Vuoto, Vortici e Gravitazione

Vuoto, Vortici e Gravitazione

 

etere

PARTE I

VUOTO E MATERIA: MITI CHE COLLASSANO

Una Premessa Necessaria

Fino a pochi decenni fa, il privilegio di appartenere all’élite degli scienziati professionisti non era titolo richiesto per discutere di argomenti scientifici e per pubblicare saggi che potessero essere considerati testi di filosofia della scienza (epistemologia). Sembra che l’accresciuta complessità della fisica atomica e sub-atomica, che ha portato la conoscenza specifica ad una specializzazione estrema, abbia implicato l’esclusione dei non specialisti da ogni discussione o commento significativo su rilevanti questioni della fisica contemporanea, incluse quelle riguardanti la cosmologia, per via del pesante coinvolgimento della microfisica anche nelle questioni riguardanti le origini e la formazione del cosmo. I dibattiti sofisticati che si sono sviluppati sull’origine dell’universo, particolarmente dopo l’apparizione della Teoria del Big Bang, sono un esempio dell’intervenuto meccanismo di esclusione dei non professionisti. Per i non professionisti era ancora possibile porre domande significative circa i risultati teorici della Relatività di Einstein, mentre la prima vera barriera contro l’intrusione dei non specialisti è stata posta dai principi e dalle procedure della Meccanica Quantistica. Parte della ragione di ciò sta sia nell’adozione di formalismi matematici complicati, usati nello sviluppo teorico delle ipotesi scientifiche di base, sia nella complessa tecnologia impiegata per la raccolta e per l’elaborazione di dati, che spesso porta gli stessi scienziati a evitare commenti sui risultati delle loro ricerche.

Tuttavia, dobbiamo ritenere che la scienza non possa essere considerata patrimonio della cultura umana se si sottrae alle domande che nascono dal ragionamento filosofico. Nella storia umana, la filosofia ha sempre giocato un ruolo propulsivo attraverso domande su ogni cosa, prima di qualsiasi formazione di conoscenze specialistiche, così come dopo le acquisizioni derivanti da lavori specialistici. Se – da una parte – i limiti della filosofia stanno nel non-uso di linguaggi specialistici efficaci, dall’altra il linguaggio degli specialisti non è fine a sé stesso e –prima o poi – urta contro il muro dell’inefficacia, quando nuovi risultati sperimentali non possono essere spiegati adeguatamente o quando gli esperimenti cruciali necessari non possono essere effettuati.

Per dirla meglio, la situazione odierna in fisica delle particelle elementari (e in astrofisica) non sembra sostanzialmente diversa dalla situazione paradossale in cui il sistema Tolemaico si trovava prima della rivoluzione Copernicana (1). Il sistema astronomico Tolemaico, basato sull’assunto che la Terra fosse al centro dell’universo, divenne estremamente complicato, perché, dopo ogni scoperta di un nuovo pianeta, era necessario rivedere il sistema stesso introducendo epicicli aggiuntivi in modo tale da non compromettere la costruzione teorica pre-esistente. Questo sistema, comunque, era ancora efficace nel prevedere gli eventi astronomici – e le eclissi in particolare – con precisione strabiliante. Un crescente numero di fisici dichiara apertamente che lo stato raggiunto dalla fisica contemporanea è critico e che sembra necessario un nuovo tipo di fisica per una migliore spiegazione degli eventi osservati nell’universo.

Guardare ad alcune affermazioni rilasciate sulla fisica contemporanea da rinomati scienziati induce di nuovo immaginazione e filosofia al lavoro per formulare suggerimenti. Gli scienziati professionisti devono essere normalmente molto cauti nell’esprimere le verità alle quali credono, non solo perché non osano mettere a repentaglio la propria reputazione, ma anche per non creare dubbi o pretesti in quelli che possono decidere di finanziare programmi di ricerca. Si tratta sia di reputazione sia di sopravvivenza professionale. La riluttanza e la reticenza possono non avere effetto sui pochi scienziati che sono stati pubblicamente salutati come le più grandi menti viventi o come geni indiscussi, anche se la cautela – a vari livelli – è una saggia abitudine propria di quasi tutti gli scienziati. Tuttavia, come prova la storia, anche i migliori tra loro possono essere riluttanti a rimettere in discussione ciò che è costato anni di lavoro e di frustrazione sconosciuti al grande pubblico. Pertanto, qualsiasi estraneo che, dagli scienziati più espliciti, sappia ricevere, comprendere e interpretare messaggi più o meno implicitamente “sovversivi”, si attiene ad una sorta di obbligo morale nell’esplicitare e nel diffondere i contenuti di tali messaggi. Non c’è nulla da perdere per il “non addetto ai lavori” e – all’opposto – c’è qualche possibilità di corroborare lo sviluppo di idee che sono – dal punto di vista scientifico – in uno mero stato embrionale.

