Pensieri su Roberto Assagioli e la Psicosintesi

Roberto Assagioli e la Psicosintesi
Roberto Assagioli e la Psicosintesi
Roberto Assagioli e la Psicosintesi

Incontrai per la prima volta Roberto Assagioli, il fondatore della psicosintesi, nel 1969.

Ero tornato da un soggiorno prolungato in California, che in quegli anni era una fucina di nuove idee, fra cui quelle che più mi interessavano: la realizzazione delle proprie potenzialità, la psicologia transpersonale, gli stati alterati di coscienza.

Ero stato per un po’ di tempo all’Istituto di Esalen, che era l’epicentro di tutte le ricerche e attività su questi temi. Lì avevo sentito parlare dello psichiatra italiano Roberto Assagioli come di una figura molto importante in questo campo: “Ma come, sei italiano e non lo conosci neppure? Sta a Firenze”.

Tornato in Italia, gli scrissi e poi andai a trovarlo. La notte prima, pur non avendolo mai incontrato, né visto in fotografia, lo sognai: un vecchietto esile e sorridente, con la barba bianca e l’aria di un rabbino saggio. Era sul sedile posteriore di un’automobile molto bella e lussuosa . Mi disse: “Vieni, ti porto a fare un giro”. Il giorno dopo incontrai Assagioli, ed era proprio come il personaggio nel sogno. E così decisi di andare a far un giro con lui. Il giro a cui mi portò fu una trasformazione interiore profonda e uno straordinario ampliamento delle mie prospettive.

Queste erano cose normali per chiunque lavorasse con lui. Si facevano strani sogni, molto belli e intensi, c’erano capovolgimenti interiori improvvisi, accadevano coincidenze sorprendenti, si provavano sensazioni ed emozioni fino ad allora sconosciute. Si vedeva che cos’è davvero il cambiamento.

Eppure Assagioli non si atteggiava a guru o stregone. Anzi apparteneva alla migliore tradizione scientifica e culturale del primo secolo XX. Aveva scritto su La Voce con Prezzolini, era stato amico di Jung, e Freud lo aveva considerato come il rappresentante della psicanalisi in Italia: non a caso, visto che era stato il primo a tradurla e pubblicarla in italiano.

Era stato vicino a personaggi come Martin Buber e Rabindranath Tagore. E, cosa più importante di tutte, aveva fondato la psicosintesi, una scuola di psicologia che ha molti spunti stimolanti per chiunque si interessi alla propria trasformazione personale.

Proprio prima che Assagioli morisse, mi capitò una strana coincidenza. Ero nuovamente in California, a Los Angeles. Incontrai per caso a un concerto un uomo che mi disse di conoscere Assagioli. Lo aveva conosciuto qualche anno prima. Era andato a casa sua, e Assagioli lo aveva fatto aspettare per qualche minuto in una piccola stanza d’aspetto. Poi la cameriera di Assagioli lo aveva fatto accomodare in un’altra camera, e, dandogli carta e penna, gli aveva detto: “Ora il dottor Assagioli la prega di elencare tutto quello che ha visto nella prima camera – ogni oggetto, soprammobile, quadro, e così via”.

Era l’esercizio dell’osservazione, molto utile per chi vive troppo nelle sue emozioni e si dimentica l’aggancio con la realtà. Proprio mentre questo signore mi raccontava questo episodio, Assagioli (io non lo sapevo) stava morendo nella sua casa di campagna a Capolona.

Questo esercizio dell’osservazione può sembrare una curiosità, un esercizio semplice. Ma il concetto sottostante è fondamentale.

La psicosintesi mira alla padronanza di tutte le nostre funzioni psichiche.

Come possiamo sentirci bene se non abbiamo nessun controllo su noi stessi, se non possiamo usare al meglio gli strumenti di cui siamo dotati? In questo lavoro è centrale il ruolo della volontà, che Assagioli considerava la “Cenerentola della psicologia”.

Lui la ricuperò dal dimenticatoio in cui l’aveva relegata la psicanalisi, e le diede un ruolo centrale nella sua psicosintesi. Però si tratta di una volontà rinnovata: non il pugno di ferro, il volli fortissimamente volli, l’autoritarismo, ma la volontà come padronanza di sé e capacità di interagire attivamente col mondo anziché essere vittima delle circostanze – un tratto comune, quest’ultimo, a tutti i nevrotici di questo mondo.

Un altro tema, quello forse più suggestivo, della psicosintesi, è il superconscio: l’origine delle nostre intuizioni migliori, dei momenti più belli della nostra vita, dei sentimenti superiori come la gioia, la pace, l’amore disinteressato, e dei nostri spunti creativi. Per favorire l’accesso al superconscio la psicosintesi offre varie tecniche pratiche, basate sulla visualizzazione, il silenzio interno, la meditazione.

Assagioli differenzia l’inconscio superiore o superconscio dall’inconscio medio (il materiale di cui non siamo sempre consci, ma che è accessibile: per esempio il nostro numero di telefono o il ricordo di che cos’è successo l’estate scorsa), e dall’inconscio inferiore, sede delle pulsioni e degli istinti, la parte di noi che rappresenta i primordi della nostra evoluzione. Questa divisione fra inferiore e superiore è talvolta vista (ingiustamente) come un tentativo di contrabbandare nella psicologia un sottile moralismo. Niente di tutto ciò: “inferiore” vuol dire solo “precedente”.

