Recuperare la memoria attraverso la luce

Recuperare la memoria attraverso la luce
Due cellule nell’ippocampo dei topi: una coinvolta nel processo che porta alla creazione della traccia mnemonica (**) e l’altra che non è coinvolta in tale processo (*). Credits: RIKEN.
Due cellule nell’ippocampo dei topi: una coinvolta nel processo che porta alla creazione della traccia mnemonica (**) e l’altra che non è coinvolta in tale processo (*). Credits: RIKEN.

L’amnesia retrograda è l’incapacità di ricordare eventi avvenuti prima del suo esordio. Negli esseri umani, l’amnesia è associata al trauma cranico, al morbo di Alzheimer e ad altre condizioni neurologiche. Allo stato attuale della ricerca non è ancora possibile stabilire se i ricordi delle persone affette da amnesia siano recuperabili o meno.

È normale dimenticare alcune cose, ma la vita può essere molto più difficile per le persone che sono affette da amnesia a causa di un trauma cranico, lo stress oppure il morbo di Alzheimer. Ma cosa succede esattamente a questi ricordi perduti? Usando un modello murino per l’amnesia, i ricercatori potrebbero aver scoperto qualche elemento in più sulla natura della memoria. Lo studio, pubblicato su Science, ha evidenziato la possibilità di recuperare i ricordi attraverso la luce. Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) ha cercato di risolvere il dibattito che si trascina da anni sull’amnesia. “I neuroscienziati da decenni cercano di capire se l’amnesia è causata da un indebolimento della memoria oppure è causata dall’impossibilità da parte del cervello di accedere ai ricordi” scrive Susumu Tonegawa ricercatore del RIKEN-MIT Center for Neural Circuit Genetics.

“La maggior parte dei ricercatori predilige la teoria dell’indebolimento della memoria come causa dell’amnesia, ma in questo lavoro abbiamo dimostrato che questa teoria molto probabilmente è sbagliata.”

“L’amnesia è un problema dovuto all’impossibilità da parte del cervello di accedere ai ricordi” sostiene Tonegawa. Il team di ricercatori ha prima di tutto provocato l’amnesia nei topi. Gli scienziati hanno addestrato i topi ad associare ad un ambiente specifico, contrassegnato come camera A, una lieve scossa elettrica alle zampe. Così ogni volta che i topi entrano in tale ambiente mostrano il tipico comportamento di “congelamento” come risposta allo shock. I neuroni attivati durante la formazione di questa memoria vengono etichettati geneticamente dai ricercatori.

Per ottenere un gruppo di topi con l’amnesia i ricercatori hanno inserito una sostanza chimica, conosciuta come anisomicina, per prevenire la sintesi proteica e diminuire la forza sinaptica (importante per la codifica della memoria). Quando i topi con l’amnesia sono entrati nella camera A, non hanno mostrato il tipico comportamento di congelamento, mentre il gruppo di controllo ha mostrato tale comportamento.

I ricercatori hanno approfondito le ricerche per cercare di capire se la memoria perduta può essere recuperata utilizzando l’optogenetica, una tecnica che utilizza la luce per attivare le proteine aggiunte ai neuroni. I ricercatori sono stati in grado di attivare i neuroni specifici associati alla perdita di memoria (dovuta allo shock elettrico) utilizzando una proteina sensibile alla luce blu. I topi appartenenti ad entrambi i gruppi (amnesico e di controllo) sono stati collocati in un ambiente nuovo, chiamato camera B: non appena i ricercatori hanno attivato le cellule coinvolte nella perdita di memoria dovuta alla scossa elettrica tutti gli esemplari hanno mostrato nuovamente il comportamento di congelamento.

I risultati dello studio mostrano che esistono diversi processi che controllano in che modo i ricordi vengono memorizzati e richiamati dal cervello. I ricercatori sostengono che l’elemento chiave è rappresentato da una categoria di processi nota come consolidamento della memoria in cui alcuni gruppi di neuroni subiscono un cambiamento chimico durevole. I ricercatori hanno notato un cambiamento specifico chiamato “potenziamento a lungo termine”, dove la forza delle sinapsi è aumentata come conseguenza dell’apprendimento e dell’esperienza.

Quando l’anisomicina è stato somministrata ai topi, i ricercatori sono stati in grado di bloccare la sintesi proteica che si verifica all’interno dei neuroni, ciò che ha impedito il rafforzamento delle sinapsi. I ricercatori hanno tentato di recuperare la memoria dei topi utilizzando un impulso emotivo, ma tale recupero è fallito poiché “senza sintesi proteica le cellule di tali sinapsi non sono rinforzate e non è quindi possibile far riacquistare la memoria ai topi” scrive Tonegawa.

Non appena i ricercatori hanno riattivato la sintesi proteica i topi hanno recuperato la memoria mostrando il comportamento di congelamento da shock. Se i ricercatori riusciranno ad attivare direttamente i neuroni dove sono memorizzati i ricordi sarà forse possibile ripristinare la memoria perduta. I risultati di questo studio sembrano mostrare che nell’amnesia retrograda i ricordi del passato non vengano cancellati e potrebbero essere semplicemente inaccessibili nel momento in cui una persona tenta di ricordare.

“Questi risultati possono aiutarci a comprendere la natura fugace dei ricordi e potrebbero stimolare la ricerca futura sulla biologia della memoria e il suo recupero clinico” sostiene Tonegawa.

lswn.it

Crediti immagine d’anteprima: shutterstock