Le mille bizze delle magnetar in un catalogo

Rappresentazione artistica della magnetar nell’ammasso Westerlund 1. Crediti: Eso / L. Calçada

Il lavoro a guida italiana ha raccolto e classificato oltre mille osservazioni per 23 eventi associati all’improvviso aumento di luminosità delle stelle di neutroni con i campi magnetici più intensi che si conoscano. E la banca dati, disponibile online, sarà in continuo aggiornamento via via che saranno disponibili nuovi dati.

Tra le stelle di neutroni, oggetti compatti che inglobano in una sfera dal raggio di 10 chilometri una massa superiore a quella del nostro Sole, le magnetar sono quelle che hanno una marcia in più, o meglio, un campo magnetico incredibilmente intenso, addirittura un milione di miliardi di volte quello della Terra. Per questo gli scienziati hanno coniato un nome proprio: magnetar, dalla contrazione di magnetic-star. A oggi conosciamo solo 26 magnetar nella nostra Galassia (più qualche altra nella galassie vicine), grazie alla loro emissione di raggi X, alimentata dalla dissipazione del loro potentissimo campo magnetico. Un tratto caratteristico di alcune di queste sorgenti è rappresentato dai cosiddetti outburst, durante i quali le magnetar aumentano nel giro di pochi giorni la loro luminosità X anche di 100-1000 volte. Successivamente la luminosità cala gradualmente fino a ritornare al valore quiescente, su tempi scala che variano caso per caso e che tipicamente vanno da alcune settimane a parecchi anni.

Un gruppo di ricercatori guidato da Francesco Coti Zelati ora all’Istituto di scienze spaziali (Csic-Ieec) di Barcellona e associato Inaf ha realizzato un vero e proprio censimento di questi eventi, che viene pubblicato oggi sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Lo studio riporta l’analisi sistematica delle proprietà di emissione di tutti gli outburst finora osservati dalle magnetar, dalle prime fasi attive e nel corso del loro decadimento, e ha permesso di gettare nuova luce sui meccanismi di emissione alla base di questi episodi.

«Tutti questi episodi sono stati monitorati e studiati in gran dettaglio da diversi gruppi di ricerca nel corso dell’ultimo ventennio, attraverso numerosissime campagne osservative condotte nella banda dei raggi X da diversi satelliti», spiega Sergio Campana, dell’Istituto nazionale di astrofisica a Milano, che ha partecipato al lavoro. «Francesco nel suo lavoro di dottorato presso l’Università dell’Insubria (in collaborazione con l’Osservatorio astronomico Inaf di Brera, l’Università di Amsterdam e il Csic-Ieec) ha condotto uno studio omogeneo di questa enorme mole di dati, analizzando in modo sistematico oltre un migliaio di osservazioni».

«Questo ci ha consentito di confrontare in modo consistente parecchie proprietà per ben 23 outburst di magnetar», continua Coti Zelati. «In particolare, lo studio ha evidenziato correlazioni tra differenti parametri chiave, come ad esempio la luminosità massima raggiunta nel corso di questi outburst, la luminosità quiescente, l’energetica totale in gioco, il tempo di ritorno alla quiescenza e in ultima analisi il campo magnetico alla superficie della stella di neutroni».

Lo studio ha mostrato come le correlazioni osservate confermano quanto predetto dai modelli teorici per spiegare la fisica di questi fenomeni, che si sono sempre più affinati nel corso degli anni. I risultati delle analisi e tutti i dati analizzati sono stati resi pubblicamente disponibili grazie alla creazione di un catalogo online. «La pagina web verrà aggiornata periodicamente, non appena verranno osservati nuovi eventi di questo tipo» conclude Coti Zelati.

Marco Galliani

media.inaf.it