HOAGLAND, LA LUNA E NOI (2° Parte)

Il Giornale Online
…Il Programma Apollo non era stato studiato a cuor leggero e con i Libri di Storia negli occhi: dietro ogni Missione c’erano sempre due serie di motivazioni e due tipologie di obiettivi.

Se parliamo di motivazioni, allora possiamo dire che quelle note erano di natura squisitamente propagandistica (…) Non si può dire che le motivazioni pubbliche (delle Missioni Apollo) fossero false, certamente no.

Ciò che si può dire, tuttavia, è che esse erano molto distanti da quelle reali …”

I tempi cambiano, e noi cambiamo con essi: nulla di più vero e di più giusto.

Cambia la sensibilità, cambiano i contesti, cambiano le conoscenze e, di conseguenza, cambiano (e si accrescono) anche le informazioni disponibili.

Il Lavoro del Prof. Hoagland è stato – e, per certi versi, è ancora – un “Grande Lavoro” perché, quando Lui ha iniziato a dire al mondo dei Ricercatori (e non solo) di “aprire gli occhi” e di guardare bene, le informazioni che circolavano liberamente e pubblicamente – al pari delle conoscenze possedute e ad esse relative – erano ancora (relativamente) poche.

Oggi, tuttavia, (a più di venti anni dalle prime rivelazioni di Hoagland sui frames Viking), anche se i Mass-Media giocano a “nascondino” con le Missioni Interplanetarie, le informazioni disponibili sono davvero tante.

Forse, come abbiamo già accennato in passato, addirittura troppe.

Quando il Prof. Hoagland era agli inizi della sua carriera di “Libero Pensatore”, il flusso informativo sulle Missioni Spaziali era davvero assimilabile, se ci perdonate questa piccola metafora, ad un modestissimo ruscelletto (difficile da trovare ma agevole da attraversare e studiare nei contorni).

Un nulla, in ogni caso, laddove rapportato all’imponente fiume di dati circolanti in questi ultimi anni (soprattutto se ci riferiamo a quel “Tempio (ultra) Pagano” che è il World Wide Web).

Un fiume di dati al quale, oggi, chiunque può andare ad abbeverarsi (se ha fortuna e se le sue idee sono chiarissime. In caso contrario, il rischio di affogare – in senso lato – è altissimo).

Comunque sia, nella nostra contemporaneità (parliamo degli anni andanti dal 1995 ad oggi) e dal nostro punto di vista, le Missioni Spaziali vengono riesumate da quello che è il loro sepolcro fatto di “oblìo generalizzato” – di quando in quando ed in ogni caso raramente… – a fini prevalentemente o, diremmo, quasi esclusivamente “propagandistici”.

Non siete d’accordo?

Allora pensate, ad esempio (un esempio “fresco”, in tutti i sensi…) alla recentissima scoperta di “giacimenti sotterranei di ghiaccio d’acqua” su Marte.

Perché pensate che alcuni network italiani (e parliamo di RAI e Mediaset) ne abbiano parlato?

Perché si tratta di una scoperta epocale?

Ma no, certo che no.

Ne hanno parlato, come ovvio, perché una “parte” della tecnologia che ha permesso di arrivare a questa scoperta è una tecnologia “Made in Italy” ed il fatto di reclamizzarla costituisce, sostanzialmente, un fattore propagandistico

(vedete? – dice il messaggio celato dietro la notizia – Dietro l’esplorazione Spaziale e le tecnologie associate non ci sono solo Americani, Francesi ed Inglesi: ci siamo anche noi).

Propaganda, ancora propaganda, sempre propaganda.

Per il resto – onestamente – a chi volete che importi – specie in questo particolare periodo storico (diremmo sostanzialmente povero di fervore intellettuale e scientifico) del ghiaccio di Marte?

Di certo a qualche manipolo di Scienziati e di Ricercatori; probabilmente a qualche legione di Appassionati.

Parliamo, dunque, di qualche decina di migliaia di persone o poco più.

Questo piccolo “cappello” c’è servito per ricordare e ricordarVi che il Lavoro del Prof. Hoagland è “figlio” di un certo periodo storico (già sonnolento, ma non ancora comatoso) la cui spinta intellettuale ed emotiva, oggi, si è quasi completamente esaurita.

Diciamo che esso è figlio dei fermenti investigativi e scientifici (forse già di stampo – sia pure solo leggermente – “New Age”) che caratterizzarono la seconda metà degli Anni ‘80 ed i primi Anni ‘90.

Un Lavoro lo stesso eccellente, innovativo e stimolante.

