Watly, il computer che porta acqua, energia e connettività nei paesi in via di sviluppo

Watly, il computer che porta acqua, energia e connettività nei paesi in via di sviluppo
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Crediti: watly.co

Fornire tre servizi fondamentali per migliorare le condizioni di vita dei popoli in difficoltà è l’obiettivo della startup italo-spagnola, che ha richieste da Africa, Usa, Australia e dalla famiglia reale saudita.

Trasformare la vita di milione di persone e offrire benefici al pianeta Terra con una rivoluzione che lascerà un’impronta indelebile nella storia dell’umanità. Concetti e parole simili siamo abituati a sentirli da Elon Musk o Jeff Bezos, visionari al vertice di colossi che dispongono di risorse sterminate e godono di grande credito; se a dirlo è invece un quarantenne italiano sconosciuto al grande pubblico può rientrare nella corsa alla sparata dell’anno.

Non è però questo il caso, perché Marco Attisani ha un asso nella manica promettente: Watly, il primo computer al mondo che, funzionando a energia solare, purifica l’acqua da qualsiasi fonte di contaminazione, genera energia elettrica e permette la connettività Internet, ovunque sia installato.

Come funziona? Alla base del progetto c’è un sistema di distillazione a compressione di vapore, il più efficace metodo in uso finora per purificare e desalinizzare l’acqua. Alimentando Watly con acqua contaminata da batteri, parassiti e funghi, viene utilizzato il calore solare raccolto da tubi sottovuoto per vaporizzarla e quindi purificarla (anche da sostanze come arsenico, piombo, cloro e simili).

I pannelli fotovoltaici collocati nella parte centrale generano, invece, elettricità off-grid per alimentare l’elettronica interna della macchina e per ricaricare dispositivi esterni (smartphone, tablet o computer portatili).

Per capire a fondo l’impatto di Watly e le ambizioni dei suoi sviluppatori è necessario analizzare i numeri. Non quelli relativi alle dimensioni (40 metri di lunghezza per 15 tonnellate), comunque importanti per la diffusione del sistema, bensì i 5mila litri di acqua al giorno che purifica – senza ricorrere a filtri o membrane che richiedono manutenzione (e quindi costi) garantendo al contempo un livello ottimale del pH e dei minerali – e i 150 kWh di energia quotidiana che produce grazie all’azione degli 80 pannelli fotovoltaici. La forza della macchina incrementa sul lungo periodo, perché in un ciclo di quindici anni una sola unità di Watly potrebbe evitare fino a 2.500 tonnellate di emissioni di gas ad effetto serra e generare 1GWh di elettricità pulita e gratuita.

Queste previsioni nascono dopo l’esperimento realizzato l’anno scorso nel villaggio ghanese di Abenta, dove il modello 2.0 ha risposto ai bisogni della popolazione locale suscitando curiosità nei bambini e attenzione negli adulti, consapevoli che un sistema del genere potrebbe risolvere uno dei maggiori problema che attanaglia l’intero continente africano. “Crediamo che Watly possa essere la soluzione contro l’emigrazione di massa di questi popoli, perché intervenire fornendo loro strumenti e risorse è più efficace che dar loro sussidi”, spiega Attisani, convinto che risolvere il problema a casa loro voglia dire “dargli un futuro, anche perché se dotati delle infrastrutture necessarie, questi paesi potrebbero esplodere economicamente, generando ripercussioni positive anche per il mercato europeo e la crescita della nostra economia”.

La fiducia del fondatore e Ceo di Watly sono il frutto del percorso compiuto finora dalla sua creatura, un progetto nato tre anni fa e sul quale ha investito i risparmi personali insieme all’esperto di energie rinnovabili Stefano Buiani e a Matteo Squizzato, prima dell’arrivo dei due milioni di euro investiti dal piano europeo Horizon 2020 e le vittorie al Premio Marzotto e l’European Pioneers. Denaro cruciale per sviluppare l’ultima versione del sistema e per allargare un team che si snoda tra Italia e Spagna, con una sede amministrativa a Barcellona e quella operativa a Udine.

La prospettiva di una soluzione alla mancanza di acqua potabile unita alla disponibilità di energia e connessione gratuita ha fatto impennare presto le quotazioni di Watly, richiesta da diversi paesi prima ancora di arrivare sul mercato, il prossimo settembre.

Come detto, i più interessati sono i paesi privi di infrastrutture e servizi adeguati, lacuna che secondo le stime della World Health Organization lascia un miliardo di persone circa a corto di acqua incontaminata e due miliardi di persone senza elettricità. “Abbiamo contatti con Nigeria, Senegal, Burkina Faso, Etiopia, Sudan ma non solo; l’idea di portare Watly in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Qatar è sponsorizzata dalla famiglia reale saudita, che lo scorso agosto è venuta in visita presso la nostra sede”, dichiara Attisani, evidenziando però che il problema non è circoscritto al continente nero. “C’è interesse anche in Texas, California e in Australia, zone desertiche dove i servizi che offriamo scarseggiano. Manifestazioni di apprezzamento sono arrivate pure dalle multinazionali telefoniche ed energetiche, che possono sfruttare Watly per raggiungere nuovi clienti in aree finora irraggiungibili e inservibili. Abbiamo stretto, inoltre, una partnership con Samsung e stiamo parlando con diverse agenzie delle Nazioni Unite”.

Prima di vendere Watly al prezzo di 500mila euro circa per ogni singola unità, il team ha lanciato una campagna su Indiegogo per raccogliere 75mila dollari utili per realizzare una seconda macchina da installare in un altro paese africano. Le donazioni online mirano poi a creare una community di sostenitori attorno al progetto, ai quali verranno offerte dei premi in base al volume delle donazioni: i maggiori benefattori potranno partecipare al documentario che Discovery Channel girerà nella prossima trasferta in Africa, oppure visitare la fabbrica italiana e le tappe dello sviluppo del sistema o ancora l’incisione del nome sulla macchina. La raccolta in crowdfunding è ad ogni modo un’altra tappa del percorso di Watly, perché l’obiettivo finale del team è creare Energy_net, una smart-grid mondiale composta da tanti computer termodinamici connessi al web e ad altre macchine simili dove la Rete si fonde con la gestione delle risorse idriche e la generazione di elettricità.

Alessio Caprodossi

wired.it