LA nuova STORIA dell'EVOLUZIONE

Il Giornale Online
Questo articolo è apparso sul n°corrente di Scienza e Conoscenza. data la lunghezza del contenuto ne abbiamo presentato lì una versione ridotta. Di seguito avete il piacere di leggere l'articolo per intero. Davvero una corsa emozionante attraverso i paradigmi che ci hanno narrato – influenzando la nostra percezione della realtà – chi siamo e da dove veniamo. Mentre l'attenzione mondiale si concentra sulla paura dell'estinzione, le intuizioni della nuova scienza di frontiera offrono uno scenario diverso, sostenendo che l'umanità si trova al vertice di un imminente cambiamento evolutivo.

Molti scienziati ci avvertono che l'umanità si trova a un punto cruciale della sua evoluzione, affermando che la nostra tecnologia, e l'ignoranza nel distruggere l'ambiente hanno contribuito al riscaldamento globale e al rapido aumento dell'estinzione di massa di un sesto del mondo. Secondo loro, ora non dobbiamo più chiederci se siamo in crisi, ma se sopravviveremo.

Quella attuale non è la prima crisi che mette in pericolo la vita della civiltà. Lo storico Arnold Toynbee ha descritto la società come un “organismo” vivente che attraversa determinati ritmi universali di crescita, sviluppo e decadenza. Toynbee ha rivelato che i cicli vita/morte della società sono guidati da modelli di sfida-e-risposta. Ha inoltre affermato che una società si sviluppa velocemente, raggiunge l'equilibrio e infine entra in una situazione di “sbilanciamento” che produce nuove sfide ambientali. Le sfide provenienti dall'ambiente a loro volta provocano una risposta nella società. Le culture che si trovano ad affrontare sfide minacciose, si aggrappano inevitabilmente a idee fisse e modelli rigidi. Quando la struttura sociale di una civiltà e i suoi modelli di comportamento diventano troppo rigidi, quella società soccombe non riuscendo più ad adattarsi alle situazioni mutevoli.

Le attuali crisi globali sono veri presagi di un imminente sconvolgimento che farà vacillare le fondamenta della civiltà. Mentre l'attenzione mondiale si concentra sulla paura dell'estinzione, le intuizioni della nuova scienza di frontiera offrono uno scenario diverso, sostenendo che l'umanità si trova al vertice di un imminente cambiamento evolutivo.

La comunità umana sta affrontando una situazione simile a quella della comunità cellulare contenuta da una larva di farfalla. Miliardi di cellule s'impegnano a tempo pieno nella maturazione della larva che si nutre e cresce ininterrottamente. A un certo stadio di sviluppo, i processi metabolici cominciano a interrompersi e la vita nella prima comunità cellulare attiva della larva comincia a svanire. Tra le cellule morenti della larva, una popolazione emergente di cellule immaginali (imaginal cells – il corsivo è dell'autore) progressive “pensanti” risponde a una nuova consapevolezza. Queste cellule collaborano alla ristrutturazione della loro società per creare una farfalla, una nuova organizzazione che permette di sperimentare il futuro livello superiore della loro evoluzione.

Poiché la luce della nostra civiltà comincia a oscurarsi, le minoranze creative, l'equivalente delle “cellule immaginali” umane, rispondono alle nuove scelte di sostegno vitale. La sopravvivenza è fondata sulle nostre scelte che, a loro volta, sono completamente dipendenti dalla nostra consapevolezza collettiva, le “verità” sulle quali viviamo. Le verità fondamentali che formano collettivamente una società si possono definire i suoi paradigmi di base.
Secondo Thomas Kuhn, un paradigma è una struttura teorica che rappresenta le “verità” alla base di ogni particolare sistema di credenze, sia di natura scientifica che religiosa, economica o politica. In modo particolare, un paradigma di base rappresenta le “verità” accettate da una civiltà nel rispondere a tre domande fondamentali. Come siamo arrivati qui? Perché siamo qui? E…adesso che siamo qui, come possiamo trarne il meglio?

