Intercettazioni: il Senato Usa vota l’immunità retroattiva per le compagnie che hanno collaborato al programma anti-terrorismo

Il Giornale Online
Il problema delle intercettazioni e della responsabilità degli operatori telefonici non tiene banco solo in Italia, ma anche negli Usa, dove il Senato – nel corso della prima votazione di ieri – ha approvato con 76 voti a favore e 10 contrari un disegno di legge che garantisce, tra le altre cose, l’immunità retroattiva per quelle compagnie telefoniche che hanno partecipato al 'domestic spying program' e messo le loro strutture a disposizione del governo.

Queste aziende, spiegava il presidente Gorge W. Bush ad agosto in occasione dell’approvazione del Protect America Act, sono state trascinate in processi miliardari – su AT&T, Verizon e Sprint Nextel sono cadute in questi ultimi anni decine di denunce per violazione della privacy – solo per aver “servito lo Stato”.

La legge in questione, il Protect America Act – soprannominato Police American Act dall’ACLU, l’associazione Usa per i diritti civili – venne dunque approvato in tutta fretta nell’agosto 2007, proprio per garantire l’immunità alle compagnie telefoniche che avevano fornito informazioni, senza mandato, e avrebbe dovuto essere sostituito a febbraio di quest’anno.

In pratica il PAA consente al governo di intercettare telefonate ed e-mail senza la preventiva autorizzazione dall’autorità giudiziaria e obbliga le compagnie telefoniche a mettere le proprie strutture al servizio della causa, assicurando l’immunità in caso di cause legali per violazione della privacy.

La legge sostituisce il vecchio 'Foreign Intelligence Surveillance Act' (FISA), promulgato nel 1978, per garantire ai cittadini che le autorità non avrebbero abusato delle intercettazioni.

Il FISA richiedeva, per poter intercettare comunicazioni telefoniche o internet, la preventiva autorizzazione delle Autorità giudiziarie, ma questa trafila finiva spesso per inficiare il buon esito delle indagini, come sottolinea anche il Washington Times, che difende il provvedimento e definisce “sacrosanta” la decisione di estendere la durata del PAA, dal momento che “…i maggiori poteri del governo permettono una maggiore protezione dei nostri concittadini”.

Mentre molti senatori difendono le compagnie telefoniche, la proposta di regalare loro l’immunità retroattiva ha visto contrari in particolare i due senatori democratici Russ Feingold e Chris Dodd, secondo cui con la scusa della lotta al terrorismo l’amministrazione Bush ha autorizzato, e continuerà a farlo, i gestori telefonici a spiare impunemente non solo i sospetti terroristi, ma chiunque comunichi con il resto del mondo.

E anche le associazioni americane per i diritti civili sono sul piede di guerra: chi può sapere dove porterà questa sistematica collezione dei dati personali – conti correnti bancari, tessere sanitarie, email, abitudini di acquisto, preferenze sessuali, gusti musicali e cinematografici – degli utenti?

Sempre più forte è tuttavia la consapevolezza che questo cammino intrapreso dall’amministrazione Bush non potrà più fermarsi ora che gli operatori telefonici avranno dalla loro parte la legge che gli permette di spiare legalmente qualsiasi comunicazione diretta a persone che ragionevolmente si ritengano localizzate fuori dagli Usa.

Caustico anche il Seattle Post Intelligencer, secondo cui “…non solo il governo ci impone di accettare violazioni dei nostri diritti costituzionali come l'esame delle nostre telefonate private e delle nostre email, perché siamo in guerra, ora vogliono addirittura rendere questa legge permanente. I diritti, però, una volta persi sono molto difficili da riconquistare. Se il congresso non bloccherà questa proposta orwelliana potrebbero volerci degli anni prima di ritornare alla normalità”.

Il presidente Bush aveva addirittura minacciato di usare il suo potere di veto se l’estensione del PAA non avesse compreso l’immunità per le compagnie telefoniche.

“Non ci sono scuse per lasciare scadere il PAA – ha dichiarato durante una conferenza stampa prima del voto al Senato – chiedo perciò ai leader del Congresso di lasciar prevalere la volontà degli americani…un fallimento in questo senso danneggerebbe la nostra capacità di monitorare le attività terroristiche e riaprirebbe serie falle nella nostra intelligence. Il fallimento renderebbe anche il settore privato meno propenso a collaborare col governo per proteggere il paese, e questo è inaccettabile”.

Non a caso, Caroline Fredrickson, direttore di ACLU, non la pensa proprio cosi: “L’uso che questa amministrazione fa del privilegio del segreto di Stato ha indebolito in nostro sistema di controlli e contrappesi. Non ne ha sofferto solo il sistema giudiziario, ma anche i cittadini…le vittime del programma di spionaggio domestico si sono viste praticamente sbattere le porte dei tribunali in faccia”.

Alessandra Talarico

Fonte: key4biz.it