Stelle di Planck: la ricerca della gravità quantistica oltre l’orizzonte degli eventi

Stelle di Planck: la ricerca della gravità quantistica oltre l’orizzonte degli eventi

gravità quantisticaNell’ultima sezione di uno dei nostri articoli riguardo il cosiddetto paradosso della perdita di informazione della fisica dei buchi neri (Stephen Hawking Goes Gray) , abbiamo incluso una rapida descrizione del lavoro di due fisici, Carlo Rovelli e Francesca Vidotto, dove scrivono quelle che hanno definito Stelle di Planck (Planck Stars), che ha attirato molto interesse sulla stampa.
Il paradosso della perdita di informazione è un argomento caldo della fisica teorica, perchè suggerisce che la nostra teoria della fisica quantistica o il nostro modello dei buchi neri è fallato o almeno incompleto. Inoltre e forse cosa più importante, si riconosce che la soluzione a questo paradosso conduce ad una descrizione olistica della gravità quantistica e quindi ad un avanzamento verso la teoria del campo unificato. Il paradosso, come formulato, nasce da considerazioni sul destino ultimo dell’informazione che cade in un buco nero: scompare cadendo nella singolarità? Cosa avviene all’informazione di un buco nero quando evapora nel nulla a causa della radiazione di Hawking (meccanismo descritto da Hawking negli anni ’70, dove i buchi neri irradiano la loro energia o massa)?

Perchè i fisici parlano di informazione e cosa intendono dire? Ci sono varie caratteristiche che descrivono lo stato della materia e dell’energia e questo si pensa sia il contenuto informativo della materia. Molta di questa informazione sta negli stessi dati che useremmo per descrivere il nostro stesso stato, come la posizione relativa (dove vi trovate?), la vostra velocità (siete in moto o fermi?), ecc.. questi stati sono dunque informazione. Otteniamo quindi una equivalenza tra informazione ed energia, se un buco nero perde tutta la sua energia, allora tutta l’informazione di tutte le particelle che vi cadono dentro viene persa con esso. Chiaramente la scomparsa di informazione sarebbe una violazione delle leggi di conservazione dell’energia, che dicono che nessuna energia o informazione può essere distrutta.

Haramein ha sempre sostenuto che il paradosso del problema dell’informazione è generato da una comprensione parziale della radiazione dei buchi neri, in cui le particelle virtuali delle fluttuazioni del vuoto non estraggono solo energia dal buco nero, ma la immettono anche in esso in un continuo ciclo retroattivo, che noi sperimentiamo come campi gravitazionali ed elettromagnetici.

Stelle di Planck
Assumendo che avvenga l’evaporazione dei buchi neri, i fisici Carlo Rovelli e Francesca Vidotto, hanno offerto forse una delle migliori soluzioni per questo apparente paradosso (nonostante la soluzione del wormhole di Susskind, che abbiamo commentato nell’articolo Firewalls and Cool Horizons) e molto probabilmente un avanzamento importante nel nostro modello dei buchi neri in generale. Il gruppo, nella loro pubblicazione Planck Stars, ha dimostrato come un oggetto che collassa per gravità potrebbe non arrivare ad una dimensione nulla, ma arriverebbe invece ad un punto di equilibrio metastabile quando il volume raggiunge una densità specifica di massa-energia. Immaginate cosa accadrebbe se la massa di 14 soli come il nostro, venisse compressa in uno spazio grande quanto un nucleo atomico, che forza servirebbe per comprimerla ulteriormente? Secondo Rovelli e Vidotto, si raggiunge un equilibrio quando l’estrema forza gravitazionale viene bilanciata da una potente forza repulsiva che ha origine dalla densità di energia del vuoto quantistico.

Normalmente la gravità quantistica è descritta solo nelle dimensioni estremamente piccole del diametro di Planck (10^-33 cm), come nella teoria della gravità quantistica a loop, dove lo spazio, in modo simile ad una struttura atomica, è organizzato da quantità discrete di spaziotempo, come filamenti, intrecciate in reti di spin, la cui evoluzione è detta schiuma di spin o spinfoam. Benchè Rovelli e Vidotto utilizzino i valori di Planck, suggeriscono che i fenomeni quanto-gravitazionali possano divenire rilevanti nelle dimensioni molto superiori a quelle della scala di Planck. La ragione sarebbe che nonostante il volume di una massa collassante per gravità sia molto superiore del diametro di Planck, l’energia della densità di Planck di un centimetro cubo di spazio è estremamente grande (circa 10^93 gr/cm^3) e dato che la pressione quanto-gravitazionale è il risultato diretto della densità di energia, il risultato sarà una forza repulsiva quanto-gravitazionale in dimensioni relativamente ampie, per bilanciare le forza di implosione gravitazionale.

