Turing che dimostrò come costruire, in linea di principio, una macchina computazionale universale (macchina di Turing -MT-), con la costruzione effettiva di tale macchina (Von Neumann, nascita del calcolatore elettronico che realizza in pratica una MT) e con la diffusione su vasta scala di computers (cioè MT) sempre più veloci e potenti. In effetti, crescendo la familiarità con le tematiche legate ai computer, diventava di fatto irresistibile la seguente analogia: cervello =hardware , mente =software. In parole povere, la mente e quindi l'intelligenza, sarebbero il frutto di un software, di un programma abbastanza complesso che 'gira' sulla macchina “cervello”. Che poi tale software sia già impresso nel DNA e/o sia frutto di autoapprendimento, che il cervello 'processi' in sequenza o in parallelo, che la programmazione sia Top-Down o viceversa, sono dettagli , importanti sì ma solo dettagli. Il punto principale è che se le cose stanno così allora è possibile replicare la mente e l`intelligenza semplicemente simulando/riproducendo il 'computare' effettivamente eseguito dal cervello con un sofisticato programma eseguito da un computer.

Questa è l'assunzione principale della cosiddetta IA forte, e su questa base sono iniziate le ricerche (con molte risorse e umane e finanziarie) . Nonostante l'ottimismo iniziale, dopo 30 anni di ricerca (che pure ha avuto notevole ricadute pratiche con la produzione di sempre più sofisticati robots e sistemi esperti) siamo tuttavia ancora ben lontani dalla meta e forti dubbi si sono insinuati nel frattempo anche sugli assunti di base della ricerca stessa (su cosa siano in realtà intelligenza, comprensione, coscienza). In particolare è stata messo fortemente in dubbio la plausibilità di un modello computazionale della mente. Le posizioni attuali sono state sintetizzate con efficacia dal fisico Penrose [6]:

Ogni pensiero è un computo: l'intelligenza (e forse la coscienza) sono sottoprodotti di subroutines del programma o proprietà emergenti che nascono dalla esecuzione (su qualsivoglia supporto!) di un programma sufficientemente complesso (probabilmente autoreferenziale) La consapevolezza è frutto della attività fisica specifica di un sistema fisico specifico (il cervello). Benché questa attività possa essere simulata computazionalmente, la mera simulazione computazionale non può far sorgere la consapevolezza. Una appropriata azione fisica del cervello (e forse di altri sistemi materiali) può suscitare la consapevolezza, tuttavia tale azione fisica non può essere simulata computazionalmente. La consapevolezza trascende la fisicità e quindi non può essere spiegata in termini fisici e/o computazionali e/o genericamente scientifici.

Benché ovviamente ci possano essere mille sfumature e sovrapposizioni parziali, concordo abbastanza con Penrose su questa schematizzazione. Il punto di vista A è essenzialmente quello già citato della IA forte; notare comunque che benché sia da un lato fortemente materialista e riduzionista, dall'altro ammette che la coscienza sia un proprietà emergente, cioè non identificabile in singole parti dell'apparato/programma (olismo!).La posizione B è dovuta principalmente al filosofo Searle e alla sua critica serrata della IA forte e del Test di Turing, critica esemplificata dal famoso argomento della stanza cinese. Per completezza, riassumiamo sommariamente. Uno dei problemi per chi vuole creare una intelligenza artificiale è ovviamente quello di riconoscerla (!): quale è infatti una definizione accettabile di intelligenza? (provate ad elaborarne una per rendervi conto della difficoltà forse inestricabile di tale compito).

Turing risolse il problema fornendo una definizione operativa, il famoso Test di Turing: in sintesi, un essere umano X, per assunzione intelligente!, viene posto davanti a due consolle attraverso cui può parlare a due soggetti che però non vede. Uno dei due soggetti ,diciamo Y, sarà un altro essere umano (e quindi intelligente), l'altro, diciamo Z, sarà una macchina che deve mostrare la sua intelligenza… se, dopo un tempo ragionevole, X non riesce a distinguere Y da Z cioè se non riesce a capire chi è l'uomo e chi la macchina, allora Z ha superato il test e deve essere considerata 'intelligente'. Searle attaccò a fondo questa argomentazione asserendo che superare il Test di Turing non prova niente sulla intelligenza e soprattutto sulla consapevolezza di Z. Nel suo famoso argomento della stanza cinese, Searle ipotizza che un uomo, diciamo Giovanni, italiano con nessuna conoscenza del cinese, sia chiuso in una stanza per affrontare un Test di Turing. Attraverso una botola riceve dall'esterno strisce di carta con sopra domande espresse in lingua cinese e ovviamente scritte in caratteri cinesi. Giovanni non capisce assolutamente nulla di quanto gli viene chiesto ma fortunatamente è provvisto di manuali che prevedono ogni situazione. Cioè i manuali gli dicono come “costruire” una adeguata risposta ai segni che Giovanni vede sulla carta; in pratica gli dicono: se vedi il segno tal dei tali insieme a … prima di… con sotto il segno…, allora disegna il tale segno … e poi il segno… e poi il segno….

