Il rifiuto dei rifiuti

Il rifiuto dei rifiuti

rifiutiL’idea di distruggere completamente il rifiuto è per legge di natura non attuabile.

Anzi “rifiutare il rifiuto” – invece di includerlo correttamente in una filiera del riciclo pensata a monte della produzione stessa della confezione o involucro – porta a produrne di più e di tipo più indifferenziato. Da dati venuti in possesso dell’autore risulterebbe che l’inceneritore di Brescia nell’anno 2000 ha trattato 265.000 tonnellate di rifiuti. Questo trattamento ha prodotto ben 357.000 tonnellate di materiale. Sembra impossibile vero? Invece è proprio così! Come si può risolvere il problema?

Il pianeta Terra ha circa 4,6 miliardi di anni ed in tutto questo tempo, e cioè dal periodo della sua formazione fino a circa una cinquantina di anni fa, non ha mai dovuto fare i conti con il problema dei rifiuti. La natura è talmente ben organizzata che non ha bisogno di creare cumuli di spazzatura.

Tutti i processi naturali sono realizzati in modo che le poche scorie prodotte sono automaticamente riciclate. Anche l’uomo nel periodo pre-medioevale o post-medioevale non ha alterato eccessivamente questa organizzazione della natura. Infatti, i prodotti di consumo principali erano costituiti per la maggior parte da legno ed erano riciclati perfettamente. Inoltre, i consumi erano praticamente ridotti poiché ad appannaggio delle sole caste ricche, e anche in questi casi i materiali naturali usati entravano nel processo di riciclo naturale non provocando il minimo danno. Il concetto della busta di spazzatura è un concetto estremamente moderno, infatti è stato negli ultimi cinquant’anni che l’uomo della terra ha creato il concetto di rifiuto come problema.

Il rifiuto domestico è quindi una sorta di scoria che si produce dalla manipolazione di materiale che acquistiamo ed adoperiamo e dalla eliminazione di residui, generati dalla gestione del cibo di cui ci nutriamo. Globalmente questo insieme di materiali sgradevoli e “inutili” sono il prodotto di una specie di metabolismo della nostra società di consumi.

Tipicamente noi compriamo grossi quantitativi di rifiuti senza accorgercene.

E’ stato dimostrato, che nella maggior parte dei casi, il materiale che realmente utilizziamo, cioè il netto di acquisto, è inferiore al 50% del peso dell’intero ammontare di materiale che trasportiamo nelle nostre case. Quindi, tramite la spesa di ogni giorno, trasportiamo all’interno delle nostre case involucri, contenitori, barattoli che inesorabilmente si trasformano in spazzatura. E’ una situazione inverosimile che si presenta per la prima volta nella civiltà organizzata.

In massima parte il volume del rifiuto moderno è costituito da materiale usato per il confezionamento di beni di consumo, da plastica e da prodotti organici di scarto (l’umido) che inizialmente nella precedente società preindustriale veniva riciclato direttamente. Infatti, i prodotti organici, quelli che costituiscono l’umido, erano trasformati in concime e servivano per fertilizzare il terreno. L’uomo moderno, almeno quello che vive in città, non può riciclare l’umido, poiché questa operazione è difficile, laboriosa e per una famiglia moderna è purtroppo di scarsa utilità. Inoltre, qualora volesse essere eseguita, dovrebbe essere effettuata solamente dove esistono ampi spazi di terreno disponibile. In poche parole, tre parametri principali hanno influito per rendere drammatico questo processo di creazione del rifiuto moderno. Il confezionamento dei beni di consumo che usano volumi di materiali sempre più strutturati, disomogenei e dotati di grandi dimensione, l’impossibilità di riciclare l’umido e l’incremento dell’acquisto di beni di ogni tipo grazie agli esagerati ed a volte anche falsi messaggi propagandistici prodotti dall’attuale società capitalistica. Fra questi la plastica usa e getta.

C’è un piccolo problema che l’uomo moderno dovrebbe capire prima di fare qualsiasi altro discorso in merito al problema dei rifiuti ed è il fatto che questo materiale (parliamo del rifiuto casalingo vero e proprio) oggi come oggi è costituito da un numero molto variegato di materie. Queste materie sono una ricchezza inestimabile. Alcune di queste materie sono ben visibili nella massa del rifiuto, come il vetro, la carta, il metallo ecc., ma, altre materie sono presenti in piccolissima quantità ed in alcuni casi esse sono costituite da elementi chimici in tracce presenti nella parte umida. Non voglio dimenticare di elencare anche altri tipi di elementi che sono distribuiti in piccole quantità e fanno parte dei vari tipi di materiali usati nelle confezioni, nei giocattoli, o in svariati altri tipi di materiali che siamo portati ad introdurre nel nostro sacchetto di immondizie.

