FATTI INCREDIBILI MA VERI – di Charles Berlitz

Il Giornale OnlineTornò dall’aldilà per riprendersi il cane

Joe Benson, di Wendover, nell'Utah, era il capo spirituale degli indiani Goshute. Era sempre accompagnato da un superbo pastore tedesco che chiamava Sky. Quando Benson diventò vecchio e semicieco, Sky gli fece da guida e lo difese dai pericoli.

Ma la salute di Benson continuò a peggiorare, e un giorno, verso il finire del 1962, egli annunciò a sua moglie Mable che sentiva che, di lì a poco, sarebbe morto. Mable avvertì i parenti e poco dopo essi furono al suo capezzale. Ma, avendo ormai abbandonato le tradizioni indiane, insistettero perché egli venisse portato all'ospedale nella vicina Owyhee, nel Nevada.

Ignorarono le sue proteste e il sordo ringhiare di Sky e lo fecero ricoverare. Benson rimase all'ospedale solo per breve tempo. Quando i medici videro che non c'era più niente da fare, lo rimandarono a casa dove, poco dopo, nel gennaio del 1963, morì.

Dopo le cerimonie funebri parecchi degli intervenuti chiesero di poter avere Sky. La signora Benson, vedendo che il cane sembrava ancora più prostrato di lei dal dolore, sentì che non sarebbe stato giusto cederlo, e così lo tenne con sé. Dieci giorni dopo, nel guardare dalla finestra, vide che qualcuno stava dirigendosi verso la casa. Allora accese la stufa e preparò del caffè. Quando alzò gli occhi, comparve sull'uscio un uomo che essa riconobbe subito: era il suo defunto marito.

Fedele alle tradizioni del suo popolo, la donna gli disse gentilmente che era morto e che non aveva niente da fare in questo mondo. Joe Benson annuì e si limitò a dire: “Me ne vado subito. Sono tornato a prendere il mio cane”. Fece un fischio e Sky, scodinzolando gioioso arrivò di corsa nella cucina. “Voglio il mio guinzaglio” disse Benson. Sua moglie lo staccò da un gancio appeso alla parete e glielo porse, badando bene a non toccare il fantasma. Egli allacciò il guinzaglio al collare di Sky e uscì dalla cucina, scese le scale e si avviò per il sentiero che circondava la collina. Dopo qualche minuto di esitazione, la signora Benson corse dall'altra parte della collina. Di Joe e Sky non c'era neanche l'ombra.

Arvilla Benson Urban, la figlia di Joe e Mable, che abitava alla porta accanto, fu testimone della strana visita e lo confermò in una dichiarazione scritta e giurata in questi termini: “Ho visto mio padre entrare nella casa e non più di pochi minuti dopo l'ho visto andarsene col nostro cane al guinzaglio. Ho visto mia madre andargli dietro e, d'impulso, l'ho seguita. Quando sono arrivata sulla cima della collina, mio padre e il suo cane non c’erano più”. Nei giorni che seguirono i giovani della famiglia cercarono il cane, ma senza risultato. Era come se Sky fosse svanito, col suo amato padrone, in un altro mondo.

“Interrompiamo il programma per una speciale premonizione …”

Le catastrofi sono a volte precedute da visioni, sogni o incubi, che predicono l'evento. La maggior parte di queste premonizioni giunge durante il sonno, ma l'incredibile visione della signora Lesley Brennan comparve, in Inghilterra, sullo schermo del suo televisore. La mattina del primo di giugno 1974 il film che stava vedendo fu interrotto da una notizia flash del telegiornale: un'esplosione aveva sventrato il vicino stabilimento di FIíxborough della Nypro, un'industria chimica che produceva materiali impiegati nella fabbricazione del nylon, e parecchie persone erano rimaste uccise. Quel giorno, verso le dodici, due sue amiche andarono a trovarla, ed essa chiese loro se avessero saputo della disgrazia.

Esse risposero di no. E nessun altro ne aveva avuto notizia, perché in realtà la conflagrazione avvenne solo alle 16.53. I morti furono ventotto, e molti i feriti. Quando alle tre donne giunse la notizia dell'esplosione, in un primo tempo pensarono che gli annunciatori riferissero in modo impreciso l'ora in cui accadde il disastro. Ma un controllo del giornale del giorno dopo chiarì quand'era avvenuta realmente l'esplosione. La signora Brennan non fu in grado di fornire una spiegazione. Forse si era addormentata e aveva sognato la notizia flash data dalla televisione. Qualsiasi cosa sia successa aveva riferito la storia del fatto alle sue due amiche cinque ore prima che accadesse realmente.

La signora in azzurro

Gli annali dei miracoli riconosciuti dalla Chiesa abbondano di rapporti storici documentati che sono di particolare interesse per gli studiosi di parapsicologia. Tuttavia, poche carriere spirituali possono competere, con quella dell'umile Signora in Azzurro, Suor Maria Coronel de Agreda. A quanto lei stessa sosteneva, Suor Maria aveva il dono della bilocazione, ossia compariva in due posti diversi nello stesso tempo, e questo avvenne in circa cinquecento occasioni fra il 1620 e il 1630. Nata in Spagna nel 1602 in una famiglia religiosa della borghesia, Suor Maria ebbe fin da bambina intense visioni. Da ragazza cadeva facilmente in trance estatiche.

Entrò in giovane età nel convento francescano dell'Immacolata Concezione di Agreda. Qui scelse e s'impose un regime che comprendeva lunghi periodi di digiuno, privazione del sonno e autoflagellazioni. Fra i miracoli che le furono attribuiti in questa fase della sua vita ci fu l'inquietante capacità di rispondere ai pensieri inespressi di altre persone e di far levitare il suo fragile corpo al di sopra del pavimento del convento. Ma Suor Maria era nota soprattutto per la sua stupefacente facoltà di bilocazione.

