Riflessioni sul concetto di infinito e sui suoi limiti neuropsicologici…

neuropsicologici…che bloccano le concezioni logiche dell’universo.

Nella storia millenaria del pensiero occidentale ci sono tendenze fondamentali che sono costanti. Della tendenza alla Simmetria e al Determinismo ne ho già parlato a lungo. La terza tendenza è da identificarsi nell’assolutizzazione dei concetti e nella loro successiva universalizzazione. Alla base di queste tre tendenze c’è un’anomalia congenita(1). Quest’anomalia ha come caratteristica un dualismo strutturale che poi si rispecchia nella struttura neurologica degli Oggetti Mentali che vanno a formare il pensiero.

Il cervello stesso si è evoluto con queste interferenze, oltre all’influenza della forza gravitazionale in organi specifici, come ad esempio l’apparato vestibolare che assorbe direttamente l’effetto gravitazionale attraverso i canali semicircolari od il chiasma ottico che porta ad una visione 3D, fino all’idea che la stessa suddivisione della struttura emisferica e delle sue diverse specifiche funzioni siano un fatto condizionato dall’evoluzione, che a sua volta dipende da un dualismo strutturale da parte del sistema specifico (contenuto) e non specifico (contesto).

Ma poteva andare tutto diversamente. L’evoluzione infatti non è deterministica, anche se le categorie mentali spingono verso tale direzione. Quest’anomalia dualistica è alla base del dualismo percettivo che è stato sempre un grosso problema e per la filosofia e per la scienza in generale. Si tratta del disequilibrio perenne fra SOGGETTO-OGGETTO. Da questo punto di vista possiamo, a sommi capi, dividere gli albori del pensiero filosofico in tre periodi:

  • 1. Periodo cosmologico: più spostato verso l’Oggetto (oggi diremmo verso il Sistema Specifico)
  • 2. Periodo antropologico: spostato verso il Soggetto (sistema non specifico)
  • 3. Periodo Ontologico: ricerca dell’equilibrio Soggetto – Oggetto (sistema specifico e non)(2)

Il limite neuropsichico verso il concetto di infinito. Differenza concettuale tra fisica e matematica a partire da Aristotele.

Aristotele fu geniale nel porre la differenza tra potenza ed atto. Egli, col PRINCIPIO DI RICORRENZA (ad un numero ne segue sempre un altro), diede l’idea di un infinito potenziale, un infinito che matematicamente si può afferrare. Non è così in una dimensione fisico-astronomica. Keplero si era già accorto di questo limite psichico del pensiero quando affermava che “In verità un corpo infinito non può essere afferrato dal pensiero”(3). Dai miei studi recenti(4) ho messo in luce la traslazione successiva (transfert) che segna il passaggio dal simbolo al segno. Quest’ultimo è specifico della struttura matematica. Questo l’ha messo in luce Freud qualche migliaio di anni di distanza da Aristotele.

Quello di Freud è un passaggio dall’inconscio irrazionale al conscio attraverso il gradino intermedio del preconscio. Ed ancora, su Freud vale sempre lo studio sull’onnipotenza dell’Io, nel caso Dostoievskij(5) da me ripreso insieme a recenti studi che hanno appurato, studiando l’epilessia clinicamente, che il NERVO VAGO è un deterrente nei confronti del concetto di infinito.

Studi sull’insiemistica dimostrano che la struttura matematica può sfuggire col transfert solo apparentemente ai limiti neuropsicologici del pensiero.

Anche Newton ha creduto di sfuggire ai limiti psichici immaginando un cosmo infinito, ma all’interno della geometria euclidea non può che essere una contraddizione. La contraddizione è segnata dal non superamento dell’anomalia simmetrico-percettiva, che ha come risultato il tridimensionale.

LA STRUTTURA INSIEMISTICA:

Dall’esperienza cerrionese mi sono convinto delle due caratteristiche essenziali che collimano con l’anomalia insita nella struttura della formazione della coscienza e del simbolo. In piú c’è quella traslazione mediante il preconscio. Questo passaggio evita alla matematica in generale il blocco al concetto di infinito. ma l’ostacolo piú grande dell’anomalia dualistica rimane il non superamento del 3d. Questo pone il concetto di infinito nella culla della geometria euclidea, come è successo in newton. La soluzione di cantor per il concetto di infinito non e’ piú il principio di ricorrenza ma è una teoria che riguarda gli insiemi. un insieme è una collezione di oggetti.

È come se un pastore, invece di contare le pecore quando escono ed entrano dal pascolo, associasse un sasso ad ogni animale perso da un mucchio. Se avanzano dei sassi mancheranno delle pecore.

Ad esempio:

N = (1,2,3,4,5,6,7,8 ……)
I numeri interi sono per metà dispari e per metà pari. Per Cantor* ogni numero dispari possiede un compagno che è pari. Anche in questo caso i passaggi della struttura di Cantor non riescono ad evitare l’indiscutibilità del principio dualistico-simmetrico. Cantor intuì gli insiemi come una collezione di cose. I numeri interi positivi formano un insieme:

N =(1,2,3,4,5,6,7,8,9, …..)

I numeri pari, E =(2,4,6,8,10,12 …..)

Se ad ogni intero corrisponde il suo doppio si trova la corrispondenza fra N ed E. Anche in questo caso la logica DUALISTICA predomina.

insiemi-ne

GLI ESCAMOTAGE DI CANTOR

Egli ragionò sui numeri reali e giunse a questa conclusione: i numeri reali non possono essere elencati. Se vogliamo un ordine di R dobbiamo cercare un ordine infinito più elevato. Alla fine ammette il dualismo degli infiniti. Il concetto di CARDINALITÁ è un concetto SIMBOLICO, la sintesi dei due INFINITI. Ovvero, Cantor dimostra in negativo l’impossibilità del concepire l’infinito o, se lo si concepisce matematicamente, si cade nell’errore logico del “MULTINFINITO” con R (numero reale) con “un ordine di infinito più elevato” (Cantor). La CARDINALITÁ, in questo senso, è la sintesi del multinfinito, vale a dire che c’è un infinito (Q) ed un infinito più elevato (R). In questo senso la Cardinalità è la sintesi (simbolo) ma il simbolo non può reggersi nella traslazione (Transfert).

