Evoluzionismo e Creazionismo

Il Giornale Online
di Ludovico Polastri

L'uomo è un prodotto, un risultato di uno sviluppo iniziato all'origine dell'universo ed è un anello che si connette con lo sviluppo del futuro. Il sentire la storia di tutta la nostra animalità e umanità che scorre in quest'isola, in questo scoglio, chiamato terra, vagante negli spazi dell'universo, è sentire lo svolgersi della vita, amare il mondo e l'universo al di là del fenomeno, è, come si esprimeva C.G. Jung ” sentire Dio che cerca la sua meta.” Le teorie scientifiche, seppur elaborate e complesse mai potranno svelarci definitivamente lo scorrere infinito dell'evolversi degli universi che ci hanno preceduto, l'alfa e l'omega della conoscenza.

Possiamo solo dedurre, supporre, che nubi gassose condensatesi in gruppi di stelle, con procedimenti che gli astrofisici sembrano aver scoperto, abbiano portato alla solidificazione della crosta terrestre, circa quattro miliardi di anni fa, e da lì sia emersa la sola materia inorganica, che sappiamo essere una concentrazione di energia. Da questa materia inorganica è emersa la vita, agglomerato di sostanze organiche tra loro compatibili. Swami Vivekananda ci ricorda che ” non c'è una reale differenza tra un qualunque oggetto e me, un oggetto è un punto nella massa della materia, ed io ne sono un altro. Ogni forma rappresenta un vortice nell'oceano infinito della materia e tutte le forme sono in costante mutazione ed evoluzione. Come nel flusso di un torrente impetuoso possono esserci milioni di vortici, in ognuno dei quali l'acqua si rinnova continuamente, roteando per pochi secondi e procedendo oltre, sostituita da altra massa di nuova acqua, così l'intero universo è una massa di materia in continuo mutamento, in cui tutte le forme dell'esistenza possono essere paragonate ad altrettanti vortici”. Possiamo affermare che noi stessi siamo un vortice di materia, il nostro corpo è materia solidificata che, passato un certo periodo di tempo, la nostra vita, si scioglierà per passare ad un altro vortice. Tutto è in continuo mutamento e di conseguenza in evoluzione.

Scientificamente non vi è nessuna ragione per affermare che la sostanza vivente segua leggi diverse dalla sostanza cosiddetta non vivente. Studiosi antropologi affermano che il bisogno di sale nell'essere umano è un retaggio ancestrale di quando egli popolava i fondali marini dai quali poi sarebbe emerso. Lo scrittore spagnolo Salvador De Madariaga ci dice che ” l'uomo è un albero che ha ficcato la sua terra in un sacco e si è messo in marcia” ed ancora ” l'uomo è una sintesi tra l'albero e la mucca: lo spirito dell'albero nel corpo della mucca”.

L'essere umano è un compendio di qualità e difetti animaleschi: l'innocenza dell'agnello, la crudeltà dei rapaci, l'astuzia della volpe. Ogni giorno abbiamo sotto i nostri occhi esempi di grandezza e di miseria dell'uomo, retaggio della caratteristiche evolutive che lo compongono. Nulla di ciò è tuttavia in contrasto con la possibilità e probabilità che questi accadimenti avvengano. Nel nostro incessante processo evolutivo, tutt'ora non concluso ed iniziato con la storia dell'universo, tendiamo a dimenticare queste radici ed a ricercare soluzioni nel mondo che viviamo, nelle sue regole umane, pensando spesso che siano espressioni di una giustizia divina. E qui cadiamo in confusione quando reclamiamo un intervento sovrannaturale o delle spiegazioni a comportamenti bestiali. Non ci sono spiegazioni perché questi eventi si spiegano all'interno di un processo evolutivo ancora in atto e che non si compierà mai definitivamente. Dunque se nell'ambito della stessa legge evolutiva naturale troviamo la risposta agli interrogativi che ci poniamo, appare superfluo accettare un probabile fatto esterno di un intervento creativo, secondo la cosmologia del “Paradiso perduto” di Milton, o la normale interpretazione del Pentateuco, soprattutto se questo non trova conforto di traccia alcuna nella realtà viva che esperimentiamo.

Quello che oggi viviamo e vediamo, con buona pace dei creazionisti, è un prodotto che deve necessariamente avere le tracce di ciò che lo precedette, così come oggi è il presupposto per il domani. E' la stessa precisa legge o volontà realizzatrice che organizza la materia e costruisce. Non sono solo particelle che si connettono autonomamente, ma le stesse particelle, nel loro lavoro perseguono uno scopo che è intenzionalmente voluto, quasi fosse visto e fortemente voluto. L'idea si attua nei suoi particolari sempre più interessanti man mano che l'evoluzione opera, ed è inesorabilmente voluta fino al punto di ricostruire una parte se recisa, eliminarla se malata, risanare le rotture o le lesioni, combattere gli organismi estranei espellendoli. Gli scienziati parlano anche di “neghentropia”, facoltà che gli esseri viventi hanno di opporsi alla dissoluzione che la nostra esistenza necessariamente porta con sé.

