Reattori solari e celle organiche. Ecco il solare del futuro

Il Giornale Online
Il petrolio sta finendo? Allora affidiamoci alle rinnovabili, tra fotovoltaico e termodinamico. Queste le frontiere della ricerca

di Fabio Deotto

Il picco del petrolio sarebbe dietro l'angolo. Forse si arriverebbe alla massima produzione di questa risorsa addirittura nel 2012 (almeno in Arabia Saudita), dicono altre rivelazioni di WikiLeaks sempre nell'ambito del Cablegate. E anche in Italia ci sono nuove su questo fronte. Nel suo ultimo rapporto il Wwf, infatti, ha fissato una deadline virtuale per il passaggio da un mondo alimentato a idrocarburi a uno interamente sostenuto da fonti di energia rinnovabile: entro il 2050 sarebbe dunque possibile completare la transizione verso il 100% di energie pulite. Tra tutte, com’è prevedibile, la fonte energetica che avrà maggior rilievo sarà quella solare. I 50 milioni di GigaWatt che la nostra stella rovescia ogni giorno sulla crosta terrestre sono ampiamente sotto-utilizzati, al punto che l’energia solare oggi prodotta rappresenta solo lo 0,02% di tutta l’energia prodotta sulla Terra (dati Ecofys). Ma grazie alle nuove tecnologie in fase di studio oggi, di qui al 2050 sarà (teoricamente) possibile portare questa percentuale almeno al 50%. Andiamo a vedere come.

Nanotecnologie
I due nodi da sciogliere per ottenere una produzione di energia solare efficiente sono l’abbattimento dei costi e l’aumento dell’efficienza. Una delle strategie su cui da tempo si sta lavorando per ottimizzare le celle si basa sull’utilizzo di nanotecnologie. A questo proposito è interessante citare un recente progetto del Lawrence Berkeley National Laboratory che prevede l’utilizzo come semiconduttore di un array di strutture nanoscopiche fittamente raggruppate. Queste strutture a doppio diametro, chiamate Nanopillars e costituite da solfuro di cadmio, hanno una forma a imbuto rovesciato che consente di minimizzare la riflessione della luce in entrata e massimizzarne l’assorbimento. Ancora più promettente è la cella progettata al Cnr di Lecce la cui componente foto attiva è costituita da nanofili di Arseniuro di Gallio. Le dimensioni estremamente ridotte di queste strutture rendono possibile combinare da 5 a 10 strati di semiconduttori e ottenere giunzioni multiple che potrebbero portare l’efficienza al 65%. (in media le attuale celle fotovoltaiche hanno un’efficienza del 20%). Una tecnologia ancor più promettente è la Quantum Dot, che si basa sull’impiego di nanocristalli che favoriscono le interazioni fra gli elettroni, mantenendo il loro livello di eccitazione elevato il tempo sufficiente a catturarne l’energia. In questo caso, si arrivano a ipotizzare efficienze vicine al 100%.

Ibrido solare-termodinamico
Ma la soluzione più interessante forse è quella proposta da Nick Melosh dell’ Università di Stanford. La scorsa estate la sua squadra ha presentato i risultati di un sistema chiamato Pete (Photon Enhanced Thermionic Emission) che consente di sfruttare sia l’energia derivante dai fotoni (come nei normali pannelli fotovoltaici) sia quella derivante dal calore solare.
Questo non dovrebbe essere possibile, dato che i concentratori solari a specchio utilizzati nel campo del solare termodinamico spesso raggiungono temperature superiori ai 500 gradi Celsius, mentre i pannelli al silicio diventano inattivi sopra i 100 gradi. Il team di Melosh ha sostituito il silicio con il nitruro di Gallio e hanno aggiunto un ulteriore strato metallico di Cesio. In questo modo hanno ottenuto una cella fotovoltaica che mostra buone efficienze solo al di sopra dei 200 gradi, e capace di sfruttare anche il calore del sole grazie all’effetto termoionico. Si prevedono efficienze intorno al 60%.

