La fusione nucleare: l'energia del futuro

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E' pulita e virtualmente illimitata, alimenta le stelle e il nostro Sole, perchè non anche automobili e frigoriferi? E' la fusione nucleare, la più potente tra le fonti di energia conosciute. Si situa in un territorio che è ancora oggi più quello dei fisici che dei tecnologi. Segno che, nonostante decenni di ricerche, ancora non disponiamo di tecnologie adeguata a sfruttarla industrialmente.

Tuttavia, fatta eccezione per ipotesi che allo stato attuale si confondono con la fantascienza, la fusione nucleare rappresenterebbe concretamente una soluzione definitiva alla questione energetica. Non produce scorie – al limite qualche componente del reattore limitatamente radioattivo – e usa come combustibilie l'elemento più abbondante dell'Universo: l'idrogeno. Ma non per bruciarlo in una cella a combustibile, bensi nella furia rovente di un plasma a oltre cento milioni di gradi, il minimo necessario – a meno di non compensare con pressioni mostruose – per appiccare il fuoco nucleare.

Come al centro di una stella

Per innescare una reazione di fusione nucleare bisogna ricreare condizioni simili a quelle che si trovano nel nucleo delle stelle. Nel Sole, ciò equivale a circa 15 milioni di gradi e qualche centinaio di miliardi di atmosfere.

Non c'è modo di contenere una simile pressione. Perciò, nei tentativi in corso si preferiscono una bassa pressione (poche decina di atmosfere) e un sovrappiù di temperatura: oltre cento milioni di gradi.

La difficoltà, evidentemente, è mantere confinato questo plasma, evidando che si disperda, in quanto ciò ne provocherebbe lo “spegnimento”. Ciò implica che i reattori nucleari a fusione siano difficili da mantenere accesi, e non da spegnere. E per questa ragione sono intrinsecamente sicuri. Un cedimento del contenimento, infatti, spegnerebbe la reazione.
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Dentro il reattore

Nei tokamak (dal russo “Camera toroidale a bobine magnetiche”) il confinamento del plasma (riquadro a destra) è ottenuto tramite un potente campo magnetico che lo costringe a scorrere all'interno di una “camera toroidale”.

Un tokamak: spento (a sinistra) e acceso, percorso dal plasma (a destra).

Una campera toroidale è una cavità a forma di ciambella, circondata da bobine che generano un campo magnetico della stessa forma.
Il plasma è formato da cariche elettriche (nuclei a tomici ed elettroni) e, come tali, sono indotte a seguirne le linee di forza spiraleggiandovi attorno. E' essenzialmente su questo meccanismo che si basa il confinamento del plasma: una opportuna combinazione di campi elettrici e magnetici.

Qui sotto, in figura, sono mostrati i flussi di corrente generati dalla vorticosa rotazione degli elettroni e dei nuclei carichi positivamente. (Bisongna però aggiungere che esistono altri sistemi di confinamento, detti inerziali, completamente diversi. E' un filone di ricerca alternativo, che punta ugualmente a realizzare la fusione, ma attualmente meno sviluppato.)

Il punto sulla ricerca e lo sviluppo

Attualmente esistono diversi reattori sperimentali: il JET a Frascati, e numerosi altri in USA, europa e asia. Nessuno di questi ha mai raggiunto le condizioni di ignzione, cioè un'accensione stabile, autoalimentata. La reazione è sempre stata fin qui sostenuta da una continua e sostanziosa iniezione di energia dall'esterno. Anzi, finora, i reattori sperimentali hanno lavorato sistematicamente in perdita.

E' possibile ottenere un bilancio favorevole di energia, e quindi una produzione netta, sia con l'ignizione che fermandosi prima. Con vantaggi e svantaggi in entrambi i casi. Sono due filoni alternativi e, in prospettiva, due diversi obiettivi perseguiti da due differenti esperimenti: ITER e Ignitor.

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ITER è un progetto internazionale su grandissima scala: 10 miliardi di euro, trent'anni di esperimenti, dieci dei quali passati a costruire il reattore: una macchina alta venti metri, nella quale oltre a sperimentare le razioni di fusione per alcuni minuti consecutivi verrebbero testati anche diversi impianti destinati alla produzione di energia elettrica. Verrà costruita a Cadarache, nel Sud della Francia da un consorzio di Unione Europea, Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti d'America, India e Corea del Sud.

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Ignitor è un progetto ENEA dai costi e tempi di realizzazione assai più contenuti: 350 milioni di euro per 5 o 6 anni. E' nato prima di ITER, che ne ha mutuato diversi aspetti progettali. Avrebbe il pregio di poter sperimentare le condizioni di ingizione (per pochi secondi) molto prima e a costi più bassi, fornendo così informazioni utili anche per gli esperimenti successivi come ITER, che hanno obiettivi più ambiziosi. Attualmente è in un momento di difficoltà per carenza di finanziamenti, in parte già stanziati e mai consegnati, mentre gli USA si sono già dichiarati disponibili a cooperare. L'italia, per le peculiarità della sua rete elettrica, sarebbe favorita come location per l'installazione.

fonte:www.moebiusonline.eu