La sesta estinzione di massa di Janet Larsen

sesta estinzioneOgni anno migliaia di specie, dai più piccoli microorganismi ai più grandi mammiferi, sono perse per sempre. Piante e animali spariscono persino prima che si sappia della loro esistenza. Secondo gli esperti il tasso medio di estinzione è oggi dalle 1.000 alle 10.000 volte più rapido rispetto alla media degli ultimi 60 milioni di anni.

Ecco perché si parla di una possibile sesta estinzione di massa, la prima causata non da eventi naturali ma da una specie: l’uomo.

Quasi 5.500 specie animali nel mondo sono minacciate di estinzione secondo l’ultima lista Rossa dell’IUCN, l’Unione Mondiale della conservazione. Nel 90% dei casi la causa principale è la distruzione dell’habitat. Quasi una specie su quattro di mammiferi e una su otto di uccelli rischiano di estinguersi nelle prossime decadi. Dall’avvento dell’agricoltura, circa 11.000 anni fa, il mondo era abitato da circa 6 milioni di persone, oggi sono circa 6 miliardi. Tuttavia l’aumento nei nostri numeri è venuto a scapito di molte altre specie” scrive Larsen.

Delle 1.130 specie di mammiferi considerate a rischio dall’IUCN, il 16% sono “minacciate in modo critico”, il più alto livello di minaccia. Ben 184 specie di mammiferi rischiano di non sopravvivere a questa decade, mentre 182 delle 1.194 specie di uccelli sono minacciate in modo critico. E’ allarmante anche il fatto che le informazioni sullo status di migliaia di specie è lacunoso: solo il 5% dei pesci, il 6% dei rettili e il 7% per cento degli anfibi sono stati esaminati. Di quelle studiate, almeno 750 specie di
pesci, 290 di rettili e 150 di anfibi sono a rischio. Degli invertebrati, compresi gli insetti, i molluschi ed i crostacei, conosciamo solo la minima parte.

Tigre siberiana
La minaccia più grande contro le creature viventi del mondo è il degrado o la distruzione dell’habitat, che interessa 9 specie minacciate su 10. Gli esseri umani hanno trasformato quasi la metà delle zone libere dai ghiacci della terra del pianeta, con gravi effetti sul resto della natura.

Praterie e foreste sono state convertite in aree agricole, i fiumi sono stati arginati, le aree umide prosciugate, il territorio è stato cementificato per costruire strade e città. Ogni anno perdiamo circa 16 milioni di ettari di copertura forestale, con la maggior parte della perdita che riguarda le foreste tropicali, quelle con i più alti livelli di biodiversità. Metà delle aree umide ecologicamente ricche sono state distrutte durante il secolo passato. Altri ecosistemi d’acqua dolce e terrestri sono stati degradati da inquinamento. Uno studio recente su 173 specie di mammiferi nel mondo – sottolinea lo studio dell’Earth Policy – indica che il loro areale geografico è stato dimezzato nel corso delle ultime decadi, e le specie hanno perso importanti aree di alimentazione.

Tra il 2 e il 10% delle popolazioni di mammiferi (cioè gruppi di singole specie localizzati geograficamente) rischiano di sparire con il loro habitat. Il prelievo diretto di natura (caccia e raccolta), minaccia più di un terzo degli uccelli e dei mammiferi conosciuti. Altre minacce contro la biodiversità sono la diffusione incontrollata di specie esotiche, trasportate spesso dagli esseri umani, che possono entrare in competizione e soppiantare le specie autoctone, e i cambiamenti climatici: un’indagine recente di circa 1.100 specie di piante ed animali dimostra che il riscaldamento globale potrebbe eliminare fra 15 e 37% delle specie entro il 2050.

Foca Monaca

Ma le perdite reali possono essere ancora più grandi a causa della complessità dei sistemi naturali: la perdita di qualunque singola specie della catena della vita può interessarne infatti molti altre. Le specie sostengono gli ecosistemi sani con molti servizi fondamentali, fornendo l’aria che respiriamo e filtrando l’acqua che beviamo. Ci forniscono alimenti e principi fondamentali per i medicinali. Quando gli ecosistemi perdono la ricchezza biologica, inoltre, perdono la resilienza, cioè la capacità di adattamento, e sono più suscettibili agli effetti dei cambiamenti climatici o alle invasioni delle specie straniere.

Mentre può essere la prima volta nella storia che una singola specie può provocare un evento totale di estinzione, è la prima volta nella storia che una singola specie può impegnarsi per impedirla. La convenzione 1992 sulla Diversità biologica fornisce uno strumento per i Paesi per conservare la diversità biologica e per promuovere lo sviluppo sostenibile. È stato firmato da 168 paesi, ma con un escluso illustre: gli Stati Uniti.

Le parti nel loro settimo congresso a Kuala Lumpur hanno fissato l’obiettivo di riduzione della perdita di biodiversità entro il 2010. Tuttavia la convenzione difetta dei meccanismi di azione ed applicazione, e cosi può essere difficile realizzare l’obiettivo. Evitare la distruzione dell’habitat ed attenuare lo sfruttamento del territorio e il prelievo diretto di piante e fauna selvatica, rallentare il cambiamento di clima può aiutare ad arrestare l’indebolimento dei sistemi naturali.

Nel libro «I limiti dello sviluppo», D. L. Meadows descrive efficacemente situazione attuale del pianeta con un indovinello: la superficie dello stagno di un agricoltore viene coperta a poco a poco dalle ninfee le cui dimensioni raddoppiano ogni giorno. Se fosse consentito loro di crescere incontrollate esse coprirebbero lo stagno in 30 giorni, soffocando ogni altra forma di vita nell’acqua.
L’agricoltore non se ne preoccupa e decide di non tagliare le ninfee finché queste non abbiano coperto metà dello stagno. Ma in quale giorno accadrà? La risposta è: il ventinovesimo giorno, poiché raddoppiando ogni giorno, il trentesimo tutta la superficie del lago sarà ricoperta. All’agricoltore rimane quindi un solo giorno per salvare il suo stagno! E come il personaggio della storia, l’uomo persiste rischiosamente nella sua inerzia di fronte al pericoli che minacciano la Terra.

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