Il passaggio dunque dall'inorganico all'organico avviene perché è la stessa “vis vitalis” ad esigere lo sviluppo di complessi proteici più complessi, componenti che stanno alla base della vita più evoluta. E' una forza interiore che chiamiamo comunemente “spirito”, energia che lotta per realizzarsi e determinare questo passaggio come un'idea costruttiva interiore che si acquieta solo a lavoro ultimato e che poi demolisce e ricostruisce in un lavoro incessante. Per completare questo ragionamento è ormai assodato che gli scienziati, per ipotizzare presenza di vita su altri pianeti, ricerchino componenti primari che hanno potuto, eventualmente, renderla possibile. Nel 1953 Stanley Miller introdusse in un ambiente chimicamente sterilizzato acqua, metano e ammoniaca; installò un generatore di piccole scariche elettriche, scaldò l'acqua ed attese. Dopo molte ore iniziò a notare la comparsa di alcune sostanze inorganiche: monossido e biossido di carbonio e azoto. Le sostanze residue contenevano tuttavia anche sostanze organiche, tra le quali amminoacidi, che sono la base delle proteine, furono inoltre individuati acidi organici noti come prodotti del metabolismo. La vita apparve dunque come successivo e necessario sviluppo dell'evoluzione. Non è stato necessario l'intervento di alcun dio. Certo è invece che la vita scaturisce dalla materia, in un “processo di maturazione”: la materia stessa è vita, anche se poco maturata, e i vari tipi di materia si distinguono tra loro per una maggiore o minore evoluzione.

Possiamo dunque concludere queste note osservando che l'animale è vivo, conosce e sa, non vi è dubbio, pur non conoscendo e sapendo come l'uomo. Il vegetale è vivo, conosce e sa, pur non conoscendo e sapendo alla stessa maniera dell'animale, essendo diverso lo psichismo tra loro, e diverso addirittura negli stessi animali per una gradazione che va dall'ape al mulo, dalla farfalla all'uomo. In definitiva vi è una interiorità che diviene sempre meno percepibile man mano che si percorre a ritroso la via evolutiva fino a smarrirsi nell'inconscio della materia. La realtà che ci appare è scaglionata nell'arco dinamico del suo sviluppo: prima come spirito dalla coscienza non emersa che chiamiamo materia; poi come coscienza poco emersa che chiamiamo vita; infine come spirito cosciente, ove noi ora siamo, il tutto come sfere concentriche che, nella sua circonferenza più esterna rappresenta l'evoluzione del nostro mondo fenomenico. Non ha più senso a questo punto parlare del dualismo materia-spirito, materia-anima. Dove c'è uno c'è l'altro.

La nostra vita serve all'evoluzione, siamo asserviti all'evoluzione ed ogni nostro passaggio su questa terra e nell'universo è in funzione di questa prosecuzione. Semmai la vera domanda che ci dovremmo porre non è quella dell'esistenza o meno di un dio, dell'esistenza o meno di un aldilà, di un paradiso o altre assurde convinzioni, piuttosto dovremmo chiederci: qual è il fine che si pone la natura con questo lavoro incessante, essa che non fa mai sforzi inutili? E' un lavoro che, per quanto riguarda l'uomo può considerarsi terminato o che invece è in via di compimento? Ed in definitiva, ne è valsa la pena? Speriamo che un giorno qualcuno risponda a queste domande. Nel frattempo forse qualcosa di più possiamo cercare di dire, inoltrandoci su un crinale tanto irto quanto affascinante. La nostra storia, il nostro esistere ha forse un significato in quanto in noi si salda il passato e nel contempo vive in noi il destino ultimo, escatologico.

La coscienza dell'unità più vasta, il renderci conto di appartenere a questo Tutto dà il senso che non si vive invano, che non si svanisce nell'ombra, che non si è in balia della storia ove l'esistenza disperata vi muore. Bisogna essere in grado di proiettarsi nel passato e nel futuro contemporaneamente, vivere quell'istante illuminante di contemporaneità affinché non siamo travolti dal tempo che scorre, fermandoci solo nell'incompletezza e nell'immaturità. Il vero segreto, dunque, “della giovinezza eterna” , è intuire l'eterno presente, il punto temporale che unifica tutti tempi.

Fonte: http://www.padovanews.it/content/view/54301/88889088/