La più antica Torah del mondo ritrovata a Bologna

La più antica Torah del mondo ritrovata a Bologna

La più antica Torah del mondo ritrovata a BolognaConservato nella biblioteca universitaria e catalogato come manoscritto risalente al XVII secolo, il rotolo sarebbe antico di circa nove secoli.

La biblioteca dell’Università di Bologna si arricchisce di un nuovo, preziosissimo volume; anzi no, perché a voler essere precisi, quel libro lo ha sempre posseduto, solo che nessuno ne conosceva esattamente il grande valore. In realtà, si tratta di un rotolo sul quale sono stati vergati i testi in ebraico dei cinque libri che compongono il Pentateuco (ossia la Genesi, l’Esodo, il Levitico, i Numeri e il Deuteronomio): precedentemente catalogato come risalente approssimativamente al ’600, il manoscritto è stato invece riconosciuto come opera di mani ignote che lavorarono tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Questo ne farebbe la più antica Torah conosciuta al mondo.

Un documento lungo ben 36 metri ed alto 64 centimetri, in pergamena, recante la segnatura di Rotolo 2, saltato agli occhi degli studiosi in occasione del recente riordino di alcuni testi al fine di redigere un nuovo catalogo dei manoscritti ebraici custoditi dalla biblioteca universitaria.

Autore della scoperta (o della “ri-scoperta”, se preferite) è stato il professor Mauro Perani, ordinario di Ebraico presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Alma Mater di Bologna, che dinanzi a quei caratteri impressi sulla «morbida pelle ovina» ha avviato un’analisi più approfondita per stabilire l’età del Rotolo 2. Gli esami grafico-testuale e paleografico sarebbero stati già sufficienti a retrodatare la stesura del testo; fortunatamente, però, i mezzi scientifici di cui oggi dispongono tutte le discipline del sapere sono stati in grado di dare un’ulteriore conferma. Così, grazie a due diverse analisi effettuate con il metodo del radiocarbonio, una presso il Centro di datazione e diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento e l’altra dal Radiocarbon Dating Laboratory dell’Università dell’Illinois, è stato possibile stabilire con maggiore accuratezza la “data di nascita” del documento.

Scritto negli anni compresi tra il 1155 e il 1225, il Rotolo 2 era stato classificato nel 1889 come opera del XVII secolo: Leonello Medona, colui il quale si occupò della catalogazione del manoscritto in qualità di bibliotecario, non aveva riconosciuto l’antichità del volume. Anzi, come riportato dal sito dell’Università di Bologna, Medona descrive nelle note la grafia dell’autore come «un carattere italiano piuttosto goffo, in cui alcune lettere, oltre le solite coroncine e apici portano delle appendici non comuni e strane». In verità, quei caratteri non erano semplicisticamente “goffi”: essi erano, infatti, parte di una grafia orientale definita come «molto elegante e raffinata» la quale, secondo gli studiosi, risulterebbe assolutamente incompatibile con le caratteristiche grafiche e strutturali dei testi risalenti al ’600.

In tal senso, una data fondamentale nell’ambito degli esami paleografici su testi rabbinici manoscritti, è costituita dal 1204, anno in cui morì Mosè Maimonide: filosofo e giurista ebreo (oltre che medico), fu egli, grazie alla sua vasta e ricca opera, a fissare in maniera definitiva le norme e i parametri relativi alla stesura del testo del Pentateuco. Ma all’interno del Rotolo 2, spiegano gli studiosi, «compaiono ad esempio caratteristiche grafiche assolutamente proibite ai copisti dopo la codificazione maimonidea»: questo significa che quella Torah risulterebbe essere la più antica di cui si abbia notizia, essendo stata redatta all’incirca 850 anni fa.

Va ricordato che, naturalmente, esistono frammenti e codici ancor più antichi del documento bolognese: quel che rende però unico e prezioso questo tesoro è la completa integrità del testo, un fatto assolutamente unico per altri esempi di Torah di quel periodo, o di quello precedente.

Quel che invece non risulta ancora esser chiara è la provenienza del Rotolo 2: in che modo sia entrato a far parte del fondo bibliotecario universitario e a quando risalirebbe la sua acquisizione. Comprensibilmente i ricercatori ripongono molta fiducia nell’importanza della scoperta per riuscire a tracciare il cammino che il testo avrebbe compiuto per giungere tra gli scaffali dell’università di Bologna: essendo il volume «un esemplare d’immenso valore, la cui importanza per gli studiosi è evidente anche a un pubblico non specializzato» ci si augura che l’interesse e la curiosità suscitati dall’antichissima Torah potrebbero fornire una buona base di partenza per le future ricerche relative all’origine e agli eventuali viaggi che questo tesoro nascosto potrebbe aver compiuto; prima di giungere tra le mani degli esperti, dopo essersi celato agli occhi dei più per secoli e secoli.

Nadia Vitali

scienze.fanpage.it