Madre Vuoto

Madre Vuoto

Non è forse vuoto il ventre materno in cui ci manifestiamo, per cadere, poi, nel ventre vuoto del mondo, che partorisce incessantemente tutte le forme, compresa la forma mondo stessa? “Nel vuoto alberga l’ordine, e dall’ordine nasce la coscienza”. E’ in questo modo che ce lo spiega l’astrofisico Massimo Teodorani.

Erwin Laszlo vuoto
Erwin Laszlo

Dove si situano tutti quei meccanismi di derivazione quantistica in grado di determinare coerenza e sincronicità? Sembra che tutto ciò abbia origine nel vuoto, o per la precisione in quel “vuoto subquantistico” di cui parla il filosofo e fisico ungherese Erwin Laszlo. Il vuoto sarebbe la matrice di tutta la realtà da cui sarebbe nato l’Universo come fluttuazione quantistica. Il vuoto non è realmente vuoto ma è un ribollire di particelle, come fu provato da un importante esperimento del fisico olandese Hendrik Casimir (allievo e amico di Wolfgang Pauli) che dimostrò l’esistenza della cosiddetta “energia di punto zero”. Sembra che il vuoto possa essere stimolato e che lì alberghino unite indissolubili sia la mente che la materia dell’universo: stimolare questo vuoto – che in sostanza rappresenta il “prana” degli orientali – significa diventare artefici del processo della creazione allo stesso modo in cui lo scultore modella la creta.

E’ il regno dove nascono i quanti, ovvero le particelle elementari e dove ogni particella ed essere vivente è connesso. Esso sarebbe anche la matrice della coscienza dell’universo, e allo stesso tempo il deposito di memoria di tutto quanto accade, è accaduto o accadrà. In altre parole tutto questo ricorda il regno mitico di Akasha di cui parlano da millenni le civiltà orientali.

Alcuni scienziati sono partiti dal vuoto per ritrovarsi nel concetto di sincronica interconnessione e unità nel tutto.

Altri scienziati, come il fisico quantistico David Bohm sono approdati al cosiddetto “ordine implicato” per descrivere quel regno astratto che sta alla base di tutta la materia conosciuta e che ne costituisce la coscienza. Il fisico Marco Todeschini riprendendo e rielaborando una antica concezione cartesiana dell’Universo ha definito questo regno come “etere” mentre il fisico quantistico Wolfgang Pauli assieme allo psicologo del profondo Carl Jung hanno posto queste basi nel cosiddetto “inconscio collettivo”. C’è buona ragione di ritenere che inconscio collettivo, etere, vuoto, ordine implicato e Akasha rappresentino differenti modi di nominare esattamente lo stesso concetto che è la matrice dell’unità e sincronicità dell’Universo.

Il cosiddetto “ordine implicato”, la sorgente che dà origine al potenziale quantico, non è una esclusiva creazione nata dalle teorie ed ipotesi di David Bohm, ma può trovare un riscontro forse più concreto in un’altra deduzione – questa volta sia teorica che sperimentale – della meccanica quantistica. Si tratta del cosiddetto “campo del punto zero”, quell’immenso oceano di energia in continua ebollizione, chiamato anche “schiuma quantistica” che il fisico olandese Hendrik Casimir riuscì a scoprire con un suo famoso esperimento in cui avvicinando due piastre a distanza molto piccola, queste andavano soggette ad una pressione anomala.

Quella pressione era causata dall’energia del vuoto, un vuoto evidentemente ricco di energia che genera fluttuazioni sotto forma di particelle virtuali, una delle quali potrebbe aver generato l’universo stesso. E infatti la comprensione di Bohm della realtà fisica finisce per prendere in considerazione quel concetto di vuoto che viene considerato anche da altri approcci della fisica, e che costituisce il nocciolo centrale delle religioni orientali come “prana”. Per Bohm lo spazio non rappresenta un vuoto gigante attraverso cui si muove la materia, bensì lo spazio in tutte le sue parti è tanto reale quanto la materia che si muove attraverso di esso. Lo spazio e la materia sono intimamente interconnessi. Di fatto, calcoli effettuati su quella quantità nota come “energia di punto zero” suggeriscono che ogni singolo centimetro cubico di spazio vuoto contiene più energia di tutta la materia conosciuta nell’universo, mentre modelli attuali di fisica teorica e di cosmologia prevedono che la cosiddetta “energia oscura” provenga direttamente dal vuoto e costituisca il 73% dell’energia prodotta dall’universo.

