ATTENZIONE ALLA MEDICINA DELL'AIDS: PERICOLO DI MORTE!

Il Giornale Online
Inviata da skorpion75

Heinrich KREMER, Stefan LANKA Tratto da “raum&zeit “, 7/9/96

Il Dr. KREMER e il Dr. LANKA analizzano il ragionamento dei creatori della “malattia AIDS” e della “infezione da HIV” esposto dall’esperto del Governo Federale Tedesco, il virologo Dr. LÖWER.

La psicosi che regna nell´opinione pubblica di fronte all’ “argomento AIDS”, fomentato principalmente dai mezzi di comunicazione, rende impossibile per adesso un dibattito serio su questo tema

Qualunque scienziato che osa mettere in dubbio la strategia ufficiale della diffusione della paura attraverso l’“AIDS”, deve temere per il suo lavoro e la sua carriera. Sono pochi gli scienziati indipendenti con capacità di pensare e con coraggio sufficienti a fronteggiare la trama costruita negli ultimi anni attorno all’“AIDS” a base di affermazioni scientifiche erronee, studi manipolati, statistiche false, ecc., per occultare che la medicina ortodossa è, già da tempo, sull’orlo del collasso.

Il Dr. Heinrich KREMER e il Dr. Stefan LANKA appartengono a questo ridotto gruppo di scienziati che ancora crede in un futuro della scienza indipendente, anche nella medicina. Per questo analizzano qui uno scritto di uno dei principali propagandisti dell’“AIDS” del governo federale e lo portano fino all’assurdo. Questo lavoro dei due scienziati è probabilmente la smentita più completa della teoria HIV=AIDS apparsa finora in lingua tedesca (pubblicata da raum&zeit, 7/9/96) e tradotta ora in spagnolo e in italiano. Qualunque scienziato o medico che sia ancora capace di ragionare con logica e indipendenza, dovrebbe leggere questo articolo per poi, dalla sua posizione, responsabilità e possibilità, aiutare a mettere fine a questo gigantesco inganno.

Lettera del Dr. Johannes Löwer, del Bundesamt (Ufficio Federale)

di Vaccini e Sierologia (Istituto Paul Ehrlich), diretta al Dr. Lanka

Distinto Sr. Lanka:

Da più di cinque anni si sta affermando, con argomentazione diversa e da varie fonti, ma in modo particolare da parte del Prof. Dr. P.H. Duesberg, che la malattia di “Immunodeficienza Acquisita” (Acquired Immunodeficiency Syndrome, AIDS), nel caso che esistesse, non sarebbe causata da un virus, né in particolare dall’HIV. Il ragionamento serio su questa tesi si può trovare in riviste importanti (Science 241, p. 514-517, 1998, Science 226, p. 1642-1649, 1994) e anche in tedesco (AIDS- Forschung 4, p. 115-130, p. 507-515).

In continuazione si enunciano le principali scoperte che descrivono l’AIDS e che a mio parere provano la sua relazione con la infezione da HIV. Si citano soprattutto gli studi pubblicati dai ‘Centers for Disease Control’ (CDC) tra gli anni 1981 e 1985. Si aggiunge una lista delle pubblicazioni dei CDC di quel periodo.

1º. La malattia AIDS è caratterizzata dalla comparsa di determinate infezioni e tumori dovuta a una anomalia esistente nel sistema immunitario che non è dovuta a motivi riconoscibili come per esempio, una medicazione postoperatoria con immunosoppressori dopo un trapianto. Specialmente tipiche sono le infezioni da agenti che in persone con un sistema immunologico intatto non producono nessuna malattia e per questo vengono detti “agenti opportunisti”. Questa definizione venne formulata già nel settembre del 1982 (MMWR 31, 507-508, 513-514, 24 sett. 1982) ed è, quindi, indipendente dalle ipotesi sulla sua causa.

2º. Dalla analisi dei primi casi di AIDS in maschi omosessuali in California risulta che tra la maggioranza di loro c’erano state relazioni sessuali (MMWR 31, 305-307, 18 giugno 1982). Nel dicembre dell’82 si scoprì che l’AIDS poteva essere messo in relazione con trasfusioni di sangue (MMWR 31, 652-654, 10 dic. 1982). Le due scoperte sono spiegabili solo attraverso l’esistenza di un agente infettivo.

3º. Poco tempo dopo si scoprì che anche gli emofilici potevano ammalarsi di AIDS. Il punto comune degli emofilici è che furono trattati con un prodotto emoderivato, il Fattore VIII. Dato che questo fattore si filtra sterilmente, essendo così eliminati batteri e altri agenti maggiori, l’agente infettivo contenuto in questo prodotto può essere solamente un virus. Pertanto, già nel 1982 si poté dare per certo che la causa dell’AIDS è un virus.

4º. Col passare del tempo si considerarono vari virus come possibili cause dell’AIDS, incluso quello isolato nel 1983 da L. Montagner, il “Lymphadenopathic Associated Virus” (LAV), un retrovirus. Nel 1984 si pubblicarono studi epidemiologici fatti dal Dr. Gallo e collaboratori nei quali si scoprirono, nella maggioranza dei casi di AIDS, anticorpi contro un virus da lui descritto, il HTLV-III. Dopo poco tempo si riconobbe che sia il LAV che il HTLV-III erano virus che oggi si conoscono come virus della immunodeficenza umana, HIV. L’esistenza di anticorpi all’HIV fu inclusa quindi nella definizione dell’AIDS, per cui solo pochi dei casi già dichiarati dovettero essere revisionati (MMWR 34, 373-375, 28 giugno 1985).

5º. Col miglioramento dei test dell’HIV (anticorpi e componenti del virus) si poté stabilire con maggiore chiarezza la sua correlazione con la malattia AIDS. I test attuali con cui, per esempio, si controllano le donazioni di sangue, hanno un’eccellente sensibilità ed esattezza. Ciò nonostante, si deve tener conto, come in tutti i test biologici, di isolati casi di falsi positivi o falsi negativi. Ne deriva che la valutazione dei test necessita di una corrispondente perizia. Il molto spesso citato studio della Papadopulos Eleopulos e coll. (Bio/Tecnology 11, 696-707, 1993) riassume, nelle sue valutazioni di studi diversi, i problemi dei test, già conosciuti nei circoli specializzati al momento della pubblicazione e che devono essere tenuti in considerazione al momento di valutare un risultato. Questo studio non può essere assunto come prova del fatto che i test che oggi sono sul mercato sono inattendibili.