Le culture usano le verità del paradigma di base per comprendere il significato delle esperienze di vita. Se le percezioni di un paradigma sono esatte, ci sarà offerta un'opportunità di usufruire di salute e coerenza. Se le percezioni sono distorte, in tal caso lo saranno anche la vita e la società.

Un cambiamento nelle credenze paradigmatiche di base produce inevitabilmente uno sconvolgimento e una riorganizzazione drammatica della civiltà umana. La storia della civiltà occidentale rivela l'ascesa e la caduta di tre varianti culturali precedenti, ognuna definita dal proprio paradigma di base unico. Il carattere di queste culture è descritto come Animista, quello che rappresenta le culture aborigene come i Nativi Americani (o Indiani d'America) o i Druidi Celtici; Politeista, esemplificato dalle culture Egiziane, Greche e Romane, e Monoteista, ossia la cultura Giudeo-Cristiana formata dalle “verità” della Chiesa. Con il Monoteismo, le eterne domande della civiltà ottennero come risposta le seguenti “verità”: Come siamo arrivati qui? Per intervento Divino. Perché siamo qui? Per compiere azioni di moralità. E, Adesso che siamo qui, come possiamo trarne il meglio? Vivendo secondo le leggi della Bibbia.

Quando tutte le culture oltrepassarono i limiti della comprensione e dell'influenza del proprio paradigma, si arrivò all'evoluzione di nuove credenze, che a loro volta provocarono la futura versione della civiltà. L'ultimo sconvolgimento culturale avvenne quasi centocinquanta anni fa quando la civiltà rifiutò le credenze paradigmatiche Monoteiste della Chiesa e, al loro posto, adottò le “verità” offerte dalla Scienza Moderna.

Per oltre due secoli la scienza aveva creato i “miracoli” tecnici superando quelli della Chiesa, ma le “verità” scientifiche non riuscirono a sostituire la Chiesa come dispensatrice di verità. La Chiesa mantenne la sua posizione potente solo perché la Scienza non fu in grado di fornire una risposta soddisfacente alla prima domanda del paradigma: “Come siamo arrivati qui?”

Darwin e il destino dell'attuale civiltà
Ma tutto cambiò nel 1859 quando Darwin pubblicò la sua opera, Le Origini della specie: per mezzo della selezione naturale o il preservarsi delle razze favorite nella lotta per la vita. [Il pubblico preferì immediatamente le intuizioni di Darwin, sull'origine della vita avvenuta in milioni di anni di variazioni ereditarie, rispetto alla “verità” sostenuta in passato della storia della Genesi e difesa dalla Chiesa.] Adottando la teoria scientifica dell'evoluzione e non quella delle origini divine, la civiltà passò ufficialmente dall'era del Monoteismo a quella attuale del Materialismo Scientifico.

Due dogmi fondamentali della teoria di Darwin modificarono drammaticamente il destino e il carattere della civiltà attuale. In primo luogo, la teoria mise in evidenza che le variazioni ereditarie, responsabili dell'evoluzione da una specie a un'altra, nascono a seguito di mutazioni random (per es., mutazioni genetiche). Definendo le mutazioni ereditarie “incidenti”, la scienza soppresse il ruolo di Dio nel formare la biosfera, e in modo particolare, nel provvedere alla nostra esistenza. Fondamentalmente, la Scienza sostiene che l'unica ragione o scopo della nostra esistenza è nientemeno che un'avventura genetica rischiosa e incerta. Come “turisti casuali”, non abbiamo alcuna responsabilità verso il pianeta o l'uno verso l'altro.

La seconda caratteristica della teoria Darwiniana che regola la cultura si esprime nel concetto della selezione naturale. Non tutte le mutazioni ereditarie sono uguali, alcune aumentano la sopravvivenza, alcune la minacciano, mentre la maggior parte è neutra. La selezione naturale indica che la Natura favorisce la sopravvivenza degli individui più adatti. Nel capitolo finale dell' Origine della Specie, Darwin riporta di un'inevitabile “lotta per la vita”, e di un'evoluzione guidata dalla “guerra della natura, contro la carestia e la morte”. Aggiungete ciò all'opinione Darwiniana sulla casualità dell'evoluzione e avrete un mondo, descritto poeticamente da Tennyson, che possiamo definire “rosso di zanne e artigli”, una serie di lotte insignificanti e cruente per la sopravvivenza.