Da un altro punto di vista, sia le persone colte sia quelle meno colte hanno il diritto di comunicare il proprio sistema filosofico di pensiero, costruito sulle basi di tutto ciò che si è appreso, compreso e meditato. Alcune persone illetterate sono riuscite a costruire e a diffondere nel mondo e attraverso i secoli sistemi di idee che si sono dimostrate e ancora si dimostrano dure a sparire (un esempio su tutti: il pensiero religioso e filosofico del Profeta Maometto. Maometto era una persona illetterata). Più in generale, le ideologie non scientifiche o pseudo-scientifiche (come il Marxismo, per esempio), insieme con religioni di ogni sorta, sono riuscite a catturare la fede di milioni di persone, inclusi scienziati di altissimo livello. Questo significa che la filosofia, nel suo significato classico, è ancora e globalmente considerata necessaria, e humus naturale nel quale la scienza può – e probabilmente deve – mettere le sue radici per prosperare, nonostante la crescente folla di pseudo-scienziati e di ciarlatani. Quest’ultimi sono persone normalmente inutili per la scienza, ma anche inoffensive fino a quando le loro teorie non si trasformano in politica. Tuttavia, il progresso della scienza è possibile solo se la scienza trova il modo di accogliere le critiche che provengono dal pensiero filosofico. Questo, a sua volta, si rinnova con lo sviluppo della scienza; ma sintesi di comprensione, apertura di visuali in nuove direzioni, elaborazione critica della conoscenza acquisita alla luce di inevitabili dubbi, suggerimenti di nuove ipotesi, tutto questo rimane insostituibile funzione del pensiero libero e imprevedibile.

1. Quali indicazioni non ortodosse dagli scienziati?

Nel tentativo di affrontare alcuni problemi cruciali della fisica contemporanea, l’analisi di questi problemi attraverso un mero approccio tecnico sarebbe una partenza senza esiti. Il contenuto principale implicito dei messaggi provenienti da cauti ma espliciti scienziati è che il percorso verso le soluzioni dei problemi emergenti può solo aver origine da un capovolgimento generale dell’approccio ad essi. I problemi cruciali in questione riguardano – da una parte – il complicato e spesso inspiegabile comportamento dei componenti della materia alle scale subatomiche; e – dall’altra – l’enigma della gravità, che sfugge ad ogni tentativo di riconciliazione con l’unificazione delle altre forze naturali. A dispetto dell’apparenza, Albert Einstein (1879-1955) non ha fornito una spiegazione per la gravità, ma di essa ha solo dato una nuova descrizione (2).

Per far fronte a questi problemi con capovolgimento di modalità, non si dovrebbe ripartire dallo studio dei componenti della materia in modo nuovo, ma ripartire dallo studio del “vuoto” dal quale le particelle di ogni tipo hanno origine e nel quale scompaiono. Per molti scienziati tale approccio è ancora insensato o risibile. Nel 1954, durante una conferenza stampa tenuta da Enrico Fermi (1901-1954) in Italia pochi mesi prima della sua inattesa morte, i giornalisti gli chiesero: “Secondo lei, in che cosa consisterà il futuro della fisica?”. Fermi rispose: “Lo studio del vuoto”. I giornalisti insistettero per avere una spiegazione più chiara di questa risposta, ma Fermi si limitò a rispondere: “Intendo lo studio del nulla”. Il fisico Italiano Francesco Melchiorri conserva una registrazione di questa conferenza stampa. (3)

Werner Heisenberg, nel suo libro Physics and Philosophy, ricorda l’antico filosofo Greco Anassimandro, il quale asserì che nessun componente della materia percepibile deve essere considerato come elemento base del nostro universo (4). Piuttosto, gli elementi percepibili dell’universo hanno origine e sono inclusi in una infinita, onnipresente eterna, irriducibile e impercettibile sostanza. Heisenberg, commentando questo concetto filosofico, sostiene che – secondo la fisica moderna – ogni particella sub-atomica può essere trasformata in una certa sostanza universale, che può essere chiamata sia energia sia materia; ma nessuna delle varie particelle sub-atomiche osservabili o generabili ha il diritto d’essere considerata come la più elementare o basilare.

2. Lo Strano Vuoto della Fisica Contemporanea

Il concetto di “vuoto” ha subito un’evoluzione impressionante, molto più impressionante di qualsiasi altro concetto in fisica. Da tempi antichi, la parola “vuoto” ha indicato il nulla fisico assoluto. Dal concetto iniziale di spazio vuoto, cioè di spazio privo di materia, il “vuoto” della fisica di oggi diviene una fonte effervescente di energia e di materia. Walter Thirring, in un documento pubblicato nel 1968, afferma chiaramente che la fisica moderna mette le nostre idee circa la materia in un contesto concettuale completamente nuovo. La fisica attira la nostra attenzione non verso l'”essenza” delle particelle elementari, ma sul “campo fisico sottostante”. La presenza di materia è solo una perturbazione dello stato intrinsecamente perfetto del “campo sottostante”. Si potrebbe dire che la materia sia qualcosa di accidentale; è solo un “imperfetto” stato locale del “campo”. Questa è la ragione per la quale non ci sono leggi semplici per descrivere sia le interazioni tra particelle sia la natura intrinseca di ogni particella. Il “campo” esiste sempre e indipendentemente dalla materia e la sua presenza è ovunque: non vi si può sfuggire o non lo si può eliminare. Esso è la fonte e il veicolo di tutti i fenomeni naturali. Esso è il “vuoto” dal quale i protoni attingono mesoni π. L’esistenza e la scomparsa di ogni particella sono solo forme di “movimento del campo”. (5) Prima di Thirring, Werner Heisenberg ebbe ad affermare, in più di una occasione, che il principale obiettivo dei fisici dovrebbe oggi consistere nello scoprire la legge fondamentale del movimento del campo, per derivare tutte le proprietà e il comportamento delle particelle elementari.

