Cocktail di vitamine personalizzati

Il Giornale Online28/7/2008

di EMILY SINGER

Variazioni genetiche scoperte di recente possono danneggiare un enzima il cui malfunzionamento pare sia legato a malformazioni alla nascita e patologie cardiache. Stando a una nuova ricerca determinati agenti nutritivi, tuttavia, possono invertire tale effetto. La scoperta potrebbe rappresentare un passo avanti cruciale per la nutrigenomica, disciplina emergente che studia le modalità con cui dieta e geni interagiscono nell’influenzare la nostra salute. Gli scienziati sperano che un giorno la nutrigenomica aiuti i pazienti a superare alcune delle loro vulnerabilità genetiche con l’ausilio di cocktail personalizzati di vitamine.

Il fabbisogno quotidiano di vitamine consigliato dal Dipartimento dell’Agricoltura statunitense “si basa su studi condotti sessant’anni fa, e sulla convinzione che gli individui siano tutti uguali a livello biochimico”, spiega Nick Marini, biologo della University of California di Berkeley, responsabile della nuova ricerca insieme a un altro biologo di Berkeley, Jasper Rine. “Riteniamo inoltre che l’assunzione di integratori avverrebbe in maniera più metodica, se ognuno sapesse di aver bisogno di una dose maggiore di una particolare vitamina”.

Il genoma umano codifica approssimativamente seicento enzimi, che per funzionare correttamente devono interagire con vitamine o minerali. Da anni gli esperti sanno che alcuni dei più rari e gravi disturbi del metabolismo, causati da un’errata codifica dei geni che controllano gli enzimi dipendenti dalle vitamine, possono essere curati con l’ausilio delle vitamine. Malgrado ciò gli studi che associano tali variazioni genetiche a effetti più sottili per la salute, che potrebbero influenzare le condizioni di una vastissima percentuale di popolazione, sono appena all’inizio.

Nello studio pilota pubblicato a giugno, gli scienziati hanno concentrato la propria attenzione su un enzima denominato MTHFR, o metilenetetraidrofolato reduttasi, che converte il folato di vitamina B (altrimenti detto acido folico) da una forma all’altra. Il folato svolge diversi ruoli nella salvaguardia della salute umana: è stato associato a malformazioni fetali e parti pretermine, ma anche a disturbi cardiocircolatori, aneurismi e cancro colorettale. Per questo già nel 1993 la Food and Drug Administration americana ha ordinato l’aggiunta di vitamine al frumento e ad altri cereali.

Studi precedenti hanno suggerito l’ipotesi che le variazioni dell’enzima MTHFR possano rendere alcuni individui più vulnerabili agli effetti della deficienza di folati. Una variante genetica diffusa che dà origine a una versione indebolita dell’enzima aumenta il rischio di malformazioni fetali e potenzialmente anche di patologie cardiache, sebbene non sia ancora chiaro il perché. Circa il dodici per cento degli europei presenta due copie di tale variazione.

Marini e colleghi hanno sequenziato il gene dell’MTHFR in 564 individui di etnia diversa, scoprendo quattro nuove varianti anch’esse in grado di compromettere il funzionamento dell’enzima. Successivamente, i ricercatori hanno manipolato un sistema molecolare allo scopo di stabilire quanto efficientemente le diverse forme dell’enzima riescano a elaborare i propri prodotti molecolari. Hanno aggiunto sequenze di geni umani a delle cellule di lievito, ingegnerizzate in modo tale che il loro tasso di crescita dipendesse dal grado di efficienza con cui l’enzima stava lavorando.

Tre delle sequenze non hanno funzionato: le cellule di lievito che le contenevano, integrate con quantitativi limitati di folato, sono cresciute più lentamente rispetto alle controparti. Gli stessi lieviti, invece, si sviluppavano a tassi normali se integrati con vitamine in eccesso, il che suggeriva l’ipotesi che dosi maggiori di folato potessero giovare ai pazienti geneticamente più vulnerabili ai problemi di salute associati alla deficienza di vitamina B. La scoperta è stata pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences.