6º. L’infezione da HIV non solo è relazionata con la malattia AIDS, ma ne è anche premessa necessaria. Non si potrebbe spiegare in altro modo perché solo gli emofilici infettati dall’HIV sviluppano l’AIDS, né perché solo i figli di madri infettate dall’HIV, e solo se sono stati infettati perinatalmente, si ammalano di AIDS. Le spesso citate cause dell’AIDS (denutrizione cronica, medicalizzazione aggressiva, intossicazione con farmaci, infezioni – diverse dall’HIV -, problemi specifici e generali di igiene, consumo di droghe) non possono spiegare la malattia in questi gruppi. Se queste affermazioni fossero vere, si dovrebbero osservare casi di AIDS senza infezione da HIV. Affermazioni del fatto che esistono tali casi non sono mai state provate. In medicina, il fatto che a prima vista due quadri sintomatici possano sembrare o risultare identici è un problema conosciuto. L’arte di distinguerli si chiama diagnosi differenziale, ed è un obbiettivo fondamentale nella formazione dei medici.

7º. I meccanismi molecolari e cellulari che seguono un'infezione da HIV e che portano alla malattia AIDS non sono ancora conosciuti nella loro totalità, ma si stanno facendo continui passi avanti. Così, per esempio, si è visto al principio di quest’anno (Wei et al., Nature 373, 117-122, 1995; Ho et al., Nature 373, 123-126, 1995) che l’HIV si riproduce continuamente, ma che è eliminato in ugual misura dal corpo, e che questo è valido per tutti gli stadi. Nella progressione della malattia probabilmente intervengono altri fattori oltre la infezione da HIV. L. Montagnier contempla, in relazione a ciò, il ruolo delle infezioni da micoplasma concomlitanti (fanno parte dei batteri), però non mette in dubbio nelle sue pubblicazioni che l'infezione da HIV sia la condizione per lo sviluppo dell’AIDS.

Riassumendo, si può dire che le scoperte e i dati enunciati si possono interpretare unicamente in modo che una infezione da HIV è condizione indispensabile per lo sviluppo dell’AIDS. Entro le limitazioni intrinseche di tutti i metodi di analisi, gli attuali test (di anticorpi e componenti del virus) sono estremamente sensibili e specifici.

Distinto Sr. Lanka: se questi argomenti non la convincessero, io non vorrei cambiarli. Il vantaggio delle scienze naturali è che le ipotesi, con l’andare del tempo, si refutano o si confermano per se stesse.

Firmato: Dr. Johannes Löwer

Risposta del Dr. Kremer e del Dr. Lanka

Il Governo Federale ordinò che dal 1 ottobre 1985 tutte le donazioni di sangue dovevano essere controllate per l’eventuale presenza di anticorpi dell’HIV, che si conosce come causa della malattia AIDS. La autorizzazione e il controllo dei test corrispondenti è compito del Bundesamt di Vaccini e Siero (d’ora in avanti, il Bundesamt). I responsabili del Bundesamt possono considerarsi, per tanto, come esperti del Governo nel tema HIV-AIDS. A parte il presidente del Bundesamt, il virologo Prof. Dr. Reinhard KURTH, questo status di esperto lo esercita specialmente il direttore del dipartimento di virologia, il Dr. Johannes Löwer.

Il 18-9-95 il Dr. Löwer, con autorizzazione del suo superiore il Dr. Kurth, espose in carta intestata ufficiale i “principali ritrovamenti che descrivono l’AIDS e che a mio parere provano la sua relazione con la infezione da HIV”. Vari cittadini specializzati nel tema avevano chiesto quali fossero le pubblicazioni scientifiche nelle quali si basava il Governo Tedesco per poter affermare che “l’HIV è la causa dell’AIDS”. Il DR. Löwer ha inviato a varie di queste persone, che avevano chiesto informazione al Bundesamt separatamente, risposte identiche nel loro contenuto. Pertanto si può considerare che si tratta di una dichiarazione scientifica standard del Bundesamt, di comune accordo con il suo superiore, il Ministro di Sanità.

Il Dr. Löwer ha riassunto i “principali ritrovamenti che descrivono l’AIDS e che in mia opinione provano la sua relazione con la infezione da HIV” in sette punti. I punti 1, 2, 3 e 6 si riferiscono a definizioni cliniche, la comparsa e il contagio dei fenomeni “malattia AIDS” e “infezione da HIV” in pazienti di gruppi specifici. I punti 3, 4 e 7 espongono comprovazioni molecolari, cellulari e virologiche che debbono rinforzare la supposizione del fatto che il fenomeno “infezione da HIV” esiste e che la “malattia AIDS” gli è relazionata causalmente.

RISPETTO AI PUNTI 1, 2, 3 E 6 DEL RAGIONAMENTO DEL Dr. LÖWER

Il Dr. Löwer afferma: “La malattia AIDS è caratterizzata dalla comparsa di determinate infezioni e tumori causata da una esistente anomalia del sistema immunitario che non è dovuta a motivi riconoscibili come, per esempio, una medicazione postoperatoria con immunosoppressori dopo un trapianto”. Il termine “malattia AIDS” è utilizzato sette volte nello scritto di tre pagine del Dr. Löwer, come se si trattasse di fatto di una malattia indipendente. In realtà l’artificio AIDS (Sindrome di Immuno Deficienza Acquisita) non è altro che una denominazione collettiva inventata nel 1982 per inglobare malattie (inizialmente 12, ora 29) tutte già descritte precedentemente. Queste malattie si sviluppano quasi esclusivamente in pazienti di gruppi specifici (in U.S.A. e in Europa) o di paesi specifici (Asia, Africa) che durante l’infanzia (Bunikowski et. al., 1995) o in età adulta (Root-Bernstein, 1993) hanno sviluppato infezioni epatiche croniche. Più del 96% dei casi di “malattia AIDS” in U.S.A., per esempio, appartiene a questo gruppo specifico di rischio (CDC, 1993), di cui un 60% sono maschi omosessuali, un 33% tossicodipendenti e figli di questi pazienti, un 2% di trasfusi e un 1% emofilici. Affermando che i quadri clinici inglobati sotto il termine artificiale “AIDS” sono caratterizzati “dall’apparizione di determinate infezioni e tumori dovuti a una esistente anomalia del sistema immunitario che non è dovuta a motivi riconoscibili”, il Dr. Löwer dà le spalle alla realtà.

IL Dr. Löwer, nonostante sappia che non è così, dà la idea che esista la seguente catena causale lineare: senza motivo apparente compaiono disfunzioni nel sistema immunitario di persone fino ad allora sane e queste persone cominciano a sviluppare uno o teoricamente tutti i 29 quadri sintomatici che si relazionano con l’“AIDS”. In realtà si può dimostrare, senza eccezione, che tutti i sopracitati gruppi di rischio sono stati esposti, prima dell'apparizione di modifiche generali del sistema immunitario, a un bombardamento massiccio di natura tossica o infettivaa che, in tale dimensione quantitativa e qualitativa, non è riscontrabile in altri pazienti (p.es. U.S.A. e Europa) appartenenti ad altri gruppi (p. es maschi omosessuali trattati per malattie veneree in cliniche degli U.S.A.).

