Papa Celestino V: morte naturale o violenta?

Il Giornale Online

di Vincenzo Poma
Dando uno sguardo generale alla vita e alla morte misteriosissima di Papa Celestino V, sovvengono alla mente dei quesiti davvero sinistri che dovrebbero accendere nei lettori grande curiosità e interesse, perché siamo dinanzi ad una figura da un certo punto di vista anche assai pericolosa per l’autorità e dignità della Chiesa, che non a caso proprio sulla morte di questo oscuro Papa della fine del tredicesimo secolo sembra avere steso un velo di silenzio e di censura che inquieta non poco.

Dopo un’intera vita passata a pregare in varie grotte ed eremi dell’Abruzzo, all’improvviso, precisamente il 5 Luglio del 1294, Pietro Angeleri da Morrone viene eletto Papa in sua assenza. L’interessato viene preso quasi alla sprovvista da un’elezione tanto inattesa quanto del tutto imprevista e, suo malgrado, è costretto a recarsi ad Aquila, oggi L’Aquila, città nella quale convoca ben presto il Sacro Collegio e dove, nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, viene incoronato il 29 Agosto 1294 col nome di Celestino V.

Dopo l’elezione e i primi giorni di pontificato è tutto un susseguirsi di misteri sopra misteri. Il Papa si rende conto immediatamente di non essere in grado di guidare la Barca di Pietro, si trova chiaramente a disagio nel governo di un’Istituzione sfarzosa e immersa nella mondanità e nella ricerca del potere e, fatto direi unico nella storia della Chiesa, dopo circa quattro mesi dalla sua incoronazione, scrive una bolla con la quale in pratica informa i suoi allibiti elettori che intende abdicare alla sua funzione, cosa che si verifica subito dopo con un atto formale di rinuncia. Alcuni storici dicono che questo suo “gran rifiuto” sia stato dettato dal Cardinal Caetani (il futuro Papa Bonifacio VIII) per poter ascendere egli stesso al soglio pontificio, evento che si realizza molto presto appena undici giorni dopo le misteriose dimissioni di Celestino V.

Dopo vari tentativi di fuga per timore di subire dei contraccolpi dovuti alla sua inaudita scelta di rifiutare una carica tanto ambita (che, probabilmente, gli aveva dato modo di entrare in possesso di informazioni segretissime e potenzialmente esplosive sulla Chiesa, se non le aveva acquisite già prima), il Caetani, secondo gli storici, dà precisi ordini di catturarlo e così il 16 Maggio 1295 l’anziano eremita ottantenne viene arrestato e condotto nella Rocca del Fumone in Ciociaria, dove muore improvvisamente il 19 Maggio del 1296, qualcuno dice assassinato da qualche sicario al soldo del nuovo Papa Bonifacio VIII, quel Caetani che era stato l’arbitro della sua elezione e della sua abdicazione. A quanto ne dicono alcuni scrittori del tempo, il corpo defunto del Pontefice viene calato in una fossa profondissima di circa dieci metri, come a cancellarne per sempre il ricordo e ritengo io il rimorso. Questa è in sommi capi la cornice in cui si inserisce la triste e lunga parabola esistenziale di Papa Celestino V, pochi anni dopo stranamente e troppo velocemente canonizzato da Papa Clemente V.

E qui comincia il giallo.

Nel 1630, Lelio Marini, Abate Generale dell’Ordine dei Celestini fondato a suo tempo da Pietro Angeleri da Morrone, esaminando il cadavere del Papa Santificato (o quanto meno leggendo documenti segreti di cui era venuto in possesso), scopre che nel cranio di questi vi sarebbe un foro rettangolare di circa un cm di lunghezza per quasi 4mm di larghezza, verosimilmente provocato dal conficcamento criminale di un chiodo, e pertanto ne denuncia e ne pubblicizza l’assassinio. Su cosa si basava, oltre ad informazioni riservatissime e documenti visionati, per avvalorare una tesi tanto orripilante? A quanto pare su reperti ora scomparsi che parlano di un chiodo insanguinato rinvenuto in qualche eremo dove visse in preghiera il Santo insieme ad un affresco dove era dipinto Celestino V e dietro di lui un uomo nell’atto di conficcargli un arnese in testa. La vicenda assume tutti i connotati del giallo più ingarbugliato allorché nel 1988 la salma del Santo viene trafugata e subito dopo ritrovata in un cimitero poco lontano e in quell’occasione vengono fatte analisi mediche molto approfondite che rivelano l’esistenza del buco nel teschio della salma. Stranamente, a quanto se ne sa, i risultati di quell’indagine medica vanno definitivamente perduti. E qui inziano una serie di domande una delle quali irrinunciabile: se fu vero assassinio, perché fu eseguito?