La primaria difficoltà che i fisici devono affrontare è l’inadeguatezza del concetto tradizionale di “oggetto composto” relativo alle particelle subatomiche. L’unico modo seguito fino ad ora dai fisici per svelare i supposti sub-componenti di queste particelle, è consistito nel farle collidere violentemente in processi ad altissima energia, al fine di determinarne la frantumazione. Quando i fisici fanno questo, i “frammenti” che osservano non sono mai più piccoli delle particelle da cui originano i frammenti stessi a frantumazione avvenuta. Per esempio, dalla collisione ad alta velocità di due protoni si può ottenere una grande varietà di “frammenti”, ma nessuno di essi è una frazione di protone in termini di massa. La massa del top-quark, per esempio, che si suppone essere uno dei componenti del protone, vale 175 masse del protone. E’ una massa enorme, che nessuna spiegazione può tuttora giustificare in modo soddisfacente. In questo caso, sarebbe più saggio presumere che le collisioni tra particelle sub-atomiche non producano “frammenti”, ma generino solo trasformazioni delle loro forme ed energie in nuovi stati di moto locale del “campo sottostante”.

Inoltre, secondo la teoria quantistica dei campi, ogni atomo, qualsiasi sia il suo stato, viene continuamente colpito da particelle virtuali che improvvisamente appaiono dal “vuoto” e – sempre improvvisamente – nel vuoto scompaiono. Tale situazione è emersa come una necessità teorica, non è un’ipotesi. Se ciò fosse vero, sarebbe sufficiente per affermare che il “vuoto” della fisica di oggi è una cosa molto strana. Sembra un posto o un’ entità magica, senza sostanza, ma nella quale nuove particelle materiali possono originarsi o scomparire improvvisamente, a dispetto del sacro principio della conservazione di massa e di energia. Ancora; per la fisica contemporanea il “vuoto” è – da una parte – un campo a livello zero di energia e – dall’altra – il serbatoio di una quantità illimitata di energia (6). Paradossalmente, questo vuoto è qualcosa che si può stimolare, che reagisce a stimoli attraverso la produzione di particelle e di energia. Einstein fu il leader della campagna, condotta durante le prime decadi del 20° secolo, per liberare la fisica dall’etere di Aristotele e Huygens, ma i fisici ora sono costretti ad affrontare qualcosa che è molto più bizzarro dell’esiliato etere (7).

Heisenberg ha speso gran parte della sua vita nel tentativo di attirare l’attenzione dei fisici sul modo appropriato di affrontare i nuovi problemi riguardanti la fisica atomica e sub-atomica. In merito ai fenomeni atomici e sub-atomici, ha evidenziato che ci rivolgiamo a oggetti e a fatti che sono reali quanto i fatti della vita di tutti i giorni. Tuttavia atomi e particelle sub-atomiche non sono così reali: essi appartengono ad un regno di possibilità e di potenzialità, piuttosto che al mondo degli oggetti e dei fatti. Nella fisica moderna, l’universo non è stato diviso in gruppi di oggetti, ma in gruppi di connessioni. L’universo sembra una rete complicata di eventi nella quale diversi tipi di connessioni hanno luogo, interagiscono, si sovrappongono e si combinano tra loro, così determinando la struttura del tutto (8).
Sembra opportuno ricordare che Heisenberg ha ritenuto appropriato citare le “parole profetiche” scritte da Anassimandro nel 6° secolo prima di Cristo a proposito della “sostanza indeterminata” (άπειρον) da cui tutto ha origine: “Non è acqua né alcun altro dei cosiddetti elementi. La sua estensione è infinita e la sua natura è diversa da quanto è visibile. Tutti i mondi esistenti vengono da essa e vi ritorneranno secondo necessità” (9).

Più recentemente, numerosi fisici suggeriscono di riconsiderare il vuoto come un medium con consistenza fisica, vuoi come una sorta di superfluido vuoi come uno speciale tipo di medium continuo (10). Il fisico Italiano Tullio Regge, per esempio, scrive: “Possiamo stabilire similarità matematiche formali tra il modello standard e la meccanica dei mezzi continui e chiamare etere il mezzo continuo descritto dal modello standard. In tale caso tutte le particelle conosciute, inclusi gli elettroni e i nucleoni di cui ogni materia e noi stessi consistiamo, apparirebbero come stati di vibrazione dell’etere” (…) “L’etere del modello standard è qualcosa di molto più eclettico di quello di Maxwell, soprattutto perché non possiamo considerare noi stessi come osservatori esterni ad esso”. (…) “…l’etere è un mezzo che possiamo solo percepire tramite le sue vibrazioni, ma il cui moto assoluto non può essere rilevato.”(11).

3. Che cos’è il “vuoto”?

Questa è la domanda che mi ha indotto a scrivere questo saggio, dopo più di quarant’anni di meditazione su questo mistero. La ragione per tale lunga meditazione sta nella convinzione, mia personale, che capire il “vuoto” possa portare a capire anche la gravitazione, altro “mistero”, che turba ancora i fisici contemporanei ad onta della teoria formulata su di essa dalla Relatività Generale di Einstein. Il vuoto divenne un problema che la fisica rimosse dopo che A. Michelson e E. Morley, tramite ripetuti esperimenti condotti tra la fine del 19° secolo e l’inizio del 20°, non poterono provare l’esistenza dell’etere. Gli esperimenti erano basati sull’assunto che la velocità della luce deve variare con la direzione della sua propagazione rispetto al “relativo vento d’etere”, se la sorgente di luce si muove rispetto all’etere. Fino a quel momento, l'”etere” era praticamente da tutti i fisici considerato una realtà ovvia. Il fallimento degli esperimenti di Michelson-Morley fu considerato qualcosa di incredibile e grandi scienziati si sforzarono di fornire una spiegazione attendibile per l’ “inspiegabile” fallimento.