L’ERRORE DETERMINANTE

Nonostante ciò, il Dr. Löwer rivela un errore determinante di tutti i costruttori della “diagnosi AIDS” nell’affermare che “specialmente tipiche sono le infezioni provocate da agenti patogeni che, in persone con un sistema immunitario intatto non provocano alcuna malattia e che per questo si denominano agenti opportunisti”. Evidentemente si cercava di dare l'impressione che l’unico che impedisce a questi agenti opportunisti di attaccare i bersagli del corpo umano è il fatto che sono mantenuti sotto controllo dalle cellule immunitarie. Questo modello da “cowboy e indiani” della medicina ufficiale risale al XIX secolo e deve ritenersi obsoleto.

Gli agenti cosiddetti opportunisti vivono, dentro e fuori delle cellule, in tutte le persone adulte. Questa simbiosi pacifica è il risultato di un lungo processo selettivo della evoluzione. Nonostante massicce influenze tossiche, infettive, nutritive o di stress possano alterare in forma drammatica l’equilibrio naturale di organi o sistemi organici. Se queste influenze agiscono in modo continuo, si alterano sia le cellule immunitarie (che sono cellule eucariote) che gli agenti unicellulari in simbiosi (anch’essi cellule eucariote) simultaneamente, dato che dipendono dallo stesso metabolismo. Il risultato è sia la modifica di status delle cellule immunitarie, sia la forzata trasformazione patogena delle altre cellule. Da una cooperazione pacifica si passa a uno scontro totale, dato che, dovuto al cambio strutturale delle cellule, in particolare della membrana cellulare (come nelle cellule cancerose), queste sono attaccate come nemici intrusi.

La medicina chimica poté, negli anni ‘70, controllare le conseguenze degli stati di stress eccessivi e cronici nelle cellule attraverso l’uso massiccio di chemioterapia. Però agli inizi degli anni ‘80, in molti pazienti di categorie a rischio, cominciarono a fallire le ricette magiche dell’arsenale chemioterapico della medicina moderna. Evidentemente l’unione dei medici farmacocredenti e dei loro pazienti omosessuali delle grandi città occidentali (che venivano trattati con chemioterapia come preventivo per malattie veneree) portò a una resistenza ai farmaci chemioterapici e a evoluzioni patologiche imprevedibili (CDC, 1981).

La logica conseguenza di questo sviluppo di cose avrebbe dovuto essere la revisione dei fino ad allora validi modelli patogeni e una sincera informazione ai pazienti di categorie a rischio sui limiti dell’organismo umano in caso di somministrazione continua di proteine estranee altamente contaminate e di molecole tossiche estranee e sulla comparsa di anormali stati infettivi. Il Dr. Löwer e i suoi colleghi dovrebbero conoscere le conseguenze dei seguenti fattori di rischio:

A) Lo stato di infettività anormalmente alto in conseguenza di un ampio spettro di malattie microbiologiche in una minoranza di maschi omosessuali nelle grandi città occidentali.

B) L’enorme incremento del consumo intravenoso di droghe altamente contaminate da fattori tossici e infettivi, unito all’uso di utensili (siringhe) altamente contaminati e, nel caso di madri tossicomani, la trasmissione al feto di una condizione di infezione e intossicazione cronica.

C) La trasfusione, in casi di malattie gravi, di grandi quantità di sangue estraneo (fino a 30 unità per paziente), sangue donato anche da persone di categorie a rischio continuamente infettati e intossicati.

D) La somministrazione per via endovenosa a pazienti emofilici di più di 2000 unità per Kg/anno di concentrati di proteine di coagulazione con una proporzione di più del 99% di proteine estranee immunosoppressive, ottenute da un pool di varie migliaia di donatori di sangue pieno di impurità altamente infettive.

Guardando al passato non si può comprendere come, eticamente e ragionevolmente, i medici abbiano potuto supporre che questi attacchi all’integrità dell’organismo umano si potessero compensare a lungo termine con somministrazione di massicce dosi di chemioterapici.

Pertanto, per la comprensione di questo stato patogeno, non era necessaria la introduzione di un retrovirus altamente dannoso (vedi più avanti) come causa delle malattie.

FALSIFICARE INTENZIONALMENTE LA STORIA

Sia il Dr. Löwer che i suoi superiori politici si rendono colpevoli di falsificare intenzionalmente la storia quando affermano che “questa definizione [della malattia] vene già formulata nel settembre del 1982 (…) ed è, quindi, indipendente da ipotesi sulle sue cause “.

È invece obiettivamente certo che nella prima pubblicazione delle autorità degli U.S.A. sull’argomento (che sviluppò posteriormente la teoria HIV=AIDS) si stabiliva unilateralmente ed esclusivamente una causa virale della malattia (CDC, 1981). Questa strategia di smentire e nascondere la complessa storia clinica dei pazienti di categorie a rischio e gli errori della medicina fu finanziata da parte del governo degli U.S.A. con il maggiore investimento della storia della medicina. È chiaro che, nel caso di una revisione della complessa trama di errori medici, gli indennizzi da pagare sarebbero stati molto più alti. Queste conseguenze le seppe prevedere l’allora protettore dell’industria farmaceutica americana ed ex direttore di un consorzio farmaceutico, il vicepresidente Bush, dando inizio a un lucroso mercato mondiale per la lotta contro “il nemico pubblico nº 1” (Ronald Reagan, presidente degli U.S.A.): l’HIV.

Parte determinante della strategia della trama politica, farmaceutica e medica è stato il fatto che fino ad oggi esperti vicini ai governi occidentali (come il Dr. Gallo e il Dr. Fauci, dell’Istituto Nazionale della Salute -NIH- americano, o il Dr. Kurt e il Dr. Löwer, del Bundesamt tedesco) hanno diretto, come consulenti, la canalizzazione delle enormi somme di denaro dedicate alla ricerca, trattamenti e prevenzione nella direzione conveniente.

Le altre affermazioni del Dr. Löwer nei punti 3 e 6 sulle “principali scoperte che descrivono l’AIDS e che secondo me provano la sua relazione con l’HIV”, sono facilmente riconoscibili come un tentativo intenzionale di disorientare l’opinione pubblica che fa parte di questa trama di occultamento per eliminare alla radice una discussione sul fallimento della medicina moderna e le sue conseguenze.

1º. Il Dr. Löwer sostiene nel punto 2º che “Dall’analisi dei primi casi di AIDS risultava che tra la maggioranza di loro c’erano state relazioni sessuali (…)”. In realtà il primo rapporto dei CDC (CDC, 1981) parla di cinque pazienti omosessuali con una infezione opportunista e sottolinea che i cinque, con residenza a Los Angeles, non si conoscevano personalmente.

È certo, d’altronde, che dovuto alla promiscuità di alcuni maschi omosessuali nelle grandi città, “tra la maggioranza di loro c’erano relazioni”. Però è anche certo che queste persone avevano praticato per anni sesso anale senza protezione e forme estreme di uso di droghe sessuali. Ed è anche certo che questi pazienti, in quanto sviluppavano infezioni con molta frequenza, furono trattati con antibiotici, chemioterapici (soprattutto inibitori dell’acido folico come il BACTRIM), antiparassitari e antivirali (Root – Bernstein, 1993).

