Nuove scoperte su Mercurio

Il campo magnetico di Mercurio è “vivo”. Bocche vulcaniche circondano il suo gigantesco Bacino Caloris e il pianeta si è rimpicciolito più del previsto.

[color=#999999]Sopra: Immagine a colori del bacino Caloris e regioni limitrofe. Le aree di tonalità arancione appena entro il bordo del bacino Caloris indicano i luoghi in cui si trovano formazioni di probabile origine vulcanica. Gentile concessione di Science/AAAS[/color]

Il campo magnetico di Mercurio è “vivo”. Bocche vulcaniche circondano il gigantesco Bacino Caloris e il pianeta si è rimpicciolito più del previsto. Sono solo alcune delle scoperte della sonda MESSENGER della NASA, che ha raggiunto Mercurio il 14 gennaio 2008. I risultati sono descritti in una serie di 11 articoli pubblicata il 4 luglio in un numero speciale della rivista Science.

Sei dei lavori riferiscono i risultati delle analisi della superficie del pianeta – colori, mineralogia e morfologia del terreno. Ad esempio, questa immagine a colori rivela l’evidenza di bocche vulcaniche lungo i margini del bacino Caloris, uno dei più grandi e più giovani crateri da impatto del sistema solare.
Immagine a colori del bacino Caloris e regioni limitrofe

“Mettendo insieme i dati del Mariner 10 e del MESSENGER, gli scienziati hanno potuto ricostruire la storia geologica complessiva del bacino Caloris,” dice James Head della Brown University, primo autore di una delle pubblicazioni di Science. “Il bacino si formò dall’impatto di un asteroide o una cometa durante il primo miliardo di anni della vita del sistema solare, un periodo di intensi bombardamenti meteoritici.

Come nel caso dei mari della luna, il bacino venne riempito dai flussi di lava prodotta dalla attività vulcanica che seguì. Il vulcanismo è responsabile del materiale rosso e relativamente leggero nelle pianure interne inframmezzate da più recenti depositi da impatto.”

La scoperta di bocche vulcaniche attorno a Caloris pone fine a un vecchio dibattito tra i planetologi sull’origine delle levigate pianure di Mercurio, come l’interno del bacino Caloris. La causa è senz’altro la lava.

Uno dei risultati più eclatanti annunciati su Science riguarda il campo magnetico di Mercurio. Prima che il Mariner 10 lo rilevasse negli anni ’70, la Terra era l’unico pianeta terrestre con campo magnetico globale noto. Il magnetismo terrestre è generato dal suo incandescente nucleo di ferro liquido, con un meccanismo detto dinamo magnetica (approfondisci). L’esistenza di un campo magnetico su Mercurio ha sbigottito gli scienziati perché si pensava che il nucleo ferroso del pianeta si fosse raffreddato tempo fa, cessando quindi di produrre magnetismo. Alcuni ricercatori supposero perciò che il campo fosse un relitto del passato, intrappolato nella crosta esterna.
Ma i dati di MESSENGER suggeriscono un’altra spiegazione: a generare il campo magnetico di Mercurio sarebbe una dinamo attiva presente nel nucleo del pianeta.

“Le misurazioni di MESSENGER indicano che, analogamente a quello terrestre, il campo magnetico di Mercurio è per lo più dipolare, cioè esistono un polo nord e un polo sud magnetici,” dice Brian Anderson, uno degli autori principali, del Laboratorio di Fisica Applicata (APL) alla Johns Hopkins University in Laurel, Maryland. “Il fatto che sia dipolare, e che non abbiamo trovato quelle anomalie nelle onde corte che indicherebbero la presenza di porzioni di crosta magnetica, indica la presenza di una dinamo attiva. Attendiamo con impazienza il passaggio ravvicinato di ottobre e aspettiamo che la sonda resti in orbita per un anno, per vedere se lo stesso fenomeno si verifichi in altre zone del pianeta e per confermare che il campo origina dal nucleo.”