Le sue proiezioni astrali, a quanto si racconta, la sbalzavano attraverso l'Oceano Atlantico fino alle zone desertiche del Texas occidentale del diciassettesimo secolo, dove provvedeva alle necessità fisiche e spirituali di pellirosse seminudi. Di tutte le tribù indiane che popolavano il sud ovest americano prima della venuta dei Conquistadores, la meno nota è quella dei poveri Jumanos, che erano stanziati lungo il Rio Grande nei dintorni dell'odierna Presidio, nel Texas. Agli inizi della migrazione spagnola dal Messico i Jumanos furono contattati da Padre Alonzo de Benavides, un francescano.

Con sua grande sorpresa, egli trovò questi indiani, in prevalenza cacciatori e raccoglitori, già convertiti al cristianesimo. Cosa ancora più stupefacente, essi sostenevano che a indirizzarli a quell'incontro era stata una misteriosa “donna in azzurro” la stessa anima gentile che aveva dato loro i rosari, aveva curato le ferite e fatto conoscere il messaggio di Gesù Cristo. Sbalordito quanto turbato, Padre Benavides chiese immediatamente per via epistolare sia a papa Urbano VIII sia a re Filippo IV di Spagna chi l'avesse preceduto nel suo ministero. Non ricevette risposta fino al 1630, al suo rientro in Spagna, dove venne a conoscenza dei miracoli di Suor Maria; andò a trovarla in convento e vide che l'abito del suo ordine era di colore azzurro.[/SIZE]Il fantasma che lanciava pietre

Un incubo iniziò per i coniugi Berkbigler e i loro cinque figlioletti ai primi di settembre del 1983. Avevano appena traslocato nella loro nuova casa, grande, ma vuota e solo parzialmente ultimata, quando grosse pietre cominciarono a colpire l'edificio ogni notte. Le pietre sembravano provenire dal nulla, e neppure la polizia poté trovare il responsabile del fatto. In breve, i Berkbigler erano vittime di un poltergeist scagliatore di pietre, un tipo particolarmente molesto di spettro che ama bersagliare di sassi le case. Ogni volta che la famiglia usciva per cercar di sorprendere il persecutore, non trovava nessuno.

Gli attacchi cominciavano di solito fra le 17.30 e le 19.00, quando i Berkbigler rincasavano chi dal lavoro chi dalla scuola. I sassi arrivavano a brevi raffiche e poi smettevano, per poi ricominciare. A volte i Berkbigler sentivano anche dei battiti misteriosi alle porte e alle finestre. All'inizio pensarono che potesse trattarsi dei dispetti di qualche vagabondo, ma la signora Berkbigler aveva anche un altro sospetto. “Potrebbe anche essere colpa di uno spirito” disse alla fine ai giornalisti dell’Arizona Daily Star. “Forse abbiamo costruito la nostra casa su un terreno di sepoltura sacro o qualcosa del genere.”

Ben presto la stampa locale etichettò il problema dei Berkbigler come quello del “fantasma scagliatore di pietre”. Nelle settimane seguenti lo sceriffo locale ispezionò la casa e chiese l'intervento e la sorveglianza di un elicottero per risolvere il mistero. Gli inquirenti finirono per essere presi a loro volta a sassate, anche in pieno giorno, e diventarono riluttanti a visitare la proprietà.

L'episodio più spaventoso si verificò il 4 dicembre, una domenica. Le pietre si erano fatte sentire in modo sporadico, per tutto il giorno, e due giornalisti dello Star visitarono la casa per intervistare i membri della famiglia. Alle 18.10, delle pietre furono scagliate contro la porta di servizio della casa con tale accanimento che i giornalisti non poterono uscire. L'assedio durò due ore finché alla fine i Berkbigler telefonarono alla polizia, con la cui scorta i giornalisti poterono lasciare lo stabile.

La cosa più strana era che, per colpire la porta di servizio, i sassi dovevano attraversare il garage aperto della casa. Considerato che quella sera vi era parcheggiato un furgone, le pietre non potevano che essere scagliate con incredibile precisione attraverso un angusto spazio di sessanta centimetri compreso fra il soffitto del garage e il tetto del furgone. Eppure il fantasma aveva eseguito con molta disinvoltura quei precisissimi lanci.

Il fenomeno raggiunse l'acme il 6 e il 7 dicembre, quando una quantità di persone cominciarono a presentarsi alla casa per aiutare la famiglia a sorprendere l'autore di queste mascalzonate. Malgrado il continuo pattugliamento della proprietà, le pietre volarono come sempre, colpendo le persone con sbalorditiva precisione in quel deserto nero come la pece. I vigilantes improvvisati riuscirono a cacciare un intruso dalla proprietà che risultò appartenere all'ufficio dello sceriffo!

Poi, semplicemente, le sassaiole cessarono del tutto. Gli assedi giornalieri terminarono dopo la seconda notte di ricerca, e il caso del misterioso lanciatore di pietre di Tucson fu lasciato insoluto. E tale è rimasto fino a oggi.

Un sogno profetico

Uno dei peggiori disastri della storia dell'aviazione colpì l'aeroporto O'Hare di Chicago il 25 maggio 1979. In quel giorno tremendo, un DC-10 della American Airlines al momento del decollo si schiantò, provocando la morte di tutti i suoi occupanti, equipaggio e passeggeri. La catastrofe turbò l'intero paese, ma per un uomo d'affari di mezza età di Cincinnati, nell'Ohio, non fu una sorpresa. A cominciare dal 16 maggio, Dave Booth, che lavorava per un'agenzia di autonoleggio, sognava ogni notte un catastrofico incidente aereo.

“Il sogno cominciava”, egli scrisse in seguito, “con me che guardavo un campo dall'angolo di un edificio a un solo piano. Il fabbricato era fatto di mattoni gialli e aveva un tetto di ghiaia. Sulle finestre che davano sul campo sembrava che fossero appiccicati dei ritagli di carta. Ho avuto l'impressione che si trattasse di una scuola, ma anche qualcosa di simile a uno stabilimento. Dietro, c'era un parcheggio dal fondo ghiaioso con un vialetto che girava intorno all'edificio per poi congiungersi con la via maestra alle mie spalle. Dunque, spingo lo sguardo sul campo e vedo una fila di alberi disposta da nord ovest a sud est.

