EFFETTO ARTICO, PRELUDIO AD UNA PICCOLA GLACIAZIONE?

Il Giornale Online

di Erik Quiroga

Traduzione di Gianpaolo Marcialis

Inviata da skorpion75

Effetto Artico (*) Piccola Glaciazione prima del 2020? fu pubblicato il 2 dicembre del 2002, dall’EcoPortal dell’Argentina e il 4 dicembre dall’Unità di Comunicazioni e Informazione Pubblica del Programma delle Nazioni Unite per l’Ecosistema in Messico.

Con quella pubblicazione, si portava a conoscenza l’ipotesi dell’Effetto Artico cioé la possibilità di una “Piccola Glaciazione prima dell’anno 2020, per la variazione del corso della Corrente del Golfo, provocata dal “Disgelo dell’Artico”, causato dall’attuale “Riscaldamento Globale Sostenuto” e dal suo devastante effetto sull'albedo [1] artico”.

Come elemento fondamentale, la citata ipotesi suggerisce che queste “Piccole Glaciazioni”, provocate dalla deviazione della “Corrente del Golfo”, hanno come elemento in comune “un riscaldamento globale sostenuto per 35-40 anni che rappresenta la condizione minima per il suo inizio”. Nell’anno 2011 e nel 2016 si compiranno rispettivamente i 35 e 40 anni dell’attuale riscaldamento globale.

Nelle conclusioni della citata ipotesi dicevo che l’Effetto Artico era già cominciato nell’anno 2002 e lanciavo l’allarme sui “Mutamenti Climatici” nell’arco di dieci anni (dal 2002 al 2012) come conseguenza dell’intensificarsi di questo fenomeno.

L’effetto devastante del riscaldamento sull'albedo artico.

La percentuale di energia solare riflessa dalla superficie del pianeta riceve il nome di Albedo, che fluttua tra un minimo sulle superfici scure e un massimo sulle superfici chiare. Più grande l’Albedo minore l’assorbimento di calore. I siti glaciali riflettono un 90% del calore, i ghiacciai marini un 40 % e le acque superficiali un 20%.

Nell’Artico, man mano che si prolunga il riscaldamento globale sostenuto, le estati gradualmente diventano più calde (in estate c’è il sole 24 ore al giorno, da metà maggio a fine luglio) il calore accumulato riduce i ghiacciai e fonde i ghiacci marini di maggiore consistenza (quelli perenni), al ritorno dell’inverno il ghiaccio che si forma è più fragile e si scioglie i primi giorni dell’estate successiva.

Il ghiaccio marino agisce sull’interscambio termico tra oceano e atmosfera, raffredda l’atmosfera provocando forti venti, conserva il calore dell’acqua sottostante il ghiaccio, che ne rende impossibile il congelamento, e permette una relativa stabilità del freddo artico in inverno e determina la circolazione termoalina [2].

La scomparsa della banchisa di ghiaccio per le alte temperature influenza l’interscambio termico, lasciando allo scoperto le acque superficiali, che assorbono l’80% del calore e si connettono direttamente con l’aria, determinando una grande evaporazione che accumula calore latente, subito liberato quando il vapore si condensa formando nuvole e precipitazioni e generando un effetto moltiplicatore della temperatura nella regione.

Gli oceani hanno 4,2 volte più capacità calorica dell’atmosfera e le loro densità è 1000 volte maggiore, sicché uno scambio di quantità di calore negli oceani avrà un equivalente fino a 30 volte maggiore che nell’atmosfera. In tal modo piccoli cambiamenti nel contenuto energetico degli oceani possono avere un effetto considerevole sul Clima e sulla Temperatura Globale.

Nelle superfici artiche continentali che comprendono la Groenlandia avviene un fenomeno simile, i ghiacciai, che riflettono un 90% di calore, ritirandosi lasciano esposto il suolo oscuro, che assorbe un 90% di calore. Aumentando la temperatura il calore scioglie il suolo permanentemente gelato (Permafrost) provocando l’emissione di gas ad effetto serra, accelerando ancor più il ciclo citato. L’aumento della temperatura superficiale sposta umidità e con ciò aumentano le precipitazioni e il disgelo. Secondo calcoli scientifici circa il 14% dell’anidride carbonica del pianeta si trova sotto queste terre gelate.

Secondo la NASA il Riscaldamento Globale interessa due volte di più le aree occidentali dell’Oceano Artico che le altre regioni del pianeta.

Il disequilibrio termico prodotto dal disgelo artico ipoteca lo spostamento dei Sistemi di Basse Pressioni (Depressioni) e di Alte Pressioni (Anticicloni), le Correnti a Getto [3] e accelera il Ciclo Idrologico (periodo di piogge e siccità) alterando il ciclo climatico delle Stagioni nel Nord Atlantico, che si rende più evidente nell’Europa Occidentale e nella Regione del Mediterraneo.