Ignorare tutti questi noti fattori di rischio e propagare come unica causa possibile della “malattia AIDS” un retrovirus di nuova apparizione, è comprensibile solo dal ristretto punto di vista dei funzionari pubblici dei laboratori di virologia, come il Dr. Löwer e i suoi colleghi.

2º. Il Dr. Löwer continua affermando, nel punto 2º che “nel dicembre dell’82 si scoprì anche che l’AIDS poteva comparire in relazione a trasfusioni di sangue (…)”. È certo che negli U.S.A., fino al dicembre dell’82 non erano stati diagnosticti per autopsia alcuna polmonite da Pneumocystis Carinii (PCP) né sarcoma di Kaposi (SK) in malati che avevano ricevuto massicce trasfusioni.

La comparsa di PCP o SK in maschi omosessuali era, fino allora il motivo clinico della diagnosi di AIDS in più del 90% dei casi. Clinicamente, l’unico fattore comune conosciuto tra questi pazienti e gli emotrasfusi era una riduzione non specifica di un sottogruppo delle cellule dipendenti dalla ghiandola timo (denominate cellule T4). Nonostante questa scoperta debba considerarsi non specifica in quanto solo il 2÷4 % dei globuli bianchi circolano nel sangue, e qualunque stato di stress acuto o cronico porti a una riduzione di queste cellule. Cercare di spiegare questo fatto come “possibile solo mediante l’esistenza di un agente infettivo” (Dr. Löwer) è chiaramente una tergiversazione, al limite dell’assurdo, della logica scientifica.

È evidente che qualunque interpretazione di risultati scientifici, per quanto benintenzionata, è utilizzata dai signori del denaro, sempre che apparentemente confermi l’artificio “AIDS”. Fintanto che la messinscena del panico di massa “AIDS” e “HIV” funzionerà, si trarrà vantaggio da qualunque errore medico delle scienze naturali.

Dato che nessuno può negare che pazienti multiinfettati e biochimicamente drogati, così come pazienti che hanno ricevuto massicce trasfusioni con malattie che minacciano seriamente la loro vita (perché sennò trasfusioni massicce?) sono sottoposti a un forte stato di stress, è molto avventato pronosticare a pazienti con una situazione variabile di cellule T4 (il supposto virus HIV non era ancora stato scoperto alla fine del 1982 !) una condanna a morte per “AIDS”.

3º. Il Dr. Löwer espone nel punto tre come “prova” che “anche gli emofilici si potevano ammalare di AIDS (…)”. La verità è che verso la fine dell’82, 11 (undici) dei 20.000 (ventimila) emofilici maschi furono dichiarati malati di AIDS negli U.S.A. Dato che si considera che almeno il 3% della popolazione americana ha una preferenza omosessuale o bisessuale, si può considerare che almeno 600 di questi 20.000 emofilici erano omosessuali. Se gli undici casi di emofilici dichiarati con AIDS erano o no omosessuali, non viene dichiarato nell’informativa dei CDC citata dal Dr. Löwer. Nemmeno risulta chiaro clinicamente cosa i virologi dei CDC cerchino di inglobare sotto l’epigrafe “AIDS” in emofilici. Per le autorità dei CDC anche nel caso degli emofilici sembra essere stata sufficiente una riduzione non specifica delle cellule T4 nel sangue, in funzione dell’età e della quantità di concentrati coagulanti, come prova determinante per dichiarare una epidemia assolutamente mortale, trasmissibile attraverso relazioni sessuali e il sangue.

4º. Il Dr. Löwer continua affermando nel punto tre che “il punto comune degli emofilici è che furono trattati con un prodotto emoderivato, il fattore VIII. Dato che questo fattore si filtra sterilmente, essendo così eliminati batteri e altri agenti maggiori, l’agente infettivo contenuto in questo prodotto può essere solo un virus. Pertanto già nel 1982 si poté dare per certo che la causa dell’AIDS è un virus”.

É vero invece che attraverso i filtri del plasma possono passare batteri (come i micoplasmi, che il proprio Dr. Löwer menziona nel punto 7º in relazione a una riflessione del coautore del retrovirus, L. Montagnier). Di nuovo l’esperto del governo in base a precarie scoperte di una modificazione cellulare non specifica (la cui comprensione non richiede nessuna distruzione cellulare ipotetica da parte di un virus ancora sconosciuto come unica e obbligatoria spiegazione) e di una malattia specifica (essenzialmente una forma di polmonite non molto chiara, che poteva essere subordinata a una delle 60 forme possibili di polmonite, così come stomatomicosi) costruisce una catena causale riduttrice in emofilici per poter affermare dogmaticamente, con questi insufficienti elementi, che “già nel 1982 si poté dare per certo che la causa dell’AIDS è un virus”.

Però il Dr. Löwer occulta il fatto che fino ad oggi nessuno, nemmeno i suoi colleghi americani, nemmeno con i trucchi genetici più ingegnosi, ha trovato traccia alcuna di un genoma retrovirale in concentrati coagulanti (CDC, 1995).

Già nell’anno 1982, e ugualmente nel 1995, l'affermazione del fatto che per mezzo di questi concentrati possono essere trasmessi retrovirus che distruggono cellule T4 e che, di conseguenza, provocano infezioni e tumori mortali, deve considerarsi come un'ipotesi mai dimostrata, che non ha potuto sostenersi davanti ai metodi scientifici di verifica (Papadopulos Eleopulos, 1995 ; P. H. Dusberg, 1995).

5º. Il Dr. Löwer conclude nel punto 6 che “Non si potrebbe spiegare in altro modo perché solo gli emofilici infettati dall’HIV sviluppano la malattia, e perché solo i figli di madri infettate dall’HIV, e solo se sono stati infettati perinatalmente, si ammalano di AIDS”.

La realtà è che lo stato di “malato di AIDS”, che nel mondo occidentale riguarda quasi esclusivamente i gruppi più colpiti dal punto di vista tossico e infettivo, non significa altro che la presenza di un'elevata quantità di anticorpi di vario tipo nel sangue dei pazienti colpiti, in misura maggiore di una quantità fissata intenzionalmente (vedi più avanti).

Data l'estrema pressione che soffrono gli emofilici (in Germania, già nel 1982, il 100% degli emofilici era sieropositivo al virus dell’epatite), è da aspettarsi un elevato livello di anticorpi in questo gruppo di pazienti. Però il cambiamento del numero di cellule T4 nel sangue di emofilici non dipende dal livello di questi anticorpi, come dimostrano vari studi clinici. Si può affermare che esiste una certa correlazione tra il livello di anticorpi e la carica di stress cellulare a cui è sottoposto tutto l’organismo, dato che somministrando sostanze coagulanti altamente purificate il livello di anticorpi si riduce e la propensione generale ad ammalarsi si riduce drasticamente.

