La supernova ancora più super

La supernova ancora più super
supernova
Immagine in falsi colori che mostra la galassia ospite di ASASSN-15lh prima (a sinistra nella ripresa della Dark Energy Camera) e dopo la sua esplosione (a destra, ripresa dal Las Cumbres Observatory Global Telescope Network)

La più brillante supernova al suo massimo ha raggiunto la luminosità di ben 570 miliardi di volte quella del nostro Sole. E’ stata scoperta da un gruppo di astronomi guidato da Subo Dong, del Kavli Institute for Astrophysics di Pechino in Cina a cui ha partecipato Filomena Bufano, dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania. È la più brillante supernova mai scoperta: questo oggetto celeste da record, denominato ASASSN-15lh, al suo massimo ha raggiunto la luminosità di ben 570 miliardi di volte quella del nostro Sole ed è stato individuato da un gruppo di astronomi guidato da Subo Dong, del Kavli Institute for Astrophysics di Pechino in Cina e a cui ha partecipato Filomena Bufano, dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania.

Alcune classi di stelle giunte al termine del loro ciclo evolutivo esplodono in catastrofiche esplosioni, dando luogo a uno degli eventi fra i più brillanti nell’Universo, noto come supernova. Ma anche tra le supernovae sembrano essercene alcune ancora più “super”, tanto da indurre gli astronomi ad assegnare loro l’ulteriore aggettivo superluminose. E a ragione, visto che possono essere da 100 a 1000 volte più brillanti delle più comuni supernovae.

ASASSN-15lh è un nuovo evento di supernova superluminosa, scoperta dal gruppo della All Sky Automated Survey for SuperNovae (ASAS-SN), una collaborazione internazionale con quartier generale alla Ohio State University, grazie a una rete di telescopi robotici di 14 cm di diametro sparsi in tutto il mondo che scandagliano il cielo nella banda della luce visibile ogni due o tre notti, alla ricerca supernovae brillanti.

Dopo il primo allerta di un nuovo possibile evento segnalato dal sistema di ASASSN, il 14 giugno del 2015, nei giorni seguenti altri telescopi più potenti sono stati puntati sulla sorgente per raccogliere e analizzare la sua luce. «È stato grazie però agli spettri raccolti con il telescopio Du Pont in Cile e soprattutto il Southern African Large Telescope e il Magellan Clay che siamo riusciti a calcolare la distanza dell’esplosione e quindi a risalire alla immane luminosità rilasciata nell’evento, paragonabile ad alcune decine di volte quella di tutte le stelle che compongono la nostra Galassia!» racconta Filomena Bufano, coautrice del lavoro sulla scoperta, pubblicato nell’ultimo numero della rivista Science.

Lo spettro di ASASSN-15lh assomiglia a quelli delle supernovae superluminose povere di idrogeno. Fra i modelli proposti per spiegare le luminosità estreme di queste, il più accreditato è quello che vede la formazione di una “magnetar”, ovvero una stella a neutroni caratterizzata da un campo magnetico estremamente potente e altissima velocità di rotazione, che potrebbe fornire una notevole quantità di energia addizionale rispetto alle supernovae “tradizionali”.

«L’importanza di questa classe di supernovae estreme sta nella possibilità di osservarle anche a grandissime distanze, grazie alla loro estrema luminosità» commenta Bufano. «La comprensione dell’origine fisica di questo tipo di oggetti è fondamentale dunque non solo perché potremo utilizzarli come indicatori di distanza ma anche perché attraverso essi saremo così testimoni dell’evoluzione delle stelle formatesi nelle prime fasi dell’Universo, grazie anche alle grandi potenzialità dei futuri telescopi come lo European Extremely Large Telescope (E-ELT) e il James Webb Space Telescope».

ASASSN-15lh: A Highly Super-Luminous Supernova di Subo Dong, B. J. Shappee, J. L. Prieto,S. W. Jha, K. Z. Stanek, T. W.-S. Holoien, C. S. Kochanek, T. A. Thompson, N. Morrell, I. B. Thompson, U. Basu, J. F. Beacom, D. Bersier, J. Brimacombe, J. S. Brown, F. Bufano, Ping Chen, E. Conseil, A. B. Danilet, E. Falco, D. Grupe, S. Kiyota, G. Masi,B. Nicholls, F. Olivares E., G. Pignata, G. Pojmanski, G. V. Simonian,D. M. Szczygiel,P. R. Woźniak del 15 gennaio 2016 su Science

Marco Galliani

media.inaf.it

Crediti immagine d’anteprima: shutterstock