Qual è il problema…?

Il problema è che se supponessimo di trovare un sistema moderno, tipo un raggio disintegratore (mi lasci il lettore fare le ipotesi più assurde) per distruggere completamente il rifiuto, riusciremo a risolvere il problema solo momentaneamente, nel senso che non avremo più certamente fra i piedi il sacchetto di immondizia, oggetto di tanto scandalo che evidenzia le nostre debolezze, ma ahimè,…molto presto la crosta terrestre si impoverirebbe di diversi tipi materiali rendendo la nostra vita futura difficile ed in alcuni casi impossibile. Pensate che elementi come il molibdeno e il selenio che erano abbondanti nei terreni nei periodi passati, oggi stanno diminuendo. Questi minerali sono usati dalla natura per la crescita biologica delle varietà di piante presenti in agricoltura e quindi lo snodato sfruttamento dei terreni agricoli senza operare un naturale riciclo, tramite il letame e altri materiali organici essenziali, ne provoca l’impoverimento. Anche tanti altri elementi, che non menzioniamo in questa sede, stanno diminuendo inesorabilmente dai nostri terreni.

Questi minerali, presenti in piccole quantità e facenti parti di un delicato equilibrio fra acqua, terreno, funghi ed animali, sono essenziali per ottenere un ciclo di crescita regolare delle piante che coltiviamo e non sono facilmente integrabili chimicamente. Forse il sapore delicato che non riusciamo più a sentire delle nespole o delle pesche moderne o di altri frutti della terra che hanno subito in questi anni trasformazioni dei loro cicli di crescita, dipende anche da questo impoverimento dei suoli che a lungo andare potrebbe provocare la sterilità degli stessi terreni.

“Appena il primo suonò la tromba, grandine e fuoco mescolati a sangue scrosciarono sulla terra. Un terzo della terra fu arso, un terzo degli alberi andò bruciato e ogni erba verde si seccò.”
– Apocalisse di San Giovanni –

In parole semplici quello che vogliamo qui affermare è che il problema rifiuti deve essere esaminato molto attentamente per evitare danni irreversibili all’ecosistema terrestre, il quale è già troppo martoriato da ulteriori fattori, quali la deforestazione, l’avvelenamento dei fiumi e la distruzione di specie viventi che partecipano al delicato equilibrio della vita di questo pianeta.

Qualora volessimo distruggere il rifiuto in un inceneritore ci troveremo di fronte ad un altro grosso problema. Innanzitutto, una nota legge della chimica dice che niente si crea e niente si distrugge, quindi è evidente che un inceneritore agisce solo trasformando il materiale che viene posto all’interno e che non lo distrugge affatto. Anzi, l’intero ciclo di trattamento ed incenerimento del rifiuto necessiterebbe l’uso di altro materiale che deve essere aggiunto e quindi consumato, parlo dell’acqua e dell’ossigeno (preziosi materiali vitali). Da dati venuti in mio possesso risulterebbe che l’inceneritore di Brescia nell’anno 2000 ha trattato 265.000 tonnellate di rifiuti. Questo trattamento ha prodotto ben 357.000 tonnellate di materiale. Sembra impossibile vero? Invece è proprio così!

Cosa sono queste 357.000 tonnellate di materiale prodotte dall’inceneritore di Brescia a discapito delle 265.000 tonnellate di rifiuto introdotto all’ingresso per il trattamento?
Presto detto: 74.000 tonnellate sono costituite da rifiuti speciali solidi di cui 58.000 tonnellate di scorie, 3.000 tonnellate di ceneri e 13.000 tonnellate di polveri fini. Totale, 58.000 + 3.000 + 13.000 = 74.000. Altre 283.000 tonnellate sono state prodotte sottoforme di anidride carbonica (principale responsabile dei gas serra). Infine, 283.000 + 74.000 = 357.000.
Non posso garantire che queste cifre siano precise ma, conoscendo il funzionamento di un impianto di termovalorizzazione o incenerimento a dir si voglia, vi garantisco che il processo termico produce inevitabilmente questo tipo di sproporzione fra i materiali posti all’ingresso e quelli che otteniamo in uscita. Provate a chiedere ad un chimico se la proporzione stechiometrica del processo che vi ho appena indicato non è effettivamente questa.