Poi, per tanti ordini di motivi (che non fa parte del nostro attuale compito di andare ad indagare), la spinta conoscitiva che mosse Hoagland e che concorse a creare un movimento intellettuale a lui ispirato, andò spegnendosi e, inevitabilmente, l’opera investigativa e conoscitiva Hoaglandiana divenne obsoleta (in parte) ed anche un po’ “naif” (in parte).

Dopo Hoagland, infatti (anzi: anche assieme a lui), sono arrivate decine di Ricercatori “Visionari” e, con essi, centinaia e migliaia di nuove interpretazioni dei dati disponibili i quali, come si diceva, nel frattempo già iniziavano a diventare tantissimi.

In pochissimo tempo, come sapete, il monopolio dell’informazione scientifica, che negli Anni ‘50, ‘60 e ‘70 era detenuto (e detenibile) solo da pochi “eletti”, è crollato e la conoscenza, sia pure ad un livello meramente divulgativo, è diventata (per chi vuole) un “patrimonio comune”: oggi, infatti, basta avere un minimo di conoscenza di come funzione Internet e, per gli appassionati della NASA e delle sue Missioni, basta sapere che cos’è e come funziona il Freedom of Information Act, che molte attività di ricerca, solo pochi anni fa impensabili, diventano subito fattibili e – sia pure solo relativamente – abbastanza semplici.

Tra queste attività di raccolta dati rientra anche quella di ottenere dalla stessa NASA i frames originali, per esempio, delle Missioni Apollo.

Noi, come Lunar Explorer Italia, abbiamo fatto questa “scoperta” verso la fine del 1997 e, sin da allora, quando dobbiamo studiare un argomento specifico che richiede l’analisi di documenti fotografici particolarmente delicati (e relativi alle Missioni Apollo, naturalmente), ci rivolgiamo direttamente alla “fonte”: il Lunar and Planetary Institute, Ente Curatore dell’Apollo Image Atlas.

Attenzione: non è che i Curatori dell’Apollo Image Atlas (che amano autodefinirsi come “Bibliotecari dello Spazio” e che lavorano presso il citato LPI) sìano a nostra disposizione ma, se ci si rivolge a loro saltuariamente (non più di 4/5 volte l’anno) e si richiede la messa a disposizione di alcuni frames Apollo-NASA (ma non più di 6/7 a “botta”) originali…Possiamo dire che la richiesta viene (quasi) sempre esaudita.

È grazie a loro che Lunar Explorer Italia, nel tempo, è entrata in possesso di tantissimi Original Apollo Frames ed è grazie a questi frames che, oggi, possiamo permetterci di dire qualcosa di interessante anche noi.

Ma adesso facciamo un passo indietro e torniamo al famosissimo frame Apollo 10 (AS 10-4822) che il Prof. Hoagland (ed i suoi Discepoli) ha/hanno impiegato per sostanziare alcune delle sue/loro interessanti speculazioni.

Noi abbiamo richiesto la versione originale uncompressed di questo frame al Lunar and Planetary Institute e, quando l’abbiamo ricevuta, abbiamo constatato – con stupore – che tra essa e la versione “Hoaglandiana” del medesimo frame c’è, ahinoi, un abisso.

O meglio: non si tratta esattamente di un “abisso”: si tratta di due frames “SIMILI”, ma NON IDENTICI.

Noi ne abbiamo parlato con Enterprise Mission di questa incongruenza e loro ci hanno detto (dopo essere stati più volte vanamente interpellati) che il frame AS 10-4822 era in condizioni così cattive che, per usarlo utilmente, “dovevano restaurarlo”.

È vero: la versione originale uncompressed del 4822 è davvero in pessime condizioni e quindi, certo, era giusto restaurarlo.

Secondo noi, però, l’attività di restauro fatta dal Prof. Hoagland e dai suoi Discepoli non si è fermata alla rimozione dei photo-artifacts ed alla pulitura digitale dei vizi palesi (graffi, sbiaditure, etc.) del frame: secondo noi essa si è trasformata in un’opera di “ricreazione” dell’AS 10-4822 il quale, di fatto (e, ovviamente, a nostro modestissimo parere) è stato “digitalmente manipolato” in maniera tale da renderlo probabilmente “interessante”, ma certamente molto diverso da come era in origine.

Che cosa intendiamo dire? Semplice: la versione “restaurata” del frame AS 10-4822 non è congruente con la versione raw fornitaci dal Lunar and Planetary Institute.

O meglio: nel frame originale, inter alia, il particolare fondamentale (che sarebbe poi divenuto famoso e conosciuto come “The Castle”) non esiste.

Attenzione: non abbiamo detto che “c’è qualcosa che non si capisce che cosa sia”! Il problema è che nel punto in cui, nel frame restaurato, appare Il Castello, nella versione originale, purtroppo, NON c’è/non si vede (nemmeno “pulendo” il frame e rimuovendo i “photo-artifacts”) assolutamente nulla.

