Dal Vietnam all'Iraq

Il Giornale Online
L'agente Arancio usato in Indocina uccide ancora. Ma la guerra chimica non si ferma

scritto per noi da
Matteo Colombi

Recentemente la Abc ha rivisitato la questione dell’agente Orange e di altri defolianti e bombe incendiarie usati in Vietnam. Sul monumento ai caduti in Vietnam, Laos e Cambogia, con i suoi 58mila nomi iscritti nella pietra, è stata da poco aggiunta una piccola targa per commemorare le migliaia di soldati morti al rientro a causa delle complicazioni dovute ai vari agenti chimici utilizzati. Vi sono migliaia di veterani che ancora soffrono per l’esposizione a tali sostanze, dinanzi a un governo e a un Pentagono che hanno a lungo lottato per non riconoscere la Vietnam Syndrome, sebbene sia documentata. Una delle componenti chimiche per i defolianti usati dagli Usa in Indocina era la diossina che, nota la Abc, è cancerogena e provoca molteplici malattie e deformazioni fetali.

“I veterani del Vietnam continuano a morire per l'Agente Arancio”: spilla dell'associazione Veterani del Vietnam contro la guerraI diserbanti e le incendiarie furono usati per distruggere il fogliame che dava copertura al nemico e per food deprivation missions (ovvero per distruggere i campi e affamare la popolazione civile). Gli Usa, frustrati nella loro campagna contro i Vietcong, decisero di “asciugare lo stagno” in cui nuotavano, creando “villaggi” in cui concentrare la popolazione di zone contese; e poi designare quelle stesse zone free fire zones: ovvero zone in cui l’ordine era di sparare a vista e distruggere tutto ciò che si muovesse. Poiché la politica di deportare le popolazioni contadine non fu mai pienamente efficace, l’obiettivo principale era diventato quello di sterminare la popolazione per eliminare i combattenti e distruggere la capacità di autosussistenza dell’economia contadina.

La preoccupazione del programma televisivo era incentrata sulla lotta dei veterani contro il Pentagono nel ottenere assistenza medica ed economica, nonché verità; una lotta che ha avuto alcuni successi, ma continua a incontrare risposte evasive e minimizzazioni. Il programma non è entrato mai nel merito di quanti vietnamiti siano morti, di quanti abbiano continuato a morire per la terra avvelenata, di quanti bambini deformati, di quanti cancri in eccesso della norma sia costellata l’Indocina. Il problema non è tanto di rivangare il Vietnam, ma di collegare quella esperienza per capire che le stesse logiche continuano ad essere attive oggi in Iraq ed Afghanistan.

Da un lato l’abbandono degli stessi veterani e dei soldati, prelevati tra le classi inferiori e mandati con grandi paroloni a “difendere” la patria e “liberare” il mondo e poi lasciati a languire, emotivamente e biologicamente appestati, così privandoli di opportunità economiche al ritorno. Nessuno vuole nemmeno aprire a fondo il capitolo dei proiettili all’uranio impoverito. E’ ovvio che se parlo dei nostri veterani, delle bugie e negligenza che le forze armate occidentali hanno mostrato nei loro confronti è per mettere in risalto l’altro lato della medaglia: che le popolazioni civili soggette alle nostre guerre umanitarie sono soggette a ordigni non solo esplosivi, ma tossici e incendiari, e quindi inerentemente a guerra chimica.

A Falluja l’analogia con il Vietnam si ravvicina poiché la città, assaltata e ripersa più volte, fu nel novembre del 2004 dichiarata una free fire zone: alla stampa fu detto che tutti coloro che rimanevano in città erano considerati terroristi o loro amici. Fu tagliata l’acqua e la luce, l’ospedale fu occupato. Decine di migliaia di persone rimasero in città. Per stessa ammissione di fonti americane, al momento dell’accerchiamento tutti gli uomini dagli adolescenti in su furono respinti mentre cercavano di abbandonare la zona. Alla fine dell’operazione, il 60 per cento degli edifici di Falluja risultava distrutto, sempre secondo fonti Usa. Come abbiamo recentemente appreso, nell’operazione è stato utilizzato il fosforo bianco come arma incendiaria. Il Pentagono ha ancora una volta dissimulato e poi ha raccontato che, pur avendo usato il fosforo bianco, l’utilizzo di tale arma non è illegale (almeno per gli Stati Uniti).

Per una volta tanto New York Times ha avuto più coraggio del solito e, in un editoriale del 19 novembre, ha chiesto la messa al bando del fosforo bianco dall’arsenale americano in toto, commentando così lo scandalo sollevato da Rainews 24:

“…gli Stati Uniti hanno ristretto l’uso di incendiarie come il fosforo bianco dopo il Vietnam, e dal 1983 una convenzione internazionale ne vieta l’uso contro i civili. Infatti, uno dei molti crimini imputati a Saddam Hussein è quello di aver usato il fosforo bianco sui ribelli e i civili curdi nel 1991…Il Pentagono dice che il fosforo bianco non e’ stato mai puntato ai civili…Le forze armate non sono in grado di dire se queste testimonianze sono vere e non hanno alcuna intenzione di investigarle; una decisione difficile da comprendere…Dicono anche che l’uso del fosforo bianco contro obiettivi militari è legale.

Ciò è vero, ma la convenzione del 1983 vieta l’uso contro “civili o strutture civili”, il che renderebbe attacchi al fosforo bianco in zone urbane come Falluja come minimo fortemente improprio. Gli Stati Uniti hanno firmato tale convenzione, ma la porzione che riguarda l’uso di armi incendiarie e` in attesa di ratifica al Senato…Queste sono quisquiglie. L’Iraq, dove conquistare l’assenso dei civili è importante tanto quanto sconfiggere gli insorti, non è un posto dove usare tali armi…”

fonte: http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idpa=&idc=7&ida=&idt=3&idart=4251