Per Darwin, la lotta e la violenza non sono solo parte della natura animale (umana), ma costituiscono le “forze” principali che guidano il progresso evolutivo. A causa della sua influenza sul paradigma di base della società, la teoria Darwiniana ha avuto un impatto profondo sulla formazione dello stato attuale della civiltà. Nell'era del Materialismo Scientifico, gli esseri umani hanno acquisito le seguenti “verità” per rispondere alle solite domande:

Come siamo arrivati qui? Attraverso un'evoluzione casuale. Perché siamo qui? Siamo solo incidenti genetici, perciò la nostra esistenza non ha alcun motivo. E… adesso che siamo qui, come possiamo trarne il meglio? Vivendo secondo la legge della giungla, mentre combattiamo nella lotta per la sopravvivenza.

Mentre la Scienza misura il successo evolutivo in termini di sopravvivenza di un individuo, tuttavia non stabilisce i “mezzi” necessari per ottenerlo. La vita viene percepita solo come una “lotta” con vincitori e vinti. Un Uzi (pistola mitragliatrice israeliana) è un potente mezzo per assicurarsi la sopravvivenza, come lo è possedere una grande cervello o esprimere amore. In questo mondo basato sulla competizione, spesso la moralità viene considerata un impedimento alla realizzazione del “successo” evolutivo.

La teoria Darwiniana, valutando in modo erroneo il significato di evoluzione, la descrive come una inevitabile “gara” per la sopravvivenza. I leader mondiali, nello sforzo di aderire a questa filosofia, si sono impegnati per assicurare la sopravvivenza, incoraggiando la competizione basata sulla violenza nella “lotta per la sopravvivenza” così come viene percepita. È proprio questa convinzione, in origine selezionata per il suo valore di sopravvivenza, ad aver sollecitato la violenza e lo sconvolgimento ecologico che oggi sta distruggendo la nostra civiltà.

Sempre più problematica, la nostra esistenza “senza scopo” ha inciso profondamente sull'armonia globale allontanandoci dall'ambiente e l'uno dall'altro. Nell'inseguire il suo destino Darwiniano, la civiltà ha contribuito a un numero sempre maggiore di crisi globali, sfide ambientali che minacciano la nostra sopravvivenza collettiva. Come ha rivelato Toynbee, le sfide ambientali provocano una reazione nella società.

La luce all'uscita dal tunnel
A insaputa del grande pubblico, una rinascita biologica sta profondamente sfidando le credenze paradigmatiche correnti che regolano la civiltà contemporanea. Le recenti scoperte scientifiche forniscono una nuova storia impellente talmente diversa (in originale out of the box, ndr) dall'opinione prevalente che anche per la scienza è difficile accettare le sue implicazioni. È una storia di armonia e relazione, di vita e d'amore. Curiosamente, le “nuove” intuizioni riecheggiano una “verità” fornita all'umanità cinquant'anni prima che Darwin formulasse la sua teoria.

Il biologo francese Jean-Baptiste de Lamarck fornì nuove interpretazioni sul significato della vita pubblicando il primo rapporto scientifico sulla teoria dell'evoluzione (1809). Per chi ricorda vagamente la biologia studiata alle superiori, il nome Lamarck rimarrà associato per sempre all'opinione che le giraffe svilupparono colli lunghi perché “desideravano” raggiungere foglie e frutti sospesi troppo in alto. L'idea che gli organismi primitivi abbiano una coscienza con cui possono influenzare la propria evoluzione è ridicola e fa passare Lamarck per un pazzo.

Fu proprio questa l'intenzione del massimo scienziato francese Baron Cuvier, un Creazionista, che diffamò volutamente Lamarck e screditò la sua teoria per “mantenere” il controllo della Chiesa sul paradigma Monoteista. Se Lamarck aveva ragione circa l'evoluzione, allora la “verità” della versione biblica della Creazione, sostenuta dalla Chiesa, era sbagliata.