Tutti gli alberi e l'erba sono verdi. È pomeriggio perché il sole è a occidente e volge al tramonto. Guardando al di sopra della fila di alberi, in direzione nord est, vedo un grande aeroplano in volo. La prima impressione che ne ho è che, per essere così vicino, l'aereo dovrebbe fare molto più rumore di quanto non ne stia facendo. Capisco che dev'esserci qualcosa che non va nel motore. Poi comincia a inclinarsi in virata verso destra, diretto verso est,. l'ala sinistra si solleva in aria, molto lentamente, infine l'aereo si capovolge e si schianta al suolo. Mentre lo vedo cozzare, e come se fossi esattamente sopra, non di lato o dietro.

Al momento dell’impatto, avviene una spaventosa esplosione. Non trovo parole per descrivere lo scoppio… terrificante, ecco… Il boato si spegne e io mi sveglio. L'aereo che vedevo era un trireattore dell'American Airlines …” Il disastro avvenne nove giorni dopo l'inizio dei sogni di Booth, quando un DC-10 dell'American Airlines precipitò dopo il decollo alle 15.03 a Chicago.

Uno dei motori era andato in avaria subito dopo il decollo e il jet aveva perso quota ed era andato a schiantarsi in un aeroporto abbandonato adiacente all'O'Hare. I testimoni descrissero l'irreale silenziosità dell'aereo, come se anche gli altri due motori avessero cessato di funzionare. Inoltre l'aereo ruotò perpendicolarmente al suolo che urtò con la sua ala sinistra. Poi smantellò un hangar ed esplose, sprigionando fiamme alte un centinaio di metri.

L’attendibilità della premonizione del signor Booth non si affida unicamente alla sua credibilità. Quando i sogni cominciarono a diventare ricorrenti egli ne rimase così turbato che si mise in contatto sia con l'American Airlines, sia con la direzione del traffico aereo di Cincinnati. Non diedero molto rilievo alla sua telefonata, e così Booth telefonò alla Direzione federale del traffico aereo, i cui funzionari presero dettagliatamente nota della sua descrizione. I loro appunti particolareggiati furono trasmessi all'Istituto di Parapsicologia di Durham, nella Carolina del Nord, dove dei ricercatori indagarono sul caso. Gli inquietanti sogni di Booth terminarono il giorno del disastro.

Sugar, il gatto che voleva tornare a casa

La scienza è lontana dall'essere sicura di comprendere esattamente come facciano gli animali a “tornare a casa”. Una possibilità e che si spostino orientandosi in base alla posizione del sole; un'altra possibilità è che viaggino guidati da campi magnetici. Ma che cosa dire degli animali che trovano la strada per tornare dai loro padroni in un territorio a loro sconosciuto? Il caso di un gatto che tornò a casa, rappresenta uno di questi misteri.

Sugar, un gatto persiano color crema, era l'orgoglio e la gioia dei coniugi Woods, di Anderson, in California. Nel 1951 essi decisero di trasferirsi in un altro stato, ma, poiché Sugar aveva il terrore dei viaggi in macchina, preferirono, sia pure a malincuore, lasciarlo a dei vicini. Il viaggio fino alla loro nuova residenza, una fattoria dell'Oklahoma, sarebbe stato abbastanza faticoso anche senza la presenza di un gatto nevrotico.

I signori Woods arrivarono nella città di Gage e probabilmente non ebbero più modo di pensare a Sugar mentre mettevano a posto la loro nuova casa. Ma un giorno, quattordici mesi dopo, la signora Woods si trovava vicino alla stalla quando un gatto saltò attraverso la finestra, balzandole su una spalla. Essa naturalmente trasalì e fece per scacciare l'animale, ma, guardandolo meglio, vide che assomigliava stranamente a Sugar. Lei e suo marito adottarono il felino e spesso accennarono a quella somiglianza.

Nonostante la coincidenza, nessuno dei due credeva davvero che il gatto fosse proprio Sugar. Parecchi giorni dopo, però, il signor Woods stava accarezzando la bestiola quando noto una deformità all'osso della sua anca: era lo stesso difetto di cui soffriva Sugar. Quando alla fine si misero in contatto con i loro precedenti vicini della California, appresero che Sugar era scomparso poche settimane dopo la loro partenza. I vicini non avevano comunicato ai Woods la scomparsa per non preoccuparli.

Il fantasma azzurro

Oggi il dottor Julian Burton fa lo psicoterapeuta a Los Angeles aiutando le persone a risolvere i loro problemi. La sua tesi di laurea, però, aveva più a che fare col soprannaturale che con la patologia, dato che trattava l'argomento dei contatti spontanei coi defunti. Burton interpellò, nel corso della sua ricerca, centinaia di persone, e apprese che comunicare con amici e parenti trapassati non è affatto insolito. Questo non fu per lui una sorpresa, dato che l'idea del suo progetto di tesi era motivata da sue esperienze precedenti.

La madre di Burton era morta nel 1973 all'età di sessantasette anni in seguito a un attacco di cuore. La sua morte fu un grave colpo per lui, ma egli si sentì meglio quando, a settembre di quello stesso anno, fu certo che il legame fra di loro sarebbe continuato a lungo.

“Una sera, quel settembre”, racconta Burton, “io e mia moglie ricevemmo la visita di parenti. Io ero in cucina e mentre tagliavo un ananas ho udito alle mie spalle dei passi che ho scambiato per quelli di mia moglie. Mi sono voltato per chiederle dove fosse una stoviglia, ma mi sono reso conto che si era spostata fuori dal mio campo visivo. Mi sono voltato dall'altra parte e ho visto mia madre, in piedi. Era chiaramente visibile, e sembrava più giovane di quando morì. Indossava un diafano abito azzurro ornato di trine che non le avevo mai visto prima di allora.”

