Una pellicola di idrogel per riparare la cornea

Una pellicola di idrogel per riparare la cornea
cornea
Crediti: shutterstock

SALUTE – Un trattamento che potrebbe ridare la vista ai milioni di persone che soffrono di malattie della cornea. È l’ambizioso obiettivo che si è posto un gruppo di ricercatori dell’Università di Melbourne in collaborazione con il Centre for Eye Research Australia. Un lavoro che procede per gradi: dopo i primi successi al termine della sperimentazione sugli animali nel 2014, la tecnica è stata recentemente brevettata. In apparenza non si tratta di una novità, il trapianto di cornea viene eseguito da anni in tutto il mondo e con ottimi risultati. Di cosa stiamo parlando?

“Abbiamo sviluppato la prima pellicola artificiale al mondo per le cellule endoteliali della cornea, cellule che mantengono la cornea trasparente e sottile, regolando i flussi d’acqua e preservando la vista. Nel momento in cui queste cellule muoiono senza possibilità di rigenerarsi a causa di alcune patologie, di traumi o dell’invecchiamento, il risultato è il progressivo deterioramento della vista fino alla completa cecità. Siamo riusciti a coltivare con successo queste cellule sulle nostre pellicole artificiali” spiega Berkay Ozcelik, il coordinatore del gruppo australiano intervistato da OggiScienza. “Le nostre pellicole sintetiche in idrogel sono più sottili di un capello umano (50 µm) e sono totalmente trasparenti e biodegradabili in meno di 60 giorni dall’applicazione. Il materiale, biocompatibile, permette la crescita delle cellule endoteliali della cornea che mantengono la loro funzione originale”.

Non esiste un unico metodo per eseguire un trapianto di cornea, tutto dipende dalla malattia da affrontare.

“Lo specifico metodo d’impianto su cui ci stiamo concentrando è la cheratoplastica endoteliale – DSAEK (Descemet Stripping Automated Endothelial Keratoplasty) – che consiste nella rimozione del solo endotelio della cornea del paziente e nella sua sostituzione con un endotelio sano di donatore. In ogni caso, come in tutti i trapianti di tessuti da donatore, ci sono rischi associati come potenziali trasmissioni di malattie o il rigetto del tessuto. Il nostro obiettivo ultimo è di usare le cellule del paziente stesso, eliminando questi rischi”.

Per capire l’effettiva portata della scoperta del gruppo australiano è bene ricordare che “già oggi si eseguono trapianti di endotelio, lo stesso che questi ricercatori propongono” ha spiegato il dottor Paolo Rama, primario dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale San Raffaele di Milano. “A questo si aggiunge che non c’è bisogno di un substrato riassorbibile, perché la tecnologia più avanzata in questo settore è la coltivazione delle cellule e la successiva iniezione. I trapianti di cornea vanno così bene che non si sta investendo in ricerca in questo settore perché si preferisce sensibilizzare l’opinione pubblica alla donazione. Infatti in Italia ci sono più donatori che riceventi. Nel nostro Paese la tecnologia è già avanzatissima e migliorare le tecniche di trapianto non costituisce una nuova frontiera.

I problemi emergono quando non si può procedere al trapianto tradizionale, come nel caso dei gravi ustionati. Poiché su una superficie bruciata il tessuto trapiantato non può attecchire, abbiamo sviluppato una tecnologia che è stata approvata quest’anno come terapia avanzata dalla Comunità Europea. Si basa sull’utilizzo delle cellule staminali dell’epitelio e consente di intervenire sulle persone ustionate. Si tratta di una tecnologia simile a quella che si usa per i trapianti di pelle e potrebbe essere approvata ben presto anche negli Stati Uniti. Il prodotto si chiama Holoclar e a febbraio è stato approvato dall’Agenzia Europea del Farmaco. È il primo prodotto medico a base di cellule staminali al mondo in tutti i settori della medicina. Potrebbe consentire a molti nuovi settori l’uso e l’applicazione di cellule staminali del paziente stesso: senza alcun rischio di rigetto. Si renderà disponibile a tutti e in tutta Europa e dovrebbe essere addirittura rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale”.

Come collocare il lavoro dei ricercatori di Melbourne, allora, considerando che la Eye Bank australiana, che raccoglie le donazioni di cornea, come quella italiana non ha mai registrato carenze di donatori?

“In tutto il mondo ci sono gravi carenze per quanto concerne questo genere di procedure”, spiega Berkay Ozcelik, “specialmente in paesi come il Giappone e la Cina. Non si tratta solo di una debolezza dovuta a specifiche condizioni dei sistemi sanitari locali. C’è una forte avversione culturale nell’usare tessuti di altre persone, di donatori. Di conseguenza con il nostro trattamento e raggiungendo il nostro ultimo scopo di usare le cellule del paziente stesso, speriamo di aggirare definitivamente questo problema grazie a una tecnologia dal costo contenuto”.

Da una parte all’altra del mondo la ricerca continua, si affina e, in certi casi, si rivolge alle specificità dei contesti per i quali i ricercatori lavorano. Se da una parte Holoclar è già una realtà, a Melbourne stanno ancora aspettando i finanziamenti per procedere alla sperimentazione sugli esseri umani. “Speriamo di iniziare gli studi clinici entro i prossimi 12 mesi con i giusti fondi, siano essi stanziati dal nostro governo oppure da investitori privati”.

Gianluca Liva

oggiscienza.it