Se Lamarck fosse stato vivo per difendersi, avrebbe messo in evidenza che l'evoluzione era basata su un'interazione collaborativa “istruttiva” tra gli organismi nella biosfera che permette alle forme di vita di sopravvivere, adattandosi ai mutamenti ambientali dinamici. Questo è evidente quando si osserva la relazione perfetta tra gli organismi e i loro ambienti; gli orsi polari non vivono nei tropici e le orchidee non crescono nell'Artico. Lamarck sosteneva che l'evoluzione era il risultato di organismi che acquisiscono e superano le mutazioni ambientali, dovendo affermare la loro sopravvivenza in un mondo in costante cambiamento.

La teoria secondo la quale esista uno “scopo” per l'evoluzione è collegata alla visione di Lamarck. Quando un organismo entra in un ambiente, la sua esistenza e i processi vitali modificano tale ambiente. Mentre le modifiche cambiano l'ambiente, le nuove condizioni che ne derivano offrono un'opportunità all'origine di nuove specie, per “bilanciare” quei cambiamenti ambientali. Un esempio è l'evoluzione della fotosintesi delle piante che conduce a uno squilibrio ambientale.

La fotosintesi, che preleva biossido di carbonio (anidride carbonica) e libera ossigeno di scarto nell'atmosfera, era rischiosa. L'eccesso di ossigeno nell'atmosfera avrebbe provocato inevitabilmente una combustione spontanea, incendiando il mondo! Tuttavia, alti livelli di ossigeno fornirono una nuova nicchia permettendo l'evoluzione di animali che respirano ossigeno e liberano biossido di carbonio di scarto. Di conseguenza, l'evoluzione animale “bilanciò” le mutazioni ambientali prodotte dalle piante.

Le false credenze sulla teoria di Lamarck era fondata sulla voluta interpretazione erronea di Cuvier della parola francese besoin, che significa sia bisogno che desiderio. Lamarck usò la parola besoin per intendere “bisogno”, per esempio: “gli animali hanno bisogno di evolversi”. Cuvier insinuò che Lamarck usasse besoin per intendere “desiderio”, in modo da ottenere una nuova interpretazione della frase: “gli animali hanno il desiderio di evolversi”. Alla luce della denigrazione di Cuvier, le idee di Lamarck sull'evoluzione erano ridicole.

Ora, dopo oltre 175 anni dalla morte di Lamarck e le diffamazioni di Cuvier, la scienza sta scoprendo che “l'intenzione evolutiva” può essere molto più vicina alla verità di quanto lo stesso Lamarck avrebbe immaginato. [Quando cinquant'anni dopo Darwin introdusse la sua versione di evoluzione affermò che i cambiamenti ereditari nascono da un “avvenimento” casuale. Di conseguenza, l'idea di Lamarck sulle caratteristiche acquisite provocate dall'ambiente diventò un argomento fortemente contestato dai proponenti della teoria Darwiniana. Ancora una volta, Lamarck con la sua teoria sarebbe stato ingiustamente insidiato, e stavolta non da un creazionista, ma da un evoluzionista.

Il biologo tedesco August Weismann, con i suoi tentativi di invalidare l'evoluzione “adattiva” contribuì al tramonto di Lamarck. Weismann tagliò via le code di topi maschi e femmine e poi li fece accoppiare, dimostrando che se la teoria di Lamarck fosse stata esatta, i genitori avrebbero trasmesso la loro condizione di animali senza coda alle generazioni future. La prima generazione di topi nacque con la coda, perciò Weismann usò la prole e ripeté l'esperimento per altre 21 generazioni. In cinque anni di esperimenti, non nacque alcun topo senza coda.

Gli esperimenti dei topi senza coda servirono a ridimensionare Lamarck alle giuste e relegarlo al classico mucchio di fandonie, anche se le conclusioni di Weismann fossero scientificamente ingiustificate. Lamarck sosteneva che i cambiamenti evolutivi impiegano “enormi periodi di tempo”, migliaia di anni. Chiaramente l'esperimento di Weismann, durato cinque anni, non era stato abbastanza lungo per poter verificare la teoria di Lamarck.

