Briciole di…Relatività

Il Giornale Online
Molte volte, specialmente oggi, il termine ‘relativo’ è inteso come sinonimo di ‘soggettivo’ e quindi contrario di ‘oggettivo’, suscitando, da una parte, una certa diffidenza in chi vede nell’oggettività della scienza la roccaforte della verità e, dall’altra, fornendo un alibi ‘pseudoscientifico’ a chi, con esso, vorrebbe giustificare qualunque convinzione personale.

– Dell’ambiguità del termine ‘relativo’ ho accennato all’inizio di questa nostra conversazione. L’osservatore di cui si parla nella Relatività è inteso non nel senso di soggetto umano giudicante, ma di ‘punto di vista’ fisico oggettivo, realizzabile con un qualunque dispositivo materiale in grado di registrare le grandezze fisiche osservate. Si potrebbe, paradossalmente, parlare di una relatività oggettiva, che dipende dal sistema di riferimento utilizzato e non dalla particolare coscienza dei singoli individui.

Quanto è insidioso l’uso del termine ‘relativo’ nella Teoria della Relatività, è ancor più confermato dalla presenza in essa di verità ‘assolute’. Due di queste sono gli stessi postulati su cui si fonda la Relatività: l’invarianza, rispetto a sistemi di riferimento in moto relativo uniforme rettilineo, di tutte le leggi fisiche e della velocità della luce.

Altre sono, invece, conseguenze di alcuni risultati fondamentali della teoria, com’è stato argutamente messo in evidenza dal nostro grande matematico Francesco Severi [1].

Essendo la velocità della luce sempre la medesima, non esiste nessun sistema di riferimento rispetto al quale la luce può essere in quiete: dunque il suo è un moto assoluto.

Inoltre, dalle trasformazioni di Lorentz [2] risulta facilmente che se due eventi hanno rispetto al sistema S coordinate spaziali uguali (cioè avvengono nello stesso luogo) e coordinate temporali diverse t1 e t2 con t1 < t2(cioè avvengono in istanti successivi), nel sistema S’ gli stessi eventi avranno diverse sia le coordinate spaziali sia le coordinate temporali, ma per queste sarà ancora rispettata la stessa disuguaglianza: t1’ < t2’. In altri termini, la successione degli istanti temporali (passato, presente e futuro) si conserva identica sia per il sistema S sia per il sistema S’. Altri due ‘assoluti’ sono quelli che Minkowski chiamava distanza propria e intervallo proprio di due eventi. “La prima è la distanza di due punti, quale apparisce ad un osservatore, se in essi capitino due eventi ch’egli giudichi contemporanei. Per ogni altro osservatore la distanza dei due punti non è minore della precedente: e il minimo così ottenuto è dunque un assoluto. […] Similmente l’intervallo proprio di tempo fra due eventi è l’intervallo misurato da un osservatore pel quale essi capitino nella sede dov’egli è. Per ogni altro osservatore l’intervallo di tempo è non minore del precedente: un minimo che è dunque un nuovo assoluto.” [3]

In definitiva, la Teoria della Relatività è una teoria che afferma l’assoluto attraverso l’esame critico di tutti quei concetti che sono relativi; il suo nome più appropriato sarebbe dunque Teoria dell’Assoluto [4] .

Un altro esempio di ‘assoluto’ contenuto in essa è fornito dallo stesso concetto di spazio-tempo.

– Vuoi dire che il tempo e lo spazio sono concetti relativi, ma la loro fusione nel cronotopo diventa un’entità assoluta, invariante al cambiare del sistema di riferimento utilizzato?

– Consideriamo due eventi infinitamente vicini, in altre parole che avvengono in due sedi a distanza spaziale infinitesima dl e in istanti di tempo a distanza temporale infinitesima dt l’uno dall’altro. La distanza spaziale dl può essere espressa facilmente applicando il teorema di Pitagora e risulta dl2=dx2+dy2+dz2(dl è la diagonale di un parallelopipedo di cui dx, dy, dz sono i tre spigoli concorrenti in un vertice). Dalle trasformazioni di Lorentz-Poincarè, con semplici passaggi algebrici, si ricava:

dx2+dy2+dz2– c2dt2=dx'2+dy'2+ dz'2–c2dt'2 = ds2.

La grandezza ds2 così ottenuta è il quadrato del cosiddetto intervallo cinematico o intervallo spazio-tempo o semplicemente intervallo ds e risulta, dunque, invariante passando dal sistema di riferimento S al sistema S’ in moto traslatorio uniforme rispetto ad S. In conclusione, mentre gli intervalli spaziali e temporali considerati separatamente cambiano da un sistema all’altro, e quindi sono relativi, la loro fusione nell’intervallo spazio-tempo, invece, non cambia: esso è assoluto.

