Come, quando e perché la mente emerge

Il Giornale Online
Le caratteristiche “uniche” dell’essere umano comprendono la coscienza di sé e degli altri, il linguaggio e la vita sociale. Su tutte queste capacità emerge uno speciale attributo umano che chiamiamo il possesso di una mente (Rose). Come, quando e perché la mente emerge?

A cominciare dagli anni Novanta del secolo scorso, i neuroscienziati hanno mostrato che la mente non sia altro che il “prodotto” del nostro cervello. L’essere umano- ha scritto Francis Crick- è “un fascio di neuroni”. La mente- ha sostenuto Damasio- è “una proprietà” del cervello”, il collegamento di insiemi di neuroni. Tutti i processi mentali, perfino i processi psichici più complessi, “derivano”- ha precisato Kandel- da “operazioni del cervello”. L’assunto cardine- ha aggiunto il premio Nobel per la medicina- è che ciò che comunemente chiamiamo mente rappresenta “un insieme di funzioni svolte dal cervello”.

Le neuroscienze, identificando mente e coscienza con la materia e il funzionamento del cervello, evitano di fatto l’intricato e ancora misterioso rapporto mente-cervello e cercano di capire mente e coscienza in un mondo fisico. Una volta che la mente sia stata ammessa fra gli eventi del mondo naturale, “dobbiamo trovarle- ha sostenuto Colin McGinn- un posto nello schema delle cose laboriosamente costruito a partire dal XVIII secolo”. Il problema principale tuttavia è se ciò sia possibile senza sacrificare la peculiarità della mente e della coscienza. Il problema irrisolto e forse irrisolvibile verte su come la mente (immateriale) sorga dal cervello (materia). Se le decisioni sono prese dal cervello, che è un oggetto fisico, sottoposto dunque alle leggi della fisica, la volontà non è libera. La mente, divenendo un meccanismo neurale elettrochimico, non è “libera” di scegliere fra opzioni diverse.

Sta di fatto che in realtà non è ancora dimostrato che noi- come ha detto Crick- siamo “un fascio di neuroni: dall’attività dei neuroni e delle aree cerebrali non è infatti possibile “dedurre” quali siano i contenuti della mente e della coscienza. Inoltre, Crick tralascia di chiedersi chi siano i “noi” che dovrebbero capire come funziona il “pacco di neuroni” che “noi” siamo, se non cellule nervose, altri pacchi cioè di neuroni, in una regressione all’infinito. Per Cartesio, esistono due regioni ontologiche: la “res extensa” (la materia, il cervello) e la “res cogitans”. La “res cogitans” è l’anima, che pensa, riflette ed è consapevole di se stessa (coscienza). Questa entra in contatto con la “res extensa”, cioè con il cervello, attraverso gli organi di senso, non è soggetta alle leggi fisiche ed è immortale.

Invero, l’assunzione dei neuro scienziati che la mente non sia “nient’altro che un prodotto del cervello” ci appare un concetto piuttosto “grossolano”, come concorda anche Steven Rose. E’ limitato considerare la mente soltanto come un prodotto del cervello. Ciò che definiamo come mente non discende unicamente dalle attività di un sistema nervoso isolato, ma ha origine sia da funzioni neurali sia da processi esperienziali. Noi siamo un “fascio di neuroni” e di altre cellule, ma siamo anche essere umani. Abbiamo una mente che si costituisce attraverso l’interazione evolutiva, ontogenetica e storica dei nostri cervelli e dei nostri corpi con gli ambienti sociali e naturali che ci circondano. Abbiamo la capacità di creare e ricreare i nostri mondi.

La nostra conoscenza etica può essere arricchita dal sapere neuro scientifico, ma non sostituita. Il cervello- ha scritto la poetessa americana Emily Dickinson- “ è più grande del cielo”. Ma la mente- per noi, è più grande del cervello. La mente perciò non può essere “riducibile” ai neuroni e non può essere “abbassata” al livello delle sinapsi o dei neuroni. La mente è qualcosa di più. Certamente, la mente e la coscienza sono passibili di investigazione scientifica, ma esse non si prestano ad essere “ingabbiate” dai metodi neuro scientifici con le tecniche di brain imaging, i nostri elettrodi e i nostri “armadietti dei medicinali” (Rose). La prospettiva più congruente a noi sembra essere quella bio- sociale integrata, un modello fondamentale per qualsiasi tentativo di comprensione del cervello, della mente e dunque della natura umana. Siamo infatti gli eredi non solo dei geni, ma anche degli ambienti, dell’educazione, delle dinamiche interpersonali e delle culture dei nostri antenati. Le nostre menti quindi sono attivate dai nostri cervelli, ma non sono “riducibili” ad essi.

Attualmente, il pensiero dominante tra i neuro scienziati è decisamente “riduzionista” nella sua insistenza sulle spiegazioni neurali. La nascita delle nuove neuroscienze in realtà “strappa” il controllo dell’anima e della mente dalle mani dei filosofi e dei teologi. Si ammette cioè l’esistenza di una “identità” di mente e coscienza con il cervello. Il problema irrisolto e forse irrisolvibile- lo ribadiamo- è il seguente: come la mente sorge dal cervello? La domanda in che modo da una serie di meccanismi neuronali un evento acquisti significato, diventi cioè coscienza, è finora senza risposta. L’emozione che si prova di fronte ad un tramonto o sentendo un brano musicale, la gioia allo sguardo di una persona che amiamo, lo struggimento che si avverte per tanti eventi della vita, lo stato soggettivo che si sperimenta per la rossità del rosso, per l’aroma del caffè o per un buon bicchiere di vino, che per Thomas Mann, è un dono di Dio, sono tutte esperienze personali che vengono sentite come diverse da un evento fisico, anche se per ognuna di esse s’individuano arre cerebrali attive. Non è possibile dunque spiegare gli stati soggettivi, i qualia, con il loro correlato fisico (neuronale).

Fonte: http://www.neuroscienze.net/?p=3527
Vedi: http://www.lifeenergyscience.it/italiano/2009-it-1-1.pdf