L'esperimento di Weismann fu anche più imperfetto fondamentalmente, in quanto Lamarck non affermò mai che tutti i cambiamenti avrebbero attecchito negli organismi sottoposti a esperimento. Lamarck sosteneva che gli organismi mantengono i tratti che favoriscono la sopravvivenza. Anche se Weismann pensava che i topi non avessero bisogno della coda, non considerò se i topi “pensavano” di possedere code attinenti alla loro sopravvivenza! Gli esperimenti di Weismann sostenevano la teoria Darwiniana e alla fine Lamarck perse il consenso del pubblico.

Dopo Weismann, i biologi abbandonarono l'idea del ruolo influente dell'ambiente nel creare mutazioni genetiche e formare percorsi evolutivi. Nel 1943, alcuni studi sulla genetica batterica condotti da Salvador Luria e Max Delbruck confermarono l'enfasi data da Darwin al carattere casuale delle mutazioni. I due biologi aggiunsero una soluzione di batteriofagi, virus che infettano e alla fine uccidono i batteri, a numerose colture innestate con batteri geneticamente identici. Mentre questo processo porta a morte quasi certa i batteri, ogni tanto quelli resistenti al virus sopravvivevano sviluppandosi in colonie.

Se le mutazioni di sostegno vitale fossero state prodotte da una innata reazione batterica “adattiva” ai virus, in ogni capsula si sarebbe rivelato un numero simile e costante di colonie sopravvissute. In contrasto, se le mutazioni fossero state il risultato di processi casuali, allora il numero di colonie sopravvissute sarebbe stato vario tra le capsule. I risultati mostrarono una differenza significativa nel numero di colonie sopravvissute da una capsula di Petri alla successiva. Luria e Delbruck arrivarono alla conclusione che le mutazioni sono solo degli eventi casuali e imprevedibili, e non hanno niente a che fare con qualsiasi probabile necessità, attuale o futura, dell'organismo. Poiché questi cambiamenti provocano un'evoluzione, la scienza fu costretta a concludere che un'evoluzione guidata in modo casuale non ha alcun scopo.

Il lavoro di Cairns
Nel 1988, l'opinione affermata dalla Scienza sull'evoluzione casuale fu fortemente sfidata dalla sorprendente ricerca di John Cairns, genetista di fama internazionale. I nuovi studi di Cairns sui batteri, dal nome eccentrico The Origin of Mutants, furono pubblicati nel prestigioso giornale britannico Nature. Cairns scelse batteri con un gene “anomalo” che riproduceva una versione difettosa dell'enzima lattasi necessario per digerire il lattosio. Poi inoculò questi batteri lattasi-deficienti nei “piatti di coltura” dove l'unica sostanza nutriente era il lattosio. Incapaci di metabolizzare questo nutriente, i batteri non dovrebbero crescere né riprodursi. Non era stata prevista la comparsa di alcuna colonia, in nessun “piatto di coltura”.

Con grande sorpresa, una grande quantità di colture mostrò la crescita di colonie batteriche.[ Quando Cairms campionò i batteri nell'inoculum originale, nessuno di loro aveva mutato i propri geni difettosi di lactasi. Lo scienziato concluse che le mutazioni riparatrici dei geni di lactasi seguivano e non precedevano l a loro esposizione al nuovo ambiente. Gli esperimenti di Luria e Delbruck contavano sull'uccisione relativamente “istantanea” dei batteri da parte dei virus. Al contrario, l'esperimento di Cairns sostanzialmente affamava i batteri fino alla morte, un processo più lungo e più lento. Cairns concesse ai batteri stressati il tempo necessario di esecuzione per avviare i meccanismi innati che producevano la mutazione e servivano alla loro sopravvivenza.