L’esistenza dell’etere sembrava necessaria per rendere credibile la teoria elettromagnetica, dato che appariva impossibile pensare ad onde fisiche che si propagassero attraverso uno spazio perfettamente vuoto, specialmente dopo che H. Hertz nel 1887 e G. Marconi nel 1901, sulla base delle indicazioni fornite dall’elegante teoria elettromagnetica formulata da J.Maxwell nel 1873, provarono che tali onde sono qualcosa di reale, non solo un modello matematico. Il problema fu rimosso dalla “teoria della relatività speciale” di Einstein pubblicata nel 1905. Un postulato di questa teoria è che la velocità della luce è costante in tutte le direzioni dello spazio e indipendente dal moto relativo della sua sorgente. Separatamente, Einstein formulò anche l’ipotesi che la luce si propagasse mediante fotoni, cioè per mezzo di particelle nella forma di quanti di luce; l’ipotesi – da una parte – forniva una spiegazione persuasiva per l’effetto foto-elettrico (inspiegabile tramite la teoria di Maxwell) e – dall’altra – metteva in questione il vero significato delle onde elettromagnetiche.

In parole semplici, la relatività speciale di Einstein rese l'”etere” un mezzo di propagazione non necessario. Prima di Maxwell, Newton ipotizzò che la luce si propagasse viaggiando in corpuscoli attraverso lo spazio vuoto. I fotoni introdotti da Einstein divennero una versione aggiornata dell’ipotesi di Newton, sebbene Einstein non considerasse i suoi fotoni come corpuscoli isolati. Secondo Einstein, ogni fotone deve sempre essere pensato associato ad un’ “onda vuota”, con un’onda [ma che cosa ondeggia?] che non porta in sé alcuna quantità né di energia né di impulso. Questo strano concetto è la prima formulazione dell’enigmatico dualismo onda-corpuscolo. Più tardi, lo stesso Einstein, commentando la Relatività Generale, sembrò cambiare idea sull’etere. Sostanzialmente tornò indietro, alla posizione di Lorentz, e affermò che negare l’esistenza dell’etere è impossibile. Nel 1920 scrisse: “Secondo la Relatività Generale, lo spazio cosmico ha proprietà fisiche: questo è il motivo per cui l’etere deve esistere. Dal punto di vista della Relatività Generale non è possibile immaginare lo spazio senza etere“. E nel 1954: “Lo spazio rigido quadri-dimensionale della Relatività Generale può essere visto come analogo all’etere rigido tri-dimensionale di Lorentz“. (12)

Einstein contribuì in modo fondamentale alla nascita della teoria quantistica, anche se più tardi spese quasi metà della sua vita nel tentativo di dimostrarne l’incoerenza. E anche l’etere, che la relatività speciale aveva lasciato fuori dalla porta della scienza, dovette urgentemente rientrare in qualche modo dalla finestra, aperta sul “vuoto” dalla teoria quantistica. Nel paragrafo precedente, ho già indicato l’incredibile vitalità e l’importanza che il “vuoto” mostra nella pratica della fisica moderna. Onde nessuno può ancora affermare che il “vuoto” sia il “nulla”. Al contrario, come suggerito da Heisenberg e da Thirring, questo “bizzarro vuoto” sembra piuttosto essere “il tutto”. (Vedere anche l’Allegato a questa Parte 1). Inoltre, quanto sappiamo circa il vuoto non viene da una teoria specifica del vuoto, ma è un insieme di non richieste implicazioni teoretiche del modello standard della materia e dell’energia adottato dalla fisica sub-atomica. Questa parte della scienza moderna si trova ora ad un punto cruciale: il vuoto sembra non solo importante, ma addirittura più importante della miriade di oggetti che la fisica sub-atomica chiama “particelle elementari”.

In altre parole, sembra che sia arrivato il momento di ribaltare l’approccio analitico all’universo. L’indicazione sembra la seguente: iniziamo dal “vuoto” invece che dalla materia, per capire meglio che cosa siano materia, radiazione ed energia. Sfortunatamente, pare che nuove branche di ricerca in fisica teorica preferiscano partire da un versante quasi opposto. La tendenza generale delle recenti teorie “innovative” consiste in ulteriori tentativi di quantizzare tutto, lo spazio fisico incluso. Sembra un’ossessione: intenzionalmente o meno, molta della nuova ricerca in fisica cade in una sorta di coercizione a muoversi su percorsi esistenti usando nuovi veicoli, ovvero giustificare le esistenti collaudate teorie da un punto di vista superiore, per incorporarle in una teoria del tutto; come se non esistessero altre vie possibili per migliorare la conoscenza scientifica in fisica. Riguardo in particolare alla gravità, nonostante l’eccitante potere dei nuovi linguaggi matematici, c’è da temere che ogni tentativo di quantizzare questa forza abbia imboccato un vicolo cieco.

Il proposito di questo saggio è mostrare una via alternativa per affrontare il “vuoto”, con l’idea di ottenere sia una spiegazione della gravità sia un controllo su di essa. Nella Parte II di questo saggio, traccio un’ipotesi sulla natura dello spazio fisico dell’universo. L’assunto di base è che esiste un “plenum” in cui consiste lo spazio fisico. Il “plenum” è l’essenza fondamentale del nostro universo e la matrice di tutti i possibili fenomeni fisici. Il “plenum” ha estensione finita, mentre il vero vuoto (il nulla assoluto) è illimitato e “contiene” il plenum. Il “plenum” si combina in modi innumerevoli col vero vuoto, che è l’assoluto vuoto dove fenomeni fisici non sono possibili. Per esprimere meglio il concetto con un solo esempio: in questo vero vuoto non è possibile la propagazione della luce. Comunque, questo vero vuoto è l’infinito spazio non fisico che contiene e circonda il plenum fisico. Il “plenum” fisico è un tutto continuo e finito, che non è costituito da particelle o da elementi componenti. Inoltre, assumo che il plenum si comporta come un fluido omogeneo privo di massa. Elementi materiali e materia composta appaiono quando il plenum stabilisce una varietà di movimenti fluidi attorno a nuclei di vuoto assoluto.