Chiunque abbia avuto modo di osservare un camino acceso, si è reso conto della enorme quantità di gas prodotti che si avviano nel fumaiolo e della cenere che si raccoglie alla fine del processo. Tutto questo dopo la completa distruzione di pochi tronchi di legno. Diciamo anche, che l’esempio appena fatto non rende bene l’evidenza rispetto a quella di bruciare un rifiuto moderno. Il legno è un materiale ricco di carbonio e quindi produce molta anidride carbonica e libera anche grandi quantità di energia termica. Un rifiuto è materiale complesso che deve subire un trattamento ed in ogni caso le scorie incombuste sono molto variegate e complesse. Inoltre, l’energia prodotta dall’eventuale incenerimento di un rifiuto dipende solo dalla presenza di materiale ricco di carbonio. Il lettore anche non esperto può facilmente concepire l’enorme problema che costituisce il trattamento del rifiuto e quindi il consumo di energia e materie durante il processo.

Inoltre, c’è un altro piccolo problema. Sembrerebbe che dal fumaiolo di un inceneritore oltre ai gas serra appena menzionati vengano prodotti anche ingenti quantità di nanoparticelle. E’ risaputo dalla scienza che combustioni ad alta temperatura oltre ai normali gas, producono anche particelle piccolissime dell’ordine dei nanometri (miliardesimi di metro). Queste particelle sono fatte da materie presenti e costituenti il materiale stesso posto nel processo di incenerimento, possono essere costituite da carbonio, metalli pesanti, ferro, alluminio o altro materiale. La loro pericolosità non dipende dall’elemento di cui sono fatte, ma dalla dimensione piccolissima che assumono. Recenti studi della dr.ssa Antonella Gatti dell’Università di Modena e Reggio Emilia e del dr. Montanari della stessa Università, sembrano dimostrare che queste particelle al diminuire delle loro dimensioni risulta maggiore la loro capacità di penetrare nei tessuti corporei umani. Già per il PM10 (10 micrometri) è risultata una relazione diretta con i dati di mortalità cardiogena e respiratoria della popolazione esposta alle polveri. Le nanoparticelle che hanno una dimensione di svariati ordini di grandezza inferiore alle PM10 sono in grado di penetrare attraverso la cute e influenzare direttamente la biochimica delle cellule, e quindi essere la fonte di malattie degenerative e neoplasie molto gravi. Inoltre, le nanoparticelle non interessano solamente l’area in cui è situata una centrale di incerenimento, visto che esse possono essere diffuse per centinaia e centinaia di chilometri. Addirittura, alcuni esperti fanno osservare che in determinate condizioni atmosferiche possono essere diluite su tutta la superficie della terra.

“Gli fu data la chiave del pozzo dell’Abisso; egli aprì il pozzo dell’Abisso e salì dal pozzo un fumo come il fumo di una grande fornace, che oscurò il sole e l’atmosfera.“
– Apocalisse di San Giovanni –

Quindi, anche se in prima approssimazione l’utilizzo di inceneritori potrebbe eliminare lo scomodo e sconveniente problema della spazzatura, alla lunga si produrrebbero danni estremamente gravi sia per la salute di tutta la popolazione mondiale che per la distruzione di importanti risorse che l’uomo ha estratto dalla corteccia terrestre.

Come si può risolvere il problema?

Secondo me il problema deve essere attentamente analizzato da tutta la comunità mondiale ed è necessario farlo alla svelta. Non voglio lanciare allarmi esagerati che potrebbero essere anche falsi, ma non si deve perdere tempo. In primo luogo, bisognerebbe promulgare leggi e normative che obblighino i produttori di beni di consumo a realizzare confezioni che siano in linea con le necessità di differenziazione del rifiuto. Se una scatola o contenitore è fatto di due o più materiali questi ultimi devo essere facilmente separabili e devono portare un contrassegno evidente che li caratterizza per permettere il riconoscimento del materiale da chiunque. Questi marchi devono essere apportati anche ai materiali metallici in modo che il cittadino possa facilmente riconoscerli e differenziarli. Normative molto stringenti dovrebbero essere emanate per ridurre veramente al minimo quei materiali compositi che per loro natura presenterebbero problemi di recupero.