Notare che in pratica Giovanni fa (certo con più tempo e fatica) quello che fa un computer eseguendo un programma, cioè elabora, manipola simboli. Se i manuali/programma di Giovanni sono adeguati può darsi che il Test di Turing sia superato, cioè che il cinese all'esterno riceva risposte appropriate alle sue domande. Tuttavia, dice Searle, è innegabile che Giovanni non ha capito nulla né di quello che gli veniva chiesto né di quello che lui ha 'risposto' (qualsiasi manipolazione simbolica non può portare alla comprensione). Notare che molti sostenitori della IA forte non hanno accettato l'argomento di Searle: appellandosi al carattere emergente della intelligenza/consapevolezza, hanno sostenuto che è inessenziale che Giovanni, cioè una parte dell'apparato, capisca o non capisca; ciò infatti non esclude che l'intero apparato (cioè Giovanni, la penna, i manuali, la stanza…) abbiano sviluppato una consapevolezza.

Questa affermazione, benché sembri a prima vista paradossale e insostenibile, è però difficilmente attaccabile da un punto di vista logico e operativo. In effetti , a mio giudizio, l'argomento di Searle e la sua conclusione che la consapevolezza sia frutto di una qualche proprietà fisica specifica del cervello (posizione B) è logicamente indifendibile. Applicando l'argomento di Searle al cervello di un cinese, è chiaro che né i singoli neuroni, né le sinapsi, né la scatola cranica , capiscono alcunché quando il cinese parla cinese: eppure (si suppone) che un cinese capisca il cinese! Non si capisce allora logicamente che differenza c'è tra l'apparato neuroni/sinapsi/scatola cranica e Giovanni/manuali/stanza…

La posizione C è stata introdotta e strenuamente difesa da Penrose stesso, essa mina alle basi la possibilità di un modello computazionale della mente dimostrando che la mente può superare i limiti posti dal teorema di Gödel ad ogni sistema formale/computazionale abbastanza complesso da includere capacità aritmetiche. Non vogliamo entrare in dettagli (vedi [6]) , vogliamo solo sottolineare che C non esclude la possibilità che un giorno la mente possa essere spiegata e forse riprodotta fisicamente anche se Penrose stesso è convinto che per far ciò sarà probabilmente necessaria una nuova Fisica.

Sulla “mistica” posizione D c'è ovviamente poco da dire: è la posizione di chi crede che la mente/coscienza sia altro, e quindi letteralmente 'non di questo mondo'.

È sufficientemente chiaro che molti filoni disparati stanno confluendo anche conflittualmente nella emergente 'scienza della coscienza' e, come già detto, sarà difficile, pur se la gestazione avrà successo, individuare un padre fondatore o un evento chiave che ne segni la data di nascita : per gioco, potrei provare…

-Fondatori: Francis Crick (lo scopritore del DNA ) e il suo collaboratore, il neurologo C. Koch , che nel 1990 proclamarono sul “Seminars in the Neurosciences” che era tempo di fare della coscienza un argomento di indagine scientifica e indirizzarono la ricerca del californiano Salk Institute for Biological Research su tale sentiero
-Evento, luogo e data natale: Tucson, Arizona, 12-17 Aprile 1999, convegno sul tema “Verso una base scientifica della coscienza” organizzato dalla Università dell'Arizona nel contesto di una manifestazione/raduno “new age” (!) con la partecipazione di neuro-scienziati (tra cui Koch), filosofi e fisici importanti come R. Penrose e B. Josephson [7]

Forse, in conclusione, dovrei esprimere anche il mio punto di vista personale: peccato che non ne abbia uno o almeno uno ben definito. Sostanzialmente concordo con Penrose che (forse) una scienza della coscienza potrà nascere e che quindi la coscienza potrà diventare oggetto di investigazione scientifica ma da parte di una scienza che avrà dovuto nel frattempo ampliare / rivoluzionare, in modo ora imprevedibile, i suoi metodi e i suoi strumenti. D'altronde, come sempre avviene quando la scienza si impadronisce di qualcosa dell'esperienza comune, il senso della “coscienza” nella futura accezione scientifica e della “coscienza” come ora la intendiamo, sarà diverso (così come, ad esempio, il significato di “energia”, “forza”, “lavoro” in Fisica è diverso da quello che gli stessi termini assumono nel linguaggio quotidiano).

Mario Bruschi

Bibliografia

J.D. Barrow, La luna nel pozzo cosmico , Biblioteca scientifica V. 20, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano, 1994.
F. Capra, Il Tao della Fisica , Biblioteca scientifica V. 4, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano, 1982.
D.R. Hofstader, Gödel, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante , Biblioteca scientifica V. 6, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano, 1984.
D.R. Hofstader, l'Io della Mente , Biblioteca scientifica V. 7, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano, 1985.
D.R. Hofstader, Concetti fluidi e analogie creative , Biblioteca scientifica V. 23, Adelphi Edizioni S.P.A. , Milano, 1996.
R.Penrose, Ombre della Mente , Rizzoli. , Milano, 1996.
J. Horgan, Può la scienza spiegare la coscienza? , Le Scienze, LIII,313,1994, pp. 80-86
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Fonte: http://www.coscienza.org/scienza/Co_Scienza.htm