Più precisamente, il plenum in movimento fluido può “rompersi” e aprirsi a nuclei di vero vuoto, e la presenza di nuclei di vuoto all’interno di contestuali movimenti del plenum – dove tali nuclei di vuoto appaiono – determina la formazione di materia e di energia. Come conseguenza di queste ipotesi, il concetto di “massa” è inerente alla presenza di vari volumi di vero vuoto (i nuclei di vuoto) inseritisi nel plenum. I movimenti oscillatori del plenum determinano effetti di radiazione. Il plenum può generare vortici e particolari tipi di vortice formano campi gravitazionali. Possiamo accreditare l’idea a Keplero (1571-1630), che per primo espresse tale ipotesi. Data l’attività complessa e incessante del plenum, le intrusioni di nuclei di vuoto nel plenum sono largamente diffuse nell’universo e il loro numero è in costante aumento.

Nella Parte II, in una sorta di provocatorio avvìo, vengono dati alcuni esempi analitici su come radiazione e gravitazione possano essere descritte sulla base di tali ipotesi. Viene inoltre suggerito un semplice esperimento per corroborare o per falsificare l’ipotesi sulla gravità come qui esposta. Una più consona introduzione a questa mia esercitazione teorica avrebbe dovuto includere una rassegna dello stato della fisica odierna, con la dovuta attenzione per gli sforzi, in parte coronati da successo, compiuti dai ricercatori di una teoria di grande unificazione delle varie branche della fisica. Speciale menzione merita la teoria delle stringhe o delle super-stringhe o M-Theory. Esistono però testi eccellenti su questi argomenti, ed io non sono in grado di riassumere adeguatamente materia di questo calibro nella rapida sintesi di una bozza di saggio come questa. (13)

4. La mia spinta filosofica

Il principale intento di questo saggio è di concentrarsi sugli effetti fisici associati alla formazione di “vortici gravitazionali” del plenum; sebbene io tenti anche di stimolare attenzione sulle potenzialità teoriche inerenti alla dialettica tra attività turbolenta del plenum cosmico e presenza contestuale di un infinito vuoto assoluto. Una polvere di nulla assoluto diffusa attraverso il cosmo, per esempio, pone nuove domande nello studio di tutti i fenomeni che possiamo osservare o immaginare. Una domanda fondamentale riguarda la formazione della massa congiuntamente alla formazione di materia di energia. Se il mio suggerimento vale qualcosa, lo studio del comportamento del plenum potrebbe richiamare l’uso di ogni strumento di indagine utile ad identificare e a descrivere le condizioni di moto invisibili e complesse del continuum, nel quale consiste l’essenza base del cosmo, assieme alle interferenze cinematiche tra diverse condizioni di moto del plenum in compresenza di forme e di volumi diversi di vuoto.

Nella Parte II, in un tentativo meramente ipotetico, oso proporre un modello di formazione dei fotoni e degli elettroni, benché non sia mia intenzione suggerire una teoria del tutto, nella quale non sono incline a credere. Sono pienamente consapevole che molti (diverse migliaia) di dilettanti e di filosofi della scienza – anche raggruppati in associazioni ben organizzate – si affiancano a pochi coraggiosi fisici professionisti della fisica ufficiale nell’affermare di aver ottenuto la “vera” spiegazione di tutto. Il contemporaneo sistema globale dei media amplifica il “rumore” di questo variegato sfondo della ricerca scientifica in fisica e in cosmologia, col prevalente effetto di contribuire a diffondere confusione di idee e di teorie, piuttosto che a facilitare il progresso verso soluzioni praticabili.

Sul fronte della fisica ufficiale, nondimeno, c’è da considerare il problema politico di giustificare l’impiego di sin troppi fisici professionisti e di matematici di alto livello. E’ un problema sociale le cui soluzioni sembrano possibili solo tramite progetti di ricerca che si leghino all'”ortodossia” riconosciuta per largo consenso accademico, tenuto conto delle gravi difficoltà nell’ottenere le necessarie (a volte enormi) risorse finanziarie. Per via di tale politica dominante, emersa nella seconda metà del secolo passato e propria di tutte le maggiori istituzioni e organizzazioni di ricerca, ricerche innovative individuali o isolate hanno davvero poche possibilità di attrarre attiva curiosità ed attenzione, specialmente per quanto riguarda la ricerca teorica; in contrasto con quei teorici professionisti altamente preparati che solitamente preferiscono mettere le loro abilità al servizio di progetti ben finanziati, quale che ne sia l’àmbito.

Secondo me, ciò che oggi importa è invece incoraggiare l’uso d’ogni ragionevole mezzo per distogliere la sperimentazione, nella fisica di base, dal seguire il credo ossessivo di teorici privilegiati, secondo i quali la via per raggiungere “la verità” sta in congegni sempre più costosi atti frantumare particelle, sub-particelle, sub-sub-particelle ad energie sempre più alte, stravolgendo in tal modo lo spazio fisico alla ricerca di mitici bosoni e/o di componenti “elementari” supersimmetrici e/o di qualsiasi cosa in futuro sarà “predetta” dalle teorie quantistiche, in particolare riguardo alla gravità e alla gravitazione. Sembra ci sia poca consapevolezza del fatto che tali costosissimi “fuochi d’artificio” possono spingere ad infinitum un gioco sterile, senza cioè conseguire alcun successo nell’effettivo dominio sulla gravità.

