"MONDIALI, DIETRO LE GRIFFE LO SFRUTTAMENTO"

Il Giornale Online
Una lista dei marchi sportivi che usano lavoratori a bassissimo costo.

Un rapporto inglese denuncia le condizioni dei lavoratori che producono le maglie, cappelli e accessori per i campionati di calcio

Tratto da “LA REPUBBLICA” del 25/05/2006 a firma di Francesca Caferri

ROMA – Le multinazionali dello sport vedranno salire i loro bilanci e il loro prestigio nelle prossime settimane grazie ai Mondiali di calcio in Germania, ma le condizioni di chi produce le maglie e le scarpe che finiranno in mondovisione non miglioreranno affatto per questo. Alla vigilia dell'evento sportivo dell'anno l'associazione non governativa inglese Oxfam torna ad attaccare con forza i maggiori produttori mondiali di abbigliamento sportivo, accusandoli di chiudere gli occhi di fronte allo sfruttamento e alle minacce a cui i lavoratori che producono le loro merci sono costretti a lavorare.

Il rapporto di Oxam, 101 pagine, prende di mira dodici fra i più conosciuti brand sportivi – da Nike a Fila ad Adidas, passando per le italiane Lotto e Kappa, classificate fra le peggiori aziende censite in termini di responsabilità sociale di impresa – e analizza il loro comportamento nella parte più “calda” del mondo in termini di sfruttamento dei lavoratori, il continente asiatico.

E' qui che, tramite una catena spesso misteriosa di sub-appaltatori, i big dello sport producono la maggior parte delle loro merci.
Alla base della catena, denuncia Oxfam, ci sono persone come i trenta lavoratori della fabbrica di Panarub, nei pressi di Giakarta, Indonesia, da dove escono scarpe come la “Predator Pulse” dell'Adidas, promosse da David Beckam e Zinedine Zidane. Licenziati per aver organizzato uno sciopero che chiedeva un aumento delle paghe – 60 centesimi l'ora -, hanno perso ogni forma di sostentamento.

E, nonostante l'Adidas garantisca che sta seguendo il caso, da mesi sono senza lavoro. Di casi come questo Oxfam chiede spiegazioni direttamente ai produttori: “Se i responsabili delle grandi case sportive sono davvero intenzionate a rispettare i diritti dei lavoratori – si legge nel rapporto – dovrebbero limitarsi a mantenere le attuali relazioni commerciali con i paesi dove si sa che i lavoratori hanno difficoltà ad organizzarsi, e invece spostare ogni nuova produzione in paesi che realmente rispettano i diritti di chi lavora a far chiaro ai governi che non tollereranno violazioni in materia”.

A tutt'oggi, anche capire chi produce cosa e dove lo produce è una sfida, sostiene l'associazione: pochissime aziende – Puma, Nilke, Reebok e Adidas e spesso in maniera molto parziale – hanno reso pubblici i nomi e gli indirizzi dei fornitori.
Le altre si rifiutano di fare altrettanto, alimentando l'impressione che si servano di produttori che violano le regole. L'anone di mistero – e quindi la condanna di Oxfam – è particolarmente pesante per tre società: la multinazionale con base Usa Fila e le italiane Lotto e Kappa.

Di tutte l'ong inglese mette in risalto la mancanza di collaborazione e di volontà nell'assumersi responsabilità. Fra le società censite Oxfam “salva” invece Reebok – il gruppo che per gli autori del rapporto si è speso maggiormente negli ultimi anni – e, parzialmente, Nike, Puma e Asics: sono quelle che hanno fatto progressi maggiori rispetto a un'industria il cui impegno complessivo nel campo dei diritti resta ancora molto scarso.

FILA

E' la peggiore fra le società prese in considerazione: non rende pubblici i dati sulla produzione nei paesi a rischio e non risponde delle violazioni subite dai lavoratori nelle fabbriche ad essa connesse

KAPPA

Il gruppo italiano non ha voluto collaborare alla ricerca. Ha un codice di condotta etico per i produttori ma non è chiaro come sia messo in atto e controllato

SPEEDO

Non rende pubblica la lista dei fornitori nè dice quanti di essi si trovino in paesi a rischio per le libertà sindacali. Non si fa carico del rispetto dei diritti dei lavoratori che lavorano per i fornitori

LOTTO

Ha collaborato solo parzialmente alla ricerca: Oxam rimprovera alla società poca trasparenza e scarsa collaborazione, pur riconoscendo che negli ultimi anni ci sono stati progressi (più di principio che di sostanza)

UMBRO

La società non è trasparente sui luoghi di provenienza e sull'identità dei fornitori. Sostiene di non poter migliorare le condizioni dei lavoratori tramite politiche di acquisto più responsabili dai fornitori

PRODOTTI SOTTO ACCUSA

Cappelli: Uno dei maggiori produttori di Reebok e Umbro è in Indonesia: i dipendenti aderenti al sindacato sono stati minacciati

Magliette: La Lotto le produce in Indonesia: a chi lavora nella fabbrica sono imposti straordinari non pagati

Borse sportive: In una fabbrica che lavora per Adidas gli operai lavorano ad alte temperature, senza ventilatori e protezione

Accessori vari: La Fila li produceva in una fabbrica chiusa dopo le denunce di molestie sessuali alle lavoratrici

Le scarpe: La Fila li produceva in una fabbrica chiusa dopo le denuncie di molestie sessuali alle lavoratrici

fonte:ilnuovomondo.it