Nello studio di Cairns, le mutazioni a sostegno della vita apparvero come risposta diretta alla crisi ambientale di questi batteri. Ulteriori analisi rivelarono che, in questi batteri “traumatizzati”, furono colpiti solo i geni associati al metabolismo della lattasi. Inoltre tutti i batteri sopravvissuti espressero lo stesso identico tipo di mutazione con una possibilità su cinque diversi meccanismi di mutazione.] Chiaramente i risultati del suo esperimento non sostengono l'ipotesi di mutazioni “casuali” e di evoluzione senza scopo!

Cairns si riferì a questo meccanismo appena scoperto come a una mutazione orientata. La sola idea che l'informazione ambientale potesse eseguire una retroazione e riscrivere i geni fu un affronto per i proponenti della teoria Darwiniana. La risposta da parte della scienza fu rapida e ostile. [Sia il giornale britannico Nature che quello americano Science pubblicarono violenti articoli contro i risultati di Cairns. Il titolo di quello americano, a grandi caratteri e in neretto, dichiarava: “Un'eresia nella biologia molecolare”.].

I massimi esponenti di Scientific Materialism erano pronti a condannare Cairns al rogo!
I risultati di Cairns si ripeterono nel decennio successivo, e da allora la sua idea scioccante e inaccettabile della mutazione orientata si attenuò per diventare mutazione adattiva per poi essere relegata a mutazione benefica. Alla sfida verso la casualità delle mutazioni si aggiunse quella per spiegare il meccanismo con cui tali mutazioni, in primo luogo, si verificherebbero.

[Attualmente è riconosciuto che nei batteri stressati, i meccanismi di feedback selezionano e riproducono attivamente copie di geni associati alla loro particolare disfunzione. Invece di adoperare meccanismi convenzionali che copiano il DNA, i batteri impegnano un unico enzima incline all'errore, e copia il DNA creando mutazioni mentre copia il gene. Una sorta di fotocopiatrice scadente che “sbaglia” intenzionalmente. Usare questo enzima per produrre una grande quantità di copie di geni mutati casualmente permette alle cellule di accelerare intenzionalmente il loro indice di mutazione per aumentare la propria sopravvivenza. Lo sviluppo di queste mutazioni “random” rappresenta la parte Darwniana del processo.]

Ed è con il nome di ipermutazione somatica, si indente quel meccanismo che fornisce batteri debilitati con numerosi geni duplicati, e ognuno esprime una diversa variazione del codice genetico. Quando una variante del gene produce un prodotto della proteina più efficace nel risolvere lo stress dell'organismo, il batterio libera il gene difettoso originale dal suo cromosoma e lo sostituisce con la versione nuovissima. Questa è la parte Lamarckiana del meccanismo, la fase in cui “un'interazione istruttiva” tra l'ambiente e la cellula porta alla selezione della versione migliore del nuovo gene.
Lo stesso meccanismo d'ipermutazione somatica viene usato dai nostri sistemi immunitari per produrre le apposite proteine dell'anticorpo che ci proteggono da virus, batteri e parassiti invasivi.

La tecnologia ha tratto profitto da questi meccanismi di mutazione per progettare batteri in grado di “digerire” fuoriuscite di olio o estrarre certi minerali grezzi dalle cave. Nello stesso tempo, la scienza medica è stata confusa e sopraffatta da questo meccanismo che permette ai microbi patogeni di “imparare” a diventare resistenti ai nostri antibiotici più potenti. Il lavoro di Cairns ci introduce alla realtà che l'evoluzione non è solo un caso fortunato ma una danza tra un organismo e il suo ambiente, un processo dinamico in cui gli organismi possono adattarsi continuamente agli ambienti nuovi e debilitanti.

La condivisione dell'informazione genetica
Scienziati che studiano il genoma hanno scoperto di recente un meccanismo supplementare di adattamento evolutivo che rivela una sorprendente collaborazione tra le specie: organismi viventi che condividono i loro geni. Si riteneva che i geni si trasmettessero solo alla progenie di un organismo individuale attraverso la riproduzione. Ora gli scienziati ritengono che i geni si condividono non solo tra membri individuali all'interno di una specie, ma anche tra membri di specie diverse. La condivisione dell'informazione genetica attraverso il trasferimento genetico accelera l'evoluzione poiché gli organismi possono acquisire, sottoforma di geni, esperienze “apprese” da altri organismi. Stabilita questa condivisione di geni, gli organismi non si possono più considerare entità sconnesse; non ci sono muri tra le specie.