MADRI AMMALATE PARTORISCONO FIGLI AMMALATI

É vero anche che gli 8-10 neonati e bambini di tenera età che annualmente sono etichettati come “malati di AIDS” in Germania, erano già stati danneggiati seriamente durante la gravidanza dato che le loro madri si trovavano in uno stato di alta tossicità e infettività (Bunikowski et al., 1995). Dato che la protezione immunitaria in neonati durante i primi 15 mesi dipende dalla trasmissione di cellule immunitarie operative da parte della madre finché il bambino è capace di produrre le sue proprie cellule, questi “figli di madri infettate da HIV” (Dr. Löwer) sono doppiamente predisposti a infezioni specifiche:

A. Le madri trasmettono ai neonati cellule in quantità e qualità insufficiente dato che anche le loro sono danneggiate.

B. Le cellule precursori delle cellule T nella ghiandola timo (e probabilmente anche le cellule precursori delle cellule B, che si formano nel midollo osseo e che sono le responsabili della formazione di anticorpi) sono già danneggiate nel periodo embrionale attraverso la infettività e l’intossicazione cronica della madre e per la chemioterapia (per esempio la somministrazione di inibitori dell’acido folico) che distruggono le cellule.

Alla luce di questi fatti si può spiegare l’ampio spettro delle infezioni batteriche nei “bambini infettati da HIV” da 0 a 2 anni. Diversamente dalla diagnosi artificiale di “AIDS” in pazienti adulti, la situazione dei neonati si distingue per il fatto che questi, una volta superata la insufficiente disponibilità di cellule immunitarie attive, avrebbero buone possibilità di sopravvivere se non fossero vittime della logica medica degli ufficialisti del “HIV=AIDS” che li trattano con preparati che bloccano il DNA delle cellule, distruggendole, come l’AZT e altri nucleosidi analoghi (ddI, ddC) in terapie profilattiche contro “l’infezione da HIV” (Lauritsen J., 1990, 1993).

Negli U.S.A. già si era dimostrato negli anni ‘70 (prima dell’era AZT) che i neonati di madri tossicodipendenti mostravano una mortalità tre volte maggiore, potendo tuttavia recuperare i sopravviventi ammalati quando ottenevano la maturazione delle proprie cellule immunitarie. Nemmeno i dati dello sviluppo a lungo termine dei “bambini con AIDS” confermano le previsioni fataliste della teoria HIV=AIDS (sempre che siano protetti da intossicazioni iatrogene).

6º. Il Dr. Löwer afferma in maniera determinante che “le spesso citate cause dell’AIDS (denutrizione cronica, medicalizzazione aggressiva, intossicazioni da farmaci, infezioni, problemi specifici e generali di igiene, consumo di droghe) non possono spiegare la malattia in questo gruppo di pazienti “.

Quello che è certo è che la “malattia AIDS” non esiste come fatto biologico unico e completo, ma rappresenta un artificio semantico che mette in uno stesso sacco, e sotto una stessa etichetta, contenuti costantemente variabili. Per questo è vero che “altre” cause biologiche e mediche non possono spiegare questo groviglio semantico. Una costruzione artificiale non può essere spiegata seguendo le regole delle scienze naturali, ma unicamente attraverso la spiegazione delle regole del montaggio da parte degli inventori. È però possibile considerare le “altre cause” per spiegare le differenti malattie definite (dalla nº 1 alla nº 29 inglobate sotto la sigla “AIDS “). Così, per esempio, le “altre cause” possono spiegare molto bene perché la seconda malattia sintomatica dell’AIDS più comune in Germania, il sarcoma di Kaposi, è diagnosticato solo in pazienti omosessuali. La teoria HIV=AIDS fallisce strepitosamente nel tentativo di spiegare questo fatto indiscutibile.

Nello stesso modo, l’ipotesi dei virologi di laboratorio non può spiegare perché la malattia sintomatica più comune, la PCP, predomina in pazienti omosessuali mentre compare appena in tossicomani intravenosi “ammalati di AIDS “(Baumgarten, 1994). Le “altre cause” sí che possono spiegare questa relazione patogena.

La verità è che le malattie specifiche di gruppi o di paesi, dalla nº 1 alla nº 29 del catalogo dell’ “AIDS” possono essere spiegate tutte se si separano dalla costruzione artificiale “HIV=AIDS”. Questo fatto è chiaro specialmente se si considera che un caso su due, negli U.S.A., non è diagnosticato in base a una o più delle 29 malattie definite, ma semplicemente in base al numero di cellule T4 inferiore al livello normale (Papadopulos Eleopulos et al., 1995 b). Nemmeno in Africa la diagnosi dipende da qualcuna delle 29 malattie, ma semplicemente da sintomi generali come, per esempio, quelli comuni in caso di tubercolosi endemica, malaria o affezioni parassitarie. Di conseguenza, sarebbe assurdo cercare di spiegare la costruzione artificiale “AIDS” con “altre cause” senza prima capire le malattie inglobate intenzionalmente sotto il termine “AIDS” nel loro contesto patofisiologico e psicosociale. (Kremer, H. 1994).

7º. Il Dr. Löwer continua affermando che “se fossero certe (le altre cause) si dovrebbero osservare casi di AIDS senza infezione da HIV. Affermazioni del fatto che esistono tali casi non sono mai state provate”

La verità è che già nel 1987 il CDC autorizzò espressamente nella sua definizione, oggi tuttora valida, di diagnosticare la “malattia AIDS” anche in caso di risultato HIV negativo o dubbioso (CDC, 1987). Il motivo di questa decisione fu il fatto strabiliante che solamente nel 7% dei “casi di AIDS” nei “centri dell’epidemia” New York e California, si era constatata una infezione da HIV. Inoltre, nonostante il blocco informativo da parte della stampa specializzata (dalla quale ottengono la loro informazione gli altri mezzi di comunicazione), esiste informazione di varie migliaia di casi di “AIDS” HIV-negativi (Duesberg, 1993).

Il Dr. Löwer, quindi, si nasconde dietro la disinformazione della opinione pubblica per poter mantenere il dogma della teoria HIV=AIDS: “Riassumendo, si può dire che le scoperte e i dati enunciati si possono interpretare unicamente in modo che una infezione da HIV è condizione indispensabile per lo sviluppo dell’AIDS” (Dr. Löwer).

DITTATURA BUROCRATICA SULL’OPINIONE PUBBLICA

È chiaro che si può fare una simile affermazione solo credendo di essere in possesso del monopolio dell’informazione. Però al di fuori di questo ambito di dittatura sull’opinione pubblica, queste affermazioni non si possono dimostrare. Dato che una costruzione artificiale definita intenzionalmente non può avere una corrispondenza nella realtà indipendente (dalle definizioni di alcune persone), si tratta, evidentemente, di un continuo atto di terrorismo statale con l’obiettivo di intimorire la popolazione. Le conseguenze di una simile campagna d’informazione sono state qualificate, con ragione, come “tortura pulita” davanti alla Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite da parte della ONG “Project AIDS International”.