Questa pressione quantistica si predice che avvenga circa nelle dimensioni della scala subatomica (nell’ordine dei 10^-10/10^-14 cm). Quindi, secondo i loro calcoli, un buco nero collassante si fermerebbe e “rimbalzerebbe” quando raggiunge, da quanto risulta, circa la dimensione di un protone (un fatto non menzionato dagli autori), che è di circa 20 ordini di grandezza più grande della lunghezza di Planck. Nella sezione sottostante discuteremo il formalismo usato da Rovelli e Vidotto, dove troviamo variazioni delle equazioni (volumi, superfici, lunghezze) usate da Haramein nel paper Quantum Gravity and the Holographic Mass e la relazione del quadro della Stella di Planck con la sua soluzione della massa del protone.

Ritorno al Futuro
In termini di una Stella di Planck, una massa che è stata compressa a questa densità, non soddisferebbe le classiche equazioni di Einstein (nonostante la soluzione olografica di Haramein), la relatività incontra ancora una volta la teoria quantistica. Immediatamente alcuni fisici alzerebbero le mani e griderebbero che questo non potrebbe essere fisicamente rilevante, dato che un buco nero di tale diametro esploderebbe quasi immediatamente in un fascio di raggi gamma (data la relazione della frequenza della radiazione di Hawking con la dimensione del buco nero, più piccolo è il buco nero e maggiore è l’energia che irradia). Tuttavia, quello che viene trascurato in tale scenario (critica applicata anche al modello dei buchi neri subatomici di Haramein), sono gli effetti relativistici di una tale compatta massa. Si sa che all’orizzonte degli eventi di ogni buco nero, non importa la dimensione, l’estrema curvatura dello spazio-tempo causa un fattore di dilatazione temporale per i sistemi di riferimento inerziale locali (spazi adiacenti all’orizzonte degli eventi). Non è solo lo spazio che si curva per gravità ed accelerazione, ma anche il tempo. Detto semplicemente, da un punto di vista esterno, il tempo sembra quasi fermarsi nelle vicinanze dell’orizzonte degli eventi di un buco nero, a causa dell’accelerazione che si avvicina a velocità relativistiche, o se preferite, la velocità della luce.

Di conseguenza, il tempo proprio di una stella di Planck (il tempo sperimentato nel sistema di riferimento della stessa Stella di Planck) è molto breve (assumendo che la radiazione di Hawking sia reale), tuttavia per un osservatore esterno la radiazione di una Stella di Planck prima del “rimbalzo” è estremamente lunga. Dal suo sistema di riferimento temporale, praticamente collassa molto vicino alla densità di Planck e quindi sperimenta un rapido “rimbalzo” in cui essa irradia nuovamente nell’Universo tutta la sua informazione, salvandoci dalla perdita della stessa. Il team dimostra quanto tempo una stella di Planck esisterebbe per un osservatore esterno. Considerando un buco nero con una massa di circa 10^15 grammi (vicina a quello che viene considerato buco nero primordiale, che descriveremo a breve), avrà un raggio di circa 10^-14 cm., quindi il fattore calcolato di dilatazione temporale è approssimativamente 14 miliardi di anni o circa la lunghezza dell’esistenza teorizzata dell’Universo! Quindi, questi oggetti sembrano incredibilmente stabili. Come nota a margine, se potreste sopravvivere alle estreme forze gravitazionali, entrare nel quadro di riferimento di una stella di Planck sarebbe un rapidissimo viaggio nel futuro, verreste immediatamente trasportati nel distante futuro dell’evoluzione della stella, una cosa sorprendente.