La figura si dissolse mentre Burton la fissava, e la mattina dopo egli raccontò per telefono l'esperienza a sua sorella. “È rimasta sconvolta” continua lo psichiatra “e si è messa a piangere, chiedendo perché nostra madre non fosse andata da lei. Le sue parole mi hanno rattristato, e le ho chiesto se credeva in quello che le avevo detto.”

Si scoprì che, due settimane prima del decesso, erano andate madre e figlia a fare compere e l'anziana signora era stata attratta proprio da quell'abito azzurro chiaro. Avrebbe voluto comprarlo, ma non lo fece perché il prezzo di duecento dollari le parve eccessivo. L'esperienza esercitò una profonda impressione su Burton, che, all'età di quarantadue anni, decise di tornare all’università e laurearsi. “Ho pensato” disse “che probabilmente molte altre persone avevano un'esperienza analoga da raccontare.”

Il potere della preghiera

Molti pensano che la scienza sia nemica della religione, ma a volte gli strumenti della ricerca sperimentale hanno documentato il potere della fede. Un progetto basato su ciò è stato di recente intrapreso dal dottor Randy Byrd, cardiologo e devoto cristiano. Byrd era talmente affascinato dalla possibilità dell'efficacia terapeutica della preghiera che decise di condurre un esperimento per metterla al vaglio.

Dato che allora lavorava all'ospedale civile di San Francisco, aveva indubbiamente una gran quantità di pazienti fra cui scegliere. Cominciò programmando un computer affinché scegliesse 192 pazienti affetti da disturbi cardiaci mentre altri 201 pazienti dello stesso tipo furono scelti per fungere da gruppo di controllo. Byrd voleva vedere se i pazienti per la cui guarigione si pregava si sarebbero rimessi meglio dall'operazione al cuore dei pazienti di controllo.

Non si unì personalmente alla preghiera, ma chiese a persone selezionate e a gruppi di preghiera di tutto il paese di partecipare allo studio. Ai partecipanti, che appartenevano a diverse confessioni religiose, furono forniti i nomi dei pazienti, ma essi non li incontrarono mai né si misero mai in contatto con loro e nessuno dei pazienti sapeva che era in corso l'indagine.

L'esperimento richiese un anno e diede ragione all'idea che la preghiera sia efficace. Byrd comunicò gli stupefacenti risultati del suo studio durante il congresso del 1985 dell'Associazíone Americana dei Radiologi, che si tenne a Miami. Statisticamente, egli annunciò, i soggetti per cui si era pregato richiesero un minor trattamento postoperatorio a base di antibiotici e svilupparono meno edemi polmonari (formazioni di liquido nelle pieghe dei polmoni). Egli trovò anche che un numero minore dei pazienti per cui si era pregato morirono durante lo studio, anche se questa tendenza non fu statisticamente significativa.

Anche la reazione di altri medici a questo studio fu a dir poco sorprendente. Molti ne furono entusiasti. Probabilmente la reazione più stupefacente venne dal dottor William Nolan, l'autore di Come sono diventato chirurgo, dichiaratamente scettico e contrario alla medicina non ortodossa… e in particolare alla religione come terapia. Anche lui rimase colpito dallo studio di Byrd. “Funziona, funziona”, disse del potere della preghiera, quando il Medical Tribune gli chiese un commento sullo studio di Byrd.

Una telefonata dall'altro mondo

Karl Uphoff, un tempo musicista di rock, oggi crede nella vita dopo la morte. Questo a motivo di una telefonata ricevuta nel 1969 dalla sua defunta nonna. Karl aveva diciotto anni quando morì la sua nonna materna. Fra di loro c'era stato un particolare legame, e quando la vecchia signora era diventata sorda, nei suoi ultimi anni di vita, spesso chiedeva l'assistenza di Karl. Dato che il giovane non era sempre in casa, l'anziana donna aveva l'abitudine di telefonare ai suoi amici perché lo cercassero.

E dal momento che non poteva neppure sentire se qualcuno sollevava il ricevitore, si limitava a comporre un numero, aspettare qualche istante e poi dire: “Karl è lì? Può dirgli di venire a casa?”. Ripeteva il messaggio qualche volta e poi metteva fine alla telefonata passando al numero successivo del suo elenco. Queste telefonate però erano cessate due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1969, quando la sorella di Karl cominciò a prendersi cura di lei.

Due giorni dopo la morte della donna, Karl decise di fare una visita inattesa a Sam D'Alessio e a sua moglie nella loro casa di Montclair, nel New Jersey. Essi avevano un figlio, Peter, che era amico suo. Peter e Karl stavano discorrendo nel seminterrato quando di sopra il telefono squillò. I due ragazzi poterono udire la signora D'Alessio che parlava in tono impaziente con chi aveva chiamato e cominciava a diventare piuttosto irritata. Karl rimase sorpreso quando essa scese a chiamarlo.

“C'è un'anziana signora al telefono,” essa gridò “dice che è tua nonna e che ha bisogno del tuo aiuto. Non fa che ripeterlo.” Karl infilò di corsa le scale e afferrò il ricevitore, ma ormai non c’era più nessuno in linea. Quella sera, però, rientrato a casa, Karl ricevette una serie di chiamate telefoniche. Ma quando sollevava il ricevitore non c’era nessuno in linea.

Le telefonate erano uno scherzo di cattivo gusto? Questa possibilità sembra estremamente dubbia. Interrogato da una persona che cercò di vederci chiaro, Karl assicurò che nessuno dei suoi amici attuali sapeva delle telefonate che sua nonna aveva l'abitudine di fargli, e i D'Alessio erano conoscenze recenti. Aggiunse che nessuno poteva sapere dove si trovasse quando ricevettero la telefonata.

Angeli nel cielo?

Di solito le persone che dicono di vedere gli angeli sono giudicate pazze. Ma sarebbe difficile considerare pazzo il dottor S. Ralph Harlow, un rispettatissimo professore di religione presso lo Smith College del Massachusetts. Il suo incontro con la stirpe angelica avvenne mentre lui e sua moglie stavano passeggiando in una forra boscosa presso Bellarvade, nel Massachusetts.

