L'universo e' un buco nero?

Il Giornale Online
Quanto detto or ora ci introduce all'ultimo argomento di cui discuteremo in questo lavoro. Se esistono micro-buchi neri (ma in realtà buchi bianchi) con una massa di molti ordini di grandezza inferiore a quella del Sole, essi non possono essersi formati in conseguenza del collasso gravitazionale, in quanto la loro massa è ampiamente inferiore al limite di Chandrasekhar. Stelle di massa così modesta potrebbero facilmente resistere all'azione della loro gravità anche dopo aver “finito la benzina”.

Buchi neri tanto leggeri possono essersi formati solo in seguito allo schiacciamento forzato di materia ordinaria da parte di pressioni esterne estremamente elevate. John A. Wheeler, lo stesso che coniò il termine “buco nero”, calcolò una volta che, se un folle dittatore del futuro estraesse l'idrogeno contenuto in tutti gli oceani della terra e lo usasse per fabbricare un'unica, spaventosa bomba H, l'esplosione di questa potrebbe comprimere la materia al suo centro in misura tale da creare un buco nero!

Fatti i debiti scongiuri, un'ipotesi più realistica è quella che i buchi neri nani si siano formati nelle condizioni di temperatura e di pressione elevatissime verificatesi nelle primissime fasi della vita dell'universo, poche frazioni di secondo dopo il big bang. Si parla in questo caso di “buchi neri primordiali”.

Se tale ipotesi fosse corretta, il cosmo pullulerebbe di buchetti neri più piccoli di atomi ma più pesanti di asteroidi, che costituirebbero gran parte della “materia oscura” universale; alcuni di essi potrebbero trovarsi anche all'interno del sistema solare, orbitando alla chetichella intorno al Sole, a un tiro di schioppo da noi. Secondo alcuni, il terribile disastro che nel 1908 rase al suolo la regione di Tunguska, nella Siberia orientale, fu dovuto proprio ad un buco nero primordiale che attraversò la terra da un capo all'altro!

C'è però un problema. Come detto nel capitolo precedente, i buchi neri irraggiano radiazione, e quelli più piccoli sono estremamente più attivi (e per questo più facilmente osservabili) di quelli più grossi. Se l'universo è zeppo di questi buchi bianchi come un cane lo è di pulci, si dovrebbe osservare un intenso fondo di radiazione gamma, che in effetti esiste, ma molto meno marcato di quanto richiederebbe la teoria ora descritta. E' molto probabile che questo fondo abbia origini diverse dai buchi neri primordiali, sulla cui presenza nello spazio non esistono a tutt'oggi prove sicure, ma esso ci dice comunque che, se essi esistono, la loro densità non può superare le 300 unità per anno luce cubico, e che quindi essi non rappresentano che un milionesimo della massa totale presente nell' universo. La famosa “materia oscura” dovrà perciò trovare necessariamente degli altri portavoce.

Procedendo ora nella direzione contraria, nel corso della nostra esplorazione ai confini dell'universo scopriremo che vi sono anche corpi celesti indiziati di appartenere alla malefica stirpe dei buchi neri, ben più pesanti anche delle stelle più massicce. Si parla in tal caso di “buchi neri supermassivi”.

Il caso più eclatante è quello delle cosiddette RADIOGALASSIE. Si tratta di ammassi stellari che emettono verso di noi un'intensissima radiazione hertziana. Il perchè è a tutt'oggi un mistero. Molte di esse irraggiano anche nella banda X, e al radiotelescopio si presentano con lunghe “code” o “baffi” non osservabili con telescopi ottici. La più famosa radiogalassia è quella che fu inserita negli atlanti stellari con le sigle NGC 4486 o M 87, posta nella costellazione della Vergine a circa 52 milioni di anni luce dalla Terra. Essa presenta un immenso getto di materia ed energia che fuoriesce dal suo nucleo centrale, lungo più di seimila anni luce, e tanto marcato ed impetuoso da risultare visibile persino otticamente (vedi figura). L'ipotesi più credibile suggerisce che nel nucleo di M 87 sia in corso un'immane esplosione che interessa l'intera colonia stellare.