L’Universo Neonato
Ora, considerando l’Universo primordiale, Rovelli e Vidotto dimostrano che potrebbe non essere emerso da un punto di singolarità come ritenuto finora, ma piuttosto dal “rimbalzo” di una Stella di Planck che raggiunge la densità di Planck, fornendo così una spiegazione alternativa al cosiddetto Big Bang e fornendo una fonte di energia (la densità di energia del vuoto) come causa dell’inflazione dell’Universo. Alla densità di Planck, l’Universo aveva una temperatura talmente elevata che persino le particelle subatomiche non potevano formarsi. In questa densità estremamente elevata di massa-energia, si teorizza che per tutto l’Universo, piccoli grumi di questa zuppa di plasma sarebbero collassati formando buchi neri. Questi vengono detti buchi neri primordiali e si teorizza che persino oggi siano distribuiti per tutto lo spazio e che siano stati progenitori dei buchi neri supermassicci al centro di tante galassie. Dato che un buco nero primordiale di scala atomica avrebbe un ciclo di rimbalzo di circa 14 miliardi di anni, usando i parametri calcolati da Vidotto e Rovelli per la dilatazione temporale, alcuni di questi buchi neri primordiali starebbero proprio ora sperimentando il loro “rimbalzo quantistico”, dalla nostra prospettiva (anche se per il loro tempo proprio sarebbe avvenuto 14 miliardi di anni fa!). Rovelli e Vidotto suggeriscono che potremmo rilevare questi eventi, intercettando raggi gamma ad alta energia dallo spazio. Quindi secondo loro, questi raggi gamma potrebbero dare una prova empirica della gravità quantistica.

Il Fattore Haramein
Tuttavia, Rovelli e Vidotto non conoscono la soluzione olografica di Haramein e quindi non sapevano della già presente evidenza empirica della gravità quantistica. Si tratta della predizione calcolata da Haramein, del raggio del protone, basandosi sulla densità di Planck del vuoto quantistico, che ad oggi è la predizione più accurata dell’ultima misura del protone e l’unico modello teorico (incluso il modello standard), che lo predice accuratamente. Esso contiene quindi l’evidenza empirica delle fluttuazioni del vuoto quantistico della scala di Planck, avente effetti reali e misurabili, in questo caso la generazione del protone (ecco perchè Rovelli e Vidotto ottengono un raggio molto simile per la loro Stella di Planck). Haramein estrae il raggio corretto del protone dimostrando che la gravità, non solo in scala quantistica, ma anche in quella cosmologica, è fondamentalmente il risultato della struttura granulare dello spaziotempo che produce la forza gravitazionale che noi sperimentiamo nella forma di buchi neri e la applica nella scala quantistica per mostrare che la cosiddetta forza di confinamento che lega i protoni nei nuclei è in realtà la gravità quantistica chiamata erroneamente forza forte. Di conseguenza, la struttura stessa degli atomi è l’evidenza empirica della gravità quantistica dalle fluttuazioni del vuoto, che sono la fonte fondamentale della creazione del nostro mondo, dalla cosmogenesi come dimostrato da Rovelli e Vidotto, alla struttura e alle forze di tutto il mondo materiale. Questo è il motivo per cui i calcoli sulla Stella di Planck li ha portati infine nelle vicinanze del raggio di un protone.

Come menzionato nel nostro articolo Hawking goes Grey  “In effetti, il formalismo utilizzato da Rovelli e Vidotto è estremamente rilevante, in quanto le equazioni 3, 4, 8 e 9 nel loro paper sono tutte variazioni dell’equazione 19 nel paper di Haramein Quantum Gravity and the Holographic Mass: r=2ℓ(m/mℓ) dove ℓ è la lunghezza di Planck e mℓ è la massa di Planck…

Entrambi gli approcci sono geometrici e descrivno diversi aspetti delle dinamiche dello spazio-tempo guidate dalla risoluzione quantistica”. Quindi, Rovelli e Vidotto arrivano allo stesso formalismo di Haramein, ma da un percorso completamente diverso, nel loro caso la curvatura, mentre Haramein arriva dalla struttura olografica in pixel dello spazio-tempo. In ogni caso, i due sono come pezzi di un puzzle che ci dona una comprensione più profonda dell’evoluzione universale. Nonostante il team di fisici siano arrivati alla Stella di Planck nella regione del raggio del protone, non notano necessariamente che la Densità di Planck in questo volume, all’avvenire del “rimbalzo”, è equivalente alla densità di energia della costante cosmologica del vuoto nel resto dell’Universo, che al momento si pensa essere la fonte dell’espansione dello stesso.

A questo punto, l’apparente stabilità del protone o nel loro caso la Stella di Planck, non è solo dovuta alla dilatazione temporale, ma anche ad uno stato di equilibrio tra la pressione gravitazionale interna della densità di Planck del protone e la densità cosmologica del vuoto che lo confina. L’utilizzo delle equazioni di Haramein dal paper Quantum Gravity and the Holographic Mass, a cui arrivano indipendentemente Rovelli e Vidotto, dimostra il potere dell’approccio olografico nel descrivere le dinamiche della gravità quantistica.

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Resonance Science Foundation Research Team