Harlow – raccontò poi – udì dapprima delle voci in sordina, e disse a sua moglie: “Stamattina abbiamo compagnia nel bosco”. Non fu possibile individuare la fonte delle voci, e così i due coniugi continuarono la loro passeggiata. Le voci parvero avvicinarsi sempre più, e alla fine giunsero dall'alto. I due, perplessi, alzarono gli occhi e videro uno spettacolo incredibile: “Una trentina di metri sopra di noi, leggermente alla nostra sinistra, si librava nell'aria un gruppo di spiriti, di angeli, gloriose, splendide creature risplendenti di spirituale bellezza”.

Riferì Harlow: “Noi due ci siamo fermati a guardarli estasiati mentre passavano sopra di noi. Erano sei giovani donne bellissime in fluenti manti bianchi. che conversavano infervorate fra di loro. Se si sono accorte della nostra presenza non ne hanno dato il minimo segno. Potevamo vedere perfettamente i loro volti, e una donna, leggermente più anziana delle altre, era particolarmente splendida. I suoi capelli erano raccolti all'indietro in quella che oggi chiameremmo una coda di cavallo, e sembravano legati con un nastro, anche se non potrei dire con esattezza che lo fossero. Stava parlando con un angelo più giovane che ci voltava le spalle e la guardava in faccia”.

Né il dottor Harlow né sua moglie riuscirono a capire che cosa le celestiali creature stessero dicendo, anche se entrambi le videro e le sentirono chiaramente. Guardarono attoniti e ammirati gli “angeli” passare sopra di loro. Il dottor Harlow, un acuto osservatore, chiese poi a sua moglie di dirgli esattamente che cosa avesse visto. La descrizione dell’incontro fornita dalla moglie collimava con la sua.

Una visione condivisa

C. G. Jung, il famoso psicoanalista svizzero, è noto anche per il suo interesse per l'occulto. Nessun argomento nel campo del paranormale sfuggiva al suo interesse. Egli seguì i primi passi della parapsicologia, diventò uno studioso sia di astrologia sia di alchimia, e prese nota con cura delle sue esperienze paranormali. Molti di questi episodi sono descritti in modo approfondito nel suo libro autobiografico Ricordi, sogni, riflessioni.

Ebbe quella che è probabilmente la più strana delle sue esperienze nel 1913, mentre visitava con un'amica la tomba di Galla Placidia a Ravenna. Lo psicologo rimase particolarmente colpito da un mosaico raffigurante Gesù Cristo che porgeva la mano a Pietro mentre questi affondava nelle onde. Jung e la sua amica esaminarono per venti minuti il mosaico e discussero a fondo del rito originario del battesimo. Jung non dimenticò mai quell'opera d'arte. Aveva voluto acquistarne una foto, ma non era riuscito a trovarla.

Tornato a Zurigo, chiese a un amico in partenza per Ravenna di procurargli una fotografia del mosaico. Seppe così una cosa sbalorditiva e inesplicabile: il mosaico che Jung e la sua amica avevano visto non esisteva. Jung riferì la sua scoperta all'amica, ma essa si rifiutò di credere che avessero condiviso un qualche genere di allucinazione o visione. Tuttavia la verità era incontestabile: nessun mosaico come quello aveva mai figurato sulla parete del battistero.

“In base alle nostre conoscenze”, scrisse Jung, “è assai difficile determinare se, e in qual misura, due persone vedono simultaneamente la stessa cosa. In questo caso, io potrei accertare che almeno nelle sue caratteristiche principali quello che entrambi avevamo visto era lo stesso mosaico.” Più tardi definì l'esperienza occorsagli a Ravenna come “la più strana della mia vita”.

La visitatrice notturna

Il dottor Michael Grosso stava tenendo nel 1976 un corso di parapsicologia al Jersey City State College quando conobbe Elizabeth Sebben, una brillante studentessa di antropologia che aveva avuto molte esperienze paranormali ed era lieta di aver trovato qualcuno con cui poterne parlare. Grosso s'interessava particolarmente alle esperienze di bilocazione, e le suggerì di cercar di fargli visita non appena si fosse trovata a viaggiare fuori dal corpo. La visita avvenne nell'autunno del 1976.

Egli abitava da solo in un appartamento di sei stanze, e spesso passava il tempo suonando il flauto. Gli spartiti erano di solito posti su un leggio collocato vicino a uno scaffale. Una mattina sentì che c'era qualcosa di strano quando, al risveglio, vide che il leggio si trovava nel mezzo della stanza. Grosso non pensò più di tanto al fatto fino a quando Elizabeth gli telefonò. Essa aveva cercato di mettersi in contatto con lui mentre si trovava fuori dal corpo e voleva riferirgli quello che aveva provato. Senza nessun suggerimento da parte del suo amico, raccontò questa storia.

La notte prima stava studiando quando cominciò a sentire che stava lasciando il corpo. Ricordò che voleva far visita al dottor Grosso, quindi si concentrò su di lui e ben presto si trovò nella sua cucina. Lo vide seduto a un tavolo intento a sorseggiare una tazza di tè. Cercò di attirare la sua attenzione, ma non ci riuscì, e allora si mise a cercare un modo per dimostrargli che era stata là. Esaminò l'appartamento finché scorse il leggio. Si focalizzò sull'oggetto e poi, inesplicabilmente, si rese conto che il suo intervento aveva spostato il leggio nel centro della stanza. Qualche secondo dopo si ritrovò nel suo corpo.

Il dottor Grosso non crede che l'esperienza possa essere liquidata come una sorta di allucinazione. “Quando una signora va a far visita a un uomo di notte, specie in circostanze così strane”, osserva, “sarebbe mancanza di cavalleria considerarla semplicemente un’insignificante allucinazione.”