Nel 1992 il telescopio spaziale Hubble, pur ancora imperfettamente funzionante, ha inviato sulla Terra dei dati che sembrano confermare l'ipotesi da alcuni già timidamente avanzata che al centro del nucleo galattico sia situato un immenso buco nero, la cui massa è stata stimata da Todd Lauer, professore a Tucson, in qualcosa come 2,6 miliardi di masse solari! Un mostro di questo genere non può certamente avere un'origine stellare, come quello che sarebbe invece all'opera dentro Cygnus X-1. Questi buchi neri supermassivi potrebbero formarsi in seguito al collasso gravitazionale della materia della nebulosa originaria che, cominciando a ruotare su sé stessa, diede origine all'intera galassia. L'uno per cento della massa della galassia sarebbe allora concentrata in questo spaventoso buco nero centrale, che in qualche misura ricorda l'Angband descritto da Tolkien nel “Signore degli Anelli”; le stelle più vicine al centro dell'ammasso galattico precipiterebbero allora in esso, emettendo in un sol colpo tutta la propria energia gravitazionale, e giustificando l'impressionante emissione radiativa da parte di galassie come M 87.
Il Giornale Online

Fig. 13 Immagine ripresa dal telescopio spaziale Hubble della galassia M 87, scoperta nel 1918. Si osserva chiaramente il terrificante getto di plasma indirizzato verso di noi. Si tratta del primo buco nero supermassivo mai osservato nel cuore di una galassia.

La cosa, già di per sé degna di un romanzo di Stephen King quando avviene a 52 milioni di anni luce da noi, fa ancor più scalpore se si pensa che anche nel nucleo della nostra galassia è attiva una fortissima sorgente di radioonde, nota come Sagittarius A. In una sfera del raggio di un parsec (3,26 anni luce) è contenuta una massa enorme, 4 milioni di volte superiore a quella solare, tanto che, se tale regione di spazio fosse affollata di stelle di sequenza principale come il Sole, esse sarebbero l'una dall'altra alla distanza che separa i pianeti del sistema solare. Ciò lascia pensare che anche al centro della via Lattea esista un buco nero supermassivo, per quanto sconvolgente possa risultare una notizia del genere! L'impressionante vortice di plasma gassoso, localizzato nel nucleo galattico e visibile nella fotografia riportata in questa pagina, distrugge in ogni secondo quantità immani di materia, riemettendola sotto forma di energia radiante. Se davvero nelle viscere di tutte le galassie è all'opera un simile insaziabile divoratore di stelle, ciò potrebbe spiegare perché la maggior parte della materia luminosa in esse presente appare concentrata nel loro nucleo interno.

Lo stesso incredibile fenomeno potrebbe essere alla base della spaventosa emissività dei QUASAR, altri oggetti piuttosto “anomali” del cielo, perché – pur trovandosi a distanza da noi superiore ad un miliardo di anni luce (1022 chilometri!) – appaiono brillanti come stelle della nostra galassia. L'esempio più bello è costituito dall'oggetto noto come 3C 273, presso la testa della costellazione della Vergine. Ci appare come una stellina di magnitudine 12,8 ma, distando da noi tre miliardi di anni luce, se fosse una stella comune dovrebbe apparire di trentesima magnitudine, cioè cento milioni di volte più fioca! L'unica spiegazione per questo fatto è che 3C 273 emetta più energia di un'intera galassia (è per questo che è chiamato quasar, da “quasi star”, e cioè “quasi stella”!), e le reazioni termonucleari da noi descritte nei capitoli 6 e 7 non sono certo sufficienti per rendere ragione della sua natura superluminosa. Potrebbe renderne ragione, tuttavia, una repentina liberazione di energia gravitazionale, come quella che avrebbe luogo se il quasar nel suo cuore celasse un buco nero. La disintegrazione delle stelle da esso inghiottite libererebbe la loro intera energia gravitazionale sotto forma di un flash luminoso, più potente di qualunque esplosione all'idrogeno.

Il Giornale Online

Fig. 14 Se osservato ai raggi gamma, mediante satelliti posti fuori dell'atmosfera terrestre, il quasar 3C279 è uno degli oggetti più luminosi di tutto il cielo!

Vorrei chiudere questa interessante discussione segnalando una proprietà notevole dei buchi neri supermassivi: quanto maggiore è la loro massa, tanto minore può essere la loro densità quando si formano. Ciò significa che è meno difficile generare un buco nero di dimensioni galattiche che uno di dimensioni stellari o, peggio, di dimensioni terrestri (buchi neri primordiali a parte). Ad esempio, la densità di un buco nero generato dal collasso di una massa 100.000 volte maggiore di quella del Sole può non essere superiore a quella dell'acqua.

Un oggetto di massa ancor maggiore potrà collassare già ad una densità assai minore. Continuando ad estrapolare, si scopre (non senza sorpresa!) che la densità richiesta per formare un buco nero di massa pari a quella del nostro universo sarà pressappoco uguale alla… densità media dell'universo osservabile! Quindi, anche l'intero nostro universo potrebbe risultare tutto un titanico buco nero!

fonte:www.fmboschetto.it