Questi risultati non erano indifferenti a Bohm, il quale trovò un collegamento tra questo immenso oceano di energia apparentemente vuoto e quel regno infinito e nascosto che lui denomina ordine implicato. L’energia che sgorga misteriosamente dal vuoto è un processo di esplicazione che proviene da un mondo implicato nascosto, iper-dimensionale e a-temporale, dove ha sede la coscienza dell’universo. Dunque il mondo implicato è la sede della creazione e l’olomovimento non è nient’altro che il processo della creazione. I processi di materia-energia del mondo esplicato in cui viviamo e i processi di informazione attiva che provengono dal mondo implicato mostrano che questi due mondi sono intimamente legati. In questa visione la coscienza stessa, quella che anche l’umanità può penetrare nella sua più intima essenza attraverso un distillato dei processi del pensiero, non è altro che il pilota della realtà.

David Bohm ha ben dimostrato dialetticamente che la realtà fisica è realmente consistente con una radicale reinterpretazione della realtà che va ben oltre la nuova fisica rivoluzionaria del primo ventesimo secolo. I fisici contemporanei possono anche ignorare il lavoro di Bohm (come molti hanno fatto), ma non possono sfuggire alle sue implicazioni. L’approccio alla scienza di Bohm è mirato alla ricerca della verità, e proprio in questa luce, con la riformulazione del concetto di “ordine” in fisica, egli ha dischiuso le fondamenta epistemologiche della scienza, utilizzando queste sue profonde intuizioni per concepire una realtà che va penetrata seguendo un percorso “ontologico” che ha le sue basi nell’ordine implicato e nell’olomovimento. In questa concezione, quella che veniva chiamata “epistemologia”, che è lo studio di ciò che sappiamo e di come lo sappiamo, viene interamente sostituita dalla “ontologia”, che è appunto lo studio di ciò che effettivamente esiste. Questo studio è possibile solo se il pensatore si fonde con il pensiero stesso.

Certamente l’aspetto più sconcertante del pensiero di Bohm è che l’ordine implicato non è solo una realtà iperdimensionale che governa il mondo della materia ma rappresenta la sede stessa della coscienza e di tutti i fenomeni ad essa correlati. Siccome il mondo implicato non è altro che la “interiorità” dell’universo che interagisce direttamente con il mondo esplicato di cui siamo apparentemente passivi osservatori, la fisica di Bohm non solo contempla l’esistenza di una interiorità cosciente, un’entità intelligibile con la nuova fisica, ma anche un’interazione diretta e continua tra questa interiorità e la fase conscia dell’universo, che è quella esplicata in cui viviamo. Certamente l’ordine implicato ricorda moltissimo l’ “inconscio collettivo” di Carl Jung, molto del quale non può essere reso manifesto a livello conscio. Ad esempio, gli archetipi non possono essere direttamente appresi, ma solo sotto forma di simboli che appaiono nell’arte, nei sogni e in varie culture. Sembra allora che l’opera di Bohm rappresenti uno sforzo per rendere intelligibile filosoficamente e (in prospettiva) scientificamente quello che Jung aveva intuito nella sua attività di psicologo analitico, uno sforzo che per altre vie aveva intrapreso anche il suo collega fisico Wolfgang Pauli, ma che Bohm sviluppa su una scala più vasta dal punto di vista concettuale. Bohm così si ricollega al pensiero di Jung:

“Estendendo il concetto di totalità all’uomo, noi vediamo che ciascun essere umano partecipa in modo inseparabile alla società e al pianeta come un tutto. Ciò che si può ulteriormente suggerire è che una tale partecipazione si esplichi in una mente collettiva più grande, e forse alla fine in una qualche mente ancora di più vasta portata che in linea di principio sia in grado di andare indefinitamente anche oltre la specie umana come un tutto. Ciò può essere messo in relazione con alcune delle nozioni proposte da Jung.”

Massimo Teodorani

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