Le amministrazioni dovrebbero organizzare processi di recupero della spazzatura, quindi differenziazioni a carico del cittadino che devono essere, per la maggior parte dei casi, le stesse per ogni regione e per ogni nazione della terra. Questo, con lo scopo di generare coerenza e di non produrre confusione. Leggi particolari devono essere promulgate per agevolare il cittadino in questa sorta di nuovo mestiere del futuro e le agevolazioni devono ovviamente comprendere sgravi economici nella tassazione del rifiuto stesso. Dai media dovrebbero partire campagne di sensibilizzazione a tappeto e nelle scuole dovrebbero essere istituiti programmi di informazione relativi. Questi programmi di istruzione e le comunicazioni dei media dovrebbero partire sincronicamente e non prima che una commissione abbia deciso esattamente quello che deve essere fatto. La stessa commissione potrebbe esaminare la possibilità di riproporre il vetro come contenitore utilizzabile per il trasporto e la vendita di vari prodotti liquidi di consumo alimentare. Questo anche per generare un veicolo alternativo a quei materiali compositi che potrebbero generare nel processo di differenziazione troppi problemi.

Esaminiamo una probabile proposta di soluzione

Ogni cittadino dovrebbe disporre in ogni abitazione di un certo numero di contenitori colorati ben stabiliti nei quali riversare il materiale da differenziare. Il colore di questi contenitori deve corrispondere esattamente a quello utilizzato dalla normativa e lo stesso colore deve essere citato e riportato in tutte le informazioni successive, questo per essere coerenti, per fare una regola chiara e per ridurre ogni tipo di eventuale errore. Grazie alle campagne di sensibilizzazione e di informazione nonché l’applicazione delle norme sul confezionamento dei prodotti, l’utente dovrebbe essere in grado di effettuare il differenziamento che avverrebbe nei contenitori menzionati. Esempi potrebbero essere un contenitore per la carta/tessuti, vetro, plastica, batterie, alluminio/metalli e umido organico (tanto per cominciare). Se correttamente differenziato il rifiuto può sostare nei contenitori anche una settimana. Questo termine è limitato unicamente dal contenitore per gli umidi che sarebbe l’unico a richiedere lo svuotamento nell’arco di questa settimana o anche prima. Questo problema, comunque, può essere esaminato in modo differente.

Per gli altri materiali il cittadino dovrebbe disporre di buste trasparenti nelle quali riversare il materiale differenziato per tipologia e decidere il momento di trasporto del materiale nel centro di raccolta. In ogni città dovrebbero essere situati dei centri di raccolta del rifiuto organizzati in modo da avere del personale in grado di pesare e giudicare l’effettiva qualità della separazione. Il cittadino quindi, potrebbe trasportare con i propri mezzi il rifiuto (diciamo ogni settimana per esempio) al più vicino centro di raccolta. Oppure, a seconda dei casi, potrebbero essere utilizzati dei raccoglitori mobili porta a porta ma, questo verrebbe deciso dallo stesso cittadino. Ad ogni modo, quello che risulta importante è giudicare la qualità della differenziazione e nel caso che la busta di materiale sia stata ben differenziata (questo da un insindacabile giudizio visivo o strumentale del tecnico) il prodotto viene pesato ed accettato. A questo punto, tramite una scheda magnetica l’utente viene registrato e inserirto nei meccanismi di sgravio fiscale che non esamineremo in quest’articolo.

I materiali pesati e catalogati nei centri di raccolta potranno essere avviati direttamente presso le strutture di recupero come società produttrici di alluminio, vetro, plastica ecc. Le agevolazioni di sgravio date al cittadino che differenzia correttamente il rifiuto, che potrebbero essere applicate in funzione della quantità ottenuta sottoforma di buoni, porterebbe quest’ultimo ad impegnarsi attivamente a produrre un’alta qualità di rifiuto differenziato. Addirittura potremo osservare il fenomeno (inusitato attualmente) che un cittadino raccolga un eventuale rifiuto trovato per strada per aumentare il volume della sua produzione per ottenere maggiori agevolazioni fiscali. Tutto questo renderebbe le nostre strade molto più pulite e creerebbe un meccanismo a reazione nel quale potrà essere riciclato quasi tutto.

Questo meccanismo potrebbe avvicinare maggiormente la società umana moderna, con i sui ritmi, i suoi consumi, le sue malsane abitudini ai cicli naturali della natura, quindi contribuire a regalare al mondo, che abbiamo preso in prestito dai nostri figli (così come ha affermato recentemente Roberto Benigni), una veste migliore, più pulita, ma soprattutto in grado di farci sopravvivere.

Ennio Vocirzio
scienzaeconoscenza