Nei passi seguenti si cercherà di analizzare, in base al procedere del Dr. Gallo, del Dr. Montagnier e colleghi (in Germania, per esempio, del Dr. Löwer e del suo superiore Dr. Kurt, però anche della Dr.ssa Rübsamen e Dr.ssa Mölling) se, nell’ambito della costruzione artificiale “AIDS”, anche la creazione parallela dell’HIV deve considerarsi, come sua conseguenza, una costruzione artificiale della strategia del mercato mondiale (approfittando di malattie reali di paesi o di gruppi specifici).

Se si studiano le pubblicazioni di Montagnier, Gallo e colleghi, si scopre con preoccupante sorpresa che in esse si parla continuamente di un virus, e che addirittura nei titoli si afferma l’isolamento di questo virus, però in nessun momento si identifica alcuna struttura virale. Di fatto, semplicemente si identificano proteine o strutture cellulari che possono essere presentate, ad hoc, come proteine virali e virus. Come ipotesi di lavoro, questo avrebbe avuto una certa giustificazione fino al 1980, dato che la maggioranza di scienziati riteneva, erroneamente, che una certa attività cellulare (la trascrittasi inversa) era prova che esisteva una classe speciale di virus, i retrovirus.

Però alla fine del 1980 e inizio dell’81 per tutti gli scienziati era chiaro che questo tipo di attività è dimostrabile in tutti gli esseri viventi e che, pertanto, non aveva a che fare, di per sé, con alcun virus. Nonostante ciò, nel 1983 una collega del Dr. Montagner (che fu abbandonata nell’insignificanza dallo stesso Montagnier quando si comprovò che la sua “virus idea” poteva sostenersi con o contro la “virus idea” del Dr. Gallo) e il Dr. Gallo (i cui collaboratori soffrirono dello stesso destino) affermarono che avevano scoperto un virus, e presentarono come unico parametro comprovabile l’attività cellulare dell’enzima trascrittasi inversa. Si fotografarono strutture cellulari e si disse che si trattava di un virus.

Dal punto di vista delle conoscenze del 1983 e 1984, e specialmente del giorno d’oggi, si deve riconoscere questo come una evidente deviazione, dato che si sapeva che queste strutture cellulari non avevano niente a che fare con un virus. La “scoperta” della causa della “malattia AIDS” venne rapidamente comunicata alla spaventata opinione pubblica mondiale in una conferenza stampa accuratamente preparata. Il presidente degli U.S.A. dichiarò la guerra al AIDS e al “virus dell’AIDS” come nemico pubblico Nº 1. Quello stesso anno si misero a disposizione milioni di dollari e miliardi negli anni seguenti, a spese della scienza seria, dalla quale si allontanò anche un enorme potenziale umano (più di 10.000 ricercatori).

E, com’è regola in queste lucrose invenzioni, per assicurarsi i futuri incassi dei test indiretti dell’AIDS venne chiesto il brevetto lo stesso giorno della conferenza stampa, molto prima che i test stessi fossero stati ultimati e preparati per il mercato, e molto prima di qualunque pubblicazione scientifica al riguardo.

Dalla considerazione di questi fatti innegabili e delle azioni dei protagonisti politici e i loro scienziati emerge che l’HIV non è altro che una invenzione, una affermazione ex-catedra per poter fornire il virus richiesto dai creatori dell’AIDS.

In realtà il concetto di questi virus fittizi viene da lontano, in concreto dalla “guerra contro il cancro” del presidente Nixon che produsse solo fallimenti e che sfumò silenziosamente per rinascere più tardi come la fenice dalle ceneri (dei milioni di morti di cancro), come “guerra contro l’AIDS “con vecchi protagonisti già conosciuti e con programmi simili (“attenzione agli omosessuali, negri e prostitute, perché portano il cancro alla popolazione”).

Tristemente vero è che una disciplina nuova, l'immunologia, ha apportato molto per facilitare al dubbio virologo Gallo e compagnia lo scenario necessario per i suoi metaforici modelli di funzionamento immunologico, tipici di una guerra delle galassie (virus assassini e virus aiutanti). Questa ideologia, fondata su dati biomolecolari ottenuti da cellule estratte da topi di laboratorio altamente contaminate o direttamente da cellule coltivate, pretende di ricostruire la complessa realtà del corpo umano. In realtà questi dati vengono usati per costruire un irrilevante modello statistico e lineare alla Descartes.

MEDICINA VUDÙ

E tristemente vero è anche che l’affermazione che la “infezione da HIV porta irrimediabilmente alla morte” è una condanna a morte diretta giacché una persona sottoposta a questo dogma di morte non ha possibilità di guarire o di mantenersi sano.

Sottoposta a stress continuo, qualunque persona sviluppa uno stato di ipercortisolismo, cioè secerne continuamente ormoni di stress, con la conseguenza che la immunità cellulare peggiora a favore della immunità umorale, provocando che i globuli bianchi si ritirano dal flusso sanguigno (Hassig et al. 1995). Le conseguenze di questa medicina vudù sono conosciute.

È anche vero che il direttore della ricerca degli U.S.A., Anthony Fauci, partecipò con successo, negli anni ‘70, nello studio di questi meccanismi, che non è tornato a menzionare dal giorno della proclamazione dell’AIDS (Hassig A. 1995).

Ed è anche vero che lo sviluppo di “programmi anti-AIDS” nel terzo mondo, pianificati militarmente, è già arrivata a dimensioni di genocidio. Il governo tedesco finanzia con 1.200.000 marchi al giorno aborti, sterilizzazioni e intossicazione di massa con chemioterapia, con l’alibi della “infezione da HIV” (Krafeld K. 1995).

I medici che adottano i concetti di “infezione da HIV” e “malattia AIDS” e che mettono i loro pazienti sotto la spada di Damocle della incurabilità assoluta, contravvengono al loro primo dovere: primum non nocere.

Le persone che hanno esito positivo al test non solo sono sottoposte a ogni tipo di chemioterapie, e ultimamente anche a selvaggi cocktails e miscugli di sostanze tossiche, ma anche al terrore psicologico della annunciata morte prossima.

Mai prima d’ora nella storia della medicina era stata annunciata una condanna a morte tanto radicale e generale a un gruppo di persone. E in tutto questo ha giocato un ruolo molto importante un gran numero di giornalisti.

Il Dr. Löwer afferma, nel punto 4, che “col passare del tempo si considerarono vari virus come possibili cause dell’AIDS…”. In realtà si cercò di introdurre vari virus come agenti patogeni, cosa che non si poté realizzare perché, nonostante tutti i tentativi, non si riuscì a correlare questi virus con i quadri clinici osservati. Perciò si optò per situarsi fuori del contesto scientifico e si cercò di introdurre nel gioco virus fittizi, che si potevano identificare unicamente in modo indiretto, attraverso anticorpi. Questo dava il vantaggio di potere riattivare gli antichi modelli della “guerra contro il cancro” e di poter contare su un numero sufficiente di ricercatori che conoscevano questo modello e che potessero, immediatamente dopo avere presentato al mondo l’HIV, apparire come luminosi esperti dell’AIDS tra le provette dei loro laboratori.

