Psichiatria: finti malati per un grande business

Il Giornale Online“C'è un genere di medici, i medici della mente, che ritengono di aver scoperto una nuova malattia ogni volta che escogitano un nome nuovo”
Kant

Con questa bella e illuminante frase si apre un articolo di Umberto Galimberti che vi proporrò al termine di questo post.

Pubblicato da [link=http://ilparere.blogspot.com/]Giovanni Tonetti [/link]

La psichiatria è una scienza che mi ispira poca fiducia perché la vedo troppo spesso uno strumento di controllo sociale e un grande business. E' vero, non bisogna scartarla del tutto, bocciandola senza eccezioni. Ci sono dei casi patologici gravi che meritano un intervento rapido ed efficace, tutti quei casi come forme gravi di depressione che potrebbero portare al suicidio.

Ma nel complesso la psichiatria è una sorta di “pietra filosofale” per le case farmaceutiche: la nascita di nuove malattie genera introiti talmente elevati che è difficile anche solo pronunciarli.

La Bibbia degli psichiatri si chiama DSM, acronimo che sta per “Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders”. Ogni psichiatra non può fare a meno di usarlo perché lì sono classificate tutte le malattie secondo delle linee ben precise.

Di questo DSM sono state pubblicate versioni e aggiornamenti diversi e ora ve le elenco qui di seguito: DSM-I (1952), DSM-II (1968), DSM-III (1980), DSM-III-Revised (1987), DSM-IV (1994), DSM-IV-Text Revision (2000) ed è in fase di pianificazione il DSM-V che sarà probabilmente pubblicato nel 2012.

A distanza di un DSM e l'altro, alcune malattie sono eliminate e moltissime sono aggiunte. Addirittura nel DSM-IV-TR il numero di disturbi mentali è aumentato di tre volte rispetto a quello della prima edizione!

Scommetto che se aprite quel testo, probabilmente vi ritroverete ad avere 2-3 malattie. Per aver diagnosticato un disturbo mentale, basta avere l'insorgenza di tre sintomi: tanto basta per assumere, spesso anche a vita, una pasticchetta. Se ho solo due sintomi ok, se più di tre, è indifferente perché prendo la stessa pasticchetta del soggetto che di sintomi ne ha solo tre.
Curioso poi come, nella settima ristampa del DSM-II avvenuta nel 1972, sia stata tolta l'etichetta di “disturbo mentale” all'omosessualità: in seguito alle numerose proteste degli attivisti omosessuali, i membri dell' American Psychiatric Association si sono riuniti e con una votazione hanno tolto l'omosessualità dalla classificazione psicopatologica.

Oggi, in particolare negli Stati Uniti, milioni di persone assumono farmaci per curare disturbi che a volte non ritengo tali. Se un bambino è un po' scalmanato e fa i capricci, oppure se a scuola è quello che disturba i compagni e non sta attento alle lezioni, allora è un malato mentale: la diagnosi è iperattività! Soluzione: Ritalin!

Ecco, ora curano con psicofarmaci anche i bambini e ci sono numerose associazioni che contrastano questo fenomeno registrando dei dati veramente preoccupanti di bambini che arrivano, dopo l'uso di questa pasticca in modo massiccio, a suicidarsi.
Ma come è possibile che un bambino arrivi al suicidio?!! E' questa la scienza che si preoccupa del benessere dell'uomo?

Dietro la psichiatria c'è il sospetto che ci siano degli interessi economici spaventosi. Inventati una malattia, prescrivi una pasticchetta appropriata e un individuo è schiavo della medicina probabilmente per tutti gli anni che gli rimangono da vivere.
Il profitto, o meglio il profitto per il profitto, è il grosso male della nostra società.