ALLEGATO ALLA PARTE 1

I Fisici e il Vuoto

Nelle precedenti pagine della Parte 1, sono stati dati alcuni riferimenti ad opinioni di pochi importanti fisici su che cosa possa essere il vuoto. Questo allegato intende dare al soggetto spazio aggiuntivo, considerando che oggi, per i fisici, l’importanza del vuoto è maggiore di quella che ha la materia, mentre la massima incertezza affligge la scienza sulla natura fisica del vuoto e la riluttanza prevale nel riconsiderare lo spazio fisico secondo un nuovo concetto di etere. Robert Laughlin evidenzia che la connotazione della parola “etere” in fisica è estremamente negativa, dato che viene immediatamente associata all’opposizione accademica incontrata inizialmente dalla teoria della Relatività, la quale suggerisce che l'”etere” in fisica non serve e che il concetto di “etere” dovrebbe essere considerato privo di significato scientifico. Tale attitudine ora è un handicap concettuale, perché la parola “etere”, una volta privata delle sue connotazioni storiche, sembra particolarmente adeguata ad esprimere molte delle caratteristiche che i fisici attribuiscono al vuoto.

In realtà, la Relatività non dice nulla sull’esistenza o sull’inesistenza di una “sostanza” speciale che pervade l’universo, dato che la teoria si limita ad affermare che ogni sostanza di quel tipo dovrebbe obbedire alla simmetria relativistica. Sorprendentemente, i fisici hanno poi dovuto ammettere che tale sostanza esiste realmente, quando le ricerche sulla radioattività hanno iniziato a mostrare che il vuoto è caratterizzato da una struttura spettroscopica analoga a quella dei fluidi e dei solidi quantistici. Nella pratica della fisica contemporanea, questo significa che l’idea del “vuoto”, come confermato sperimentalmente giorno dopo giorno, corrisponde al concetto di “etere relativistico”. Tuttavia, il termine “etere” sembra rimanere un tabù (Robert Laughlin, “Reinventing Physics from the Bottom Down”, Basic Books, New York, 2005, Capitolo 10).

A fare luce sulla controversia storica dell’ultimo secolo circa l’uso della parola “etere” c’è il notevole libro di Ludwig Kostro, “Einstein and the Ether” (Apeiron, Montreal 2000), già menzionato nella Parte 1. Il libro richiama l’attenzione sui fatti seguenti:

(1) Einstein era continuamente preoccupato circa la più appropriata interpretazione da dare alla sua relatività generale;
(2) Einstein cambiò idea diverse volte sulla consistenza dello spazio fisico, passando da un risoluto rifiuto dell’etere ad una risoluta asserzione della sua esistenza come spazio fisico continuo (non costituito da componenti elementari);
(3) Dopo il 1920, la comunità scientifica ignorò quasi tutta l’attività di ricerca di Einstein, e gli ultimi interessanti suggerimenti dati da Einstein sono stati completamente trascurati.

Per quanto riguarda l’etere, la seguente serie di dichiarazioni, da lui fatte in successivi momenti della sua vita, può evidenziare e riassumere la storia delle meditazioni di Einstein sull’argomento.

(a)“I campi elettromagnetici che costituiscono la luce non sembrano più stati di un mezzo ipotetico, ma forme autonome emesse da fonti di luce, come nella teoria di Newton sull’emissione della luce. Come in tale teoria, ogni spazio non percorso da radiazione e senza materia ponderale sembra essere veramente vuoto” (Entwicklung unserer Anschauungen der das Wesen und die Konstitution der Strahlung, PHYSIKALISCHE ZEITSCHRIFT, 10, 1909), citato da Kostro, Pagina 37 del suo libro. Nella stessa pagina, tuttavia, Kostro osserva che Newton sviluppò la sua teoria con l’introduzione di “onde di etere” per spiegare il fenomeno della penetrazione e della riflessione della luce (e, a questo proposito, è il caso di notare che anche Einstein si sentì più tardi stranamente spinto ad associare “un’onda vuota” al fotone).

(b) “Per me è assurdo attribuire proprietà fisiche allo “spazio”. La totalità delle masse genera un campo gμν (campo gravitazionale), che controlla lo sviluppo di ogni processo, inclusa la propagazione della luce e il comportamento dei regoli di misura e degli orologi”
(Albert Einstein, lettera a Ernst Mach, senza data, 1913), citato da Kostro, Pagina 54.

(c) “Due dei principali risultati della teoria della relatività saranno qui menzionati, che dovrebbero anche interessare il non esperto. Il primo è che l’ipotesi dell’esistenza di un mezzo che riempie lo spazio a supporto della propagazione della luce (l’etere luminifero) deve essere abbandonata. Secondo questa teoria, la luce non sembra più uno stato di movimento di un trasportatore sconosciuto, ma un oggetto fisico al quale deve essere attribuita una esistenza completamente autonoma” (A. Einstein, Vom Relativiatsprinzip, DIE VOSSISCHE ZEITUNG, 26 Aprile 1914).

