CRISTO HA FATTO L’INDIANO

Il Giornale Online
Nel 1982 fu pubblicato a Monaco di Baviera dalle edizioni Knaurr il testo di un giovane teologo tedesco, Holger Kersten, dal titolo “Jesus lebte in Indien” (Gesù visse in India). Il libro avrebbe meritato di essere pubblicato anche nel nostro paese, ma per ragioni facili a capire nessuna casa editrice italiana si prese la briga di farlo.

Il contenuto concerneva i resoconti di viaggio dell’esploratore russo Nicolas Notovitch che, nella seconda metà del secolo diciannovesimo, si era messo sulle tracce di una tradizione tibetana per la quale Gesù Cristo avrebbe predicato la sua dottrina nei territori del Ladakh finendo i suoi giorni, da vecchio, nella città indiana di Srinagar. Sulla possibilità che Gesù avesse trascorso oltre un ventennio in Asia, dopo la sua pretesa morte in croce, trattò anche lo stesso Notovitch nel libro “La vie incunnue de Jesus Christ” (La vita sconosciuta di Gesù Cristo) pubblicato a Parigi nel 1894.

Il contenuto si basò sul ritrovamento nel monastero buddista di Lasha di un carteggio che descriveva un uomo chiamato Issuf (oppure Issa) appartenente al popolo ebreo, come egli fosse sfuggito alla morte in croce e come avesse predicato una nuova religione nel Ladakh, nel Nepal e nel Tibet con l’aiuto di alcuni discepoli e della madre. Il libro dell’esploratore non solo fu accolto con gelo dagli ambienti religiosi, ma non venne nemmeno preso in considerazione dalla cultura accademica del tempo.

Dovette subire perfino vessazioni pesanti da parte del governo russo, due aggressioni violente, il furto della documentazione originaria raccolta in Asia e l’incendio delle relative copie manoscritte. Nel libro di Notovitch vennero registrati dati storici ed ipotesi che, se corrispondessero a verità, costituirebbero elementi dirompenti per la teologia cristiana fondata sulla redenzione della umanità conseguente al sacrificio, alla morte e alla resurrezione di Cristo. Non è tutto.

Nel 1922 uno studioso indiano di storia delle religioni, tale Swami Abhedananda, fece un viaggio al monastero di Himis (citato come fonte da Notovitch) per sapere se questi avesse ottenuto realmente la traduzione di un antichissimo manoscritto buddista in cui era narrata la vita di Issuf. Nella circostanza il lama del monastero non solo avrebbe confermato i racconti dell’esploratore russo, ma avrebbe perfino aiutato lo studioso a tradurre una parte dell’antico testo.

Dall’incontro Abhedananda trasse un libro scritto in lingua bengali, “Kashmir O Tibbate” (Nel Kashmir e nel Tibet), pubblicato postumo e ristampato a Londra nel 1954. Infine nel 1984 la documentarista americana Elisabeth Clare Prophet pubblicò negli Stati Uniti d’America il “The lost years of Jesus” (Gli anni perduti di Gesù). Il testo, tradotto in Italia con contenuti temperati in ottica teologica, apportava informazioni inedite sulle scoperte di Nicolas Notovitch e dei suoi collaboratori postumi.

Sembra costituire un tassello ulteriore su argomenti affascinanti e su ipotesi che per ora rimangono solo suggestive ma che, stando alle recenti ammissioni di teologi di scuola anglosassone, potrebbero condurre a revisioni profonde della storia del cristianesimo e della cristianità.

di Pietro Montedoro

Fonte: http://www.templari.it/