Oggetti misteriosi al di là dell’universo visibile

Il Giornale Online

di Astro Calisi

Su Focus n. 94 (dicembre 2008), nell’articolo a pag. 20 (“Chi c’è lassù oltre le stelle?”), viene riportata la notizia di una scoperta effettuata da una equipe di ricercatori del Goddard Space Flight Center. La notizia è la seguente: a circa 6 miliardi di anni luce dalla Terra, ci sarebbe un gruppo di circa 700 galassie che sembrano risucchiate da una forza gigantesca, spostandosi a circa 900 Km al secondo verso i confini dell’universo osservabile. Questo movimento è incompatibile con il fenomeno di espansione dell’universo dovuto al Big Bang e quindi deve essere provocato da qualcosa di diverso.

Fra le varie spiegazioni proposte, c’è quella che ipotizza l’esistenza di un oggetto celeste gigantesco, misterioso e invisibile, collocato al di là dei limiti dell’universo visibile, dotato di una forza gravitazionale così potente da attrarre a sé ben 700 galassie da una distanza di più di 7-8 miliardi di anni luce.
Cosa deve intendersi con “universo visibile”? I limiti di osservabilità non sono dovuti alla sensibilità degli strumenti disponibili, ma al fatto che la luce viaggia a una velocità ben definita (300 mila Km/sec.). Secondo le teorie più recenti, l’universo sarebbe nato dal Big Bang circa 13,3 miliardi di anni fa. Ciò significa che oggi non possiamo spingere la nostra osservazione oltre i 13,3 miliardi di anni luce, poiché i segnali luminosi di tutto quello che si trova al di là di questo limite non sono ancora giunti fino a noi.

Secondo l’articolo, se è vero che non siamo in grado di vedere oggetti celesti collocati oltre questo limite, possiamo però vederne gli effetti gravitazionali sugli ammassi stellari che si trovano all’interno dell’universo visibile.
Anche se, a prima vista, questa ipotesi sembra plausibile, in realtà, appena si cerca di approfondirla, rivela tanti di quegli aspetti problematici da renderla del tutto insostenibile. Li espongo per punti:

1) Il fatto che oggetti celesti, di qualsiasi tipo, possano trovarsi oltre il limite dell’universo osservabile, implica che, almeno nella fase iniziale del Big Bang, la materia proiettata nello spazio da quell’immane esplosione abbia viaggiato a velocità ben superiori a quelle della luce. Ora, se non è del tutto assurdo pensare che, date le enormi energie in gioco e le condizioni assolutamente particolari della materia allo stato nascente, le leggi fisiche che conosciamo potrebbero essere inadeguate ai fini di una spiegazione del fenomeno, ad oggi non esiste alcuna prova a favore di questa tesi. E’ perciò quanto meno azzardato proporre ipotesi la cui validità dipende da un’altra ipotesi che non ha ancora ricevuto alcuna conferma empirica.

2) Se esistesse un “qualcosa” capace di attrarre a sé in maniera così vistosa, da una distanza superiore a 7 miliardi di anni luce, un gruppo di centinaia di galassie, dovrebbe trattarsi di un oggetto cosmico di dimensioni spaventose, al di là di ogni nostra immaginazione. La sua forza immane, vista la distanza da cui agisce, non potrebbe esercitarsi soltanto su un ristretto gruppo di galassie, ma dovrebbe interessare una zona assai più ampia dell’universo conosciuto: una sorta di enorme “cono” nello spazio, comprendente milioni di galassie. Anzi, considerando che il gruppo galattico di cui si parla si trova a circa metà strada tra noi e l’universo visibile, l’oggetto misterioso dovrebbe arrivare a far sentire la sua influenza gravitazionale fino a noi, sia pur in maniera più ridotta. Infatti, se la forza di gravità esercitata da un qualsiasi corpo decresce con il quadrato della distanza, a una distanza doppia dovrebbe corrispondere un’attrazione pari a 1/4, che è ancora una forza considerevole. Il “cono” di influenza dell’oggetto misterioso dovrebbe quindi estendersi, sotto forma di movimenti anomali ben visibili, anche alla nostra galassia e a quelle circostanti.
Ma niente di tutto questo è stato mai osservato.
3) L’ipotesi che un oggetto posto al di là dell’universo osservabile produca un qualsiasi effetto per noi rilevabile è comunque in contrasto con le leggi scientifiche note. Essa, infatti, presuppone che la forza di gravità si sposti nello spazio con velocità superiori a quella della luce, possibilità negata dalla teoria della relatività.
Per comprendere meglio cosa ciò significhi, si consideri che se una nuova stella comparisse improvvisamente alla distanza dell’orbita di Plutone, sulla Terra non ci accorgeremmo della sua presenza per almeno 6 o 7 ore, tempo necessario affinché, non solo la sua luce, ma anche la sua attrazione gravitazionale giunga fino a noi; analogamente, se il Sole ad un tratto scomparisse nel nulla, noi continueremmo a vederlo per altri 8 minuti e, durante lo stesso tempo, la nostra Terra continuerebbe tranquillamente a percorrere la sua normale orbita.

