Dio

Il Giornale OnlineMolte persone, prima o dopo, mi chiedono: “Tu credi in Dio?” Sebbene quasi tutti siano disinteressati a questioni teologiche e filiosofiche, questa è una domanda obbligata. Come si può rispondere ad un quesito del genere? Di solito rispondo, sostenendo che non si tratta di credere o di non credere, ma di tentare di stabilire se, la vita e l'universo, così come noi li sentiamo, li percepiamo e li interpretiamo, siano più o meno compatibili con l'esistenza di Dio. Aggiungo spesso provocatoriamente: “Ma Dio crede in te?”

La fede non può essere imposta a chicchessia e forse i credenti veri, anche se può apparire paradossale, sono gli atei: gli atei, infatti, non sono coloro che non credono in Dio, ma quelli che intendono scagionarlo. Se un uomo, dopo essere stato scorticato dal dolore fisico e psicologico, strangolato dall'angoscia, torturato dalla disperazione, mantiene la fede in Dio, è soltanto da ammirare, così come non mi sentirei di biasimare chi, invece, ha perso ogni speranza nel Signore. Quale Dio, però? Un Dio infinitamente buono e misericordioso può permettere questa superfetazione, sovrabbondanza, eccesso di Male in tutte le sue molteplici, mostruose, abominevoli forme? Conosco già l'obiezione. Il Male deriva dal libero arbitrio delle creature che, invece, di scegliere la Luce hanno scelto le Tenebre. Posso replicare, affermando che questa spiegazione non mi convince per nulla? Se Dio, per definizione onnisciente, sapeva che gli uomini ed altri esseri avrebbero diffuso, con le loro scelte immorali, la scelleratezza nell'universo, perché li ha creati? Perché non è intervenuto, prima che fosse troppo tardi, prima che la malvagità dilagasse nel cosmo, come un fiume in piena? Perché non agisce ora che il calice è colmo di veleno? Non è intervenuto e non agisce per rispettare il libero arbitrio: si può ribattere solo in questo modo, ricadendo nell’antinomia-petizione di principio iniziale.

Un'interpretazione del Male che, invece, pur non essendo per nulla soddisfacente, mi pare quasi passabile è quella riproposta dal misconosciuto filosofo contemporaneo Georg Stirner. Stirner, in un saggio di una profondità unica, congettura che il Male sia inerente alla Creazione stessa, considerata, sulla linea del pensiero gnostico, una lacerazione rispetto al nulla primordiale. Mi spiego con un esempio: Dio ha dato origine al Tutto spinto da un incoercibile impulso creativo, simile a quello di un artista che avverte l'esigenza travolgente di scolpire una statua, dipingere un quadro, scrivere un racconto… per riempire il vacuum spazio-temporale ed il vuoto della vita. E' un'esigenza più che comprensibile: non è forse sublime il gesto demiurgico con cui Michelangelo estrae dal marmo inerte una statua che assomiglia alla vita? E' questo il punto: Michelangelo, piccolo dio, scolpì il Mosè, ma, tra le sue varie opere, il patriarca biblico rivela imperfezioni e ripensamenti. Michelangelo e Dio si assomigliano: sono geni resi ancora più grandi dalle lievi, quasi impercettibili, incompiutezze delle loro esecuzioni. Smettiamo di pensare a Dio come all'essere perfettissimo: Dio ha creato l'universo, ma forse commettendo qualche errore. La realizzazione è stata quindi inferiore all'Idea, come spesso avviene anche ai sommi artisti che dichiarano di non essere riusciti a trasfondere del tutto l'Idea nella materia. Ora, Dio non è un artista concettuale, il quale si prefigge il più possibile di manifestare l'aspetto mentale dell'opera, rispetto a quello concreto. Egli è un artista che ama plasmare la materia, modellare le cose, adora vedere il risultato del suo progetto. Tuttavia l'opera scaturita dalla sua mente è inferiore al disegno iniziale, è imperfetta. Forse lo stesso Dio è leggermente imperfetto, ma un Dio imperfetto non è forse più simpatico, vicino agli esseri umani? Forse Dio chiede la collaborazione degli uomini, la loro azione etica per ricucire lo strappo iniziale, per rischiarare le Tenebre addensatesi ai confini del cosmo.

Allora Dio, da Assoluto inconoscibile e distante, diviene un Padre-Madre che condivide con i figli tutte quelle azioni che contribuiscono al bene della famiglia universale. Allora Dio non parla attraverso le formule matematiche che comunque solo in pochi sono in grado di capire, magnifiche formule forse inserite da qualche suo collaboratore in cui predomina l'emisfero sinistro; allora Dio non parla per mezzo testi “sacri” pregevoli, ma pieni di contraddizioni ed incongruenze dove, per esempio, non si è ancora capito se Elohim si debba tradurre con Lui-gli-dei, gli dei, gli “dei”, Dio. Dio, invece, parla con la bellezza eccelsa della natura e dei sentimenti veri, fa udire la sua voce nell'anima, come una nota armoniosa tra il frastuono dei pensieri associativi o nel silenzio della solitudine.

In Dio è più importante l'emisfero destro, quello dello slancio, dell'intuizione, delle emozioni, della creatività, una creatività in cui prevale l'ingenium sull'ars, l’ispirazione sulla tecnica: ecco allora la sua opera, meravigliosa, incantevole, ma con qualche mancanza, eppure meravigliosa proprio per le mende, che sottraggono il capolavoro all'algida, inespressiva perfezione peculiare di una statua neoclassica.

Probabilmente è per questo motivo che il Creatore, pur avendo notato che l'edificio del cosmo era attraversato da qualche fenditura, l'ha lasciato così com'è: avrebbe potuto distruggerlo e crearlo ex novo, ma allora gli esseri dell'universo non sarebbero stati chiamati per ritrovare la via che porta alla Luce, per risalire all'Idea, deposto per sempre l'involucro della materia che non esiste, come ci insegnano sia la fisica quantistica sia la Tradizione, se non come inafferrabile e mentale vibrazione dell'essere.

In un Dio così, paterno, materno, fraterno, amico, si può ancora credere, in un Dio i cui pensieri abissali ci sono del tutto ignoti, ma che, come Duchamp, trascorre molto del suo “tempo” a giocare una partita a scacchi con il Male, chiedendo ogni tanto che gli suggeriamo delle mosse.

Il giorno in cui ci accorgeremo (è questa solo una fioca speranza) che la tragica partita aveva come posta una felicità assoluta, non scalfibile, fuori della prigione dello spazio-tempo, tra l'armonia delle sfere, guarderemo al Male che ci ha avvelenato l'esistenza, che ci ha straziato il cuore, come ad un'orribile e lunghissima parentesi, ma pur sempre una parentesi.

di Zret