  1. Il limite neuropsicologico del concetto stesso sta nel fatto che è un concetto già sublimato;
  2. l’ulteriore passaggio dal simbolo al segno non risolve il limite gnoseologico, anche se diamo come presupposto che il recipiente che deve contenere gli insiemi sia infinito, ma il blocco neurologico del NERVO VAGO(6) non consente la sua percezione.

È qui che si verifica la separazione fra la struttura della fisica teorica e la matematica. In matematica, col principio di RICORRENZA, si rende visibile una struttura dell’infinito che non corrisponde a quella della REALTÁ(7). Cantor accetta il presupposto di Bolzano, “non c’è un solo infinito ma parecchi”, ma sia Bolzano sia Cantor non conoscono i limiti neuropsicologici legati al concetto. La contraddizione irrisolta è quella antica fra l’unità e il molteplice. ESISTE UN’INFINITÁ DI FINITI CHE FANNO UN SOLO INFINITO. Cioè, esiste un’infinità di insiemi (numeri cardinali) che fanno un unico insieme infinito.

OGGETTO MENTALE – ENTITÁ ARITMETICHE – ENTITÁ GEOMETRICHE

Fare ordine significa unificare numero e realtà, geometrizzando il concetto. Significa da un lato ritornare al pitagorismo, dall’altro evitare di identificare il concetto con la realtà scambiandole come ha fatto Pitagora, riducendo così lo schema simmetrico-deterministico come condizione ontologica del reale. In questo modo si evita anche la distinzione aristotelica fra infinito potenziale e infinito in atto, cioè si evita il PRINCIPIO DI RICORRENZA. Bisogna pensare al numero come “un pezzo” di materia. In funzione dei cardinali finiti come insiemi di materie specifiche in un continuo di materia infinita (cardinale infinito), non percepibile, lo schema di Cantor dei due infiniti (pari e dispari) non sussiste, in quanto nel punto N è già compresa la numerazione E o viceversa.

Se ammettiamo questo, cadiamo nell’Eleganza della matematica, ovvero nell’ANOMALIA DUALISTICA CLASSICA che nega L’INFINITO UNICO. Zenone era sulla strada giusta, ha deviato il limite A-B, ed ha fatto intravedere l’infinito in tutte le direzioni. (* Cantor, Saggi, 1972.)

Immagine: Georg Cantor
Riferimenti:
1. Roberto Ettore Bertagnolio, Limiti neuropsicologici del pensiero occidentale in rapporto alle moderne concezioni fisiche e astrofisiche, MJM editore, Meda 2011, p. 158 http://www.lswn.it/node/10879
2. Vedere storia della Filosofia, N. Abbagnano, Utet, To.
3. Jean Pierre Luminet, Marc Lachièze-Rey, Finito o Infinito, Le scienze (ed. speciale 2oo8 Roma), p. 23.
4. Mjm, editore, R. E. Bertagnolio, 2011, MI, p. 35
5. S.Freud, Boringhieri, Shakespeare, Ibsen, Dostoievskij, p.64, 1976, To, prima edizione 1976, TO
6. Vedi il mio studio sul nervo vago pubblicati da MJM (meda) 1011, p. 97
7. In Aristotele, Fisica, Il cielo

Roberto Ettore Bertagnolio


Mi chiamo Roberto Ettore Bertagnolio, mi sono laureato a Torino con Vattimo nel 1980 con una tesi sul pensiero estetico di Enzo Paci. Da allora per ragioni essenzialmente gnoseologiche ho imboccato percorsi molto distanti dall’Estetica. Risiedo a Cerrione Vergnasco (Bi) dove insegno, negli ultimi 20 anni mi sono occupato delle strutture del pensiero ed ho sviluppato una “teoria neuroscientifica della conoscenza” partendo dalle “topiche” freudiane e collegandole alla logica neuroscientifica, in particolare teorizzata da Jean Pierre Changeux.

Ho collegato il meccanismo di percezione coscienza alla teoria neuroscientifica che distingue fra immagini mentali nell’assenza dell’oggetto dalle percezioni o sensazioni che hanno luogo in presenza dell’oggetto. Il tracciato della mia ricerca è il seguente: coscienza-psiche-mente-conoscenza-struttura del pensiero- prodotto culturale. Mi ha interessato, inoltre in questi anni, soprattutto il ruolo cognitivo della coscienza. Quest’ultima per aver tale ruolo deve possedere le connessioni dialettiche con la psiche e la mente.

Non bastano a mio avviso le distinzioni di molti studiosi tra interno ed esterno, tra contesto e contenuto, tra specifico e non specifico anche se tutto questo fa parte della dialettica talamo-corticale di base. E’ senz’altro qui lo spartiacque essenziale riguardo alla sintesi e l’antitesi tra corpo e cervello, compresa tutta l’estensione al sistema nervoso attivando le parti specifiche del tronco cerebrale e del midollo spinale atte a raggiungere il corpo con il suo sentire. All’interno di una struttura materiale sul piano reale, dove le Pulsioni di autoconservazione ed il loro diverso equilibrio strutturale hanno un peso determinante per la formulazione del linguaggio simbolico che sta alla base e della struttura del pensiero e del prodotto culturale che da esso deriva.