Godman, l'universo olografico parte IV – una nuova teoria del tutto?

Il Giornale Online
Ora che abbiamo più o meno dettagliatamente esposto i principi basilari della meccanica quantistica e riportato le ultime ricerche in ambito teorico legate alla fisica dei quanti, passiamo a illustrare la nostra nuova e innovativa teoria cosmologica tesa a spiegare in maniera elegante fenomeni quali l'entaglement quantistico, l'espansione dell'universo e il suo arresto, nonché come esso finirà e come tutto abbia avuto inizio, supportando il modello di un universo ciclico. Con il passare progressivo del tempo, sempre più materia cade nell'orizzonte degli eventi dei buchi neri. Lo scontro tra galassie, come avverrà tra la Via Lattea e Andromeda fra circa quattro miliardi di anni, riattiva i buchi neri supermassivi che si trovano al centro delle galassie. Questi si fonderanno in un unico buco nero supermassivo che risucchierà gran parte della quantità di materia ivi presente. Questo procedimento fa sì che anche i bit d'informazione (che, in termini di teoria delle stringhe, non sono altro che le “stringhe quantistiche”) vengano da esso assorbiti, ampliando il suo orizzonte degli eventi, ovvero la sua superficie bidimensionale.

Questo meccanismo è in grado di spiegare il motivo per cui l'universo sarebbe in continua e accelerata espansione, almeno fino a quando non diminuirà drasticamente il numero di galassie che si trovano nei supercluster o negli ammassi galattici e che inevitabilmente saranno portate a fondersi tra loro grazie alla forza attrattiva di gravità. Con il passare del tempo e il diminuire del numero di galassie e pianeti, l'espansione dell'universo tenderà esponenzialmente a decelerare, fino dunque ad arrestarsi definitivamente una volta esaurita la materia disponibile; evento, quest'ultimo, che dovrebbe verificarsi – secondo le ultime stime – entro 10100 anni (cioè 1 seguito da 100 zeri, secondo i calcoli eseguiti dal brillante fisico e matematico Roger Penrose). Quando il processo sarà ultimato e la materia presente nell'universo terminata, la superficie dell'orizzonte degli eventi dei buchi neri si arresterà nella sua espansione e, verosimilmente, si assisterà all'esplosione di un nuovo Big Bang.

Le prove a supporto di queste affermazioni sembrano essere fornite dalle immagini registrate dalla sonda WMAP, che ci ha mostrato le foto di misteriosi cerchi concentrici dovuti a scontri verificatisi prima del Big Bang e che potrebbero essere indiziarie di una esplosione avvenuta tra buchi neri supermassivi i quali avrebbero dato vita alla formazione di altri universi prima del nostro. La nostra nuova teoria cosmologica è supportata dall'espansione dell'universo che verrebbe così spiegata: esso – l'universo – si troverebbe nella sua superficie bidimensionale da cui verrebbe idealmente proiettato al suo interno. Verrebbe in questo modo altresì spiegato il fenomeno dell'entaglement quantistico dimostrato nel 1982 dal fisico francese Alain Aspect, in quanto l'intero universo, costituito da particelle subatomiche, risulterebbe essere un'immensa rete con un collegamento non locale che si collocherebbe, appunto, sulla sua superficie bidimensionale. Questa evidenza è supportata, inoltre, dall'aumentare dell'orizzonte degli eventi, nel momento in cui la materia vi cade all'interno con relativo aumento della sua superficie che ingloberebbe i bit d'informazione, come dimostrato da numerosi scienziati tra i quali ricordiamo Leonard Susskind e Gerard 't Hooft.

Se consideriamo la superficie dell'universo come una pellicola bidimensionale e aggiungiamo il tempo come quarta dimensione, la proiezione quadrimensionale, dall'esplosione del Big Bang ad oggi, assumerebbe la forma di un cono il cui punto di origine sarebbe appunto il “grande bang”.

dove: s=spazio
t=tempo
o=origine
dal Big Bang

Ogni porzione del cono in un determinato istante “x” rappresenta il fotogramma dell'intero universo in quel preciso istante. Se non ci fosse stata la rottura della simmetria iniziale nel momento del Big Bang, lo scontro tra materia e antimateria avrebbe portato all'annichilimento del tutto sotto forma di energia. La materia ordinaria ha invece ottenuto il sopravvento sull'antimateria portando alla formazione del nostro universo; questo ci porta a teorizzare un universo parallelo di antimateria dove questa ha avuto il sopravvento sulla materia. A questo punto sorge spontanea una domanda: se al momento iniziale del Big Bang erano presenti bit d'informazione, essi da dove provenivano? Ma sopratutto, come possono aumentare nel tempo?