Celle dye-sensitezed con micro-specchi
Le celle dye-sensitized invece sono caratterizzate da costi di produzione molto più bassi di quelle a silicio, ma anche da efficienze molto basse. Una soluzione per ottimizzare le capacità di queste cellule a strato sottile arriva ancora da Stanford dove un gruppo di ricercatori ha sviluppato un sistema per aumentare l’efficienza di queste celle del 20%. Per farlo hanno fabbricato una sottile pellicola di diossido di titanio tempestata di cavità nanoscopiche riempite d’argento. Questa pellicola, caratterizzata da un pattern fitto di nano-specchi, viene utilizzata per ricoprire la parte posteriore della cella e far sì che la luce venga rifratta per un periodo di tempo maggiore e venga meglio assorbita dal pigmento (dye) incorporato nella componente fotoattiva.

Celle fotovoltaiche organiche
Esistono poi celle fotovoltaiche nelle quali il semiconduttore inorganico (il silicio soprattutto) viene rimpiazzato da un sottile e uniforme strato di polimeri organici combinato con pigmenti naturali ( celle dye-sensitized). Questo approccio è interessante poiché richiede un processo di produzione economico e permette di ottenere celle fotovoltaiche estremamente flessibili. C’è però da lavorare sull’efficienza. A questo proposito è interessante citare un nuovo prototipo in studio alla Iowa State University, che garantisce un’efficienza migliorata grazie al fatto che il polimero è organizzato in una struttura texturizzata composta da piccoli rilievi (dello spessore di un milionesimo di metro) che aumentano la quantità di energia assorbita. Sulle celle si sta lavorando anche in Italia, nuovo prototipo verrà presentato a Settimo Torinese il prossimo 10 febbraio.

Solare termodinamico a concentrazione
A differenza del fotovoltaico, il solare termodinamico sfrutta la componente termica della luce solare per riscaldare un particolare fluido (termovettore) che poi potrà essere utilizzato per la produzione di energia elettrica a partire da turbine a vapore. Gli impianti termodinamici a concentrazioni sono costituiti da grandi complessi costituiti da specchi costruiti e orientati in modo da concentrare la luce solare in un determinato punto in cui viene disposto il fluido termovettore. Nuovi impianti di questo tipo sono in fase di costruzione ovunque nel globo, in particolare negli Stati Uniti e in Spagna.
Un progetto interessante è il Desertec, un’enorme rete di impianti fotovoltaici e termodinamici situata in Libia, Marocco e nel Medio Oriente che ha come obiettivo quello di sfruttare l’enorme quantità di energia solare che si riversa ogni giorno nel deserto del Sahara; il progetto prevede in futuro l’allacciamento della rete con l’Europa attraverso cavi sottomarini. Un impianto solare termodinamico a concentrazione da 6 Mw è stato inaugurato a Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa, lo scorso luglio.

Reattore solare
Uno dei problemi dell’energia solare è che, pur essendo abbondante e gratuita, non può essere imbottigliata e trasportata per poi essere utilizzata anche in regioni meno soleggiate. Ma una soluzione a questo problema potrebbe arrivare dal California Institute of Technology (Caltech), dove la professoressa Sossina Haile ha studiato un reattore capace di assorbire la radiazione luminosa e sfruttarla per sintetizzare un carburante solare a partire da acqua e Co2. Il punto di forza di questo reattore consiste in un cilindro di ossido di Cerio. Questo cilindro è in grado di rilasciare ossigeno quando portato ad alte temperature e rincorporarlo una volta che la temperatura viene abbassata di nuovo. Questo secondo processo può essere utilizzato per dissociare l’ossigeno di molecole di H2O e Co2 pompate nel reattore e produrre una miscela di Co e idrogeno chiamata Syngas. A partire dal Syngas è possibile ottenere metano. Attualmente le efficienze di questo tipo di reattori sono molto basse (1%), ma gli scienziati puntano a perfezionare il sistema e metterlo in commercio entro il 2020.

Immagine: Questa immagine al microscopio elettronico a scansione mostra una sezione di uno strato di nanoshell cave realizzate in silicio fotovoltaico. Cortesia Yan Yao – http://www.lescienze.it/news/2012/02/07/news/nanoshell_la_via_nanoscopica_alle_celle_fotovoltaiche-837973/
Fonte: http://daily.wired.it/news/ambiente/futuro-energia-solare.html#content