Questa circostanza, a nostro parere, è piuttosto grave ma, nella sua gravità, è anche interessante e (molto) importante.

È interessante perché ci deve servire come stimolo per verificare “sempre” – o almeno nei casi in cui ciò è possibile – e “di persona” – o facendosi aiutare da esperti fidati – tutte le informazioni che riceviamo (a prescindersi dalla fonte la quale, per autorevole che possa essere, non è necessariamente detto che sia sempre immune – pur agendo nella massima Buona fede, sia chiaro – dalla commissione di leggerezze, errori e/o alterazioni vere e proprie).

Ed è importante perché…Delle due, l’una:

1) o la versione dell’AS 10-4822 che è stata elaborata dalla Scuola del Prof. Hoagland è – di fatto – un falso (derivato da un eccesso di elaborazione e raffinazione) e questo sarebbe un fatto decisamente spiacevole, o

2) la versione fornitaci dal Lunar and Planetary Institute è un falso (e questo sarebbe un fatto, oltre che spiacevole, anche gravissimo).

In ogni caso, ora più che mai, tutti noi abbiamo l’opportunità – nel tempo – di smascherare qualche “bugiardo”.

E comunque, qualora non ci fossero bugiardi, avremmo in ogni caso la chance di imparare ad elaborare meglio i frames originali che arrivano nelle nostre mani.

Comunque vada, quindi, da questa analisi – che potrà essere terminata solo fra qualche tempo – verrà fuori qualcosa di importante e di profondamente istruttivo.

Per tutti.

Ovviamente lo scopo ultimo di tutte queste analisi e ricerche – e lo precisiamo prima di ingenerare degli spiacevoli malintesi – non è e non deve essere ricondotto ad una presunta “disfida” fra Lunar Explorer ed Enterprise Mission per vedere “chi è più bravo” (saremmo degli stupidi e degli ingrati se ci muovessimo su questa linea…).

No, che ciò sia ben chiaro: il problema – anzi: lo scopo – di tutta questa esplorazione del passato è un altro.

Lo scopo ultimo del nostro lavoro – come di quello del Prof. Hoagland – è nel (tentare) di capire che cosa abbiamo (prima) visto e (poi) trovato) sulla Luna che ci ha così “turbato” da spingerci ad abbandonarla proprio nel momento in cui avevamo gettato – con successo! – le basi per costruire un “ponte” il quale ci avrebbe, in pochissimi anni, portato ad una pregnante colonizzazione del nostro Satellite nonché ad una sostanziale ridefinizione delle nostre conoscenze e – riteniamo – anche della nostra Cultura e del nostro Stile di Vita.

Ma che cosa possiamo speculare a proposito di questa “colonizzazione mancata”?

In realtà tante cose.

Per esempio, come lo stesso Hoagland ci ha raccontato (e noi non abbiamo davvero motivo di dubitare della sua sincerità ed onestà intellettuale), la colonizzazione della Luna ipotizzata dalla NASA stessa venne (sempre a fini propagandistici) “notificata” – con solerzia ed ampia magnitudine di dettagli – al grandissimo regista Sir Stanley Kubrick allorché egli interpellò l’Ente Aerospaziale Americano mentre si accingeva a creare quell’indimenticabile capolavoro cinematografico che è stato “2001 – A Space Odyssey” (1968).

Una colonizzazione – nel senso di realizzazione di un avamposto Lunare permanente – che si sarebbe dovuta completare (anche andando “lentissimi”…) entro la fine del millennio (diciamo a cavallo degli Anni 1995/1999) o, al più tardi, per la Primavera del…2001 (guarda caso…).

Ed in quale Regione della Luna la NASA pensò di realizzare questa base permanente (attenzione: prima di fare confronti e valutazioni affrettate non dimenticate che Vi stiamo raccontando un’idea nata intorno al 1967)?

Vi rammentate quando, qualche mese fa, parlammo dei “Picchi della Luce Eterna”?

Si tratta, come ricorderete, di alcune zone della Luna le quali, come ipotizzato dall’Astronomo Flammarion e come di recente confermato dalla Sonda ESA SMART-1 (ma noi abbiamo ragionevole motivo di ritenere che questa informazione fosse già acquisita sin dalla metà degli Anni ‘60…) sarebbero perennemente illuminate dal Sole (ergo da una sorgente eterna di energia pulita).