Immaginiamo la grande matrice quantistica bidimensionale come fosse una carta assorbente: se su di essa facessimo cadere dall'alto una certa quantità d'inchiostro, esso si allargherebbe in forma circolare con una esponenziale velocità di espansione iniziale che tenderà poi a rallentare fino ad arrestarsi del tutto. Similmente, la formazione dell'universo dovuta all'esplosione primaria del Big Bang potrebbe essere avvenuta in questo modo. Solamente una volta esaurita la materia vedremmo i bit d'informazione (le “stringhe quantistiche”) inglobarsi sulla pellicola cosmica, bidimensionale nello spazio e nel tempo, da cui essi proverrebbero e da dove sarebbero immessi all'interno. I buchi neri, invece, alla loro uscita espellerebbero la materia sotto forma di energia in qualità di “buchi bianchi”; una volta che questa energia raggiunge un punto critico “x” avverrebbe un nuovo bang con il formarsi di due nuovi universi tra loro paralleli.

Quanto appena detto è in totale accordo con l’equazione del modello Palumbo-Nardelli:

che fa nascere le superstringhe (la materia, quindi i buchi bianchi) da quelle bosoniche (l’energia dei gravitoni che sono bosoni, quindi i buchi neri), legate da tale elegante relazione.
Quindi, dal momento del “grande bang” e con pochi bit d'informazione, gli universi verrebbero supportati ad alimentarsi, assorbendo altri bit dalla pellicola cosmica bidimensionale fino a portare alla nascita di galassie, stelle, pianeti, vita. Lasciamo ancora una volta la parola allo studioso di fisica teorica Michele Nardelli sullo spazio anti de Sitter dal punto in cui ci eravamo interrotti nella parte III dell'articolo.

Spazio anti de Sitter

Riprendiamo in considerazione l’AdS, visto da un punto molto vicino al bordo: chiameremo questo bordo UV-brana. La UV-brana è quindi una superficie vicina al bordo (ritorniamo nuovamente all’immagine dell’AdS come un “muro” infinito di mattoni quadrati: scendendo lungo il muro, ad ogni nuovo strato la larghezza dei mattoni raddoppia; ricordiamo, inoltre, che il bordo è un “bordo frattale infinito”). Immaginiamo di allontanarci dalla UV-brana e dirigerci verso l’interno dove i quadrati si allargano e gli orologi rallentano indefinitamente. Gli oggetti che in prossimità della UV-brana sono piccoli e veloci diventano grandi e lenti quando ci addentriamo nello spazio AdS. Ma l’AdS non è la cosa più adatta per descrivere la QCD (cromodinamica quantistica, NdA). Chiamiamo questo spazio anti de Sitter modificato Q-spazio. Come l’AdS, il Q-spazio ha una UV-brana dove le cose rimpiccioliscono ed accelerano ma, diversamente dall’AdS, possiede anche un secondo bordo, chiamato IR-brana.

La IR-brana è una specie di barriera impenetrabile dove i quadrati raggiungono la loro estensione massima. Immaginiamo di mettere una stringa quantistica in un Q-spazio, dapprima in prossimità della UV-brana. Essa apparirà minuscola – forse con diametro paragonabile alla lunghezza di Planck – e rapidamente vibrante. Ma se la stessa particella (stringa) viene spostata verso la IR-brana sembrerà ingrandirsi, come se fosse proiettata su uno schermo che si allontana. Ora prendiamo in considerazione le vibrazioni. Queste costituiscono una sorta di “orologio” che, accelererà avvicinandosi all’UV-brana, e rallenterà quando si muove verso la IR-brana. Una stringa in vicinanza della IR-brana non solo apparirà come un’enorme gigantografia della propria versione miniaturizzata UV, ma oscillerà anche molto più lentamente di quest’ultima. Se le particelle ultrapiccole (alla scala di Planck) della teoria delle stringhe “vivono” in prossimità della UV-brana e le loro versioni ingigantite – gli adroni (particelle strettamente parenti del nucleo atomico: protoni, neutroni, mesoni e glueball. Gli adroni sono costituiti da quark e gluoni) – vivono nei pressi della IR-brana, quanto distano esattamente le une dalle altre? Secondo la figura prima riportata, per andare dagli oggetti planckiani agli adroni bisogna scendere di circa 66 quadrati. Ma ricordando che ogni “gradino” è alto il doppio del precedente, raddoppiare 66 volte corrisponde grosso modo ad un’espansione di un fattore 10^20.

Il punto di vista più eccitante, è che le stringhe nucleari e quelle fondamentali sono davvero gli stessi oggetti, visti attraverso una “lente” che ne distorce l’immagine e ne rallenta il moto. Secondo questo modo di vedere, quando una particella (o stringa) si trova in vicinanza della UV -brana appare piccola, energetica e rapidamente oscillante: ha l’aspetto di una stringa fondamentale, si comporta come una stringa fondamentale, dunque deve essere una stringa fondamentale. Una stringa chiusa situata in prossimità della UV-brana, ad esempio, sarebbe un gravitone. (Notiamo che una stringa chiusa ha grosso modo una forma “circolare”, quindi in essa è insito phi che per la semplice relazione arccos(phi) = 0,2879pigreco è connesso con il numero aureo.

