LA FORZA DI GRAVITA’ ENTRA NEL MONDO MICROSCOPICO

LA FORZA DI GRAVITA’ ENTRA NEL MONDO MICROSCOPICO

tetrahedron
Prima venne Newton. È da lui che abbiamo imparato che cosa sia la gravità. Si tratta infatti di una forza che agisce – fra i corpi – a distanza. Naturalmente, quanto più i corpi sono massicci, tanto più intensa sarà l’attrazione gravitazionale.

Ma è anche vero che quanto più i corpi sono distanti, tanto minore sarà la loro capacità di attrarsi. Poi venne Einstein. A dirci che la gravità va inquadrata all’interno della sua “teoria della relatività generale”. In buona sostanza, la gravità si spiega in un altro modo: corpi più o meno massicci sono “appoggiati” su un tappeto elastico che è lo spazio-tempo. Questi corpi pesanti infossano il tappeto elastico e – all’interno di queste fosse – cadono gli oggetti più piccoli, che appaiono attratti da quelli più grandi. Ma cosa succede nel mondo microscopico? Purtroppo a livello sub-atomico, vale a dire se andiamo ad ingrandire oggetti incredibilmente più piccoli di un atomo, ci imbattiamo in un cartello su cui c’è scritto “Qui regna la Fisica Quantistica”. C’è da chiedersi allora se nel mondo quantistico esiste la gravità, soprattutto la gravità di Einstein. Ebbene, l’incompatibilità fra la teoria quantistica e quella della relatività generale rappresenta un rompicapo tremendo ormai per generazioni di fisici.

Tanti ci hanno provato invano, ad esempio i cosiddetti teorici delle stringhe (non quelle delle scarpe! sono i fisici convinti che le particelle del mondo quantistico siano corde che vibrano), piuttosto che il famoso Stephen Hawking. Il ragionamento di quest’ultimo si basa su un’importante regola che vige nel mondo quantistico: se di una particella si conosce la posizione, non è possibile conoscere la velocità e viceversa. Ciò implica – è il principio di indeterminazione di Heisenberg – che non possiamo determinare esattamente dove si trovi una particella in un determinato istante. Tuttavia, possiamo calcolare la probabilità che la nostra particella si trovi all’interno di un determinato spazio. Dunque, anche se una particella, per spostarsi dal punto A al punto B, può seguire numerosissimi percorsi, è possibile considerare una specie di media di tutti questi percorsi. In maniera analoga, la “gravità quantistica euclidea” di Hawking considera tutti i possibili modi in cui l’Universo può evolvere. Purtroppo la simulazione al computer di questa teoria non conduce al nostro universo osservabile, caratterizzato da quattro dimensioni (tre spaziali ed una temporale).

Questa “missione impossibile” è stata invece quasi risolta da Jan Ambjørn, Jerzy Jurkiewicz e Renate Loll, i quali hanno sviluppato un procedimento chiamato “triangolazione dinamica causale”. Triangolazione perché hanno suddiviso lo spazio-tempo in triangoli; dinamica perché hanno simulato l’evoluzione dei triangoli e causale perché hanno introdotto, fra i postulati di partenza del loro procedimento, la “causalità”, cioè il principio secondo cui gli eventi si verificano in una specifica sequenza di causa ed effetto, invece che in un caotico disordine. Quando hanno infilato i dati nella simulazione, hanno trattenuto il fiato, ma il loro lavoro è stato ricompensato: è saltato fuori un Universo a quattro dimensioni. Se scendiamo ulteriormente nella scala di grandezza, approssimandoci all’infinitamente piccolo, le dimensioni diventano due. E – francamente – ci sentiamo un po’ “appiattiti”, ma contenti perché la fisica ha compiuto un altro passo in avanti. E ha decretato – con quasi certezza – che non esistono i tanto sognati e immaginati tunnel spazio-temporali. Nonostante tutto, la nostra passione per i romanzi di fantascienza non ne risulta diminuita. Senza la Fisica, e senza l’immaginazione non esisterebbe né la Scienza, né la Fantascienza.

Walter Caputo – 7 settembre 2008
Immagine: http://en.wikipedia.org/wiki/Simplex
Fonte: http://blog.libero.it/paghecontributi/view.php?id=paghecontributi&mm=0811&gg=081107
Vedi: books.google.it