Ma non è tutto: accanto ai menzionati bacini di Luce Eterna (e cioè nelle prossimità di questi altopiani perennemente illuminati) sembra pure che esistano dei crateri profondissimi – e perennemente immersi nell’oscurità – sul fondo dei quali potrebbero trovarsi dei ghiacciai (ossìa delle sorgenti non eterne, ma comunque enormi, d’acqua e di energia): una situazione logistica formidabile per pensare ad un insediamento permanente.

Ebbene non lontano da questi luoghi ideali (Vi ricordiamo che, sulla base dei dati in nostro possesso – fonte ESA: Missione SMART-1) sono relativamente vicini al Polo Nord della Luna), esistono svariate zone suscettibili di essere impiegate per la creazione di Basi.

Ma non è tutto. Negli Anni ’60/‘70 l’idea che andava per la maggiore diceva che di questi “bacini di Luce Eterna” ve ne fossero anche in prossimità del Polo Sud Lunare.

Sì, il Polo Sud: un’altra “zona interessante”, anche se sembra – recentemente – essersi dimostrato che in quelle Regioni esistano, al massimo, delle aree di illuminazione “quasi-permanente”.

E non molto lontano dal Polo Sud Lunare e dagli altopiani (quasi) perennemente illuminati dalla luce del Sole, esiste un cratere di nome “Clavius”.

Forse si tratta di un caso e forse no ma, tutto ciò premesso, riuscite a ricordare o ad immaginare qual era il nome della Base Lunare Americana ipotizzata da Sir Arthur C. Clarke nel suo romanzo e visivamente immaginata da Sir Stanley Kubrick nel suo film? Ebbene sì: era proprio Clavius.

Ed il titolo del brano musicale che accompagnava gli Astronauti USA mentre si accingevano a visitare il famoso Monolito rinvenuto sulla Luna nelle prossimità del Cratere Tycho (partendo proprio da Clavius)? Anche questo quesito ha una risposta agevolmente intuibile: Lux Aeterna (del compositore Gyorgi Lygeti).

Tutte coincidenze?

Può essere, ma l’idea che la NASA, sin dall’alba degli Anni ‘70, fosse certissima del prosieguo (che sarebbe stato – diciamo inevitabilmente – coronato dal successo) del Moon Programme (con realizzazione di una Base Lunare fissa in prossimità di un bacino di Luce “quasi-permanente” e, dunque, negli immediati paraggi del Polo Sud del nostro Satellite) a noi sembra un fatto evidente.

Fu per altro la NASA (e questo è un altro dato ormai certo ed acquisito) a fornire preziose consulenze – leggi: dati, informazioni, mappe e quant’altro – a Sir Stanley allorché realizzò il suo Capolavoro.

E fu pure la NASA ad “imbeccare” – come dice sorridendo l’Amico Richard – qualche anno prima, lo scrittore Arthur C. Clarke.

Certo: allora si parlava del Polo Sud, mentre oggi i bacini di Luce Eterna sono/sembrano essere stati individuati solo al Polo Nord, ma il concetto scientifico sottostante alle due situazioni (sebbene “polarmente opposte”) a noi pare identico: Luce Eterna (o quasi, dovunque fosse) voleva già dire – 35 anni fa o forse di più – “eterna fonte di sostentamento”.

Clavius non fu scelto “a caso” da Clarke e Kubrick, così come non furono scelte a caso dalla NASA le aree di Landing.

Ma che cosa successe, dunque, dopo le prime Missioni?

Perché andò tutto all’aria?

Perché, ad esempio, la Missione che avrebbe dovuto portare tre Astronauti proprio nella zona inquadrata dal frame AS 10-4822 (e cioè la Regione di Hyginus Rille – “…APOLLO 20. Late 1972 or early 1973. Land near the Hyginus Rill, a long, major canyon, for a stay of about 70 hours. Investigate canyon for possible lunar core material…”) fu la prima ad essere cancellata?

Da chi venne dato l’ordine?

E poi perché proprio Hyginus Rille?

Forse Hoagland aveva visto giusto?

Come vedete, abbiamo un notevole quantitativo di elementi che ci inducono a ritenere che le speculazioni operate dal Prof. Hoagland non sìano esattamente peregrine, così come pure abbiamo degli elementi che ci inducono a pensare il contrario.

L’unico dato certo, sempre a nostro parere, è che qualcuno sta disperatamente cercando di mantenere le scoperte fatte sulla Luna (alcune vecchie di oltre quarant’anni) “ben nascoste” e, sebbene il lavoro e la dedizione messi da tanti Ricercatori riescano – di tanto in tanto – a dare qualche risultato ed a sollevare un po’ di polvere da questi files dimenticati, la strada da percorrere prima di illuminare il Dark Side of the Moon resta ancora lunga.

Molto lunga.

di Lunar Explorer Italia e Paolo C. Fienga

Fonte: Nexusitalia.com