La nutrigenomica ha attraversato una fase difficile negli ultimi anni, soprattutto perché diverse aziende hanno iniziato a commercializzare cocktail di supplementi customizzati sulla base di ricerche non verificate. Studi come quello di Marini, invece, cominciano a indicare la strada giusta per un’analisi più rigorosa dell’influenza vitaminica sulla salute. Si tratta di un lavoro unico per il suo modo semplice di stabilire le funzioni dei geni, cosa che prima non era mai stata fatta in maniera approfondita nella nutrigenomica, commenta Bruce Ames, biochimico di Berkeley tra i pionieri nello studio sulle vitamine associate al metabolismo e alla salute umana.

Ames non ha collaborato alla nuova ricerca, ma aggiunge che per stabilire i dosaggi ottimali bisognerà condurre analisi su sistemi più complessi. “In futuro, sarà possibile prelevare una data cellula da un individuo e coltivarla in laboratorio per capire se un po’ di più di questa o quella vitamina possa aiutare”, spiega.

Marini, Rine e colleghi stanno attualmente conducendo studi sugli umani allo scopo di cercare di capire meglio il ruolo dell’enzima nelle malformazioni fetali. In collaborazione con il Children's Hospital Oakland Research Institute e il Joint Genome Center di Walnut Creek, in California, gli scienziati sequenzieranno lo stesso gene in 250 bambini affetti da difetti del tubo neurale e 250 bambini normodotati, per vedere se nei primi compaiono più spesso le varianti malfunzionanti.

“L’esperimento potrebbe rivelarsi straordinariamente importante allo scopo di gettare nuova luce sulle malformazioni neonatali”, osserva Gary Shaw, direttore del Dipartimento Ricerca del California Research Division of the March of Dimes, che ha sede presso il Children's Hospital Oakland Research Institute.

La ricerca della Berkeley è stata resa possibile da nuove tecnologie come le metodiche di sequenziamento genetico a basso costo, che consentono agli scienziati di individuare diverse varianti rare difficili da rilevare con l’ausilio di altri strumenti genetici. “Le variazioni a bassa frequenza, che possono essere identificate solo tramite il sequenziamento, sono importantissime”, spiega Marini.

Per esempio, gli scienziati sanno da tempo che i disturbi del tubo neurale sono caratterizzati da una componente genetica, perché una donna che partorisce un bambino malato probabilmente ne avrà anche un altro affetto dalla stessa patologia. “Finora però è stato difficile isolare le cause genetiche, probabilmente perché associate a varianti a bassa frequenza”, precisa Marini.

La scoperta potrebbe inoltre gettare nuova luce sul dibattito in atto relativo al rapporto tra folati e malattie cardiache. L’enzima MTHFR scompone l’omocisteina, un aminoacido che alcuni studi, ma non altri, collegano alle patologie cardiocircolatorie. Un enzima inefficace lascia che l’omocisteina sedimenti nel sangue. È possibile che solo chi è portatore di un enzima inefficace e al tempo stesso di bassi livelli di folato supporti soglie elevate di aminoacido abbastanza a lungo da causare danni, spiega Syed Hussein Askree, ricercatore del laboratorio di Ames. Dal momento che la maggior parte degli studi prende in considerazione individui contraddistinti da un’ampia gamma di diete e genotipi, quel rapporto si sarebbe potuto perdere.

In futuro, Marini e colleghi sperano di delineare un quadro più ampio dei nostri fabbisogni nutritivi. A partire dall’incidenza di rare anomalie genetiche dipendenti dall’MTHFR, hanno calcolato che ognuno di noi ospita circa 250 mutazioni nocive su 600 enzimi che necessitano di vitamine o minerali per funzionare. Il che vuol dire che, quando si parla di vitamine, non se ne assumono mai abbastanza.

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Fonte: http://www.venetonanotech.it/files/index.cfm?id_rst=31&id_elm=2955