Perché questo Papa in fuga dopo il suo abbandono inusuale della sua alta carica era ritenuto un pericolo?; perché abdicò?; di quali pericolose conoscenze era entrato in possesso per essere arrestato e rinchiuso come il peggiore dei criminali in quella piccolissima cella larga appena per starci in piedi e dove a quanto sembra non era permesso a nessuno di parlargli, qualcosa che fa venire stranamente in mente l’altro sinistro mistero della Maschera di Ferro?
Strano ma vero, qualcuno mormora che Celestino V era un Papa scomodo e assai pericoloso in quanto sarebbe stato in stretti incoffessabili rapporti coi Templari, che a quanto sembra lo aiutarono per esempio allorquando, ormai anziano, nell'inverno del 1273 si recò a piedi in Francia, a Lione, ove stavano per iniziare i lavori del Secondo Concilio, per perorare la causa dell'ordine da lui fondato nel timore fosse sciolto nel quadro delle tante eresie che a quel tempo fiorivano in ogni dove. In quell’occasione si dice che Pietro Angeleri da Morrone venne alloggiato per alcuni giorni in una qualche magione templare del posto.

Lì si mormora ci furono scambi culturali e forse documentali molto approfonditi tra i Cavalieri del Tempio e Celestino e si racconta che i primi fecero di tutto per convincere l’allora Papa Gregorio X affinché istituzionalizzasse l’ordine dei celestini fondato appunto da Pietro da Morrone. Non solo, ma a quanto sembra lo convinsero anche a dare il via ai lavori di costruzione della stessa Basilica di Collemaggio, ovviamente elargendogli grossi contributi finanziari per un’opera a quel tempo imprevedibile, visto che la città di Aquila costava appena di poche case ed era in sostanza ancora in uno stadio di iniziale fondazione. D’altronde è risaputo che i due Papi che gli succedettero al soglio pontificio, Bonifacio VIII e Clemente V, ebbero un ruolo determinantissimmo nello scioglimento dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio e questo dettaglio apre tutta una serie di altri interrogativi che ci riportano stranamente alla storia di Rennes-le-Chateau e al suo conturbante prete François Berenger Sauniere.

Ebbene, per quanto riguarda questo capitolo ancora aperto e sul quale ci siamo diverse volte soffermati, va detto che, come risaputo, dopo la scoperta delle famose pergamene in un pilastro cavo della Chiesa di Maria Maddalena, una delle quali sembra che, dopo essere stata anagrammata, riporti cripticamente le lettere che compongono il nome di Celestino V, l’oscuro prete di Rennes-le-Chateau riceve l’autorizzazione di recarsi a Parigi e qui sembra si faccia dare in copia tre dipinti, uno dei quali, realizzato da un anonimo del seicento, rappresenterebbe proprio Celestino V nell’atto della sua incoronazione, con uno strano scettro in mano simile ad una lunga chiave. Sarebbe questa la famosa chiave 681 di cui si parla nell’altra pergamena decrittata?

Questo particolare della Chiave 681 è diventato un vero rovello per gli studiosi dell’occultismo. Qualcuno ha affermato che la cifra 681 corrisponderebbe più o meno all’altitudine del monte Cardou vicino Rennes-le-Chateau, ma dopo avere controllato meglio nelle cartine geografiche della Francia del sud sembra che l’altitudine esatta di questo rilievo si aggiri attorno ai 790 metri, dunque sembrerebbe cadere uno dei pilastri di quegli studiosi che individuavano in questo monte l’ultima dimora di Cristo dopo la sua fuga da Gerusalemme; rimane comunque il particolare della parola ARCADIA che compare in un quadro di Poussin e nella tomba della marchesa Marie de Negre d’Ables d’Hautpoul-Blanchefort, termine che secondo gli stessi studiosi potrebbe essere un anagramma proprio di Cardou. Su questo nome esistono anche altri pareri secondo i quali esso potrebbe essere una contrazione di Corps de Dieu.

Ad ogni modo bisogna spendere qualche altra parola su questo numero, perché a quanto sembra rappresenterebbe la Chiave del mistero. Ora, come detto, il famoso quadro di Celestino V lo raffigura con uno strano scettro a forma di chiave e questo è un primo elemento da attenzionare con la dovuta sagacia perché potrebbe significare che il Papa in questione era a conoscenza del mistero dietro cui è andato Sauniere per tutta la sua vita. Cosa ci può dire tra l’altro questa cifra? Perché è stata trovata scolpita nel piccolo pilastro all’interno del quale vengono trovate le pergamene misteriose? Perché Sauniere lo colloca all’esterno capovolgendolo, dimodochè, aggiungendo un 1 la cifra diventa 1891, l’anno presumibilmente del ritrovamento dei sinistri documenti?