– Su alcuni concetti e risultati della teoria della relatività si è costruita molta fantascienza e fantafilosofia…

– …dovute ad una scarsa comprensione del loro significato matematico. Ho, per esempio, accennato già all’errata interpretazione della relatività del tempo contenuta nel cosiddetto paradosso dei due gemelli.

Un’altra ‘mistificazione’ è l’affermazione, di cui si compiacciono alcuni filosofi e scienziati, che noi viviamo immersi in un universo a quattro dimensioni: le tre spaziali più quella temporale. Lo stesso Einstein a tal proposito riconosceva che “un misterioso brivido coglie il non matematico quando sente parlare di oggetti ‘quadridimensionali’: una sensazione non dissimile da quella risvegliata dall’apparizione di uno spettro sul palcoscenico. Tuttavia non esiste affermazione più banale di quella che il mondo in cui viviamo è un continuo spazio-temporale a quattro dimensioni. ” [5].

Il matematico e il fisico usano abitualmente il termine ‘dimensione’ in un senso molto generale, alla luce del quale la dimensione intesa comunemente (vale a dire in senso geometrico) appare come un caso particolare, ma il solo purtroppo ad essere noto al grande pubblico. Uno spazio a ‘n’ dimensioni, per il matematico e il fisico, non è altro che un modo astratto per descrivere certi oggetti tramite ‘n’ variabili o parametri. L’origine di un tal modo di esprimersi è molto semplice: se consideriamo i punti di una curva ( un caso particolare è la retta), per determinarne la posizione su di essa basterà indicare la loro distanza da un punto origine preso ad arbitrio sulla curva stessa, cioè la loro ‘ascissa curvilinea’. I punti della retta costituiscono, in tal senso, uno spazio ad una dimensione, costituita dall’ascissa curvilinea.

Similmente, i punti di un piano sono individuati dalle loro coordinate x, y e quindi costituiscono uno ‘spazio a due dimensioni’, che sono le coordinate x, y. I punti dello spazio tridimensionale (quello geometrico entro cui realmente viviamo) sono individuati dalle tre coordinate x, y, z e perciò costituiscono uno ‘spazio a tre dimensioni’, costituite dalle coordinate x, y, z. Gli ‘eventi’ che costituiscono i fenomeni fisici sono individuati completamente dalle loro tre coordinate x, y, z, che ne definiscono la posizione spaziale, e dalla quarta coordinata tempo, che specifica l’istante di tempo in cui si verificano; pertanto, seguendo la terminologia finora illustrata, gli eventi costituiscono uno spazio a quattro dimensioni, detto spazio-tempo.

E’ questo l’uso banale, cui si riferiva Einstein, del termine quadridimensionale a proposito dello spazio-tempo. E che il tempo e lo spazio nel cronotopo siano ‘fusi’ ma non ‘confusi’, lo ha dichiarato esplicitamente ancora una volta Einstein: “L’indivisibilità del continuo quadridimensionale degli eventi non implica però in nessun modo l’equivalenza delle coordinate spaziali con la coordinata temporale; al contrario si deve ricordare che quest’ultima è definita fisicamente in maniera del tutto diversa dalle coordinate spaziali. […] Il termine dt2 ha infatti il segno opposto ai termini spaziali dx2, dy2, dz2. ” [6].

[1]. F. Severi, Aspetti matematici dei legami tra relatività e senso comune, in AA. VV. Cinquant’anni di relatività, Marzocco Firenze 1955, pp. 313-333.

[2]. Aggiungiamo qui, per dovere di conpiutezza, che le espressioni delle trasformazioni di FitzGerald-Lorentz considerate nella Relatività di Einstein sono in realtà dovute al grande matematico e filosofo francese Henry Poincarè, che nel 1906 le ottenne da quelle di Lorentz del 1904, eliminando l’approssimazione che era in esse (H. Poincarè, Sur la dynamique de l’electron, Rend. Con. Palermo, 21, 1906, p. 129.

[3]. F. Severi, op. citata, p. 333.

[4]. Vedi anche Mario Pantaleo, L’Assoluto nella teoria di Einstein, Napoli 1923; Francesco Severi, Assoluto e relativo in Nuova Antologia marzo 1955, Roma.

[5]. A. Einstein, Relatività, esposizione divulgativa, Boringhieri, Torino 1960, p. 72.

[6]. A. Einstein, Il significato della relatività, Einaudi, Torino 1955, p. 40.

di Luca Nicotra

fonte:www.controluce.it