Il nucleo di Mercurio costituisce il 60% della sua massa, almeno il doppio di qualsiasi altro pianeta. Il raffreddamento di questo nucleo sproporzionato ha portato a una considerevole contrazione del pianeta, evidente nella forma di grinze simili a “precipizi” dette scarpate lobate (immagine a destra). Sean Solomon del Carnegie Institution di Washington, Principal Investigator di MESSENGER, spiega:

“Le morfologie tettoniche prevalenti su Mercurio sono le scarpate lobate, giganteschi precipizi che rappresentano l’apice di faglie della crosta formatesi durante la contrazione dell’area circostante. Esse testimoniano quanto l’evoluzione della superficie sia stata influenzata dal raffreddamento del nucleo. Al termine del periodo di intensi bombardamenti meteoritici, il raffreddamento del nucleo non solo ha alimentato la dinamo magnetica, ma ha anche innescato la contrazione dell’intero pianeta. E i dati dell’osservazione ravvicinata della sonda indicano che la contrazione totale è maggiore del previsto di almeno un terzo.”

MESSENGER ha anche osservato per la prima volta particelle ionizzate nella particolarissima esosfera di Mercurio. Nell’esosfera, una sottilissima atmosfera, le molecole sono così lontane le une dalle altre che hanno una maggiore probabilità di scontrarsi con la superficie di Mercurio piuttosto che tra di loro. Il materiale nell’esosfera proviene soprattutto dalla superficie del pianeta, sbalzato via dalla radiazione solare, dal vento solare e dalla vaporizzazione di meteoroidi:

“MESSENGER è riuscito ad osservare l’esosfera di Mercurio in tre aree — l’area diurna, l’area tra il giorno e la linea giorno/notte, o terminatore, e la sua coda di sodio lunga 40.000 km,” dice l’autore Bill McClintock della University of Colorado.

“Nell’esosfera sono stati rilevati atomi di idrogeno, elio, sodio, potassio e calcio, e quasi certamente saranno presenti anche molti altri elementi. Questi atomi vengono allontanati rapidamente da Mercurio dalla pressione della radiazione solare, e formano una lunga scia di atomi soffiata nella direzione opposta al sole. La loro quantità però varia durante il giorno e la notte, con gli effetti del campo magnetico e del vento solare, e forse anche a seconda della latitudine.”

“L’esosfera di Mercurio è straordinariamente attiva,” ci spiega con meraviglia.

Un’altra significativa sorpresa scientifica riguarda la magnetosfera del pianeta – la bolla di magnetismo che lo circonda. Thomas Zurbuchen della University of Michigan spiega: “L’atmosfera di Mercurio è zeppa di particelle ionizzate di tanti tipi], sia atomiche sia molecolari. Questa “nebulosa al plasma” presenta una complessità maggiore e una composizione più diversificata rispetto al toro di plasma di Io nel sistema gioviano.” La composizione della nebulosa non corrisponde a quella del vento solare, il che fa pensare che questo materiale provenga dalla superficie del pianeta. L’incontro ravvicinato della sonda ha permesso di osservare per la prima volta la composizione della superficie di Mercurio.

“Il pianeta in cielo appare come un semplice punto luminoso,” sottolinea Ralph McNutt, dell’APL, ricercatore del progetto MESSENGER. “Ma quando lo si percepisce così da vicino, attraverso tutti i “sensi” di MESSENGER, lo si osserva a diverse lunghezze d’onda, si sentono le sue proprietà magnetiche, si toccano le sue strutture superficiali e le sue particelle ad alta energia, allora si percepisce un sistema complesso, ben lontano da una banale palla di roccia e metallo.”

“E’ sorprendente che questa enorme quantità di dati sia stata reperita in soli due giorni di riprese, con 30 minuti dedicati all’analisi della magnetosfera ed esosfera, e meno di dieci minuti per l’esecuzione della altimetria e per la raccolta di altre informazioni al momento del passaggio più ravvicinato,” aggiunge Solomon. “L’incontro tra MESSENGER e Mercurio è stato un grande successo.”

Ed era solo l’inizio. Sono previsti altri due passaggi ravvicinati per ottobre 2008 e Settembre 2009, dopo di che MESSENGER entrerà in orbita attorno a Mercurio nel 2011. Ci aspettano grandi sorprese.

Fonti: http://science.nasa.gov/headlines/y2008/03jul_mercuryupdate.htm – http://www.astronomia.com/2008/08/28/nuove-scoperte-su-mercurio/