Vocabolario: Altri

ALTRI

ALTRI

Vocabolario, pubblicato da Anima Edizioni, è il testo che Igor Sibaldi dedica alle “parole dei mondi più grandi”. Qui un estratto, dedicato al termine ALTRI.

ALTRI

È una parola importantissima per tutti, e soltanto gli ADULTI ne conoscono il significato: vale qui, appieno, quell’espressione tanto cara ai parenti: «Quando sarai diventato grande, capirai…» Il BAMBINO infatti non ha il concetto di «altri»; non l’ha, perché non concepisce il plurale riferito a esseri viventi: un bambino considera soltanto l’individuo; un gruppo, un parentado, la popolazione di una città, per un bambino sono, perciò, soltanto interessanti sfondi sui quali osservare i singoli io che ne fanno parte, e che gli appariranno significativi ciascuno di per sé. Per l’adulto, invece, il mondo è soprattutto un agglomerato di altri, i quali esercitano su di lui influssi irresistibili. Quanti adulti hanno scelto il proprio lavoro, il luogo dove abitare, il compagno di vita, e persino le proprie predilezioni più segrete, appunto in base a quel che gli altri ritenevano opportuno o inopportuno?

E tuttavia è il bambino ad aver capito meglio la questione: davvero i cosiddetti altri non esistono, se non nell’idea che l’adulto si è fatto di loro. Chi sono, infatti, questi altri, e dove si trovano precisamente? Nessun passante a cui domandassi «Tu sei un altro?», risponderebbe di sì. Il che non significa che gli altri siano soltanto un modo di dire: sono, al contrario, un modo di non dire, di lasciare nel vago qualcosa che l’adulto non ha il coraggio di riconoscere, e precisamente: la totalità dei condizionamenti che ha subito e ai quali si è rassegnato, durante la sua trasformazione da bambino in adulto.
Non per nulla ciascun adulto vede gli altri a modo suo: cioè a seconda dei condizionamenti con i quali lui personalmente ha avuto a che fare, e del modo in cui si è rassegnato a lasciarsene determinare. Ne deriva un grave equivoco, di cui pochi si accorgono: quando un adulto parla degli altri, e si comporta e ragiona in base agli altri, crede di riferirsi a un termine oggettivo, cioè a una moltitudine che tutti si figurano nello stesso modo in cui se la figura lui, e sta invece esprimendo qualcosa che riguarda lui solo.

Le conseguenze di tale equivoco sono enormi: su questi altri si fondano infatti tutti quei contenuti della coscienza che si dicono collettivi, quali per esempio lo Stato, la morale, la cultura ecc. con tutti i sentimenti e le emozioni che essi suscitano – e su tali contenuti poggia interamente ciò che si chiama RAZIONALITÀ. Apparentemente sono tutti modi in cui un adulto riesce a pensare non con la propria testa, ma con la testa di quegli altri che, a suo parere, nel loro insieme pesano e contano più di lui: ma, dato che gli altri non esistono al di fuori delle sue personali proiezioni, quei contenuti collettivi, e la razionalità, e il buon senso esprimono non la mentalità di una popolazione reale, ma solamente le resistenze del singolo a fidarsi di sé.
In tal senso, costituiscono un fenomeno paragonabile a certe fobie, per le quali ci si vieta di fare o dire determinate cose, temendo che non-si-sa-chi possa fare non-si-sa-cosa per punirti di averle fatte o dette. E veramente grande è, qui, l’opera dell’ingegno: quanta creatività, quanta coerenza e tenacia vengono adoperate da ciascun adulto per tener vivi e per riempire di senso quei contenuti collettivi riferiti a una collettività irreale, e quindi di per sé vuoti! Quante cose potrebbe invece pensare e realizzare ciascun adulto, se invece di sprecare le sue forze per far esistere gli altri e la loro mentalità e il potere che attribuisce loro, le adoperasse per esistere lui un po’ di più. Ma la maggior parte delle persone non osa neppure immaginare come sarebbe il mondo se quei fantomatici altri sparissero (voi ci avete mai provato?).

Dagli altri e da quei contenuti collettivi occorre in ogni caso distanziarsi, sia quando si comincia a scoprire la SAPIENZA, sia quando ci si avventura nell’Aldilà. Per stabilire una connessione autentica con il proprio Io grande, bisogna cioè imparare a lasciarsi alle spalle quelle convinzioni, regole, valori, validità, ragionamenti e parole altrui, che valgono in tutti quei contesti in cui tu coincidi con il ruolo che rivesti nel mondo degli altri.

E tale superamento non è mai né definitivo, e nemmeno durevole: scivolare di nuovo indietro, ricominciare a pensare e a parlare come gli altri è bensì facilissimo tanto nella sapienza che nell’esplorazione dell’Aldilà, specialmente quando nell’una o nell’altra capita di toccare argomenti connessi con la posizione sociale o la famiglia. Parlo di ciò in varie altre voci: BLACK-OUT, CONFERME, CHIEDERE ecc.

(Le parole in maiuscolo sono approfondite nel resto del libro “Vocabolario” di Igor Sibaldi, Anima Edizioni).

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© Anima Edizioni. Milano, 2009
© Igor Sibaldi, 2009