La vita nel Cosmo si diffonde come un’epidemia. Entro 20 anni potremo “vedere” le oasi spaziali

La vita nel Cosmo si diffonde come un’epidemia. Entro 20 anni potremo “vedere” le oasi spaziali
semi della vita
Crediti: Shutterstock

Uno scienziato americano ha messo a punto un modello che ipotizza il viaggio e la diffusione dei “semi della vita” da un pianeta abitabile all’altro.
Il discorso rientra in una consolidata e non certo nuova ipotesi nota agli studiosi dello spazio come panspermia. Una chiave di lettura che vede i “semi della vita” viaggiare da una stella all’altra in speciali “oasi”. Su questo affascinante contesto è stato elaborato un nuovo modello teorico dall’astrofisico Henry Lin dell’Harvard University. Per l’astrofisico e il suo pool di scienziati nei prossimi decenni sarà possibile con dei telescopi individuare e carpire l’impronta di vita nei pianeti. Lin ha così esemplificato la sua ipotesi che, pur non essendo ancora in grado di confermare la teoria della panspermia, potrebbe dare un decisivo contributo nell’orientare la ricerca della vita nel cosmo:

“Secondo la nostra teoria i semi della vita si formano, sviluppano e sovrappongono gli uni con gli altri in un modo simile a quanto succede all’acqua che bolle”.

Lo scienziato si è detto sicuro che entro 20 anni con nuovi telescopi sarà possibile individuare quelli che definisce come “speciali gusci” che , come oasi nel deserto, diffondono la vita nel cosmo». Il ripetersi di questo processo di trasmissione, secondo il ricercatori, può aver generato delle vere e proprie oasi cosmiche che costellano le galassie. Avi Loeb, un altro autore della ricerca, ha dichiarato: «La vita può diffondersi da una stella all’altra come un’epidemia». I ricercatori hanno ribadico come solo alcuni pianeti avrebbero quelle caratteristiche che li rendono potenzialmente abitabili e solo su questi i semi viaggianti possono attecchire e mettere le radici.

La continua scoperta di esopianeti (extrasolari) ha reso alquanto comune il concetto di fascia di abitabilità, ovvero pianeti rocciosi con acqua (nell’universo diffusissima) allo stato liquido non troppo vicini e non troppo lontani dalla stella riferimento che dovrebbe essere medio piccola come il nostro sole. Certo che prima di parlare di “terra gemella” a centinaia di anni luce bisogna essere alquanto cauti. Ma i tempi delle stelle e i cicli del cosmo sono molto diversi dal nostro osservatorio umano. Secondo il modello messo a punto ad Harvard i semi della vita possono viaggiare da un pianeta ‘abitabile’ all’altro, ossia vagano nell’universo ‘posandosi’ soltanto sui pianeti che hanno le condizioni ideali perchè possano attecchire e ‘mettere radici’. Per esempio, dovrebbero essere pianeti che si trovano alla giusta distanza dalla loro stella per poter avere acqua liquida.

Il ripetersi di questo processo, secondo i ricercatori, può aver generato delle vere e proprie oasi cosmiche che costellano le galassie. ”La vita può diffondersi da una stella all’altra come un’epidemia”, ha osservato un altro degli autori della ricerca, Avi Loeb. I principi della panspermia hanno cominciato a diffondersi nel XIX, dopo anni in cui questi concetti sarebbero stati ritenuti assolutamente eretici, ma le basi della teoria riprendono concetti erano stati già sostenuti dal filosofo greco Anassagora. In questi modelli per “semi sparsi per l’universo” si possono intendere anche molecole organiche.

Moreno D’Angelo

nuovasocieta.it