La citata alterazione si traduce in cicli di estati molto calde che tendono a prolungarsi fino all’autunno e inverni intensi che possono prolungarsi fino alla primavera. Man mano che si intensifica il disgelo gli inverni saranno da moderati a caldi all’inizio, e intensi e freddi all’avvicinarsi della primavera. E’ probabile che alterandosi la Corrente del Golfo si inverta la tendenza. L’accelerazione del ciclo idrologico prodotta dal disgelo artico implica impreviste e intense precipitazioni e siccità in primavera e in autunno.

Nel 1976 inizia il riscaldamento globale.

Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), nel secolo XX, la temperatura è aumentata di 0,6°C, non in forma continua dato che il maggiore aumento si è verificato a partire dal 1976 quando è aumentata ad un ritmo tre volte maggiore del previsto. In accordo a questo organismo internazionale il decennio 1998-2007 fu quello più caldo dal 1850, anno in cui si comincia a calcolare il punto medio globale di temperatura.

Sul tema, il Rapporto “Cambio Climatico 2007: l’evidenza scientifica”, elaborato da più di 800 autori e con 2500 revisori scientifici di 130 paesi, fatto conoscere nella Riunione Internazionale del Pannello Intergovernativo in ambito Climatico” (Parigi, 2-02-07), indica che esistono sufficienti evidenze scientifiche per stabilire una relazione tra le emissioni inquinanti dell’essere umano durante i trascorsi 250 anni e i drammatici cambiamenti nel clima della terra, che sono una minaccia per la civiltà e il futuro del nostro pianeta.

Nell’anno 2006 la presenza dell’anidride carbonica nell’atmosfera arrivò a 381 parti per milione, la maggiore concentrazione in più di un milione di anni (rapporto del Centro Nazionale Oceanico e Atmosferico statunitense – NOAA, in base alle analisi di campioni di aria presi in diversi punti del pianeta).

2007-2008 inizio del punto di non ritorno del disgelo artico?

“Dopo 32 anni di riscaldamento globale sostenuto l’Artico ha perso in ghiacciai perenni l’equivalente in superficie del Mar Mediterraneo: 2.500.000 km quadrati”.

D’accordo con Walt Meier, membro del Centro Nazionale di Dati sul Gelo e Neve dell’Università del Colorado a Boulder (Stati Uniti), i dati ottenuti col satellite ICESat della NASA, “l’Artico ha perso circa 2,5 milioni di Km quadrati di gelo perenne dovuto al ritiro, la metà (1.200.000 Kmq) tra febbraio 2007 e febbraio 2008”.

Secondo Carlos Duarte, ricercatore spagnolo dell’Istituto Mediterraneo di Studi Avanzati: “L’Oceano Artico potrebbe restare libero di ghiaccio nei mesi estivi a partire dal 2015 o 2020 a causa, tra gli altri motivi, dell’accelerazione del cambiamento climatico il che fa pensare a una riduzione di circa 80 anni delle previsioni iniziali della comunità scientifica. In soli tre anni i ricercatori sono passati a predire questa riduzione del ghiaccio dell’Artico dal 2100 al 2040 e ora già si parla del 2020 o 2015”.

(Scienziati dell’Università di Queen Ontario (Canada) hanno registrato temperature fino a 22 gradi centigradi nel mese di luglio durante una spedizione a Melville Island (Isola artica di 42.149 Km²). La temperatura media in quella zona, secondo il professore di questa università, Scott Lamoureux, è di 5 gradi centigradi. La spedizione canadese ha registrato temperature superficiali di 15 gradi in una decina di giorni del mese di luglio, qualcosa di poco abituale.

Ciò che si è detto prima è di estrema gravità, se consideriamo l’effetto devastante del riscaldamento globale sull’Albedo dell’Artico, vale a dire uno specchio di gelo della dimensione del Mediterraneo (2.500.000 K²) che rifletteva il 90% del calore si è sciolto e ora nell’estate attuale (Sole per 24 ore al giorno, da metà maggio alla fine di giugno) assorbe l’80% del calore.

Estati estreme: dilatazione termica dell’oceano Artico?

Aumentando la temperatura la massa d’acqua occupa qualcosa in più della propria dimensione. Liberando il ghiaccio in estate si produrrà una dilatazione termica dell’Oceano Artico? L’Oceano Artico perde acqua attraverso lo stretto di Fram (situato tra Groenlandia e Spitsbergen Noruega) e la recupera attraverso lo stretto di Bering. L’oceano Artico si espanderà fino allo stretto di Fram interessando la Corrente del Golfo?