Un altro vantaggio era che dalle cellule leucemiche coltivate in laboratorio si poté, con grandi misure di sicurezza, come p. es. l’utilizzo di tute spaziali, isolare sufficienti quantità di proteine per fornire tutti i “test dell’AIDS” del mondo.

Ma tristemente o, meglio, fortunatamente, si tratta solamente di proteine di questi globuli bianchi, e questo spiega perché solo determinate persone (appartenenti alle quattro categorie a rischio) che hanno avuto contatto con proteine di globuli bianchi estranei danno preferibilmente esito positivo a questi test stigmatizzanti (Lanka S., 1994-1995, a+b).

I “VIRUS DELLA LEUCEMIA” SI TRASFORMANO IN “VIRUS DELL’AIDS”

Così si spiega anche come gli antichi “virus della leucemia” a poco a poco si trasformano in “virus dell’AIDS “ che ora non sono più correlati al tumore (crescita del numero di globuli bianchi), ma esattamente al contrario, alla distruzione dei globuli bianchi, la cui scomparsa si poteva già spiegare da tempo, p. es. per l’azione di ormoni di stress. Non è vero che Gallo ha pubblicato studi epidemiologici in cui “si scoprirono anticorpi a un virus da lui descritto (…) nella maggioranza (sic) dei casi di AIDS” (Dr. Löwer). Quello che scoprì erano anticorpi a proteine di globuli bianchi, dato che, sebbene abbia descritto un supposto virus, non lo ha mai isolato né ha dimostrato la sua esistenza. Di fatto, trovò anticorpi a quelle proteine in tutti i tipi di persone dei gruppi di controllo, e per questo dovette abbassare la sensibilità dei test fino al punto in cui solo alcuni, e non p.es. il 10% delle donazioni di sangue, davano un risultato positivo.

La cosiddetta prova dell’AIDS, che ufficialmente deve essere la prova della esistenza di anticorpi contro la “infezione da HIV”, è solo uno strumento che stigmatizza intenzionalmente le persone attribuendo loro l’essere “positive” e che le abbandona a chemioterapie tossiche e al terrore psicologico di una condanna a morte. Dato che, in mancanza del virus, il test non è contestabile, si delimitò intenzionalmente la sensibilità dei diversi tipi di analisi, che in più devono adattarsi alle diverse necessità dei laboratori di analisi, così che in una zona dove ci si aspetta un alto numero di pazienti di categorie a rischio la sensibilità sarà un poco maggiore, mentre in zone di provincia diminuirà un poco. E solamente quando si poterono produrre sinteticamente proteine per i test si poterono confrontare i risultati dei diversi laboratori, cosa che prima era impossibile (Papadopulos-Eleopulos, 1993).

Il Dr. Löwer scrive nel punto 5º che “con il miglioramento dei test dell’HIV (anticorpi), si poté stabilire con maggiore chiarezza la correlazione con la malattia AIDS”. Di questo l’unica cosa vera è che qui non parla di virus (la cui esistenza sempre affermata non è mai stata dimostrata), ma di anticorpi e proteine, intenzionalmente dichiarati componenti di virus (Lanka S., 1994-1995, a+b). Però questo è il punto centrale della sua argomentazione, la cui analisi permette smontare tutto il mito “HIV=AIDS”:

A – Il Dr. Löwer rivela qui che l’affermazione del fatto che la “malattia AIDS” è causata dalla “infezione da HIV” è una deduzione intenzionata. Cioè l’apparentemente causale parallelismo di sintomi (correlazione) – che d’altronde si può correlare solo con uno sfacciato atto di definizione – continua essendo una speculazione, dato che l’HIV mai è stato isolato. E, come qualunque ricercatore dell’AIDS riconosce allegramente, i meccanismi del “virus più intelligente del mondo” sono ancora sconosciuti.

B.- Il Dr. Löwer rivela qui che l’affermazione “HIV provoca AIDS” è pura tautologia, dato che “l’esistenza di anticorpi all’HIV fu quindi inclusa nella definizione dell’AIDS…” (Dr. Löwer). Qui si manifesta la già menzionata necessità dell’invenzione (solo le invenzioni si possono brevettare) di una causa per la nuova “malattia AIDS”.

C.- Il Dr. Löwer abbaglia la gente, e forse anche se stesso, quando afferma che c’è stato un miglioramento dei metodi di analisi dell’HIV. Questo è il punto centrale di tutta la biologia dell’HIV e il tallone di Achille dei ricercatori dell’AIDS. Cioè solo con affermazioni fatte ad hoc, illogiche e non dimostrate, fuori dal contesto scientifico e, di conseguenza, fuori da qualunque controllo (a un virus inesistente si possono imputare proprietà senza limite), si possono mantenere in piedi le speculazioni sulla “malattia AIDS e la “infezione da HIV”. L’(auto?)inganno sta nel fatto che un miglioramento oggettivo dei metodi di analisi biomeccanici (il test di proteine o sostanza genetica) non può considerarsi come prova di una ipotesi forzata se l’oggetto del test non è mai stato dimostrato scientificamente (Lanka S.,1994-1995 a+b+c).

TEST FALSI NON FURONO RIPETUTI

L’allarmante realtà si fa evidente nel punto 5º, dove il Dr. Löwer continua esponendo che “Il molto spesso citato studio della Papadopulos Eleopulos e coll. (Bio/Tecnology 11, 696-707, 1993) riassume, nelle sue valutazioni di studi diversi, i problemi dei test già conosciuti nei circoli specializzati al momento della pubblicazione e che devono essere tenuti in considerazione al momento di valutare un risultato”. L’allarmante è che nei cosiddetti circoli specializzati si sapeva che i test dell’AIDS non avevano mai funzionato. Precisamente questo è ciò che dimostra questo esaustivo studio. E anche che si lasciassero migliaia di persone etichettate come positive nella convinzione del loro irrimediabile destino. Perché mai si riconobbe che i test non funzionavano. Semplicemente furono ritirati uno a uno dal mercato e sostituiti da altri nuovi provvisti di proteine prodotte artificialmente. Il Dr. Löwer continua dicendo che “questo studio non può essere assunto come prova del fatto che i test che oggi sono sul mercato sono inattendibili”. Però, perché no, Dr. Löwer? Se i test dell’AIDS non hanno funzionato per otto anni, perché devono farlo ora, improvvisamente? Per caso il Bundesamt non aveva scoperto il virus prima del 1993? E perché non si dichiararono non validi i risultati delle persone sottoposte al test in precedenza? Forse per ragioni tanto semplici e sporche come la codardia, l’opportunismo e l’avarizia?

