Il Guerriero responsabile

Il Guerriero responsabile
guerra
John Mack (foto © Stuart Conway 2002)

Molti leaders nazionali comprendono che non è difficile soffocare le critiche durante una guerra in corso. Un leader deve solo enfatizzare una minaccia alla sicurezza nazionale e la necessità di “supportare le truppe”. Persino il dubbio e l’analisi possono essere definite attività antipatriottiche, durante i conflitti. Questo funziona, tuttavia, solo finchè la guerra sembra “andare bene”. Molte delle critiche ora dirette sulla conduzione della guerra in Iraq non sono nuove, ma le voci sobrie che predicevano l’attuale crisi della leadership sono state annegate durante il periodo di apparente successo. Io credo che ci siano principi per una forte leadership che trascendono la partigianeria. Però temo che se falliamo nel comprendere cosa siano, la violenza di massa in questo o in futuri conflitti andrà sempre più fuori controllo e il mondo scenderà ulteriormente nell’abisso. T.E. Lawrence (“Lawrence d’Arabia”) e Winston Churchill delinearono i confini attuali della Giordania e dell’Iraq. Lawrence fu un leader di guerra insolito, che si prese a pieno, persino esagerando, la responsabilità personale per ogni aspetto del conflitto in cui partecipò, la rivolta degli arabi contro l’Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale.

“Il mio dovere personale era il comando”, scrisse Lawrence in Seven Pillars of Wisdom, il suo racconto epico della Rivolta Araba, “e il comandante, come l’architetto, era responsabile di tutto”. C’erano chiaramente, uomini al di sopra di lui come il Generale Edmund Allenby e il primo ministro britannico, David Lloyd George. La rivolta era però lo “show” di Lawrence, lui era responsabile non solo della sua strategia, organizzazione e coordinazione, ma, per sua stessa determinazione, delle vite di ogni partecipante. Dietro a questo estremo e in qualche modo prezioso senso di responsabilità, Lawrence ad appena 28 anni iniziò l’organizzazione delle tribù in Arabia e in Giordania, ha odiato quella che lui chiamava “guerra omicida” e ha lottato disperatamente per limitare la perdita di vite umane. Solo come ultima risorsa, ha scritto, “dovremmo essere costretti allo scorrere disperato di sangue e alla ‘guerra omicida’. . . Per l’uomo razionale, guerre di nazionalità erano tanto un trucco quanto le guerre di religione.”

Le persone hanno visioni diverse della natura della leadership militare efficace. Certamente significa comunque più del coinvolgere le persone, cosa che può essere raggiunta manipolando tramite la paura e l’emotività. Il coraggio fisico, la volontà di prendersi la responsabilità, persino se significasse il rischio in prima persona di quanto si chiede agli altri e l’insistenza nel voler sapere cosa stia realmente accadendo e nel parlarne sinceramente, anche se l’informazione è scomoda, sono ingredienti essenziali per una forte leadership.

Altre qualità indispensabili includono l’abilità di formare relazioni costruttive con gli altri, inclusi gli alleati, i superiori e quelli sotto il comando del leader e una capacità di comunicare lucidamente e coerentemente il proposito della missione.

Quando queste qualità sono presenti, si possono sviluppare strategie che minimizzino le perdite di vite da entrambe le parti, in una guerra.

Quando sono assenti invece, il conflitto può divenire inutilmente distruttivo e la struttura di comando può crollare.

Durante il corso di un altro conflitto centrale nel futuro del Medio Oriente, T.E.Lawrence sembrava impersonare queste qualità essenziali per una leadership di successo. Egli rischiò la propria vita ripetutamente, a volte per moderare le dispute tribali che avrebbero messo a rischio la campagna. Egli riuscì ad articolare chiaramente i fini della rivolta, anche se soffrì amaramente per essere stato incapace di parlare sinceramente sul livello in cui i poteri superiori avrebbero permesso agli arabi di trattenere la libertà vinta in campo. Soprattutto, è stato in grado di avere il rispetto degli uomini con cui ha combattuto. I membri delle tribù arabe che affiancarono Lawrence durante la rivolta mi chiarirono che lui capiva la loro cultura, la loro psicologia e le loro necessità particolari. Erano orgogliosi di seguirlo. Nella situazione attuale in Iraq, questi elementi essenziali di una leadership efficace sembrano largamente mancanti. Colpisce specialmente la tendenza quasi riflettente degli ufficiali americani, nel trovare chi incolpare per qualsiasi cosa vada storta.

E’ un errore pensare alla perdita di controllo e al comportamento atroce del personale militare di basso grado ad Abu Ghraib e altrove, come eccezioni. Tale comportamento è il risultato diretto e praticamente inevitabile della rottura della catena di comando, a cominciare dagli alti funzionari. In questo momento terribile stiamo osservando i risultati di una guerra perseguita da una leadership che sembra essere singolarmente priva di capacità di dubitare, di porsi domande o di riconoscere gli errori. Siamo stati immersi in un caos morale che può finire solo quando le menti più sane, “man rationale” nelle parole di TE Lawrence, saranno in grado ancora una volta di assumere autorità in questa nazione.

Si ringrazia il John E. Mack Institute per la gentile concessione

© 2004 John E. Mack, M.D.
Originally published in The Boston Globe | Op-Ed, 1 Giugno, 2004

johnemackinstitute.org