La condivisione dell'informazione genetica non è accidentale; è il metodo della Natura per aumentare la sopravvivenza collettiva della biosfera. Lo scambio di geni tra individui, recentemente riconosciuto, diffonde l'informazione che influenza la sopravvivenza di tutti gli organismi facenti parte della comunità vivente. La consapevolezza di questo trasferimento genetico inter e intraspecie mette in evidenza i pericoli dell'ingegneria genetica, poiché i geni umani alterati possono distribuirsi in tutta la biosfera, alterando gli organismi in modo imprevedibile.

Gli evoluzionisti genetici avvertono che se falliamo nell'applicare la lezione del nostro destino genetico condiviso, il quale dovrebbe insegnarci l'importanza della collaborazione tra tutte le specie, mettiamo sotto seria minaccia la vita umana. Dobbiamo prendere le distanze dalla teoria Darwiniana che sottolinea l'importanza degli individui, verso una teoria che sottolinei l'importanza della comunità. A questo scopo, lo scienziato britannico Timpthy Lenton ha fornito la dimostrazione, che le interazioni collettive tra specie sono più importanti per l'evoluzione, dei contributi individuali di una sola specie.

L'evoluzione seleziona la sopravvivenza dei gruppi più idonei e non quella degli individui più idonei. Lenton propone: «Dobbiamo considerare la totalità degli organismi e il loro ambiente materiale per comprendere pienamente quali caratteristiche riescono a perdurare e dominare». La consapevolezza che gli organismi si siano evoluti contemporaneamente e continuino a coesistere in una rete intrecciata(orig. entangled, ndr) di vita richiede una comprensione della vita basata sull'olismo, e non sugli individui.

Nel porre l'attenzione sulla rete della vita, la nuova biologia sostiene pienamente l'ipotesi di James Lovelock (La rivolta di Gaia, Rizzoli 2006), che la Terra fisica e tutti gli esseri viventi costituiscano un organismo collettivo. Interferire con l'equilibrio del superorganismo di Gaia, distruggendo la foresta pluviale e impoverendo lo strato di ozono o alterando la specie con l'ingegneria genetica, minaccia la sua sopravvivenza e di conseguenza la nostra.

Se vogliamo che il nostro mondo cambi, deve prima cambiare quello che ci raccontiamo sul nostro mondo – la nostra storia. Per fortuna, la nuova consapevolezza offerta dalla scienza riscrive profondamente la storia della vita e offre una risposta migliore alle domande paradigmatiche a fondamento della civiltà: Come siamo arrivati qui? Attraverso una serie di mutazioni adattive che ci permettono di equilibrare l'ambiente. Perché siamo qui? Secondo la saggezza dei Nativi Americani, “Siamo qui per curare il Giardino”. E, “Adesso che siamo qui, come possiamo trarne il meglio?” Imparando a vivere in armonia con la Natura e l'uno con l'altro.

I paradigmi di base formano il carattere e il destino della civiltà. Quando la nuova consapevolezza scientifica farà il suo ingresso nella corrente principale di pensiero, ci libererà dai vincoli della vecchia storia del Materialismo Scientifico basata sulla mancanza di uno scopo, la lotta e la competizione. Il nuovo paradigma emergente rivela che non siamo qui per caso, ma con uno scopo e un progetto intenzionale della Natura. Dal momento in cui vivremo nella nuova storia, l'umanità, come la farfalla, presto sperimenterà il prossimo livello, più alto, della nostra evoluzione. Sarà un volo fantastico!

di Bruce Lipton

© 2008 by Bruce H. Lipton Ph.D sulla versione originale. I diritti per la versione italiana sono di Scienza e Conoscenza, per gentile concessione.

Fonte: Scienzaeconoscenza.it

Vedi anche: http://www.nature.com/nature/journal/v437/n7062/full/nature04107.html