(d) “Nel 1905, ero dell’opinione che non fosse più permesso parlare di etere in fisica. Questa opinione, nondimeno, era troppo radicale, come vedremo più avanti quando discuteremo la teoria generale della relatività. E’ ancora ammissibile, come prima, introdurre un mezzo che riempie lo spazio e assumere che i campi elettromagnetici (e anche la materia) siano suoi particolari stati. Però non è permesso – con una analogia con la materia ponderale – attribuire a questo mezzo uno stato di movimento in ogni punto. Questo etere non deve essere concepito come consistente in particelle che possono essere seguite individualmente nel tempo” … “Ancora una volta, lo spazio “vuoto” sembra dotato di proprietà fisiche, non più fisicamente vuoto, come sembrava essere secondo la relatività speciale. Si potrebbe dire che l’etere sia risorto nella teoria generale della relatività, anche se in una forma più sublimata. L’etere della teoria generale della relatività differisce da quello indicato dall’iniziale punto di vista, per il fatto che esso non è materia nel senso della meccanica. Né ad esso va applicato il concetto di movimento. Inoltre non è affatto omogeneo e il suo stato non ha esistenza autonoma, ma dipende dalla materia che genera campo (…). Da quando, secondo la nuova teoria, le proprietà dello spazio sembrano determinate dalla materia, lo spazio non è più una pre-condizione per la materia” (A. Einstein, Morgan Manuscript, New York 1921), citato da Kostro, Pagina 78.

Kostro osserva che Einstein, fino al 1921, identifica lo spazio fisico con il campo gravitazionale, mentre il campo elettromagnetico è per lui qualcosa di completamente diverso e indipendente da quello gravitazionale. Infatti, Einstein ha scritto: “…una porzione di spazio senza un campo elettromagnetico, a differenza del campo gravitazionale, sembra in un certo senso connessa all’etere solo in modo secondario, in quanto la natura formale del campo elettromagnetico non è in alcun modo determinata dall’etere gravitazionale” (A. Einstein, “Ather und Relativitats-theorie”, J.Springer, Berlino 1920, pag. 13-15), citato da Kostro, Pagina 97.

Nel 1924 Einstein cambia drammaticamente idea sull’etere.
“…si può difendere l’idea che il movimento dell’etere includa tutti gli oggetti della fisica, dato che – secondo una teoria di campo coerente – la materia ponderale e le particelle elementari di cui è composta devono essere considerate “campi” di un tipo particolare o “stati” particolari dello spazio”.
“… non saremo in grado di fare progressi in fisica teorica senza etere, un continuum dotato di proprietà fisiche: dato che la teoria generale della relatività (…) esclude l’azione a distanza. Però ogni teoria di azione contigua presume campi continui e quindi anche l’esistenza di un “etere” “
(A.Einstein, “Uber den Ather”, VERHAN-DLUNGEN DER SCHWEIZERICSCHEN NATURFORSCHENDEN GESELLSCHAFT, 1924, pag.85-93, traduzione Inglese “On the Ether”, di Saunders & Brown, in “The Philosophy of Vacuum”, Clarendon Press, Oxford 1991).

“Lo spazio fisico e l’etere sono solo termini diversi per la stessa cosa”
“I campi sono stati fisici dello spazio”
“Possiamo riassumere in linguaggio simbolico: lo spazio, portato alla luce dagli oggetti corporei e reso realtà fisica da Newton, negli ultimi decenni ha ingoiato etere e tempo e sembra anche prossimo ad ingoiare il campo e i corpuscoli, in modo da rimanere il solo portatore della realtà.”
“Secondo la teoria generale della relatività, lo spazio senza etere è impensabile; dato che in tale spazio non solo non ci sarebbe propagazione della luce, ma nemmeno possibilità d’esistenza per gli standard di spazio e di tempo (regoli di misura e orologi), né quindi alcun intervallo di spazio-tempo in senso fisico”

[Il grassetto è mio]

E’ evidente che Einstein, sviluppando la sua teoria, è passato attraverso notevoli incertezze e persino confusione concettuale, appoggiandosi soltanto sulla sua onesta, brillante, ma anche incostante, intuizione. Comunque, in età matura, sicuramente tra i 45 e i 57 anni, consolidò la sua convinzione che la “fisicalità” del “vuoto” fosse la caratteristica predominante del nostro universo. Forse l’abbandono della ferma convinzione, espressa da Heisenberg, Thirring e altri e persino da Einstein sul ruolo fondamentale del cosiddetto vuoto, è la principale causa dei recenti maggiori problemi della fisica di base.

“Oggi il vuoto è riconosciuto come un mezzo fisico effervescente (…). Una teoria generale del vuoto è quindi una teoria del tutto, una teoria universale. Sarebbe appropriato chiamare nuovamente “etere” il vuoto (…)” (S. Saunders & H. R. Brown, ed., “The Philosophy of Vacuum”, Clarendon Press, Oxford 1991, Pagina 251).

Note:

1) Circa l’analogia tra la fisica moderna e il sistema Tolemaico, vedere anche R. L. Oldershaw, “The new physics – Physical or mathematical science?”, American Journal of Physics, 56, 1075, 1988.

2) Dal punto di vista della scienza positiva, la spiegazione differisce dalla descrizione in quanto la prima – presto o tardi – permette un pieno controllo sul fenomeno spiegato, come – per esempio – riguardo al controllo pratico e all’uso dell’elettricità tramite le proprietà degli elettroni, secondo la relativa teoria scientifica. Riguardo alla gravità, la descrizione di Einstein – rispetto a quella di Newton – non permette alcun controllo diretto su questa forza naturale. I modi per sfuggire alla gravità restano quelli adottati indipendentemente dalla Relatività. Secondo un’ipotesi di questa teoria, le masse curvano lo spazio attorno ad esse. Però la teoria non fornisce alcuna ragione di ciò, né indicazione pratica su come produrre e controllare la flessione dello spazio per contrastare o neutralizzare, ad esempio, la gravità della Terra. Se – secondo la Relatività – esiste un’equivalenza effettiva tra massa ed energia (cosa che a mio vedere è potenziale fonte di confusione), l’universo dovrebbe essere uno spazio soggetto ad un’infinita deformazione, dato che la teoria quantistica del campo sostiene che l’universo contiene una quantità illimitata di energia. Qualcosa dev’essere sbagliata in una delle due teorie, probabilmente in entrambe. Certamente entrambe le teorie sembrano in qualche misura inadeguate.