La Corrente del Golfo.

La Corrente del Golfo nasce nel Mar dei Carabi, a causa della convergenza di altre tre correnti: quella della Florida, di Cuba e quella Equatoriale del Nord. Lasciata la Florida, la Corrente del Golfo acquista tra gli 80 e 150 km di larghezza e tra gli 800 e 1200 metri di profondità. La temperatura delle sue acque superficiali raggiunge i 30-35°, con una velocità di 1,2-2,7 m/s.

La corrente del Golfo segue la costa degli Stati Uniti verso nord, arrivando a sud di Labrador in Canada ove si unisce alla fredda Corrente del Labrador, perde velocità (8 km/giorno) e temperatura (25°), cambia direzione e scorre da nord a est. Questo fenomeno è conosciuto come Deriva Nord Atlantica. Quando arriva nei pressi dell’Europa, si divide in due tronconi: verso nord in direzione dell’Islanda e verso sud, verso le Isole Azzorre, in direzione delle Isole Canarie.

La Corrente del Golfo trasporta una grande massa di acqua calda dal Tropico che giungendo davanti all’Islanda si raffredda, aumenta la densità e si immerge (a più di 4000 metri) e forma una corrente termoalina di profondità a lento scorrimento (360 m/h). Il meccanismo prima citato, permette di moderare la temperatura dei gelidi venti artici del nord est facendo sì che in Europa Occidentale gli inverni siano più miti.

A Nord della Costa Est del Nordamerica sopra il 50° parallelo dove scorre la fredda e densa Corrente del Labrador, vi sono solo piccoli centri abitati. Montreal si trova tra la latitudine 44° e 45° e la sua temperatura media in inverno è di –10°C, ma può arrivare fino a 30°C. Come conseguenza dell’effetto termoregolatore della Corrente del Golfo, Londra è situata sul parallelo 50° e la sua temperatura media in inverno è moderata: da 5° a 6°C. Dal 1971 al 2000 la temperatura media in inverno per il Regno Unito è stata di 3,7 gradi.

L’aumento del flusso di acque dolci nell’Atlantico del Nord, prodotte dal disgelo dei ghiacciai artici e dall’aumento delle precipitazioni, possono influire sulla densità e la velocità della Corrente del Golfo, a tal punto che non potrà immergersi davanti all’Islanda cambiando il suo effetto termoregolatore sull’Europa, il che fa pensare che gli inverni a Montreal e Londra potranno registrare temperature simili.

Nell’est del Nordamerica il disgelo artico può modificare la densità della Corrente del Labrador, allargandola verso il nord-est e alterando la deriva della Corrente del Golfo, rendendo ancora più freddi gli inverni in questa regione nordamericana e facilitando lo spostamento dei gelidi venti artici verso il nord-est dell’Europa.

Ci sarà gelo nell’estate artica del 2012?

Attualmente restano solo 4,13 milioni di chilometri quadrati di gelo perenne nell’Artico. E’ il nuovo minimo storico della superficie del Polo Nord e si è registrato nel trascorso 15 settembre 2007, secondo l’ultimo rapporto del Centro Nazionale dei dati sul Gelo e la Neve dell’Università del Colorado di Boulder, Stati Uniti.

I prossimi quattro anni (2011-12) sono cruciali, saranno 35 anni di “Riscaldamento Globale Sostenuto”, il più lungo periodo caldo dal Medio Evo (dal 900 al 1100 DC) in cui si produsse un fenomeno simile, quello chiamato “Piccolo Ottimo Climatico” [ottimo climatico = periodo caldo] che ha portato a quella che si conosce come “Piccola Glaciazione”, che ci indica che i citati cicli di “Riscaldamento Globale Sostenuto” e “Piccole Glaciazioni” si sono avute periodicamente, ma la grande differenza attuale è che “l’Uomo ne è il protagonista, il suo modello di sviluppo ha accelerato il fenomeno”.

Man mano che si accorciano i termini del disgelo artico, si creano aspettative sulla creazione delle rotte dell’Atlantico verso il Pacifico e sulle convenienze nei costi. Si valuta la cooperazione tra i paesi (limitrofi con la regione artica) attraverso accordi internazionali, per lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di petrolio giacenti nelle profondità artiche (secondo le stime c’è il 25% delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale) e si rinnova la febbre dell’oro e diamanti nelle regioni continentali.

