TECNOLOGIA – “Le piante rappresentano il 99,7% della biomassa sulla Terra e sono in grado di fare rete meglio degli animali”, esordisce Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze, intervenuto durante la sessione plenaria del Sas Forum di Milano. Cosa ci fa un esperto di agraria a un convegno di analisi dati? Secondo il ricercatore, dal mondo vegetale potremmo trarre ispirazione per applicazioni negli ambiti più disparati: “Tutte le videocamere sono progettate a partire dal nostro sistema di visione. Tuttavia anche le piante sono in grado di vedere e percepire l’ambiente circostante, anche se in modo completamente diverso”. Così capire il sistema di visione delle piante potrebbe aprire la strada a un nuovo modo di progettare le tecnologie.
Alcune piante parassite, per esempio, sono in grado di mimetizzarsi a seconda della pianta che aggrediscono. “Questo significa che in qualche modo riescono a vedere. Non hanno un sistema di visione come quello animale, ma hanno occhi diffusi. Si tratta di un modello nuovo”, prosegue. Inoltre, anche se non possiedono organi, le piante riescono a svolgere tutta una serie di compiti grazie a funzioni vitali sparse lungo tutto il corpo. L’assenza totale di organi le rende estremamente resistenti. “I nostri organi sono fondamentali per le funzioni vitali ma rappresentano anche dei punti deboli. Lo capiamo bene nel momento della vita in cui uno di questi si deteriora”.
I video che Mancuso proietta stregano gli oltre 2000 spettatori in platea. Lo scopo è sfatare il mito secondo il quale le piante non sarebbero in grado di muoversi. Sullo schermo passano immagini di piante che riescono a compiere movimenti passivi in completa assenza di muscoli. Ma sono soprattutto la piccole piante di girasole a stupire: nel tempo i fusti si toccano e allontanano in modo attivo, in un comportamento che ricorda una cucciolata di animali che giocano. “Il paragone con il gioco dei piccoli di animali è corretto. Le piantine stanno organizzando le relazioni sociali”, spiega Mancuso.
Le piante sono in grado anche di sentire ciò che c’è intorno a loro. “Al contrario degli animali, i vegetali non possono scappare, quindi l’unico modo per sopravvivere è sentire ciò che succede intorno con grande anticipo. Per questo le piante sono molto più sensibili degli animali”. Per “sentire” si intende anche la capacità di percepire i suoni. Esperimenti condotti sottoponendo piante a una sorgente sonora di una certa intensità rivelano come le radici rispondano allo stimolo curvandosi. E alcune piante sono anche in grado di produrre suoni per capire l’ambiente circostante, secondo un meccanismo molto simile a quello dei pipistrelli.
Mancuso mostra un esperimento condotto nel suo laboratorio. Nel video scorrono le immagini accelerate di una pianta di fagiolo che crescendo cerca e localizza un supporto a cui aggrapparsi per crescere. La pianta si sviluppa verso il bastone e fa di tutto per raggiungerlo. Dalle immagini si percepisce quasi uno sforzo per raggiungere l’obiettivo “Questa si chiama consapevolezza”, prosegue Mancuso. “Questi organismi non hanno un cervello ma riescono a fare quello che fanno gli animali con il cervello”.
Si possono fare paragoni anche al di là della biologia. C’è un organismo unicellulare che è in grado di crescere secondo un modello che replica il sistema ferroviario intorno a Tokio. “Si tratta di un network perfettamente funzionante e che è il più efficiente per trasportare materia da una parte all’altra della rete”, spiega Mancuso. Le simulazioni eseguite dai biologi dimostrano che queste reti hanno un’efficienza almeno pari rispetto alla rete dei trasporti umani di diversi Paesi. Per alcune aree del mondo, le reti stradali progettate dagli esseri umani sono addirittura meno efficienti rispetto a quelle progettate dall’organismi vegetale elementare. Mancuso paragona un bosco a una specie di super organismo in cui ogni albero è legato ad altri alberi con cui scambia informazioni e nutrienti. “Le piante, a loro volta, sono reti di reti. Per questo sono il vero modello a cui ispirarsi per qualsiasi studio che riguarda i dati”, suggerisce.
Viola Bachini