E perché sembra che in una delle pergamene ci sia una sorta di albero genealogico di Dagoberto II, a partire proprio dal 681 e fino al 1244, l’anno della caduta di Montsegur dove si erano asserragliati gli ultimi Catari cinti d’assedio dai crociati di Innocenzo III, per non parlare di un testamento accluso redatto da un certo François-Pierre d’Hautpoul e registrato il 23 Novembre 1644 dal notaio di Esperaza (cittadina non lontana da Rennes-le-Chateau) che risponde al nome di Captier, entrambi recanti il sigillo della Regina Blanche de Castille e in cui si parla di “Segreto di Stato”? E in una delle pergamene decrittate non si parla proprio di Dagoberto II, secondo gli esoteristi discendente in linea di sangue da Gesù?

Ma andiamo ad un altro capitolo e cerchiamo di interpretare la cifra numerica quale semplice data. Anche qui ci sono dei punti che inquietano, poiché è risaputo storicamente che proprio nell’anno 681, precisamente dal 7 Novembre 680 e fino al 16 di Settembre del 681, si svolse a Costantinopoli il Terzo misterioso Concilio nel quale a quanto si sa viene condannata la dottrina ritenuta eretica del monotelismo, una credenza quindi eterodossa per cui si riteneva che in Cristo, pur essendoci due nature, ci fosse un’unica volontà divina in qualche modo dominante su quella umana.

Ora, a sorvolare su diversi particolari e dettagli di questa strana e astrusa eresia peraltro a quanto pare sostenuta inizialmente anche da eminenti esponenti dell’ortodossia ecclesiastica di allora (se, come si tramanda, persino Papa Onorio I la sostenne), i Padri conciliari, condannando anche le tesi del predicatore religioso Ario di qualche secolo prima che tanti problemi aveva creato alla Chiesa con la sua teoria della dipendenza del Figlio dal Padre, stabilirono dogmaticamente che in Gesù, oltre a coesistere due nature, sarebbero coesistite parimenti due volontà, l’umana e la divina, e in questo contesto la prima era comunque ritenuta di gran lunga subordinata alla seconda, questo ovviamente per non metterne a repentaglio la sua complessiva divinità. Ed è in quest’ultimo particolare che ritengo si debba indagare, in quanto proprio qui viene rivelata l’atavica preoccupazione della Chiesa di salvaguardare in qualche modo la piena divinità di Cristo; d’altronde San Paolo stesso scrive che “se Gesù non è risorto, vana è la nostra Fede”.

Ecco quindi apparire evidente che l’idea della subordinazione alla volontà divina intrinseca a Gesù equivaleva ad una specie di escamotage per esorcizzare l’eventuale interpretazione di un Cristo solo umano che lottava per il trionfo di valori quali la Giustizia e l’Uguaglianza, un’interpretazione di cui abbiamo una dimostrazione lampante anche nel Vangelo allorché si narra di Pietro che, al vedere il suo Maestro arrestato, estrae una spada e trancia di netto un orecchio ad una guardia del Sinedrio.

La Chiesa aveva timore di affermare la sola divinità di Cristo perché ciò lo avrebbe reso quasi inattingibile alle masse, ma ancor più, a mio modo di vedere, aveva un’estrema paura di rendere indipendente e autonoma la sua umanità, perché questo avrebbe significato una serie di implicazioni di ordine religioso ma specialmente politico che non avrebbe potuto sostenere dinanzi alle autorità del tempo….questo spiegherebbe tra l’altro l’equilibrismo e il bizantinismo delle due nature e delle due volontà…..una simmetria e un bilanciamento perfetto tra lo Spirito e la Materia, affinché nessuna delle Istanze prevalga e venga così mantenuto nell’incertezza perenne il destino dell’uomo.

Ritengo che anche i Templari erano consapevoli di questo aspetto diciamo “politico-militare” di Cristo e questo spiegherebbe ad esempio il famoso sputo sulla sua croce, quasi a voler dimostrare che secondo le loro conoscenze il Cristo propalato dalla Chiesa era totalmente falso in quanto costruito a tavolino in Concili e riunioni varie che non toccavano affatto la sua vera natura, dandone una definizione lontana mille miglia dalla Verità, quella per cui Cristo fu in tutto e per tutto un uomo in carne e ossa che lottava e ha lottato accanitamente affinché trionfassero i profondi valori spirituali in cui credeva.

