Quanto lavoro crea smantellare le centrali nucleari

Il Giornale Online
Sogin e Nomisma parlano di 12mila nuovi posti per le attività di bonifica e decommissioning. Un'occasione di sviluppo per l'Italia

di Emanuele Perugini

Il decommmissioning delle vecchie centrali nucleari potrebbe essere non solo un’occasione di rilancio di un settore industriale che il nostro paese ha abbandonato, ma anche una nuova importante occasione di sviluppo in Italia e nel resto del mondo. A spiegarlo, nel corso di una conferenza stampa a Roma, l' Ad di Sogin, Giuseppe Nucci, che ha presentato insieme a Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia un rapporto sull’impatto economico-occupazionale della bonifica dei siti nucleari in Italia e nel mondo. In tutto si parla di circa 12mila nuovi posti di lavoro che potrebbero essere creati nei prossimi anni, quando le attività di smantellamento delle vecchie centrali nucleari italiane e dei centri di ricerca, entreranno nel vivo anche con la creazione del nuovo Deposito unico nazionale per le scorie nucleari. In tutto si tratta di sette nuovi posti di lavoro dell’indotto per ogni milione investito, con un picco nel 2016 e nel 2017.

Tabarelli ha evidenziato che la copertura dei costi per la bonifica dei siti nucleari avviene attraverso la componente A2 della tariffa elettrica, oggi pari a 0,1 eurocent/kWh, su un costo medio di 18,9 eurocent/kWh (0,5% del totale). Per questa componente, la spesa media annua di una famiglia tipo è di circa 2 euro, un valore quasi 4 volte inferiore rispetto a 8 anni fa. Ad ampliare la prospettiva di mercato e di sviluppo di questa filiera nucleare ci sono poi le attività di decommissionng che dovranno essere fatte all’estero e sulle quali Sogin, la società di Stato responsabile della bonifica ambientale dei siti nucleari italiani, ha già avviato una serie di collaborazioni e vuole provare a dire la sua. Anche perché, se è vero che nel nostro paese le centrali nucleari non si costruiscono più ormai da più di un paio di decenni, è anche vero, che in questo lasso di tempo siamo tra i pochi paesi che hanno sviluppato una serie di conoscenze su come le centrali nucleari debbano poi essere smantellate e messe in sicurezza. Inoltre proprio per il fatto che nel nostro paese le vecchie centrali nucleari erano tutte diverse tra loro ed avevano le diverse tipologie di tecnologie che poi si sono diffuse a livello internazionale, ha permesso ai tecnici della Sogin di sviluppare tecnologie e prassi adatte ad affrontare buona parte degli impianti che ora nel mondo sono arrivati al termine della loro esistenza operativa e che dovranno essere smantellati.

Attualmente, nel mondo sono già stati fermati 140 reattori nucleari. Il rapporto Nomisma Energia stima che nei prossimi 40 anni entreranno in [link=http://world-nuclear.org/]decommissioning [/link]400 impianti, con investimenti per il loro smantellamento di 165 miliardi di euro ed un valore complessivo per la bonifica di 606 miliardi di euro. Entro il 2030 tra Europa Occidentale (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, Svezia, Svizzera) ed Europa dell’Est (Russia ed ex paesi del Patto di Varsavia) è previsto lo smantellamento di 147 centrali nucleari, oltre ad un numero imprecisato di siti nucleari di arricchimento del combustibile e di ricerca. Senza pensare poi alle istallazioni nucleari, sulle quali la Sogin ha già avviato con la Russia, nell’ambito di un accordo con il G8 per lo smantellamento e la messa in sicurezza di sei sottomarini nucleari.

“Su questo punto – dice Nucci – abbiamo fatto la nostra parte ed ora siamo impegnati a creare una filiera industriale nazionale che sappia raccogliere questa sfida, che è ambientale, tecnologica e di sviluppo. Proprio alcuni mesi fa abbiamo avuto un incontro con l’Ocse che ha riconosciuto la validità dei nostri percorsi e li ha riconosciuti all’altezza delle migliori pratiche internazionali”.

“In un momento di grave crisi in cui la priorità è fare ripartire l’economia – dichiara Tabarelli – disporre di risorse per 6,5 miliardi di euro nella bonifica dei siti nucleari e nella realizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi è un’opportunità enorme per la politica industriale dell’Italia. Sono risorse allineate agli standard internazionali. Peraltro – ha aggiunto Tabarelli – il contributo medio annuo di ogni famiglia per queste attività è da considerarsi contenuto in relazione all’elevato valore dell’obiettivo da raggiungere che è bonificare i siti nucleari e garantire agli italiani il diritto a veder messi definitivamente in sicurezza tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalla medicina nucleare”.

La mancanza in Italia di un sistema regolatorio riconosciuto a livello internazionale, potrebbe costituire un ostacolo alle attività internazionali . L’ Agenzia per la sicurezza nucleare non è infatti mai entrata in funzione e le attività di controllo sono state delegate all' Ispra. “Non credo che questa situazione – spiega Nucci – possa procurarci degli ostacoli a livello internazionale, eppure è vero che presto il Governo dovrà rimettere mano al sistema e prevedere una regolamentazione di questi aspetti così importanti”. Intanto i lavori di smantellamento degli impianti italiani vanno avanti. Nel biennio 2011-2012 il volume delle attività relative al solo smantellamento fisico è cresciuto del 23%. In questi due anni si sono ottenuti 70 milioni di euro di risparmi a parità di perimetro, grazie all’efficientamento dei processi e alla nuova policy di committenza, mantenendosi ai massimi livelli di sicurezza e di compatibilità ambientale. Si è passati dal 34% di gare pubbliche svolte nel 2010 all’85% nel 2012 e sono state qualificate 350 imprese italiane. Come pure vanno avanti le operazioni per l’individuazione dei criteri che dovranno portare alla localizzazione del Deposito unico nazionale delle scorie nucleari. “Da quello che so – dice Nucci – l’Ispra ha consegnato tre mesi fa ai ministeri interessati la sua relazione ed ora aspettiamo che su questo aspetto si pronunci l’esecutivo”.

La determinazione del governo dovrebbe arrivare a breve. “Contiamo che entro sei mesi i criteri vengano ufficializzati”, aggiunge . Da quel momento Sogin avrà 7 mesi per elaborare la mappatura del territorio utile a scegliere le aree potenzialmente idonee ad ospitare la struttura. L’ad si dice ottimista rispetto ai tempi tecnici della procedura tanto che “non sono stati rinegoziati i contratti in base ai quali le prime scorie italiane trattate all’estero rientreranno nel nostro Paese a partire dal 2020. Per costruire il deposito nazionale occorrono 5 anni e se anche iniziassimo i lavori nel 2015 faremmo in tempo”. Nelle more Nucci ha avuto modo di visitare analoghi impianti costruiti in Europa particolarmente ben impressionato da quello francese che sorge “in un luogo di particolare valore e cioè nella zona di produzione dello champagne”.

Nel deposito unico nazionale, oltre al combustibile impiegato nelle centrali e al materiale di risulta prodotto dallo smantellamento degli impianti, verranno stoccati anche i materiali prodotti dalle altre attività civili, come per esempio l’industria e la sanità. Si stima un flusso di circa 500 metri cubi all’anno che “è bene mettere in sicurezza – ha spiegato Nucci – per la salute di tutti gli italiani”.

(Credit: LaPresse)

Fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/2013/04/16/decommissionng-centrali-nucleari-lavoro-472648.html