Salvato dalla telepatia

Certi scettici sostengono che anche se l'ESP esiste non ha nessun valore pratico. John H. Sullivan non sarebbe d'accordo su questo, perchè probabilmente è stata la telepatia a salvargli la vita. Il fatto successe il 14 giugno 1955, quando Sullivan stava saldando un condotto idraulico nel quartiere di West Roxbury a Boston. A un tratto lo scavo in cui lavorava sprofondò ed egli rimase sepolto nel terriccio. Soltanto la sua mano protesa rimase visibile. Più o meno nello stesso momento, il suo amico e collega Thomas Whittaker era al lavoro da un'altra parte, ma la sua mente era ossessionata da qualcosa.

Lasciò il lavoro prima del solito dicendo a un altro operaio che c'era qualcosa che non andava al cantiere di Roxbury. Whittaker salì in auto e si diresse verso il luogo dei lavori percorrendo, pur di far presto, parecchie strade che di solito aveva cura di evitare. Quando raggiunse lo scavo, vide uno dei camion della sua ditta col motore in moto e senza nessuno a bordo.

“Sono arrivato e ho guardato lo scavo: era profondo cinque metri”, testimoniò in seguito. “Inizialmente ho visto solo terriccio, ma poi ho capito che il terreno aveva ceduto, e infine ho visto la mano.” Whittaker si mise a scavare per estrarre l'amico, e poco dopo gli vennero in aiuto dei pompieri. Sullivan aveva riportato brutte ferite e probabilmente, se i soccorsi avessero tardato ad arrivare, sarebbe morto.

L'albergo in un'altra dimensione

Tutto cominciò in modo abbastanza innocente nell'ottobre del 1979, quando due coppie di sposi della città inglese di Dover partirono insieme per una vacanza, con l'intenzione di attraversare la Francia e la Spagna. Il viaggio attraversò un altro mondo. Geoff e Pauline Simpson e i loro amici Len e Cynthia Sisby salirono su una nave che li condusse attraverso la Manica fino alla costa francese. Qui noleggiarono un'automobile e si diressero verso sud. Alle 21.30 di quella prima sera, il 3 ottobre, cominciarono a sentirsi stanchi e cercarono un posto dove passare la notte. Usciti dall'autostrada, trovarono un motel dall'aria elegante.

Len entrò e nell'atrio incontrò un uomo in una strana uniforme color prugna. L'uomo disse che non c'erano stanze libere, ma che più a sud, lungo la strada, avrebbero potuto trovare un piccolo motel. Len lo ringraziò e ripartì coi suoi compagni di viaggio. Durante il tragitto rimasero impressionati per la vetustà della strada acciottolata e degli edifici che superarono. Videro anche dei cartelli che facevano pubblicità a un circo. “Era molto all'antica”, ricordò Pauline, “per questo ha suscitato in noi tanto interesse.”

Alla fine i turisti videro un lungo e basso edificio con una fila di finestre illuminate. Degli uomini se ne stavano davanti alla facciata, e quando Cynthia chiese loro delle informazioni risposero che il posto era un'osteria, non un albergo. I viaggiatori proseguirono finché videro due costruzioni: un posto di polizia e un albergo. L'interno di quest'ultimo era di legno massiccio. Sui tavoli non c'erano tovaglie, né vi era traccia di comfort, telefoni o ascensori.

Le stanze non erano meno strane. I letti avevano lenzuola pesanti ed erano privi di cuscini. Le porte non avevano serrature, ma solo paletti di legno. La stanza da bagno, che le due coppie dovettero condividere, aveva tubature antiquate. Dopo aver cenato, tornarono nelle loro stanze e si addormentarono. Si svegliarono quando la luce del sole filtrò attraverso le finestre, che consistevano soltanto di persiane di legno, senza vetri. Andarono di nuovo nella sala da pranzo e consumarono una semplice colazione con un caffè “nero e orribile” come ricordò Geoff.

Mentre erano ancora a tavola, una donna con un abito da sera di seta e con un cagnolino sotto il braccio si sedette di fronte a loro. “Era strano”, aggiunse Pauline. “Sembrava che fosse appena tornata da un ballo, ma erano le otto di mattina. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso.”

A questo punto due gendarmi entrarono nella stanza. “Erano completamente diversi dai gendarmi che abbiamo visto in qualsiasi altra parte della Francia”, testimoniò Geoff. “Le loro uniformi sembravano molto antiche.” I poliziotti indossavano divise blu scuro, con cappe sulle spalle e cappelli larghi e a punta. Nonostante queste stranezze, le due coppie si divertirono, e quando furono rientrate nelle loro stanze i due mariti scattarono separatamente delle foto alle loro mogli in piedi davanti alle finestre con le persiane chiuse.

Prima di ripartire Len e Geoff chiesero ai gendarmi quale fosse la strada migliore per raggiungere Avignone e il confine spagnolo. I tutori dell'ordine diedero l'impressione di non capire il significato della parola “autostrada” e i turisti pensarono di non aver pronunciato bene la parola francese. Le indicazioni che ricevettero non li soddisfecero perché avrebbero dovuto seguire una vecchia strada qualche chilometro fuori dall'itinerario. Decisero invece di basarsi sulla cartina topografica e di prendere una via più diretta lungo la statale.

Dopo che i loro bagagli furono caricati in macchina, Len andò a pagare il conto e rimase di stucco quando il direttore chiese soltanto 19 franchi. Pensando a un equivoco, Len spiegò che erano in quattro e che avevano consumato un pasto. Il direttore si limitò ad annuire. Len mostrò il conto ai gendarmi, che gli assicurarono sorridendo che non era stato tralasciato niente. Pagò in contanti e partì prima che potessero cambiare idea.

Al ritorno, dopo aver trascorso due settimane in Spagna, le due coppie decisero di fermarsi di nuovo all'albergo. Là avevano passato ore piacevoli e interessanti, e a prezzi sicuramente imbattibili. La notte era piovosa e fredda, la visibilità scarsa, ma trovarono la deviazione e notarono il manifesto del circo che avevano già visto.

