Da un nuovo sistema ibrido la fotosintesi 'potenziata'

Il Giornale Online
Un gruppo di ricerca dell’Ipcf-Cnr ha realizzato un più efficiente apparato fotosintetico, frutto della combinazione di elementi naturali e molecole di sintesi, che può facilitare lo sfruttamento dell’energia solare. La ricerca è pubblicata su Angewandte Chemie.

Autore articolo: dott. Massimo Trotta

Le piante lo sanno fare perfettamente, ma per l’uomo quella di ottenere energia dalla luce solare è ancora una strada in salita, piena di ostacoli e frustrazioni. Utilizzare oggetti ibridi formati da componenti naturali e sintetici può aprire nuove strade nel campo della conversione della luce solare in energia. Alcuni ricercatori baresi degli Istituti per i Processi Chimico Fisici e di Chimica dei Composti Organo Metallici del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi “Aldo Moro” hanno dimostrato che questi ibridi organico-biologico sono stabili e in grado di funzionare come i sistemi naturali.

Lo stato dell’arte

In tutti gli organismi naturali alimentati dalla fotosintesi, le piante, le alghe ed alcuni batteri, l’organizzazione funzionale dell’apparato fotosintetico è la medesima; il macchinario molecolare responsabile della conversione dell’energia è formato da complessi di proteine e pigmenti (sostanze di assorbire la luce visibile assumendo una colorazione propria) che catturano la luce. Questi complessi funzionano come un’antenna parabolica, concentrando la luce raccolta su di una proteina centrale, il fotoconvertitore, dove l’energia viene assorbita da un elettrone.

Questo elettrone viene trasportato all’interno della proteina, lasciando una buca carica positivamente, fino ad arrivare all’estremo opposto. In questo modo l’energia luminosa viene efficientemente convertita in coppie di cariche opposte separate, una sorta di pila elettrica di dimensioni molecolari. Questo è lo stato ad alto contenuto energetico che la natura utilizza negli organismi fotosintetici per alimentare il metabolismo, tanto delle minuscole alghe azzurre che delle gigantesche sequoie.

La fotosintesi artificiale è una branca scientifica che si propone di mimare questo complesso processo biologico, generando in-vitro lo stato a cariche opposte, che deve essere però mantenuto per un tempo sufficientemente lungo da poter essere sfruttato per fini tecnologici ed applicativi. mDi recente sono stati sviluppati dei sistemi totalmente sintetici che catturano efficacemente la luce, ma il cui tempo di vita degli stati a cariche separate generati è troppo breve, dell’ordine dei millisecondi. Che utilità avrebbe una pila elettrica che si scarica in pochi millisecondi? Per superare questa limitazione, nei sistemi ibridi, si combinano il fotoconvertitore naturale, in cui questo stato dura normalmente molto più a lungo, fino a 1000 volte, e un assorbitore artificiale di luce. Finora sono stati utilizzati i quantum dots, ossia strutture di dimensioni nanoscopiche (inferiori a ad un milionesimo dello spessore di un capello) realizzate con materiali semiconduttori.
L’innovazione

Il gruppo di ricercatori baresi ha invece utilizzato come antenna artificiale un assorbitore molecolare progettato ad-hoc, che possiede numerosi vantaggi tecnologici rispetto ai quantum dots. Infatti l’enorme varietà strutturale dei composti organici che possono essere sintetizzati permette una precisa modulazione delle proprietà fotofisiche ed elettroniche dell’assorbitore. In breve questo significa che è possibile produrre in laboratorio, con relativa semplicità, molecole con specifiche caratteristiche nel colore della luce assorbita dalla molecola, il colore della luce emessa e la quantità di luce emessa in relazione a quella assorbita.

Inoltre la forma e la flessibilità molecolare, quest’ultima pressoché inesistente nei quantum dots, possono inoltre essere finemente controllate in modo tale che l’antenna sintetica non alteri né la struttura tridimensionale né le reazioni del fotoconvertitore, che essendo una proteina è particolarmente sensibile alle manipolazioni, e possa quindi essere inserita nei siti desiderati.

I risultati

I ricercatori sono riusciti a combinare l‘antenna molecolare da loro ideata con il fotoconvertitore naturale del batterio Rhodobacter sphaeroides R26, la proteina nota come centro di reazione, potenziandone l’attività, estendendola ad una regione dello spettro della luce solare che non viene assorbita dal sistema biologico originario. L’antenna sintetizzata è una molecola che appartiene alla classe dei composti policoniugati, caratterizzati dall’avere elettroni delocalizzati sull’intera molecola, che le rende dei semiconduttori molecolari. Nel caso specifico della molecola utilizzata nell’assemblare l’ibrido, il colore della luce assorbita e di quella emessa sono conferite da un anello benzotiadiazolico, elettron-povero, legato a due anelli tiofenici, elettron-ricchi.

Tutto questo gruppo centrale è legato a due tripli legami e a due anelli benzenici e questo variegato insieme di gruppi chimici garantisce le giuste lunghezze d’onda per trasferire l’energia luminosa assorbita al centro di reazione. La molecola contiene inoltre una estremità funzionalizzata con una sorta di gancio chimico per poterla legare al centro di reazione, un gruppo carbossilico attivato per renderlo reattivo nella formazione del legame con i soli aminoacidi lisina. Per preservare la integrità funzionale e strutturale della proteina, l’antenna viene distanziata dalle lisine con uno spaziatore, una catena flessibile di tre atomi di carbonio che la mantiene lontana (ma non troppo) dall’impalcatura proteica.

Infine, ricordando che il centro di reazione è una proteina insolubile in acqua, l’antenna è corredata di due lunghe catene di atomi di carbonio, che ne facilitano l’interazione con la proteina. Con questa ricerca si è dimostrato che è possibile disegnare ed assemblare ibridi organico-biologici che, in opportune condizioni, risultino addirittura più performanti del sistema naturale.

Le prospettive

Questa ricerca rappresenta la prova concettuale che è possibile mescolare sapientemente molecole organiche e sofisticate molecole biologiche per produrre degli ibridi organico-biologici in grado di generare gli stati a carica separata che gli organismi fotosintetici naturalmente impiegano per far funzionare il proprio metabolismo. Con un occhio alle applicazioni tecnologiche, invece, questi stati a cariche separate possono essere impiegati per la conversione dell’energia, per compiere reazioni chimiche, come produrre idrogeno e ossigeno a partire dall’acqua, o per catalizzare altre reazioni chimiche, diverse da quelle metaboliche, per la sintesi di molecole ad elevato valore aggiunto.

Il team

In questo lavoro sono confluite le competenze della chimica-fisica e della chimica organica applicate ai sistemi biologici. Un traguardo così ambizioso è stato raggiunto dalla sinergia fra il gruppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche costituito dal dott. Omar Hassan Omar, dell’Istituto di Chimica dei Composti OrganoMetallici, e dai dott.ri Francesco Milano e Massimo Trotta, dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici e dei Prof.ri Angela Agostiano e Gianluca Farinola, dalle dott.sse Roberta Ragni e Alessandra Operamolla del Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari.

Infine un ruolo cruciale è stato svolto da Roberto Tangorra, che ha collaborato a questa ricerca nell’ambito del suo dottorato di ricerca in scienza dei materiali.

Bibliografia

– http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/anie.201203404/abstract

– http://www.chemistryviews.org/details/ezine/2784671/Hybrid_Lighting_Device.html

– http://www.crcpress.com/product/isbn/9781439899335

Fonte: http://www.lswn.it/chimica/articoli/da_un_nuovo_sistema_ibrido_la_fotosintesi_potenziata