L’informazione scientifica sull’imminente sparizione dei ghiacciai marini nell’Artico sembrerebbe non avere assunto la dovuta importanza. In un lasso di tempo relativamente breve (con il disgelo attuale prima del 2015) si sta alterando l’equilibrio termico di migliaia di anni, un grande specchio di più di sei milioni di Km² di ghiacciai marini permanenti ubicato nell’Artico, che rifletteva il 90% del calore, si diluirà e assorbirà l’80% del calore, con il quale aumenteranno le precipitazioni e si accelererà il disgelo dei ghiacciai. L’Artico è il perno della circolazione degli oceani, che assicura la stabilità del clima globale. E’ assurdo avere la certezza che questo fenomeno non avrà alcuna conseguenza sulla deriva della Corrente del Golfo e non muterà il clima del pianeta.

In calendario non è previsto in futuro alcun tipo di cooperazione internazionale di fronte alla possibilità di un “cambio climatico repentino” che potrebbe colpire l’Europa, la Regione Mediterranea, il Canada, gli Stati Uniti e avere effetti collaterali nella Regione dei Carabi. Come si modificheranno i terreni, la produzione alimentare, l’acqua, l’energia (alternativa) che permetta di affrontare la situazione? Come si modificherà la prima vittima del fenomeno, “l’attuale modello di sviluppo”?

E’ possibile che le false aspettative di ricchezza immediata generate dal fenomeno si perderanno nelle brume artiche, in quanto “un cambio Climatico Repentino” potrebbe contrastare le loro aspettative.

E’ probabile che “l’Effetto Artico” (*) sia un meccanismo naturale che si attiva in sintonia con le evidenze fino ad ora conosciute: “Il riscaldamento globale sostenuto causa il disgelo artico, il quale altera la deriva della Corrente del Golfo, e crea le condizioni minime necessarie (periodi con inverni estremamente freddi) che portano a una “Piccola Glaciazione” la quale tende a restituire l’equilibrio termico dell’Artico.

Erik Quiroga è Ambientalista, Promotore della creazione del Giorno Internazionale della Preservazione della Cappa di Ozono, approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Risoluzione 49/114 del 23/01/95), promosso il 16 settembre.

Fonti : http://www.ecoportal.net/content/view/full/78857 – http://www.comedonchisciotte.org/site/index.php

(*) l’”Effetto Artico”: il disgelo dell’Artico, come conseguenza del Riscaldamento Globale, può alterare la Corrente del Golfo, modificando il clima dell’Europa Occidentale e della Regione Orientale del Nord America, il che vuol dire cicli di estati molto calde che tendono a espandersi fino all’autunno e inverni intensi che possono prolungarsi fino alla primavera, il che potrebbe creare condizioni Climatiche Artiche in regioni del Nord Europa e Nord America.
Note del traduttore:

[1] L'albedo (dal latino albēdo, “bianchezza”, da album, “bianco”) di una superficie è la frazione di luce o, più in generale, di radiazione incidente che viene riflessa indietro. … L'albedo massima è 1, quando tutta la luce incidente viene riflessa. L'albedo minima è 0, quando nessuna frazione della luce viene riflessa. In termini di luce visibile, il primo caso è quello di un oggetto perfettamente bianco, l'altro di un oggetto perfettamente nero. … L'albedo della neve fresca arriva fino a 0,9. .. La Terra ha un'albedo media di 0,37-0,39 .. (http://it.wikipedia.org/wiki/Albedo)

[2] Per circolazione termoalina si intende la circolazione globale oceanica causata dalla variazione di densità delle masse d'acqua. La densità è determinata dalla temperatura (termo-) e dalla salinità (-alina) delle acque. Alle alte latitudini (sud-ovest della Groenlandia e pressi dell'Islanda) l'acqua sprofonda, sia per la bassa temperatura, sia per l'elevata salinità causata dalla formazione della banchisa. Muovendosi verso l'equatore l'acqua di fondo diminuisce la sua densità interagendo con le altre acque e tende a risalire, in particolare a sud dell'oceano indiano. (http://it.wikipedia.org/wiki/Circolazione_termoalina)

[3] Una corrente a getto (in inglese jet stream) è un flusso d'aria di sezione relativamente piccola, che fluisce velocemente; si forma nell'atmosfera terrestre alla quota di circa 11 km dalla superficie, appena sotto la tropopausa, in genere ai confini tra masse d'aria adiacenti con significative differenze di temperatura, come quella della regione polare e dell'aria più calda a sud. Le principali correnti a getto sono venti zonali che fluiscono da ovest verso est sia nell'emisfero boreale che australe; questo è dovuto alla forza di Coriolis causata dalla rotazione della Terra. I percorsi dei flussi d'aria mostrano delle tipiche forme a meandro, e queste forme stesse si propagano verso est, a velocità minore dell'effettivo vento al loro interno. (http://it.wikipedia.org/wiki/Corrente_a_getto)