“Sì, certo, è la strada giusta” osservò Pauline. Lo era, ma su di essa non c'era nessun albergo. Convinti di esserci passati davanti senza notarlo per un motivo o per l'altro, tornarono indietro fino al motel dove erano stati ragguagliati dall'uomo dall'uniforme color prugna. Il motel c’era, ma non l'uomo vestito così stranamente, e l'impiegato negò che un tipo del genere lavorasse là.

Per tre volte rifecero la strada alla ricerca di qualcosa che, come ora cominciavano a rendersi conto, non c'era più. Era svanito senza lasciar traccia. Si diressero verso nord e pernottarono in un alberga di Lione. Stanze con comfort moderni, colazione e pranzo costarono loro 247 franchi. Al loro ritorno a Dover, Geoff e Len fecero sviluppare i loro rispettivi rullini fotografici. In entrambi i casi le fotografie dell'albergo (una soltanto di Geoff, due di Len) si trovavano a metà del rullino.

Ma quando andarono a prendere le foto, quelle scattate all'interno dell'albergo mancavano. Non c'erano negative non riuscite. Ogni pellicola aveva per intero il suo numero di pose. Era come se le foto non fossero mai state scattate… fuorché per un piccolo particolare che fu notato da un giornalista della televisione dello Yorkshire: “C'era prova del fatto che la macchina fotografica aveva cercato di riavvolgere la pellicola alla metà del rullino. Le perforazioni delle negative apparivano danneggiate”.

Le due coppie di amici non parlarono della loro esperienza per tre anni fuorché con amici e familiari. Un loro amico trovò un libro da cui risultava che i gendarmi portavano le uniformi da loro descritte prima del 1905. Alla fine un cronista di un giornale di Dover venne a saperlo e pubblicò un servizio. Più tardi una stazione televisiva locale produsse una ricostruzione sceneggiata dell'episodio.

Nel 1985 lo psichiatra di Manchester Albert Keller ipnotizzò Geoff Simpson per vedere se fosse in grado di ricordare qualcosa di più dello strano evento. Sotto ipnosi egli non aggiunse niente di nuovo a quanto ricordava consciamente. Jenny Randles, uno scrittore inglese che fece una ricerca su quella bizzarra faccenda, si chiede: “Che cosa realmente avvenne ai quattro viaggiatori nelle campagne francesi?

Ci fu uno sbalzo temporale? Se fu così, perché allora il direttore dell'albergo non parve sorpreso per il loro veicolo e i loro abiti avveniristici, e come mai accettò le loro banconote del 1979, che senza dubbio sarebbero sembrate strane a chiunque vivesse così indietro nel passato?”. I viaggiatori – forse viaggiatori nel tempo – non hanno nessuna spiegazione da offrire. “Noi sappiamo soltanto che è successo” proclama Geoff.

Le levitazioni di Peter Sugleris

Il greco ventiduenne Peter Sugleris ha molto in comune con Uri Geller, compresa la capacità di curvare oggetti metallici come chiavi e monete, influire a distanza su strumenti elettromagnetici e fermare e riavviare le lancette degli orologi. Sugleris sostiene anche di poter levitare come san Giuseppe da Copertino e il medium del diciannovesimo secolo D. D. Home.

Quand'era ancora ragazzo, la madre, che pensa che la sua capacità di levitare sia ereditaria, lo chiamava “Ercole” per i suoi poteri sovrumani. Lo zio materno della madre di Peter aveva fama di aver levitato almeno due volte fra i sedici e i diciotto anni di età. Sugleris afferma di levitare più di frequente in presenza di membri della sua famiglia nel corso della vita di tutti i giorni, ma, aggiunge, è in grado di levitare a volontà, benché non a comando, anche per altre persone. L'impresa richiede un'immensa concentrazione, assicura, e spesso egli si prepara parecchi mesi prima osservando una dieta vegetariana.

Nella più recente occasione, videoregistrata da sua moglie Esther, verso la fine di febbraio del 1986, Sugleris si sollevò dal pavimento della cucina di circa mezzo metro, e rimase sospeso nello spazio per 47 secondi. Durante la levitazione, la sua faccia era così stravolta che sua moglie si spaventò. “Ho pensato che stesse per scoppiare”, raccontò, “era così gonfio!”

In seguito Sugleris descrisse l’esperienza, dicendo che si era messo a sudare copiosamente e si era sentito stordito e insonnolito. “Mi ci sono voluti da dieci a quindici minuti per riprendermi”, osservò, “Ero confuso, mi girava la testa, temevo di perdere i sensi. L'avevo fatto per rabbia: avevo voluto dimostrare che ne ero capace.” Le spaventose contrazioni della sua faccia durante la levitazione ricordano almeno in parte le circostanze in cui avvenivano i miracolosi voli di san Giuseppe da Copertino, che, stando a tutte le testimonianze, li iniziava e li terminava con un grido acuto.

Salvato da un sogno

Grandi calamità sono state predette da sogni, ma delle visioni notturne hanno anche salvato delle vite, compresa quella del capitano Thomas Shubrick. La sua nave salpò nel 1740 da Charleston, nella Carolina del Sud, diretta a Londra. Shubrick era appena uscito dal porto quando si scatenò una terribile tempesta. Il vento era così impetuoso che i suoi amici e parenti di Charleston non poterono che pregare per la salvezza dell'equipaggio; non c'era speranza che la nave fosse potuta uscire indenne dalla bufera.

Ma quella notte la moglie di uno degli amici più intimi di Shubrick la signora Wragg, fece un sogno in cui vedeva il capitano vivo e aggrappato a un relitto galleggiante. La visione la impressionò a tal punto che insistette perché suo marito organizzasse una squadra di ricerca. Fu messa in mare una barca, ma il giro si concluse senza esito.