Inoltre le vibrazioni emettono “frequenze” in ottimo accordo con gli esponenti del numero aureo). Ma la stessa stringa, se si avvicina alla IR-brana, rallenta e si espande. Da tutti i punti di vista si comporta come una glueball (adrone costitutito solo da gluoni). In questa interpretazione il gravitone e la glueball sono esattamente lo stesso oggetto, situato in punti diversi del fascio di brane. (Quindi, un bosone – il gravitone – ed un fermione – la glueball – sono in corrispondenza biunivoca, cioè dall’uno si ottiene l’altro e viceversa, secondo la relazione fondamentale del modello Palumbo-Nardelli che lega le stringhe bosoniche a quelle fermioniche, ed inoltre esiste la connessione con pi greco, quindi con il numero aureo, insito in tale formula ). Immaginiamo una coppia di gravitoni (stringhe vicine alla UV-brana) in procinto di entrare in collisione. Se hanno energia sufficiente, quando si incontrano nei pressi della UV-brana si formerà un piccolo buco nero: un ammasso di energia incollato alla UV-brana. I bit di informazione che ne costituiscono l’orizzonte degli eventi hanno dimensioni planckiane. Ma pensiamo ora di sostituire i due gravitoni con due nuclei (in prossimità della IR-brana) e di farli collidere. Qui si fa sentire la potenza della dualità. Da una parte possiamo immaginare la versione quadridimensionale del processo, in cui due oggetti collidono e formano un buco nero.

Questa volta il buco nero sarà vicino alla IR-brana e di dimensioni maggiori di quello che si era formato nei pressi della UV-brana. Ma possiamo vedere il processo anche dal punto di vista tridimensionale. In questo caso, due adroni o due nuclei collidono e formano un ammasso di quark e gluoni. L’energia della collisione sta insieme e forma una specie di goccia di fluido definito brodo caldo di quark. Esso ha alcune proprietà di fluidità molto sorprendenti che ricordano, guarda caso, l’orizzonte degli eventi di un buco nero. Si è scoperto che la viscosità del brodo caldo di quark è incredibilmente bassa. (A rigore, ad essere piccola è la viscosità divisa per l’entropia del fluido). Il brodo di quark è il fluido meno viscoso conosciuto dalla scienza. Ora, esiste in natura qualcosa di viscosità così bassa da rivaleggiare con il brodo di quark? Esiste. L’orizzonte degli eventi di un buco nero, quando viene perturbato, si comporta come un fluido. Per esempio, se un buco nero piccolo cade in un buco nero più grande, crea un rigonfiamento temporaneo sull’orizzonte.

Il rigonfiamento poi si espande sulla superficie proprio come accade nel caso di un fluido viscoso. Quando i teorici delle stringhe cominciarono a sospettare un legame tra i buchi neri e le collisioni nucleari (le implicazioni del principio olografico sulle proprietà viscose del brodo di quark) si resero conto che il brodo di quark è la cosa che più somiglia all’orizzonte degli eventi di un buco nero. Che ne è alla fine della goccia di fluido? Come per un buco nero, anch’essa finisce con l’evaporare in una varietà di particelle tra cui nucleoni, mesoni, elettroni e neutrini. Ricordando che in meccanica quantistica l’informazione non viene mai distrutta, non vi è più alcun dubbio che non è possibile far sparire informazione dietro l’orizzonte di un buco nero. Il buco nero, quindi, evapora in una varietà di particelle, ma l’informazione “si conserva” pur se in un'altra forma. La viscosità e l’evaporazione sono solo due delle tante proprietà che il brodo di quark ha in comune con l’orizzonte degli eventi.
La gravità trova il suo pieno compimento nei buchi neri. I buchi neri non sono semplicemente stelle molto dense: sono piuttosto giganteschi serbatoi di informazione, in cui i bit sono fittamente stipati. È di questo che si occupa in ultima analisi la gravità quantistica: informazione ed entropia fittamente stipate.
Anche per i buchi neri e quindi per i loro opposti, i “buchi bianchi”, vale la formula del modello Palumbo-Nardelli:

Infatti i buchi neri sono “pozzi gravitazionali” che attraggono tutto verso il loro interno e dove nulla può sfuggire neppure la luce, mentre i “buchi bianchi” sono una sorta di universi-baby, dei “semi” di universo, che emettono energia e massa, o, in termini di universo olografico, informazione. L’equazione del modello, quindi, può essere interpretata in questi termini: nel membro di sinistra vi è l’azione di stringa bosonica (il quanto della gravità è il gravitone che è un bosone), quindi l’energia del buco nero, mentre nel membro di destra vi è l’azione di superstringa contenente i fermioni, quindi la materia, la massa, l’informazione “espulsa” dal buco bianco.

Tratto dal libro Godman, l'universo olografico
di Alessio e Alessandro De Angelis
con la collaborazione del fisico e matematico
Michele Nardelli

GODMAN - L'Universo Olografico - Libro

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