L’occhio del satellite scruta i puquios peruviani

L’occhio del satellite scruta i puquios peruviani

puquiosPer secoli i ‘puquios’, le cavità a spirale che caratterizzano il territorio di Nasca, in Perù, hanno rappresentato un’attrazione, come i celebri geroglifi tracciati sul terreno che danno forma a migliaia di enormi disegni, con motivi geometrici e biomorfi visibili solo dall’alto. Oggi, l’analisi di immagini satellitari ad alta risoluzione, effettuate nell’ambito di progetti diretti dai ricercatori Rosa Lasaponara dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa) e Nicola Masini dell’Istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) del Cnr, ha fornito elementi che chiariscono, oltre alle relazioni culturali e spaziali tra questi due elementi, la gestione dell’acqua da parte dei Nasca e il contesto ambientale in cui questo sofisticato sistema di gallerie filtranti è stato realizzato oltre 1.500 anni fa, in una zona tra le più aride del mondo, permettendo di sviluppare un’agricoltura intensiva lungo le oasi del bacino del Rio Nasca.

“Il termine puquio in lingua quechua significa sorgente d’acqua. Sono formazioni sotterranee a lungo considerate di difficile datazione per via della costante manutenzione effettuata nel corso dei secoli; ora, siamo in grado di identificare tratti sconosciuti, di mappare dettagliatamente le variazioni nel corso dei secoli”, spiega Lasaponara. Le ricerche hanno confermato il legame tra i puquios e il popolo Nasca, civiltà preincaica attiva tra il I e il VI secolo dopo Cristo. Attraverso l’analisi di immagini satellitari ad alta risoluzione e informazioni acquisite tramite voli aerei con droni, prospezioni geoelettriche e geomagnetiche e ricognizioni a terra sono stati individuati puquios non conosciuti. Analisi spaziali hanno consentito di studiare il rapporto tra acquedotti e insediamenti nel tempo, confermando alcune delle ipotesi già avanzate dagli archeologi e aggiungendo nuove informazioni sulle dinamiche spazio temporali nelle valli del deserto. “I Nasca riuscirono a costruire una rete di gallerie che attingeva all’acqua dalle profondità del suolo e la rendeva disponibile in qualsiasi periodo dell’anno, principalmente per fini agricoli: è una formidabile opera di ingegneria idraulica, che dimostra una conoscenza approfondita della geologia del posto e una notevole capacità tecnologica. Il sistema, in alcune parti, risulta ancora funzionante”, aggiunge la ricercatrice.

“I puquios funzionavano in maniera simile ad altri sistemi di trasporto idrico di altre civiltà, tra cui i ‘quanat’ dell’antica Persia, basati su una serie di pozzi verticali collegati tra loro da gallerie in lieve pendenza”, afferma il direttore della missione Nicola Masini.

“Gestire e controllare l’acqua, in una zona così arida, spesso colpita da siccità, era strategico e di fatto significava poter controllare l’intero territorio. È davvero impressionante pensare al grado di complessità di quest’opera e all’organizzazione richiesta per realizzarla”.

Il Cnr ha partecipato alle varie missioni, svolte in collaborazione con l’Universidad Nacionale de Ingenieria di Lima e il Centro italiano studi e ricerche archeologiche precolombiane (Cisrap) di Nasca diretto da Giuseppe Orefici, nell’ambito di un progetto bilaterale con il Concytec di Lima, diretto da Lasaponara, oltre che nell’ambito delle attività di ricerca della missione archeologica ‘Itaca’, diretta da Masini e finanziata dal ministero degli Affari esteri.

Avviata nel 2008, la missione Itaca ha l’obiettivo di contribuire alla conoscenza del passato umano in età precolombiana in Sud America attraverso approcci interdisciplinari basati sull’impiego di tecnologie satellitari, metodi di archeogeofisica e di diagnostica. Dal 2008 al 2015 sono state svolte 15 missioni scientifiche in diversi siti del Peru, tra cui Cahuachi, Pachacamac e Ventarron, e della Bolivia, per diverse applicazioni, dallo studio del paesaggio antico alla scoperta di nuovi siti, dal monitoraggio di aree a rischio alla conservazione delle architetture in terra cruda.

Fonte: Rosa Lasaponara, Istituto di metodologie per l’analisi ambientale

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