Il sogno si ripeté una seconda volta, e ci fu un'altra ricerca senza esito. Poi si ripeté una terza volta, e la signora Wragg supplicò il marito di fare un ultimo tentativo. Nell'ultimo viaggio, il capitano Shubrick e un altro marinaio, entrambi esausti e aggrappati a un relitto della nave, furono tratti in salvo. La tenacia aveva dato il suo risultato, come l'aveva dato il sogno della signora Wragg.

Il ragazzo uscito dal nulla

Caspar Hauser può far pensare che sia disceso dal cielo. Apparve per le strade di Norimberga nel 1828, a malapena in grado di camminare e pronunciare il suo nome. Secondo una lettera malamente scarabocchiata che gli fu trovata addosso, aveva sedici anni. Ma la lettera, indirizzata al capitano del 6° Reggimento di cavalleria di stanza nella città tedesca, offriva pochi altri particolari sul ragazzo. “Se non volete tenerlo”, vi era scritto, “ammazzatelo o impiccatelo a un comignolo.”

Il carceriere locale s'impietosì e lo accolse in casa sua, insegnandogli lentamente a parlare. Tutto quello che il ragazzo riusciva a ricordare era che era stato allevato nell'oscurità in un bugigattolo poco più grande di un armadio a muro, con una dieta di pane e acqua. Sembrava che vedesse le cose più comuni per la prima volta; fu notato, per esempio, che, posto di fronte a una candela, continuava a cercare di strapparne la fiammella con le dita. Ma il suo senso della vista era così acuto che – a quanto fu scritto – riusciva a leggere al buio e vedere le stelle durante il giorno. Caspar era inoltre ambidestro, e aveva una spiccata avversione per la carne.

Data la sua situazione, l’intera città di Norimberga lo adottò, trattandolo come un proprio cittadino. Fu affidato alle cure personali di un certo professor Daumer, e ottenne anche l'attenzione di persone altolocate sia tedesche, sia del resto dell'Europa.

Poi, il 17 ottobre 1829, Caspar fu trovato nella casa di Daumer con la fronte sanguinante per una ferita da coltello inferta da un uomo dalla maschera nera che era comparso all'improvviso e l'aveva colpito. Nel 1831, il ragazzo rimase di nuovo ferito alla fronte da un colpo di pistola partito accidentalmente. Il 14 dicembre 1833 Caspar Hauser fuggì da un parco innevato mortalmente ferito da un'altra coltellata. Fu condotta una ricerca nel giardino, ma l'arma non fu trovata; fatto ancora più misterioso, nella neve fresca erano impresse soltanto le orme di Caspar. Morì tre giorni dopo.

Von Feurbach, uno dei suoi biografi, scrisse dell'enigma di Norimberga: “Caspar Hauser rivelò una così completa deficienza di parole e d'idee, una così perfetta ignoranza delle cose e degli aspetti della natura, e un tale orrore per tutti i costumi, le convenienze e le necessità della vita civile, e inoltre tali straordinarie peculiarità nel suo atteggiamento sociale, mentale e fisico, che potrebbe autorizzarci a pensare a lui come al cittadino di un altro pianeta, trasferito per qualche miracolo sul nostro”.

L'omino blu

Alle 13.45 del 28 gennaio 1967, un giorno piovoso, a Studham Common, in Inghilterra, sette ragazzi stavano percorrendo a piedi una valletta fra i colli Chiltern chiamata Dell, diretti verso la loro scuola. Uno di loro, Alex Butler, di dieci anni, nel guardare per caso verso sud vide quello che più tardi descrisse come un “omino blu con un cappello alto e con la barba”. Lo indicò subito al compagno che gli camminava al fianco, e i due decisero di andare a dare un’occhiata più da vicino al bizzarro individuo. Corsero nella sua direzione, ma quando si trovarono a una ventina di metri da lui “scomparve in uno sbuffo di fumo”.

I ragazzi avvertirono i compagni, che cominciarono a cercare l'omino, sperando che ricomparisse. Poco dopo egli si mostrò di nuovo, questa volta sul lato opposto della macchia dove aveva fatto la sua prima comparsa. I ragazzi fecero per avvicinarglisi, ma scomparve di nuovo, per poi ricomparire sul fondo del Dell. Pressappoco in quello stesso momento gli scolari sentirono delle “voci” che parlavano in un “biascichio dal tono straniero” nei cespugli vicini, e per la prima volta avvertirono un po' di paura.

Quando giunsero a scuola la loro maestra, la signorina Newcomb, capì che erano eccitati per qualcosa. In un primo tempo essi non vollero rivelarle il motivo, dicendo: “Lei non ci crederebbe mai”. Alla fine essa separò i ragazzi fra di loro e chiese che ciascuno scrivesse la propria descrizione dello strano episodio. Gli svolgimenti si dimostrarono molto simili, tanto che la Newcomb si convinse che quel pomeriggio era realmente successo qualcosa di decisamente insolito.

I temi furono alla fine pubblicati in un volumetto dal titolo: “L'omino blu di Studham Common”. A un certo punto la notizia richiamò l'attenzione degli investigatori Bryan Winder e Charles Bowen, i quali vennero a sapere che negli ultimi mesi numerosi abitanti del luogo avevano comunicato avvistamenti di UFO. Secondo alcune testimonianze, due atterraggi di UFO erano avvenuti nel punto dove era stato visto l'omino blu. Ma la connessione con gli UFO rimase un'ipotesi, perché i ragazzi non avevano detto di averne visti.

Gli agenti interrogarono i ragazzi alla presenza della loro insegnante. Secondo il verbale steso da Winder, “A loro dire l'omino sarà stato alto poco meno di un metro, a cui vanno aggiunti i cinquanta centimetri del cappello o elmo, meglio descritto come una bombetta alta e senza tesa. Essi Poterono distinguere una linea che era o un frangia di capelli o l'orlo inferiore del cappello, due occhi tondi, un piccolo triangolo apparentemente piatto al posto del naso e un abito a un solo pezzo che si estendeva in basso fino a un'ampia cintura nera che recava sul davanti una scatola nera di una quindicina di centimetri di lato”.

Fonte: scribd.com