3) L.Bonolis, M.G.Melchionni, “I fisici italiani del tempo presente”, Marsilio Editore, Venezia, 2003, Pagina 271

4) Werner Heisenberg, “Physics and Philosophy”, (Edizione Italiana: Fisica e filosofia), Il Saggiatore, Milano 1956

5) Walter Thirring, „Urbausteine der Materie“, Almanach der Osterreichen Akademieder Wissenshaften, CXVIII, 1968

6) Chiari ed interessanti commenti sullo strano vuoto della fisica moderna si trovano nell’eccellente libro di Lawrence Krauss, “Quintessence: The Mystery of Missing Mass in the Universe”, (Edizione Italiana: “Il mistero della massa mancante dell’universo”), Edizioni Cortina, Milano 2000

7) Almeno dal 1904 al 1916 Einstein fu il più forte avversario dell’etere, forse anche nell’intento di evidenziare l’altrimenti non sostanziale differenza tra la sua relatività speciale e la teoria della relatività precedentemente delineata da Lorentz, il quale era invece fermamente convinto dell’esistenza dell’etere. Negli anni successivi Einstein dovette cambiare idea. E’ importante ricordare che Lorentz – prima di Einstein – è autore del formalismo matematico della relatività e delle formule di trasformazione che portano il suo nome; sono quelle che hanno introdotto l’uso della velocità della luce per descrivere come cambino le quantità di un sistema fisico (incluso il tempo) quando misurate da un osservatore inerziale esterno.

8) W.Heisenberg, “Physics and Philosophy”, op.cit.

9) Tradotto da Diels-Kranz, I Presocratici, 12 “Anassimandro”, Laterza (Roma-Bari 1981), Vol I, Pagine da 98 in poi

10) Vedere, per esempio, G. Chapline, “Dark Energy Stars”, Proceedings of the Texas Conference on Relativistic Astrophysics, CA, December 2004, basato sulle idee precedentemente espresse da R. Laughlin, P. Mazur, E. Mottola e D. Santiago.

11) Tullio Regge, “Infinito”, Edizioni Mondadori, Milano 1996, pagg. 119-120.

12) Vedere Ludwik Kostro, “Einstein’s conception of the ether”, in Quantum Uncertainties, Plenum, Londra-New York, 1987.

13) Come appropriata introduzione che io non posso riassumere, suggerirei almeno qualche libro, la cui lettura può fornire a chiunque una chiara e completa immagine dello stato della fisica, cosmologia inclusa. Il primo libro, scritto da Lawrence Krauss, Quintessence: “The Mystery of the Missing Mass in the Universe”, è già stato richiamato dalla precedente nota 6. Il secondo libro è di Brian Greene, “The Elegant Universe – Superstrings, Hidden Dimensions, and the Quest for the Ultimate Theory”, (Ed. It. di Giulio Einaudi Edizioni, Torino 1999).
A parte, c’è un brillante libro di David Lindley, “The End of Physics” (Basic Books, New York, 1993), una semplice e completa introduzione anche alla comprensione della situazione che lega la fisica moderna di base alla cosmologia. Come esempi del suo contenuto, per tratteggiare efficacemente alcuni aspetti della fisica odierna, ritengo importante citare qualche passo di questo libro, con l’idea di indicare anche una giustificazione per il mio lavoro. “I presenti tentativi di formulare teorie del tutto, poggiano su una abbondanza di principi fondamentali (che di per sé possono o meno essere comprovabili indipendentemente) e soffrono allo stesso tempo di una deficienza di dettagli: le teorie devono essere aumentate con “compattazione” di dimensioni extra, rotture di simmetria per distinguere le varie interazioni tra particelle e così via. Questa ornamentazione non emerge in modo naturale da alcuna delle teorie del tutto…e tutto ciò deve essere aggiunto a mano, per fare in modo che la teoria risulti come ci è necessario.” (Pagina 251). “(…) la fisica stessa, nella venerabile struttura formale della termodinamica, non permetterà ai fisici di fare altro che una minuscola frazione del lavoro sperimentale che sarebbe necessario per comprovare una teoria del tutto”. Ancora: “La teoria del tutto, in termini precisi, sarà un mito. Un mito è una storia che ha senso entro i termini che ad essa sono propri, offre spiegazione per tutto quello che osserviamo attorno a noi, ma non può essere verificabile o confutabile. Un mito è una spiegazione su cui tutti concordano perché è conveniente farlo, non perché è una verità dimostrata. Questo mito sarà la fine della fisica. Sarà la fine non perché la fisica è riuscita infine a spiegare ogni cosa dell’universo, ma perché la fisica avrà raggiunto la fine di tutto ciò che è in grado di spiegare”. (Pagina 255).

Dr. Mario Ludovico
Sito Web: mario-ludovico.com
(Traduzione di Riccardo Viola (2012) per Altrogiornale.org, revisione del Dr. M. Ludovico)
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Ringraziamo il Dr. Mario Ludovico per la concessione accordata.