Io però avevo delle difficoltà con questa apparente dicotomia. Assagioli mi diede questa immagine: ”Noi siamo come una ninfea, la sua bellezza e il suo profumo sono alla luce del sole, e sotto la superficie le sue radici sono immerse nel fango”.

A me piaceva la polemica, quindi colsi subito l’occasione:”Ecco il moralismo! Gli istinti, la sessualità, il corpo sono il ‘fango’, lo spirito è bello perché è separato dal corpo.” Uno a zero per me, pensavo. Ma mi sbagliavo. La risposta di Assagioli fu illuminante: “Per nulla. Il moralista sei tu. Tu pensi che il fango sia brutto e sporco. Per me è una sostanza viva e fertile, collegata intimamente con il fiore. Senza il fango la ninfea non potrebbe mai vivere e svilupparsi.”

E ora ritorniamo nella sala d’aspetto di Assagioli. C’era un divano con sopra una coperta di seta color granata, con una scritta sanscrita ricamata in oro. Un biglietto offriva la traduzione: “Come gli uomini vengono a me, così li accolgo”. E’ un verso della Bhagavad Gita, il testo sacro indiano.

E’ Krishna che parla, il simbolo del Sé spirituale: e ci dice che le vie per raggiungerlo sono varie. C’è chi si può realizzare attraverso la danza e chi invece attraverso la meditazione, chi con il lavoro e l’immersione nella società e chi con la contemplazione della bellezza, chi con la ricerca scientifica e filosofica, e chi invece con la preghiera. Anche questo è un concetto caro ad Assagioli: le vie al mondo spirituale (o transpersonale, come preferiva chiamarlo lui) sono molte. Non ci sono dogmi, non ci sono monopoli, non ci sono percorsi obbligati.

Il lavoro su se stessi non è una forma di divertimento solitario. Assagioli ha sempre dato un’enorme importanza alle relazioni fra persone. Il nostro equilibrio e il nostro benessere dipendono da come sono le nostre relazioni con gli altri: ci portiamo dentro i conflitti irrisolti, i rancori, i brutti ricordi delle nostre relazioni. Per contro, se i nostri rapporti con gli altri sono sereni e armoniosi, ci sentiremo molto meglio anche noi. L’amore, la gentilezza, la serenità, l’apertura, e altre qualità interpersonali si possono coltivare. Nei rapporti con gli altri possiamo realizzare noi stessi.

Dopo circa un anno di lavoro con Assagioli, mi parve di capire che nella psicoterapia le tecniche non sono poi così importanti, ciò che conta davvero è la qualità del rapporto fra terapeuta e cliente o paziente, l’alchimia che avviene fra queste due persone. Lo dissi ad Assagioli, in maniera un po’ brusca: ”Le tecniche non servono a niente. Quello che conta è il rapporto.” C’era un po’ di malizia e di presunzione in questa affermazione: dopotutto, la psicosintesi è piena di tecniche. Pensavo di prendere Assagioli alla sprovvista. Ma non ci riuscii. La sua risposta arrivò immediata: “Finalmente ci sei arrivato. Mi domandavo quanto ci avresti messo a capire!”

Assagioli fu anche uno dei pochi a considerare la bellezza un’esperienza fondamentale. Di solito in psicologia di bellezza si parla poco. Per lui era un tema centrale. Parlava di una vera e propria Via della Bellezza, che porta alla realizzazione di sé e che ha come suo ingrediente di base il senso di rivelazione e di pienezza che il bello ci può offrire.

Ma nella psicosintesi la bellezza in ogni sua forma è considerata degna di attenzione, perché è formativa. Incontrando un cliente di psicoterapia, Assagioli voleva sapere quali erano i suoi film preferiti, i quadri, i libri, le musiche. La bellezza ci guarisce, ci cambia, ci educa. Questo insegnamento di Assagioli è alla base del libro che ho scritto sulla bellezza, e gli sono grato per avermi aperto questa nuova, essenziale prospettiva.

Sulla comunicazione con l’aldilà sono sempre stato piuttosto scettico. Assagioli ha comunicato con qualcuno dei suoi allievi dopo la sua morte? Dopotutto era del mestiere, visto che fu uno dei primi a interessarsi alla parapsicologia in Italia, lasciando in seguito questo campo di ricerca per concentrarsi sulla psicosintesi.

Ma c’è stato un evento curioso che mi ha molto colpito. Assagioli are morto da alcuni mesi, lasciando un grande vuoto. Parlavo con una donna che lo aveva incontrato una volta. Riferendomi della sua conversazione con lui, mi disse che Assagioli le aveva consigliato di leggere il saggio di Emerson Self reliance.

Mi spiegò che in quel saggio Emerson parla dell’importanza di basarsi sulle proprie idee e sulla propria esperienza anziché appoggiarsi a ciò che dicono le autorità, i saggi, i grandi pensatori. Tutto ciò che viene da noi è più autentico, è di prima mano e vale di più di qualsiasi convinzione sia ereditata da qualcun altro. In quel preciso momento io ebbi la sensazione precisa e intensa che Assagioli stesse comunicando con me, che mi dicesse, ora devi fare da solo, fidati di te stesso. Quale migliore ultimo insegnamento poteva dare un grande maestro?

Ma forse era solo una coincidenza.

Piero Ferrucci
pieroferrucci.it