Riportiamo queste considerazioni all’ipotesi in questione. Le 700 galassie si trovano a 6 miliardi di anni luce dalla Terra; l’oggetto misterioso sarebbe collocato al di là dell’universo visibile, cioè a più di 13,3 miliardi di anni luce. Poniamo che si trovi poco oltre tale limite: a 14 miliardi di anni luce dalla Terra (e quindi a 8 miliardi di anni luce dal gruppo di galassie su cui dovrebbe esercitare la sua influenza). In tal caso, affinché la forza di gravità irradiata nello spazio dall’oggetto raggiunga le galassie e incominci ad agire sulla loro velocità, occorrono 8 miliardi di anni; mentre altri 6 miliardi di anni sono necessari affinché detto effetto si renda osservabile dalla Terra. Non dobbiamo infatti dimenticare che noi vediamo quelle galassie, calcoliamo la loro velocità, guardando un’immagine che è vecchia di 6 miliardi di anni. Tutto ciò significa che devono trascorrere 8+6=14 miliardi di anni prima che giunga a noi qualcosa che segnali l’esistenza dell’ipotetico oggetto invisibile. Se l’universo ha un’età di 13,3 miliardi di anni, dobbiamo ancora attendere 700 milioni di anni affinché ciò accada. Da notare che tale intervallo di tempo corrisponde esattamente alla distanza, in anni luce, che separa l’oggetto dal confine dell’universo per noi visibile.

Se proviamo a spostare idealmente le 700 galassie in un altro punto dell’universo, poniamo a 2 miliardi di anni luce dall’oggetto celeste (e quindi a 12 miliardi di anni luce da noi), i risultati non cambiano: sono necessari 2 miliardi di anni per permettere alla forza di gravità di quel corpo di agire sulle galassie e altri 12 miliardi di anni affinché gli effetti di tale influenza si rendano visibili a noi.
Si possono fare tutti i tentativi che vogliamo, avvicinando o allontanando le galassie nello spazio, si vedrà comunque che l’esito rimane lo stesso: se l’oggetto si trova al di fuori dell’universo visibile, non è in grado di produrre effetti che possano essere osservati da noi. Questa è una conseguenza della teoria della relatività, per la quale nessuna entità materiale, e quindi nessun tipo di informazione, può viaggiare a una velocità superiore a quella della luce. Ciò vale anche per un effetto combinato di forza di gravità e radiazione luminosa – una sorta di staffetta – come nel caso considerato.

Se cade l’ipotesi legata alla presenza di un oggetto collocato oltre l’universo osservabile, è pensabile che qualcosa si trovi, invece, in quella parte dell’universo raggiungibile dai nostri strumenti?
Le difficoltà nascono dal fatto che non siamo chiamati a spiegare il movimento anomalo di un pianeta, o di una singola stella, bensì di centinaia di galassie, ognuna delle quali composta di decine di miliardi di stelle. Si tratta di una massa enorme, per spostare la quale è necessario chiamare in causa una massa almeno altrettanto grande, ma, più ragionevolmente, molto superiore. Visto che non riusciamo a vedere un simile corpo celeste, l’unico candidato possibile è il buco nero: un buco nero di dimensioni immense, con una massa pari a migliaia di miliardi di soli.

Se però esistesse un oggetto celeste di tale entità, esso dovrebbe deflettere a tal punto i raggi luminosi che passano nelle sue vicinanze, da provocare una ampia macchia scura nella regione in cui esso si trova. Inoltre, la sua enorme forza di attrazione dovrebbe risucchiare a sé un gran numero di corpi celesti anche da distanze considerevoli, comprese intere galassie. L’energia prodotta dalle inevitabili collisioni che ne deriverebbero, ancora una volta, dovrebbe essere rilevata dagli strumenti di cui oggi disponiamo. Ma gli astronomi non sembrano aver osservato nulla del genere, in quella zona dello spazio.

La spiegazione più plausibile del fenomeno segnalato, almeno per il momento, sembrerebbe essere assai più semplice, e cioè che la velocità di espansione dell’universo sia meno omogenea di quanto si fosse creduto finora. Del resto, non mancano altri casi di anomalie nel movimento delle galassie, come viene riportato nello stesso articolo (pag. 24). Questa disomogeneità si capisce abbastanza facilmente se consideriamo che anche nelle comuni esplosioni che avvengono sulla Terra, i diversi frammenti non vengono scagliati lontano con la stessa velocità. Lo stesso potrebbe essere accaduto con il Big Bang: le anomalie rilevate nel moto di espansione di alcune galassie potrebbero essere dovute a una differente accelerazione impressa loro nella fase iniziale della formazione dell’universo.
E’ comprensibile che questa ipotesi appaia assai meno affascinante delle altre, mentre gli scienziati hanno spesso bisogno di stupire per ottenere finanziamenti per le loro ricerche. Ma non bisogna esagerare, soprattutto se si prospettano possibilità in netto contrasto con le teorie maggiormente consolidate. A volte, le spiegazioni possono essere assai più ovvie di quanto si vorrebbe.

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