Nel punto 7º il Dr. Löwer scrive che “I meccanismi molecolari e cellulari che seguono una infezione da HIV e che portano alla malattia AIDS non sono ancora conosciuti nella loro totalità, ma si stanno facendo continui passi avanti”. E cita studi di Wei et al. (1995, Nature 373, 117-122) e di Ho et al. (1995, Nature 373, 124-126) che mettono sottosopra la ricerca sull’HIV nel cercare di dimostrare, in base a modelli puramente matematici, che l’HIV non è un virus occulto e lento, ma che appare massivamente e ovunque. Questo arrivò a spaventare anche il normalmente impassibile settimanale Der Spiegel, che commentò che apparentemente erano state realizzate ricerche senza nessun valore per dieci anni. (Però questo non fu sufficiente per una approfondita rivalutazione della storia dell’AIDS. Non si può? Non si deve?). I ricercatori litigano anche su come (uccidendo direttamente o indirettamente, inducendo il suicidio o per meccanismi sconosciuti di distruzione dei globuli bianchi) l’“infezione da HIV” produce la “malattia AIDS”.

Si organizzarono e si continua a organizzare conferenze per cercare un linguaggio comune, per non spaventare l’opinione pubblica (Coen J., 1995).

Per rendersi conto che l’”HIV” è virologia puramente virtuale, che si basa unicamente su definizioni predeterminate, speculazioni e modelli matematici che evitano qualunque controllo nascondendosi dietro sempre nuove speculazioni, la (co)scienza e la capacitá immaginativa dei giornalisti non è sufficiente, né lo è il coraggio dei ricercatori seri: la consegna sembra essere: “ciò che non dev’essere, non può essere”. Nonostante ciò ci sono ragioni per la speranza, come per esempio il fatto che l’organo di controllo democratico più importante tedesco, la Commissione del Parlamento, sta investigando la problematica HIV=AIDS (Krafeld K.. 1995 a), o che il prestigioso matematico nordamericano della’Università di Yale, Serge Lang, membro dell’Accademia Scientifica Americana, partecipa ora attivamente nella discussione. (Krafeld K., 1995 a).

ESPERTI DELL’AIDS COMINCIANO A NASCONDERSI

Signor Löwer, se lo studio dell’AIDS tornerà finalmente su un terreno scientifico, le sue ipotesi non solo saranno confutate “col passare del tempo” (Dr. Löwer), ma immediatamente. Perché non è possibile presentare prova alcuna della presenza, né come particola né come forma completa, di un supposto virus HIV, né delle sue proteine né della sua sostanza genetica (Lanka S., 1995 c).

Le rimane la speranza che questo non succeda prima del suo ritiro; i suoi colleghi berlinesi Koch e Habermehl hanno già potuto rifugiarsi nella pensione.

Nemmeno servirà a niente che il cosidettto “progresso scientifico” avanzi con tanta rapidità che i criteri di domani non abbiano niente a che vedere con quelli di ieri (per esempio, ora si sta sostituendo la vergognosa biochimica degli anticorpi con la genetica, che si suppone più esatta e molto più affascinante). Ma dato che l’AIDS gode già di grande popolarità (niente è oggi più conosciuto della Coca Cola e dell’AIDS), tutto è già storia scritta: si conosce la parte che ognuno ha svolto nello sviluppo dell’ idea dell’AIDS e un giorno ne dovrà rendere conto.

E questo non potrà cambiarlo nemmeno il settimanale Der Spiegel nella sua funzione di spianare la strada all’AIDS cercando, allo stesso tempo, di creare sempre nuovi titoli sulla “infezione da HIV” o sulle ultime ricerche o presentando ricercatori come la Prof. Karin Mölling come la “donna più intelligente di Berlino” (sic). Non servirà a niente! Come disse uno dei pochi presidenti onesti degli U.S.A., si può ingannare tutta la gente per qualche tempo, alcune persone sempre, però non tutti per sempre (Abraham Lincoln).

Quando gli omosessuali si accorgeranno che la medicina che si occupa di loro in realtà sta agendo (oltre ad altri) contro di loro, e che tutti quei volontari con la loro dedizione sono stati adoperati, questo orrore finirà presto.

Sarebbe bello che dalla comunità scientifica tedesca sorgesse l’impulso che aiuterebbe a superare questo dogma dell’HIV e il mito dell’AIDS; però sembra che anche in questo campo l’alta politica domini per chi vuol fare carriera, non apprendendo niente dalla storia, imparando solo a non vedere più in là della punta del proprio naso e dimenticando che si hanno anche delle responsabilità.

Però un cambio del modo di pensare ci proteggerebbe anche da una medicina sempre più totalitaria. Perché già da tempo i nostri propagandisti del “HIV=AIDS” si sono rifugiati nella fuga in avanti, e infatti il ritmo della biomedicina è sempre più veloce. È sufficiente analizzare l’attività della nostra “più intelligente” berlinese (sic, Der Spiegel), Karin Mölling, che ora pretende di controllare l’AIDS e l’HIV attraverso “puro DNA dalla pistola di vaccinazione” (Mölling K., 1995).

Questa forma selvaggia di speculazione sottostà a un’ansia di potere totalitario sulle persone che pretende ridurre l’Homo Sapiens (e il resto della vita) alla somma di pezzetti genetici per poterlo riparare e regolare “dall’interno” e, se possibile, migliorarlo. Però fortunatamente questo non potrà mai succedere, perché la biochimica genetica è molto più complessa di quanto vogliono o possono riconoscere quelli che stanno giocando con essa (terapia di genoma, ecc.) (Gura T.,1995; Strohman R., 1995; Lanka S., 1995 a+b).

Ciò nonostante, da queste idee nasce non solo un pericolo concreto (cancro) ma anche un altro molto preoccupante, dato che il medico medio si lascia attrarre facilmente da questa medicina genetica (che finalmente risolverebbe il problema dei vaccini [sic] nel terzo mondo). Questo porterebbe la nostra medicina a divenire ancora più materialista, condannandosi così a un fallimento ancora maggiore nel trattamento delle malattie croniche. Un punto di vista riduzionista darebbe adito a una visione deformata della vera natura umana.

Signor Löwer! Lei scrive che “il vantaggio delle scienze naturali è che le ipotesi, con l’andare del tempo, si refutano o si confermano per se stesse”. Ma come può succedere questo se si esce dal contesto scientifico e si costruiscono le proprie regole fuori da ogni controllo? Per questo le proponiamo, per tutte le persone che soffrono, specialmente per i bambini, di tornare un’altra volta nel suo laboratorio, di guardare un’altra volta nelle sue provette. Se vi scopre un virus, lo isoli, lo fotografi, presenti le sue proteine direttamente e ugualmente la sua sostanza genetica. Se potrà fare questo, ci farà sommo piacere convertirci nei suoi più fedeli collaboratori. Fa sempre piacere lavorare con un premio Nobel. Però, se non ci riesce, riconosca il suo errore e quello dei suoi colleghi davanti all’opinione pubblica. Per aiutarla in questo siamo a sua completa disposizione e sempre disposti ad aiutarla con la nostra esperienza e i nostri contatti (fino al cancelliere Kohl e la presidente del parlamento tedesco, Rita Süssmund).

Fto. Heinrich Kremer Stefan Lanka

Rosengarten e Dortmund, 9/11/1995

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Link: http://digilander.libero.it/controinfoaids/doc/attenzione.htm

Fonte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=5304