Come anticipato all'inizio, ecco la risposta di buon senso data da Umberto Galimberti in “la Repubblica delle Donne” di ieri a una lettrice che, da psicologa e medico specializzato in psichiatria, si domandava il “perché debba essere così tanto tragico ed etichettante ricevere diagnosi”:

“Non mi fraintenda, anche se posso avergliene dato l'occasione. Non ho nulla contro la psichiatria e i suoi progressi sperimentali che consentono di individuare farmaci che attenuano la sofferenza. talvolta atroce, di chi soffre di disturbi mentali. Semplicemente vorrei attenuare quella fiducia incondizionata e acritica che alcuni psichiatri nutrono per le loro diagnosi, e ricordare loro che la psichiatria è una “latria” ossia una pratica medica, non una “loghia”, ossia un sapere costruito su chiare basi concettuali.

Si prenda ad esempio la crisi di panico, oggi curata con farmaci antidepressivi che rivelano la loro efficacia, senza che questo buon risultato autorizzi a includere il panico nel quadro nosologico delle depressioni. Quando le diagnosi sono decise dall'efficacia farmocologica, come si fa a dar torto a Ludwig Wittgenstein là dove scrive: “La psichiatria è quella scienza fatta di metodi sperimentali e confusione concettuale”?

E infatti come opportunamente osserva Ian Hacking dell'Università di Toronto: “Non abbiamo ancora chiara l'interazione tra la conoscenza degli esperti e il comportamento delle persone con problemi psichici. E' questo l'obiettivo da perseguire”.
E' noto che la malattia mentale ha bisogno di vittime e di esperti. Dove ci sono le vittime, ma non gli esperti, oggi diremmo dove ci sono i pazienti ma non gli specialisti, la malattia non è individuata, non è isolata, al limite non è neppure avvertita.

E' il caso dei bambini che la psichiatria rubrica come “depressi” o “iperattivi”, quindi da trattare gli uni con il Prozac e gli altri con il Ritalin. Costoro sono affetti da disturbi mentali reali o vittime di concettualizzazioni psichiatriche, di sindromi alimentate da specialisti, o più semplicemente di postulati tipici di una cultura che vuole medicalizzare ogni grattacapo che dà filo da torcere a genitori, insegnanti, educatori, o più semplicemente ai conducenti degli autobus?

A proposito delle malattie mentali, il nostro serbatoio di ignoranza è senza limiti, ma nostre sono anche le confusioni concettuali che le nuove conoscenza e soprattutto le nuove definizioni e le nuove diagnosi non aiutano a eliminare, con buona pace di tutti i rigidi seguaci del DSM (il manuale diagnostico-statistico) che si attaccano alle sue definizioni come un naufrago a tutto quello che gli capita sotto mano per non affogare nel mare dell'incertezza e della non conoscenza.

Cento anni di osservazione psichiatrica ci hanno abituato al carattere transitorio di molte malattie mentali, non solo nel senso che queste vanno e vengono nella vita di un individuo, ma anche nel senso che si presentano in una certa epoca e in un certo luogo e poi spariscono, come è il caso della “demenza precoce” della seconda metà dell'Ottocento o dell' “isteria” della prima metà del Novecento, che oggi nessun psichiatra sottoscriverebbe, per non parlare della masturbazione, oggetto degli studi di Tissot e di Zimmerman che si erano specializzati in “malattie respiratorie e masturbazione”.

Come si vede, i dati culturali non sono meno significativi dei riscontri clinici. E bene farebbe la psichiatria ad affiancare alla ricerca genetica e biologica un'elevata sensibilità e attenzione per le trasformazioni sociali. Ma per questo occorre una cultura umanistica, perché è difficilmente contestabile il fatto che non è possibile curare la mente, prescindendo dalla cultura che è il lavoro della mente.

Del resto, già quarant'anni fa, lo psichiatra inglese Roland Laing, ne “La politica dell'esperienza” (Feltrinelli), avvertiva che “la biochimica di un essere umano è altamente sensibile alle circostanze sociali”. Evitiamo di invertire questa relazione e concludere, come sembra fare la psichiatria appiattita sulla farmacologia, per la quale “le circostanze sociali si sono fatte altamente sensibili alla biochimica”. ”

Fonte: http://ilparere.blogspot.com/2009/07/psichiatria-finti-malati-per-un-grande.html