Se così fosse, se la mia interpretazione fosse quella giusta, allora si dovrebbe dire che la famosa chiave 681 era che Celestino V aveva acquisito non solo informazioni molto chiare in proposito da contatti templari o di altra natura, ma era pervenuto egli stesso a delle conclusioni che potrebbero aver spinto qualcuno a tramarne la morte per timore che si sapessero in giro certi segreti in ordine alle tematiche trattate.

La Chiave 681 di Celestino V alluderebbe in parole povere alla totale umanità di Cristo e quindi alla sua natura mortale (il chè non significa sminuirne lo Spirito ultraterreno che lo governava, perché la carne è carne e va al suo destino ma lo Spirito è qualcosa che non soggiace a nessuna materialità ed anzi suo compito in questa vita è combatterla), il chè ovviamente ci riporterebbe anche ad una notizia di questi giorni, riportata anche dal sito http://198.62.75.4/opt/xampp/custodia/?p=2084
che a sua volta lo riprende dalla fonte http://www.telegraph.co.uk/news/main.jhtml?xml=/news/2007/02/24/wjesus24.xml
dove si parla della scoperta di una tomba di Cristo.

Ora hanno un bel dire coloro che non credono ad eventuali ritrovamenti mortali di Cristo perché non esisterebbero prove scientifiche data l’enorme distanza cronologica che ci separa dalla sua vita, e tuttavia ritengo che la razionalità umana mai e poi mai si piegherà alla credenza della resurrezione, in quanto fra l’altro evento da accettare per dogma di Fede, quindi al di là di qualsiasi dimostrazione e di qualsiasi logica. Io non so se esistano o meno tombe di Cristo a Gerusalemme, a Rennes-le-Chateu, qualcuno dice anche in Turchia, India o Cina…ma un fatto è certo….nessun’uomo nato in questa Terra è mai riuscito ad evitare il dolore, lo spasimo ed il proprio definitivo annientamento fisico, a meno che non sia un Dio…..e di dèi è piena la storia pagana dell’uomo.

Ma riprendiamo il nostro discorso con altri particolari inquietanti sulla morte di Papa Celestino V.

Per una strana coincidenza, oltre all’ormai famoso dipinto del Poussin I PASTORI D’ARCADIA II, che riporta l’ancora indecifrata inquietante e misteriosa scritta ET IN ARCADIA EGO, anche un altro pittore, tale Francesco Barbieri detto il Guercino, si è reso autore di un altro conturbante quadro che raffigura una tomba con sopra un teschio dove si nota un punto nero che assomiglia stranamente ad un foro, anche se, ad un’analisi attenta, si tratterebbe di una mosca; il quadro riporta anch’esso sulla tomba la stessa dicitura dell’altro di Poussin ET IN ARCADIA EGO. Una semplice coincidenza?

E il bassorilievo nella Chiesa di Maria Maddalena di Rennes-le-Chateau, che raffigura appunto questa Santa con accanto un teschio? Anche questa un’allusione a Celestino V? E il presunto ritrovamento di un teschio forato rinvenuto nel 1956 sotto l’altare della stessa Chiesa? Anche questo un riferimento a Celestino V? Perché tutti questi dipinti sono stati realizzati più o meno nello stesso periodo, appunto nel sedicesimo secolo, tempo nel quale, come accennato di sopra, Lelio Marini, nel 1630, rivela pubblicamente la sua tesi di un presunto assassinio del Papa in oggetto?

Dopo aver passato in rassegna tutti questi enigmi, non si può nascondere che dietro la morte di Celestino V esistono dei punti oscuri che inquietano e il suo aggancio in qualche modo con la storia di Rennes-le-Chateau e con i Templari non può che rendere la matassa ancora più ingarbugliata di quanto non si possa neppure immaginare. E’ indubbio in conclusione che il povero Pietro Angeleri da Morrone era entrato suo malgrado in possesso di qualche informazione assai pericolosa per la Chiesa, un’informazione verosimilmente legata ad un segreto di portata micidiale in grado di annientare alla radice l’esistenza della Chiesa di Roma, un segreto che ritengo avere in sommi capi accennato, sempre ovviamente se la mia analisi fosse rispondente ai fatti.

Annunciare e rendere pubblico questo segreto porterebbe difilata la Chiesa alla sua scomparsa improvvisa e definitiva.

Fonte:www.cospirazione.net